Cass. Sez. III Sent. 31138 del 24 luglio 2008 Ud. 29 mag 2008
Pres. De Maio Est. Marmo Ric. Sottile
Urbanistica. Violazione sigilli apposti solo su parte dell\'immobile

Il reato di violazione di sigilli è configurabile anche nel caso in cui i sigilli siano apposti solo su una parte della "res" sequestrata, in quanto l\'apposizione dei medesimi è operata a tutela del vincolo che riguarda l\'integrità e l\'immodificabilità dell\'intera "res" in sequestro ed investe qualsiasi attività che si svolga in sostanziale contrasto con il vincolo medesimo.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. DE MAIO Guido - Presidente - del 29/05/2008
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - SENTENZA
Dott. MARMO Margherita - rel. Consigliere - N. 01399
Dott. MARINI Luigi - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere - N. 007007/2008
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SOTTILE ANTONIO, N. il 03/09/1947;
avverso la SENTENZA del 30/10/2007 CORTE APPELLO di MESSINA;
Visti gli atti, la sentenza denunziata e il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARMO MARGHERITA;
Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. IZZO GIOACCHINO, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso;
Udito il difensore avv. PUSTORINO FRANCESCO, che ha chiesto l\'accoglimento dei motivi di ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 85 pronunciata il 28 marzo 2003 il Tribunale di Messina dichiarava Giuseppe Sottile colpevole del reato di cui all\'art. 349 c.p., ascrittogli al capo E dell\'originaria imputazione per aver violato i sigilli apposti sulle opere abusive dai vigili urbani il 21 luglio 1998 al fine di assicurare la conservazione e l\'identità della cosa r (per fatto accertato in Messina il 3 agosto 1998), la condannava alla pena di tre anni di reclusione ed Euro 309,00, di multa, oltre che al pagamento delle spese processuali. Con sentenza pronunciata il 30 ottobre 2007 la Corte di Appello di Roma, in parziale riforma della sentenza del Tribunale, rideterminava la pena in un anno e tre mesi di reclusione, confermandola nel resto. Ha proposto ricorso per cassazione l\'imputato, chiedendo l\'annullamento della sentenza impugnata per i motivi che saranno nel prosieguo analiticamente esaminati.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione di cui all\'art. 606 c.p.p., lett. e), in relazione all\'art. 349 c.p., e all\'art. 192 c.p.p..
Deduce il ricorrente che la sentenza impugnata richiamava due verbali di sequestro del 21 luglio 1998 e del 3 settembre 1998 ritenendo che i sigilli apposti il 21 luglio 1998 sarebbero stati violati il 3 settembre 1998.
Peraltro in tale data non era stato elevato alcun verbale. In atti vi era solo il verbale del 3 agosto 1998, nel quale i vigili non contestano la violazione dei sigilli apposti il 21 luglio 1998, ma contestano la realizzazione di una nuova e diversa opera costituita dalla costruzione del tratto di muro più a monte in cemento armato rispetto a quello sul quale erano stati apposti i sigilli. I vigili avevano quindi apposto i sigilli a questa nuova e diversa opera che non aveva nulla a che vedere con il precedente tratto di muro i cui sigilli non erano stati violati.
Il motivo è palesemente infondato e va dichiarato inammissibile. Come ha precisato questa Corte (v. per tutte Cass. pen. Sez. 3^ sent. 12 gennaio 2007, n. 6417, Battello) "nel delitto di violazione dei sigilli previsto dall\'art. 349 c.p., l\'oggetto del reato va individuato nella tutela della intangibilità della cosa rispetto ad ogni atto di disposizione o diu manomissione".
La sussistenza del reato di cui all\'art. 349 c.p., non è quindi esclusa dall\'apposizione dei sigilli solo su una parte dell\'immobile sequestrato perché questi sono apposti a tutela del vincolo che riguarda l\'integrità e l\'immodificabilità dell\'intera zona sequestrata ed investe qualsiasi attività che si svolga in sostanziale contrasto con il vincolo stesso.
Il secondo ed il quarto motivo, per la loro logica e giuridica connessione, vanno esaminati congiuntamente.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione di cui all\'art. 606 c.p.p., lett. E), come sostituito dalla legge 22 febbraio 2006 in relazione agli artt. 54 e 349 c.p..
Deduce il ricorrente che egli aveva agito in stato di necessità, come provato da tre diffide dei vigili del fuoco del 23 ottobre 1996, 10 gennaio 1997 e 30 luglio 1998.
In quest\'ultima missiva i vigili del fuoco avevano diffidato l\'imputato ad intervenire in loco paventando uno smottamento del terreno.
Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione di cui all\'art. 606 c.p.p., lett. E), in relazione all\'art. 51 c.p., in quanto la Corte di merito non aveva considerato che egli si era limitato ad eseguire l\'ordine impartito dai vigili del fuoco. Egli non aveva infatti completato l\'opera per il suo personale interesse ma aveva realizzato un muro di sostegno indispensabile per bloccare i movimenti franosi che pregiudicavano la pubblica incolumità.
Anche il secondo il quarto motivo sono palesemente infondati e vanno dichiarato inammissibili.
Come ha correttamente rilevato la Corte di merito l\'imputato non può avvalersi della esimente invocata, in quanto non aveva provveduto a richiedere all\'Autorità Giudiziaria competente apposita autorizzazione all\'intervento con conseguente rimozione dei sigilli/e a tale richiesta aveva provveduto tardivamente,soltanto dopo l\'accertamento del reato.
Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione di cui all\'art. 606 c.p.p., lett. e), con riferimento all\'art. 349 c.p., e artt. 192 e 530 c.p.p..
Deduce il ricorrente che la Corte di merito non aveva risposto al motivo di appello in cui egli sosteneva che, essendo stato sottoposto a procedimento penale per aver iniziato la realizzazione di muri di sostegno senza la concessione edilizia, era stato assolto da tale imputazione in quanto l\'opera non era stata considerata come opera edilizia necessitante concessione.
Conseguentemente doveva ritenersi che il sequestro, presupposto dell\'apposizione dei sigilli, era illegittimo e quindi insussistente il reato contestato.
Anche il terzo motivo è palesemente infondato e va dichiarato inammissibile.
Come ha precisato questa Corte, (v per tutte Cass. Pen. sez. 3^ sent. 19 ottobre 1999, n. 13069), "la sussistenza del reato di cui all\'art. 349 c.p., che tutela sotto il profilo penalistico l\'operato della pubblica amministrazione, non è esclusa dall\'eventuale illegittimità del sequestro"
Il titolare del bene sequestrato, nel caso in cui ritenga il sequestro illegittimo deve infatti far valere in sede giurisdizionale la propria opposizione al provvedimento ma non violare il vincolo che impone l\'intangibilità della cosa rispetto ad ogni atto di disposizione o di manomissione.
Con il quinto motivo il ricorrente lamenta la violazione di cui all\'art. 66 c.p.p., lett. e) in relazione all\'art. 62 bis cpv. in quanto le attenuanti generiche erano state escluse solo in relazione alla sussistenza di precedenti penali, peraltro neppure specificati. Anche il quinto motivo è palesemente infondato e va dichiarato inammissibile.
Come ha precisato questa Corte (v. per tutte Cass. Pen. sez. 2^ sent. 11 ottobre 2004, n. