TAR Umbria Sez. I  n. 723 del 13 dicembre 2023
Sviluppo sostenibile.Localizzazione impianti per la produzione di energia da fonte rinnovabile
 
Non è fondato l’assunto secondo cui il quadro normativo di riferimento, di fonte statale e sovranazionale, sarebbe incompatibile con la possibilità di prevedere, per le aree idonee all’installazione di potenza eolica e fotovoltaica, limiti alla superficie massima utilizzabile per l’ubicazione degli impianti espressi in percentuale sulla superficie dell’appezzamento di terreno. La tesi, infatti, trova testuale smentita nelle disposizioni dell’art. 20, co. 1, del d.lgs. n. 199/2021, che prevedono che, nel definire principi e criteri omogenei per l’individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili, i decreti ministeriali ivi previsti dovranno, in via prioritaria, stabilire, proprio in riferimento alle aree idonee, tra le altre cose, «la massima porzione di suolo occupabile dai suddetti impianti per unità di superficie». Tale previsione è coerente con l’impostazione di fondo delle disposizioni contenute nell’articolo in esame, orientate al concreto raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili previsti dal Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC), ma sempre tenendo conto delle esigenze, parimenti rilevanti, di «minimizzare il relativo impatto ambientale» e della «tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualità dell’aria e dei corpi idrici, privilegiando l’utilizzo di superfici di strutture edificate, quali capannoni industriali e parcheggi, nonché di aree a destinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica e verificando l’idoneità di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi incluse le superfici agricole non utilizzabili» (cfr. commi 1, 3 e 4 dell’art. 20). Dunque, proprio la normativa statale prevede ed anzi impone (art. 20, co. 1, lett. a), del d.lgs. n. 199/2021) che sia definita, per le aree idonee, la massima porzione occupabile dagli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, trattandosi di previsione con ogni evidenza finalizzata a scongiurare che la pur incentivata diffusione della produzione di energia da fonti rinnovabili determini un eccessivo consumo di suolo.


Pubblicato il 13/12/2023

N. 00723/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00175/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 175 del 2023, proposto da Chiron Energy SPV 15 S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Germana Cassar, Alessia Marconi e Ludovica Gennaro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

la Regione Umbria, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Luca Benci e Luciano Ricci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

il Comune di Umbertide, non costituito in giudizio;

per l’accertamento

previa concessione di misure cautelari,

della formazione del silenzio assenso, ai sensi del paragrafo 14.4 del d.m. 10 settembre 2010, sulla procedibilità dell’istanza di autorizzazione unica acquisita ai prot. regionali nn. 257622, 257624, 257626, 257628, 257630 e 257634 del 23.11.2022, presentata dalla società Chiron Energy SPV 15 S.r.l. e, conseguentemente, per la declaratoria di procedibilità della suddetta istanza e, per l’effetto, per la declaratoria di inefficacia e/o nullità dei successivi provvedimenti adottati dalla Regione in data 14.12.2022 (prot. pec n. 0273412-2022) e in data 11.01.2023 (prot. pec n. 0006612-2023) nonché, ove occorrer possa, del provvedimento tacito di archiviazione;

nonché per l’annullamento

- del provvedimento adottato dalla Regione Umbria in data 14.12.2022 (prot. pec n. 0273412-2022), avente ad oggetto “D.Lgs 387/2003 – L. 241/1990 - L.R. 8/2011 – DM 10/09/2010 – RR 7/2011 – Chiron Energy SPV 15 s.r.l. – Istanza di autorizzazione unica per la costruzione ed esercizio di un impianto per la produzione di energia da fonte rinnovabile fotovoltaica di potenza elettrica nominale pari a 1.913,60 kW e delle relative opere ed infrastrutture connesse, ubicato nel Comune di Umbertide (PG) – Loc. Pian d’Assino Nucleo. Comunicazione di non ricevibilità”;

- del provvedimento adottato dalla Regione Umbria in data 11.01.2023 (prot. pec n. 0006612-2023) avente ad oggetto “D.Lgs 387/2003 – L. 241/1990 - L.R. 8/2011 – DM 10/09/2010 – RR 7/2011 – Chiron Energy SPV 15 s.r.l. – Istanza di autorizzazione unica per la costruzione ed esercizio di un impianto per la produzione di energia da fonte rinnovabile fotovoltaica di potenza elettrica nominale pari a 1.913,60 kW e delle relative opere ed infrastrutture connesse, ubicato nel Comune di Umbertide (PG) – Loc. Pian d’Assino Nucleo. Richiesta integrazione documentazione”;

- nonché di ogni ulteriore atto o provvedimento consequenziale, connesso e/o presupposto, ancorché non conosciuto, ivi compreso il provvedimento di archiviazione tacita formatosi al decimo giorno successivo alla trasmissione del provvedimento del 11.01.2023 e, in parte qua, il presupposto regolamento regionale 29 luglio 2011, n. 7, recante “Disciplina regionale per l’installazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili”, pubblicato nel B.U.R. Umbria n. 34 del 5.08.2011, come integrato dal successivo regolamento regionale 12.07.2022, n. 4, pubblicato sul B.U.R. Umbria n. 36 del 20.07.2022;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Umbria;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 novembre 2023 il dott. Davide De Grazia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. – Con istanza del 22.11.2022, Chiron Energy SPV 15 S.r.l. (si seguito, per brevità, “Chiron Energy”) chiedeva alla Regione Umbria, ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, il rilascio dell’autorizzazione unica per la realizzazione di un impianto di produzione di energia da fonte fotovoltaica con moduli collocati a terra da ubicare in area industriale in località Pian D’Assino Nucleo nel territorio del Comune di Umbertide, avendo optato, in alternativa alla proceduta abilitativa semplificata (PAS) applicabile ai sensi del par. 11.1 delle Linee guida di cui al d.m. del 10 settembre 2010, per la procedura di autorizzazione unica.

2. – Secondo Chiron Energy, l’area interessata, classificata dal PRG del Comune di Umbertide come area industriale, rientrerebbe nelle “aree idonee” ai sensi dell’art. 20, co. 8, del d.lgs. n. 199/2021, non essendo ricompresa nel perimetro di beni sottoposti a tutela, culturale o paesaggistica, ai sensi del d.lgs. n. 42/2004 e non ricadendo nella fascia di rispetto pari a 1 Km dal perimetro di beni sottoposti a tutela paesaggistica o culturale (art. 20, co. 8, lett. c-quater), del d.lgs. n. 199/2021) e non ricadendo, inoltre, in alcuna delle “aree non idonee” di cui all’allegato 3 al d.m. 10 settembre 2010.

3. – Con nota del 12.12.2022, non essendo intervenute comunicazioni di improcedibilità dell’istanza da parte della Regione, Chiron Energy chiedeva la convocazione della conferenza di servizi per il rilascio dell’autorizzazione.

4. – Con nota del 14.12.2022, la Regione Umbria comunicava a Chiron Energy la non ricevibilità e, comunque, l’improcedibilità dell’istanza acquisita al protocollo il 23.11.2022 e rilevava che «la richiesta di avvalersi del procedimento di autorizzazione unica ai sensi del punto 11.1 delle linee guida di cui al DM 10/09/2010 non risulta[va] agli atti» e che, pertanto, l’iter autorizzativo da seguire era, ai sensi dell’art. 6 del d.lgs. n. 28/2011, la procedura abilitativa semplificata (PAS).

Con la stessa nota, la Regione comunicava la carenza di alcuni requisiti minimi necessari per la PAS, consistenti nel «titolo di disponibilità della superficie dell’area necessaria al raggiungimento della potenzialità fotovoltaica richiesta ai sensi dell’art. 6-bis del RR 7/2011» e nella «proposta di convenzione o atto d’obbligo, di cui all’art. 42 del RR 2/2015», oltre che nel certificato di destinazione urbanistica dell’area in corso di validità.

5. – Con nota del 28.12.2022, Chiron Energy replicava nel merito ai rilievi mossi dalla Regione Umbria in ordine alle mancanze da quest’ultima riscontrate e chiedeva la revoca della dichiarazione di irricevibilità/improcedibilità dell’istanza.

6. – Con nota del 11.01.2023, la Regione Umbria ribadiva l’incompletezza, ai fini dell’ammissibilità dell’istanza, del fascicolo progettuale presentato e invitava la società istante a trasmettere, entro i successivi dieci giorni, la documentazione relativa al titolo di disponibilità della superficie dell’area necessaria al raggiungimento della potenzialità fotovoltaica di cui all’art. 6-bis del regolamento regionale n. 7/2011, la proposta di convenzione o atto d’obbligo di cui all’art. 42 del regolamento regionale n. 2/2015, comprendente la superficie destinata all’impianto fotovoltaico nonché tutte le dotazioni urbanistiche dell’area asservita e una relazione di analisi delle possibili ricadute sociali, occupazionali ed economiche dell’intervento a livello locale.

7. – Con ricorso notificato il 13.02.2023 e depositato il 24.02.2023, Chiron Energy, ritenendo maturata l’archiviazione tacita della pratica, si è rivolta a questo Tribunale amministrativo regionale per l’accertamento della formazione del silenzio assenso sulla procedibilità dell’istanza di autorizzazione unica e per l’annullamento, previa adozione di misure cautelari, delle note della Regione Umbria del 14.12.2022 e del 11.01.2023, nonché, in parte qua, del regolamento regionale n. 7/2011, come modificato con il regolamento regionale n. 4/2022.

Con il primo motivo di ricorso, Chiron Energy deduce la nullità e comunque l’inefficacia degli atti regionali del 14.12.2022 e del 11.01.2023 in quanto intervenuti successivamente alla formazione del silenzio assenso sulla procedibilità della domanda di autorizzazione unica, evocando a tal fine l’art. 14.4 del d.m. dle 10.09.2010, che prescrive che, decorso il termine di 15 giorni dalla presentazione dell’istanza di autorizzazione unica senza che l’Amministrazione competente abbia comunicato l’improcedibilità dell’istanza per carenza della documentazione prescritta, il procedimento si intende avviato.

Con il secondo complesso motivo di ricorso, Chiron Energy deduce l’illegittimità delle note regionali del 14.12.2022 e del 11.01.2023, sostenendo che la disciplina statale, nel prevedere che il proponente debba dimostrare la disponibilità del suolo su cui intende realizzare l’impianto, non richiede che debba essere dimostrato il possesso di titoli di disponibilità relativi ad aree ulteriori, laddove, invece, i provvedimenti regionali avrebbero arbitrariamente aggiunto “requisiti minimi” per la presentazione dell’istanza di autorizzazione unica consistenti nel titolo di disponibilità di un’area da lasciare libera da moduli fotovoltaici pari al 50% della superficie intera e nella proposta di convenzione o atto d’obbligo di cui all’art. 42 del regolamento regionale n. 2/2015: tali previsioni, compendiate nell’art. 6-bis e nell’art. 3, co. 8, del regolamento regionale n. 7/2011, sarebbero in contrasto con le norme statali di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 ed al d.m. del 10.09.2010, oltre che con le disposizioni statali di cui agli artt. 16, co. 1 e 2, e 17, co. 3, lett. e), del D.P.R. n. 380/2001, che escludono la debenza di oneri di urbanizzazione nei casi di nuovi impianti relativi a fonti rinnovabili di energia.

Con il terzo motivo di ricorso, la società ricorrente denunzia l’illegittimità delle disposizioni regolamentari regionali in materia di “potenzialità fotovoltaica”, sostenendone la contrarietà alla disciplina statale volta all’incentivazione della realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili attraverso la individuazione di aree idonee a tale fine, che non tollererebbero la previsione, da parte delle Regioni, di contenuti minimi delle istanze di autorizzazione contrastanti con la spinta verso la massima diffusione dell’installazione di tali impianti.

Con il quarto ed ultimo motivo, la ricorrente deduce l’illegittimità degli atti regionali per contrasto con i principi fondamentali, di matrice sovranazionale, che spingono nel senso dell’accelerazione del percorso di transizione energetica, che non tollerano l’imposizione di “requisiti minimi” ulteriori rispetto a quelli richiesti al livello statale.

8. – La Regione Umbria si è costituita in giudizio per resistere al ricorso.

Non altrettanto ha fatto il Comune di Umbertide, al quale risulta che il ricorso è stato notificato a mezzo PEC all’indirizzo estratto dal Registro IPA, in mancanza di indirizzo di posta elettronica certificata nel registro delle pubbliche amministrazioni di cui agli artt. 16, co. 12, e 16-ter, del d.l. n. 179/2012, convertito dalla legge n. 221/2012.

9. – Con ordinanza n. 29 del 8 marzo 2023, questo Tribunale amministrativo regionale ha rigettato l’istanza di misure cautelari incidentalmente proposta da Chiron Energy.

Il provvedimento è stato appellato dinnanzi al Consiglio di Stato, il quale, con ordinanza n. 2252 del 5 giugno 2023, ha rilevato che lo ius superveniens (inapplicabile ratione temporis al procedimento per cui è causa) costituito dall’art. 22-bis del d.lgs. n. 199/2021, come introdotto dall’art. 47, co. 1, lett. b), del d.l. 24 febbraio 2023, n. 13, convertito con modificazioni dalla legge 21 aprile 2023, n. 41, a norma del cui primo comma «[l]’installazione, con qualunque modalità, di impianti fotovoltaici su terra e delle relative opere connesse e infrastrutture necessarie, ubicati nelle zone e nelle aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale (…) è considerata attività di manutenzione ordinaria e non è subordinata acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti di assenso comunque denominati, fatte salve le valutazioni ambientali di cui al titolo III della parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ove previste», potrebbe rappresentare una possibile ragione d’improcedibilità della causa pendente in primo grado per sopravvenuto difetto d’interesse, stante la “nuova via” amministrativa semplificata che tale disposizione sembrerebbe offrire all’istante.

Pertanto, il Consiglio di Stato, ferma restando l’efficacia dei provvedimenti impugnati, ha disposto la sollecita fissazione dell’udienza di merito, onde verificare l’eventuale improcedibilità del ricorso sotto il particolare profilo anzidetto, dovendo a tal fine essere verificato dal giudice di primo grado se il nuovo strumento approntato dal legislatore implichi in diritto, con certezza, il completo superamento di tutte questioni frapposte all’istanza per cui è causa.

10. – In vista della discussione della causa, le parti hanno scambiato memorie e repliche.

11. – All’udienza pubblica del 21 novembre 2023, le parti hanno ampiamente discusso i temi del ricorso e la questione dell’incidenza sulla sua procedibilità della sopravvenienza normativa costituita dall’art. 22-bis del d.lgs. n. 199/2021, come introdotto dal d.l. n. 13/2023, convertito con modificazioni dalla legge n. 41/2023.

La causa è stata quindi trattenuta in decisione.

DIRITTO

12. – Il collegio ritiene che lo ius superveniens costituito dal succitato art. 22-bis del d.lgs. n. 199/2021, come introdotto dall’art. 47, co. 1, lett. b), del d.l. 24 febbraio 2023, n. 13, convertito con modificazioni dalla legge 21 aprile 2023, n. 41, non sia tale da determinare il superamento di tutte le questioni poste dagli atti della Regione Umbria con riguardo all’istanza proposta da Chiron Energy.

Il nuovo art. 22-bis del d.lgs. n. 199/2021, infatti, nell’escludere (per il futuro) la necessità dell’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti di assenso comunque denominati, fatte salve le valutazioni ambientali, per l’installazione di impianti fotovoltaici su terra e delle relative opere connesse e infrastrutture necessarie, ubicati nelle zone e nelle aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale, nonché in discariche o lotti di discarica chiusi e ripristinati ovvero in cave o lotti o porzioni di cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento, detta disposizioni di semplificazione delle procedure per la realizzazione di detti impianti nelle aree indicate, sottraendola al regime della previa autorizzazione, ma non incide sulla disciplina sostanziale cui è sottoposta tale attività, che dunque, nonostante la semplificazione procedimentale, può continuare ad essere sottoposta a limiti e condizioni quali quelle imposte dalla normativa regolamentare della Regione Umbria.

Con il proprio ricorso, Chiron Energy contesta non soltanto gli atti del procedimento condotto dalla Regione Umbria, sostenendo che sulla procedibilità dell’istanza di autorizzazione si sarebbe formato il silenzio assenso secondo quanto previsto dal punto 14.4 delle Linee guida di cui al d.m. 10.09.2010, ma anche la motivazione posta dalla Regione a fondamento della inammissibilità della domanda in riferimento alla mancata dimostrazione della disponibilità della superficie necessaria al raggiungimento della potenzialità fotovoltaica di cui all’art. 6-bis del regolamento regionale n. 7/2011 e della proposta di convenzione o atto d’obbligo di cui all’art. 42 del regolamento regionale n. 2/2015.

Orbene, se sull’ultimo dei due profili appena evocati si potrebbe ritenere che l’entrata in vigore dell’art. 22-bis del d.lgs. n. 199/2021 abbia effettivamente inciso, dal momento che l’art. 42 del regolamento regionale n. 2/2015, nel prevedere la necessità della convenzione o dell’atto d’obbligo per l’assunzione della realizzazione di tutte le opere di urbanizzazione e delle dotazioni territoriali e funzionali, postula l’approvazione di un piano attuativo convenzionato o il rilascio di un titolo abilitativo, oggi non più richiesto per effetto della sopravvenienza normativa, non altrettanto si può ritenere per l’altro elemento ritenuto dalla Regione ostativo al rilascio dell’autorizzazione unica richiesta da Chiron Energy.

Infatti, la limitazione della superficie occupabile con i moduli fotovoltaici attiene al regime sostanziale dell’attività programmata da Chiron Energy. Essa costituisce l’oggetto dei motivi di ricorso secondo, terzo e quarto, con i quali la società ricorrente contesta la legittimità delle disposizioni di cui agli artt. 6-bis e 3, co. 8, del regolamento regionale n. 7/2011, come modificato dal regolamento regionale n. 4/2022, per contrasto con le norme statali di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 ed al d.m. del 10.09.2010, oltre che con le disposizioni statali di cui agli artt. 16, co. 1 e 2, e 17, co. 3, lett. e), del D.P.R. n. 380/2001, e con i principi di matrice sovranazionale che spingono nel senso dell’accelerazione del percorso di transizione energetica e che non tollererebbero l’imposizione di “requisiti minimi”, nella specie espressi in termini di “potenzialità fotovoltaica”, ulteriori rispetto a quelli richiesti al livello statale.

Così ricostruito l’oggetto del contendere, deve escludersi che l’entrata in vigore dell’art. 22-bis del d.lgs. n. 199/2021, come introdotto dal d.l. n. 13/2023, convertito con modificazioni dalla legge n. 41/2023, abbia determinato l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse. Infatti, se è vero che l’interesse a ricorrere deve sussistere non solo all’atto della proposizione dell’azione, ma anche al momento della sua definizione, pena altrimenti l’inammissibilità o, rispettivamente, l’improcedibilità del ricorso, non può non rilevarsi che, nel caso di specie, Chiron Energy ha rivolto le sue contestazioni anche alle disposizioni del regolamento regionale n. 7 del 2011 che, condizionando l’installazione degli impianti alla “potenzialità fotovoltaica” dei terreni nella disponibilità del proponente, limitano sostanzialmente la realizzazione dell’intervento progettato e che non sono toccate dalla novella legislativa sopra ricordata.

Occorre dunque scrutinare la fondatezza delle doglianze di parte ricorrente.

13. – Con riguardo al primo motivo di ricorso devono farsi le seguenti osservazioni.

13.1. – Non può fondatamente dubitarsi della presentazione, da parte di Chiron Energy, in data 22.11.2022, di un’istanza finalizzata non già all’avvio di una procedura abilitativa semplificata (PAS), ma al rilascio di un’autorizzazione unica ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 per la realizzazione di un impianto di produzione di energia da fonte fotovoltaica con moduli collocati a terra in area industriale.

13.2. – La procedura di autorizzazione unica è disciplinata, oltre che dal citato art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, dal paragrafo 14 delle Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili approvate con d.m. 10.09.2010, che prevede, al punto 14.4, che entro quindici giorni dalla presentazione dell’istanza, l’amministrazione competente, verificata la completezza formale della documentazione, comunica al richiedente l’avvio del procedimento ai sensi degli artt. 7 e 8 della legge n. 241/1990, ovvero comunica la improcedibilità dell’istanza per carenza della documentazione prescritta; in tal caso il procedimento può essere avviato solo alla data di ricevimento dell’istanza completa. Trascorso detto termine senza che l’amministrazione abbia comunicato l’improcedibilità, il procedimento si intende avviato.

Secondo il successivo punto 14.6, entro trenta giorni dal ricevimento dell’istanza, l’amministrazione convoca la conferenza dei servizi. É inoltre previsto (punto 14.14) che, entro la data in cui è prevista la riunione conclusiva della conferenza dei servizi, il proponente, pena la conclusione del procedimento con esito negativo, fornisce la documentazione atta a dimostrare la disponibilità del suolo su cui è ubicato l’impianto ai sensi dell’art. 12, co. 4-bis, del d.lgs. n. 387/2003.

Il termine di conclusione del procedimento unico non può essere superiore a centottanta giorni decorrenti dalla data di ricevimento dell’istanza.

13.3. – Sintetizzati come sopra i tratti essenziali del procedimento di rilascio dell’autorizzazione unica alla realizzazione di impianti fotovoltaici, deve rilevarsi che la scadenza del termine di quindici giorni dalla presentazione dell’istanza di cui al punto 14.4 delle Linee guida senza che l’amministrazione abbia segnalato al proponente l’incompletezza della documentazione determina soltanto l’avvio del procedimento, nell’ambito del quale il proponente è comunque onerato, entro la data in cui convocata la riunione conclusiva della conferenza di servizi, della presentazione della documentazione atta a dimostrare la disponibilità del suolo su cui è ubicato l’impianto ai sensi dell’art. 12, co. 4-bis, del d.lgs. n. 387/2003, pena altrimenti la conclusione con esito negativo del procedimento.

In altri termini, le succitate disposizioni delle Linee guida non prevedono un’ipotesi in cui, a norma dell’art. 20 della legge n. 241/1990, l’inerzia serbata dall’amministrazione competente «equivale a provvedimento di accoglimento della domanda», ma solo una misura di accelerazione procedurale, peraltro in relazione ad una fase del tutto preparatoria quale è l’avvio del procedimento.

Ne consegue che il decorso del termine di quindici giorni dalla presentazione dell’istanza non può mai determinare il rilascio per silentium dell’autorizzazione, titolo che richiede, comunque, come espressamente previsto dalla legge e dalle stesse Linee guida, che il proponente dia prova della disponibilità delle aree destinate ad ospitare l’impianto progettato, pena il rigetto dell’istanza.

Poiché la questione dell’effettiva disponibilità delle aree interessate dall’intervento costituisce motivo della archiviazione dell’istanza (preannunciata dall’Amministrazione regionale con la nota del 11.01.2023), è a questa questione, che costituisce oggetto dei motivi secondo, terzo e quarto, che deve volgersi l’attenzione.

13.4. – Il primo motivo di ricorso è dunque infondato.

14. – Con i motivi secondo, terzo e quarto, la società ricorrente contesta la legittimità dei limiti di superficie massima utilizzabile per l’ubicazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra posti dal regolamento regionale n. 7 del 2011.

Essi possono dunque essere esaminati insieme.

14.1. – La ragione posta dalla Regione a fondamento della asserita incompletezza del fascicolo progettuale di Chiron Energy, condizionante l’ammissibilità dell’istanza, riposa sulla mancanza della dimostrazione del «titolo di disponibilità della superficie dell’area necessaria al raggiungimento della potenzialità fotovoltaica di cui all’art. 6-bis del RR 7/2011, ai sensi dell’art. 3 comma 8, lett. a) del RR 7/2011 modificato dal RR 4/2022» e sulla mancata presentazione della «proposta di convenzione o atto d’obbligo, di cui all’art. 42 del RR 2/2015».

14.2. – Il regolamento regionale n. 7 del 2011, come modificato dal regolamento regionale n. 4 del 2022, stabilisce, al comma 1 dell’art. 6-bis, che «[n]elle aree classificate quali insediamenti produttivi e per servizi esistenti e di nuova previsione di cui all’articolo 96 del regolamento regionale 2/2015, aventi la caratteristica della continuità, la potenzialità fotovoltaica, intesa quale superficie massima utilizzabile per l’ubicazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, è pari: a) al settanta per cento della superficie residua libera delle predette aree, nel caso in cui le strutture esistenti, nella medesima area, siano tutte dotate di coperture fotovoltaiche; b) al cinquanta per cento della superficie residua libera delle predette aree, nei restanti casi». Il secondo comma prevede che, nel caso di aree industriali dismesse, di cui all’art. 97 del r.r. n. 2/2015, comprese le aree di centrali di produzione di energia termo-elettrica in riconversione, la potenzialità fotovoltaica è stabilita, anche in deroga al limite massimo di cui al comma 1, d’intesa con la Regione e il comune o i comuni interessati in ragione della dimensione e delle caratteristiche dell’area dismessa e degli interventi programmati.

Il successivo comma 4 prevede che «[p]er gli interventi di cui al comma 1, la documentazione di progetto contiene anche la proposta di atto d’obbligo di cui all’articolo 3, comma 8, lettera b)», che comprende la superficie destinata all’impianto fotovoltaico nonché tutte le dotazioni urbanistiche dell’intera area asservita, avente la caratteristica della continuità.

14.3. – Con la nota del 11.01.2023, la Regione Umbria invitava Chiron Energy a documentare la disponibilità delle aree necessarie al raggiungimento della potenzialità fotovoltaica nei termini di cui all’art. 6-bis del regolamento regionale n. 7/2011.

In sostanza, data l’ampiezza della superficie destinata secondo progetto all’installazione degli impianti, da determinarsi secondo il criterio di cui all’art. 6, co. 2, lett. b), del regolamento regionale, il proponente avrebbe dovuto dimostrare la disponibilità di terreni di estensione tale da rispettare i limiti di potenzialità fotovoltaica espressi in termini percentuali dall’art. 6-bis, co. 1, del regolamento (tale che l’area destinata ad essere occupata dall’impianto non avrebbe potuto eccedere la misura del settanta per cento della superficie residua libera, nel caso in cui le strutture già esistenti nella medesima area fossero tutte dotate di coperture fotovoltaiche, e del cinquanta per cento della superficie residua libera delle predette aree, nei restanti casi).

14.4. – Secondo la ricorrente, siffatte limitazioni contrasterebbero con le disposizioni statali che non richiederebbero in alcun caso la dimostrazione del possesso di titoli di disponibilità relativi ad aree ulteriori rispetto a quelle destinate ad ospitare l’impianto fotovoltaico e si porrebbero pertanto in conflitto con la spinta alla massima diffusione della generazione di energia da fonti rinnovabili ed alla qualificazione delle aree quali quella interessata dall’intervento progettato da Chiron Energy (art. 20, co. 8, lett. c-quater), d.lgs. n. 199/2021) come aree idonee ope legis.

14.5. – Il collegio non condivide le doglianze della società ricorrente.

14.5.1. – É pacifico che l’intervento progettato dalla ricorrente prevede l’installazione di un impianto fotovoltaico con moduli a terra in area idonea ope legis ai sensi dell’art. 20, co. 8, del d.lgs. n. 199/2021.

14.5.2. – La localizzazione in area idonea di un impianto per la produzione di energia da fonti rinnovabili comporta l’applicabilità di disposizioni a facilitare il conseguimento della relativa autorizzazione: più in particolare, la qualificazione come idonea dell’area destinata ad ospitare l’intervento determina l’applicazione di riduzioni di oneri procedimentali (art. 4, co. 2-bis, e art. 6, co. 9-bis, del d.lgs. n. 28/2011), l’innalzamento delle soglie VIA (art. 6, co. 9-bis del d.lgs. n. 28/2011), riduzioni dei termini procedimentali (art. 22, co. 1, lett. b), del d.lgs. n. 199/2021) e l’attribuzione della valenza non vincolante al parere obbligatorio dell’autorità competente in materia paesaggistica (art. 22, co. 1, lett. a), del d.lgs. n. 199/2021). Peraltro, la società ricorrente riferisce di avere inteso non avvalersi della possibilità di seguire il procedimento autorizzativo semplificato (PAS) di cui all’art. 6 del d.lgs. n. 28/2011 e di avere consapevolmente optato per la presentazione di un’istanza di autorizzazione unica.

14.5.3. – L’art. 20, co. 8, del d.lgs. n. 199/2021 stabilisce quali aree devono essere considerate idonee «[n]elle more dell’individuazione delle aree idonee sulla base dei criteri e delle modalità stabiliti dai decreti di cui al comma 1» del medesimo articolo.

L’idoneità per legge delle aree indicate nel comma 8 serve ad evitare che il tempo necessario per l’emanazione dei decreti ministeriali di cui al comma 1 e per la successiva individuazione delle aree idonee da parte delle Regioni ai sensi del comma 4 possa compromettere l’interesse alla realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili.

Una volta che il sistema sarà portato a regime, i «principi e criteri omogenei per l’individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi una potenza complessiva almeno pari a quella individuata come necessaria dal PNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili, tenuto conto delle aree idonee ai sensi del comma 8» saranno stabiliti con uno o più decreti del Ministro della transizione ecologica (oggi Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica), di concerto con il Ministro della cultura, e del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali (oggi Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste), previa intesa in sede di Conferenza unificata (art. 20, co. 1).

Conformemente ai criteri stabiliti con i suddetti decreti ministeriali, ed entro centottanta giorni dalla loro entrata in vigore, le Regioni dovranno poi provvedere con propria legge all’individuazione le aree idonee, prevedendosi che nel caso di mancata emanazione della legge regionale o di mancata ottemperanza ai principi, ai criteri e agli obiettivi stabiliti con i citati decreti ministeriali, lo Stato sarà chiamato ad esercitare i propri poteri sostitutivi di cui all’art. 41 della legge n. 234/2012 (art. 20, co. 4, del d.lgs. n. 199/2021).

14.5.4. – Il comma 1 dell’art. 20 del d.lgs. n. 199/2021 indica, alle lettere a) e b), quale dovrà essere «in via prioritaria» il contenuto dei decreti ministeriali di cui si è detto sopra.

In primo luogo, detti decreti dovranno «dettare i criteri per l’individuazione delle aree idonee all’installazione della potenza eolica e fotovoltaica indicata nel PNIEC, stabilendo le modalità per minimizzare il relativo impatto ambientale e la massima porzione di suolo occupabile dai suddetti impianti per unità di superficie, nonché dagli impianti a fonti rinnovabili di produzione di energia elettrica già installati e le superfici tecnicamente disponibili» (lett. a)).

In secondo luogo, gli stessi decreti dovranno «indicare le modalità per individuare superfici, aree industriali dismesse e altre aree compromesse, aree abbandonate e marginali idonee alla installazione di impianti a fonti rinnovabili» (lett. b)).

14.5.5. – Le succitate disposizioni inducono il collegio a ritenere non fondato l’assunto da cui muove la società ricorrente, ovvero che il quadro normativo di riferimento, di fonte statale e sovranazionale, sarebbe incompatibile con la possibilità di prevedere, per le aree idonee all’installazione di potenza eolica e fotovoltaica, limiti alla superficie massima utilizzabile per l’ubicazione degli impianti espressi in percentuale sulla superficie dell’appezzamento di terreno.

La tesi, infatti, trova testuale smentita nelle disposizioni dell’art. 20, co. 1, del d.lgs. n. 199/2021, che prevedono che, nel definire principi e criteri omogenei per l’individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili, i decreti ministeriali ivi previsti dovranno, in via prioritaria, stabilire, proprio in riferimento alle aree idonee, tra le altre cose, «la massima porzione di suolo occupabile dai suddetti impianti per unità di superficie».

Tale previsione è coerente con l’impostazione di fondo delle disposizioni contenute nell’articolo in esame, orientate al concreto raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili previsti dal Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC), ma sempre tenendo conto delle esigenze, parimenti rilevanti, di «minimizzare il relativo impatto ambientale» e della «tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualità dell’aria e dei corpi idrici, privilegiando l’utilizzo di superfici di strutture edificate, quali capannoni industriali e parcheggi, nonché di aree a destinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica e verificando l’idoneità di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi incluse le superfici agricole non utilizzabili» (cfr. commi 1, 3 e 4 dell’art. 20).

Dunque, proprio la normativa statale prevede ed anzi impone (art. 20, co. 1, lett. a), del d.lgs. n. 199/2021) che sia definita, per le aree idonee, la massima porzione occupabile dagli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, trattandosi di previsione con ogni evidenza finalizzata a scongiurare che la pur incentivata diffusione della produzione di energia da fonti rinnovabili determini un eccessivo consumo di suolo.

Dunque, la tesi di parte ricorrente, secondo la quale il regolamento regionale avrebbe arbitrariamente ed illegittimamente aggiunto, con gli artt. 6-bis e 3, co. 8, “requisiti minimi” ulteriori per la presentazione dell’istanza di autorizzazione unica consistenti nel titolo di disponibilità di un’area da lasciare libera da moduli fotovoltaici pari al 50% della superficie intera e nella proposta di convenzione o atto d’obbligo di cui all’art. 42 del regolamento regionale n. 2/2015, non è meritevole di condivisione.

14.5.6. – Potrebbe semmai porsi la questione, in vero non specificamente dedotta da Chiron Energy prima della discussione del ricorso nell’udienza pubblica del 21 novembre 2023, dell’idoneità della fonte regolamentare regionale, nelle more della emanazione dei decreti ministeriali di cui all’art. 20, co. 1, del d.lgs. n. 199/2021, a stabilire la massima porzione di suolo occupabile dagli impianti per unità di superficie.

A tale proposito, è utile ricordare che l’art. 117, co. 3, della Costituzione devolve alla potestà legislativa concorrente dello Stato e delle Regioni la materia “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”, spettando dunque in tale materia alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.

Come rilevato anche in dottrina, con riguardo al tema della definizione dei principi fondamentali, detta materia ha assunto connotati del tutto peculiari in relazione alla prassi legislativa – inaugurata con il d.lgs. n. 387/2003 (art. 12, co. 10), proseguita con il d.lgs. n. 28/2011 (artt. 5, 6 e 14) e da ultimo reiterata con il d.lgs. n. 199/2021 (art. 20, più volte citato) – di rinviare a tale fine ad atti di normazione secondaria come le linee guida adottate con decreto ministeriale.

Con particolare riferimento alle Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili emanate con il decreto ministeriale del 10.09.2010 in attuazione dell’art. 12, co. 10, del d.lgs. n. 387/2003 e richiamate anche dal decreto legislativo n. 28/2011, la Corte costituzionale, con sentenza n. 46 del 2021 (ma si vedano anche le precedenti sentenze n. 189 e n. 11 del 2014, n. 62 del 2013, n. 168 e n. 344 del 2010), ha chiarito che si tratta di «atti di normazione secondaria, che costituiscono, in settori squisitamente tecnici, il completamento della normativa primaria. Pertanto essi rappresentano un corpo unico con la disposizione legislativa che li prevede e che ad essi affida il compito di individuare le specifiche tecniche che mal si conciliano con il contenuto di un atto legislativo e che necessitano di applicazione uniforme in tutto il territorio nazionale (sentenze n. 69 del 2018 e n. 99 del 2012) ed hanno carattere vincolante (sentenza n. 106 del 2020)».

Dunque, nella materia di cui si discute, le previsioni delle linee guida emanate con decreto ministeriale al quale la fonte primaria rinvia, pur essendo poste da una fonte sub-legislativa e non potendo assurgere al rango di normativa interposta, vengono ad integrare strettamente, in un settore squisitamente tecnico, la normativa primaria, costituendo un corpo unico con la disposizione legislativa che le prevede e rappresentandone la «necessaria integrazione», ovvero il completamento tecnico del principio, senza per questo diventare “dettaglio” (Corte cost., n. 11 del 2014 e n. 189 del 2014, citt.).

Fatte queste premesse in relazione alla funzione delle linee guida emanate con atto sub-legislativo a completamento delle disposizioni di principio della legge statale in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, per quello che in questa sede interessa deve osservarsi che ad oggi (e, comunque, all’epoca dell’adozione dei provvedimenti in questa sede impugnati), pur essendo scaduto il termine di cui all’art. 20, co. 1, del d.lgs. n. 199/2021, i decreti ministeriali ivi previsti non sono stati ancora adottati.

Mutuando le parole usate dalla Corte costituzionale nelle sentenze sopra richiamate, manca, dunque, quella «necessaria integrazione» richiesta dall’art. 20, co. 1, del d.lgs. n. 199/2021, peraltro in riferimento ad aspetti della disciplina di principio che lo stesso legislatore ha previsto che debbano essere stabiliti «in via prioritaria», tra i quali figura quello riguardante la massima porzione di suolo occupabile dagli impianti per unità di superficie.

In un tale situazione non potrebbe ritenersi che, in attesa della emanazione dei decreti ministeriali, la materia in questione rimanga priva di normazione di principio in relazione a profili che il legislatore statale ritiene di rilevanza tale da richiederne la definizione prioritaria, giacché, altrimenti, nelle aree idonee ex lege le Regioni finirebbero per dover autorizzare l’installazione degli impianti senza limiti di copertura delle superfici, contravvenendo così alla chiara – seppur incompleta – indicazione della legislazione statale.

14.5.7. – Il profilo da ultimo accennato merita una specifica riflessione in riferimento alle questioni sollevate in sede di discussione all’udienza pubblica del 21 novembre 2023, durante la quale la difesa di parte ricorrente ha sostenuto che non potrebbe ritenersi legittima, da parte delle Regioni, la definizione di criteri di massima superficie occupabile, quale quello di cui si controverte, perché già la Corte costituzionale ha ritenuto illegittime le disposizioni di legge regionale aventi l’effetto di introdurre divieti di realizzazione di impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica in determinate parti del territorio regionale in difetto delle linee guida nazionali per il corretto inserimento nel paesaggio di tali impianti di cui all’art. 12, comma 1, del d.lgs. n. 387 del 2003 (Corte cost. n. 119 del 2010), linee guida che, nel caso dell’art. 20 del d.lgs. n. 199/2021, richiederebbero l’intesa della Conferenza unificata Stato, Regioni e Autonomie locali, che nella specie mancherebbe “a monte” del regolamento regionale di cui si controverte.

Sennonché deve rilevarsi, per un verso, che la disciplina di cui all’art. 20 del d.lgs. n. 199/2021 contiene significativi elementi di diversità rispetto a quella di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003: mentre, infatti, quest’ultimo si limitava a stabilire che con le linee guida da adottarsi in Conferenza unificata sarebbero state definite le regole volte ad assicurare un corretto inserimento degli impianti nel paesaggio, l’art. 20, co. 1, del d.lgs. n. 199/2021 specifica, come si è visto, che «in via prioritaria» i decreti ministeriali dovranno stabilire «la massima porzione di suolo occupabile dai suddetti impianti per unità di superficie», stabilendo chiaramente che una misura massima di suolo occupabile dovrà essere stabilita, salvo demandare alle linee guida la determinazione di tale misura. Come si è sopra evidenziato, una volta scaduto il termine per l’adozione dei decreti ministeriali senza che questi siano stati emanati, una regola come quella invocata dalla parte ricorrente dovrebbe indurre a ritenere che, fino a quando non verrà meno l’inadempimento del Ministero, le Amministrazioni interessate si troverebbero costrette ad autorizzare l’installazione di impianti come quelli per cui è causa senza alcun limite di massima copertura del suolo occupabile, tradendo così l’intento chiaramente espresso dal legislatore, a scopo di tutela del suolo e di contrasto della sua impermeabilizzazione, con la previsione sopra ricordata.

A diverse conclusioni non conduce, secondo il collegio, l’ovvia constatazione della mancanza, a monte delle norme regolamentari regionali della cui legittimità si controverte, dell’intesa in sede di Conferenza unificata che, invece, deve precedere l’emanazione dei decreti ministeriali di cui all’art. 20, co. 1, del d.lgs. n. 199/2021.

A quest’ultimo riguardo deve sottolinearsi che la fonte regolamentare regionale (nel caso di specie, il regolamento regionale n. 7 del 2011 come modificato dal regolamento regionale n. 4 del 2022) vale a colmare un vuoto determinato dall’inerzia del normatore statale fino a quando quest’ultimo non avrà provveduto ad emanare i decreti di cui all’art. 20, co. 1, del d.lgs. n. 199/2021.

La circostanza della mancanza dell’intesa della Conferenza unificata non fa venir meno l’esigenza di stabilire, in armonia con la previsione legislativa statale, seppure nelle more dell’emanazione dei decreti ministeriali, la misura della massima porzione di suolo occupabile dagli impianti per unità di superficie.

Deve ricordarsi, infatti, che, in materie come quella per cui è giudizio, esigenze di omogeneità di disciplina inducono il legislatore a ricorrere al meccanismo della c.d. “attrazione in sussidiarietà”, ovvero all’accentramento in capo allo Stato di funzioni amministrative e della loro disciplina anche quando tali funzioni siano riconducibili a materie di legislazione concorrente o residuale. Tale accentramento di funzioni normative ed amministrative al livello statale è da ritenersi consentito a una duplice condizione: «per un verso, che la valutazione dell’interesse unitario sottostante all’assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato sia proporzionata e rispondente a ragionevolezza alla stregua di uno scrutinio stretto; per altro verso, che siano previste adeguate forme di coinvolgimento delle Regioni interessate nello svolgimento delle funzioni allocate in capo agli organi centrali, in modo da contemperare le ragioni dell’esercizio unitario di date competenze e la garanzia delle funzioni costituzionalmente attribuite alle Regioni stesse»» (cfr. Corte cost., sent. n. 261 del 2015; v. anche sentt. nn. 163 e 179 del 2012, n. 232 del 2011, nn. 88 e 374 del 2007, n. 303 del 2003).

Se ne desume che la previsione (di cui anche all’art. 20, co. 1, del d.lgs. n. 199/2021) dell’intesa della Conferenza unificata non è funzionale alla garanzia delle esigenze di omogeneità della disciplina (esigenze già presidiate, come detto, dalla “attrazione” o “chiamata” in sussidiarietà), quanto, in termini opposti, alla salvaguardia delle prerogative delle Regioni, che devono essere adeguatamente coinvolte e consultate allorché lo Stato intenda procedere all’esercizio di funzioni appartenenti alle Regioni secondo il suddetto meccanismo della “chiamata in sussidiarietà”.

Di conseguenza, la mancanza, a monte del regolamento regionale, dell’intesa della Conferenza unificata non può essere utilmente invocata per negare alla Regione, nell’inerzia del normatore statale rispetto all’emanazione dei decreti ministeriali previsti dal citato comma 1 dell’art. 20 del d.lgs. n. 199/2021, la possibilità di intervenire per stabilire, nelle more dell’emanazione di quei decreti, la misura massima di suolo occupabile con gli impianti di cui si discute.

Da ultimo, deve evidenziarsi che disposizioni come quelle contenute nell’art. 6-bis del regolamento regionale n. 7 del 2011 non appaiono qualitativamente diverse da quelle che il Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica dovrà emanare ai sensi del citato art. 20, co. 1, del d.lgs. n. 199/2021. Anche i decreti ministeriali, infatti, dovranno indicare, tra le altre cose e comunque «in via prioritaria», «la massima porzione di suolo occupabile dai suddetti impianti per unità di superficie». Ne consegue che, quale che sia la fonte, statale o regionale, siffatta limitazione non potrà che costituire una misura generale di conformazione della realizzabilità degli impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile che si porrà in termini logicamente precedenti all’avvio del procedimento amministrativo finalizzato al rilascio del relativo eventuale titolo, ove richiesto dalla legge, non potendo essere considerata come un’aprioristica preclusione alla localizzazione degli impianti su determinate aree e senza che essa possa ritenersi contrastante con il c.d. principio di riserva di procedimento autorizzativo.

14.5.8. – Può dunque trarsi la conclusione che, in mancanza della compiuta integrazione dei principi fondamentali della materia attraverso l’emanazione dei decreti ministeriali di cui all’art. 20, co. 1, del d.lgs. n. 199/2021, disposizioni come gli artt. 6-bis e 3, co. 8, del regolamento regionale dell’Umbria n. 7 del 2011, come sostituito dal regolamento regionale n. 4 del 2022, desumendo comunque tali principi dalla legislazione statale vigente, realizzino in via suppletiva, con fonte sub-legislativa in attesa della fonte sub-legislativa statale, quella «necessaria integrazione» richiesta dalla normativa primaria, senza peraltro tradire, per i profili che qui interessano, i limiti della stessa norma primaria statale, giacché, come si è visto, anche i decreti ministeriali da emanarsi ai sensi della disposizione sopra richiamata dovranno stabilire la massima porzione di suolo occupabile, per unità di superficie, dagli impianti di cui si discute. Ciò secondo un meccanismo non dissimile – salvo che per la fonte sub-legislativa già prevista dallo stesso art. 20, co. 1, del d.lgs. n. 199/2021 – da quello indicato dall’art. 1, co. 3, della legge n. 131/2003 per l’esercizio della potestà legislativa regionale nelle materie di legislazione concorrente.

15. – In conclusione, il ricorso di Chiron Energy deve essere respinto.

16. – La particolare complessità delle questioni trattate induce il collegio a disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti costituite, mentre non vi è luogo a provvedere su di esse con riguardo all’Amministrazione comunale non costituita.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2023 con l’intervento dei magistrati:

Pierfrancesco Ungari, Presidente

Daniela Carrarelli, Primo Referendario

Davide De Grazia, Referendario, Estensore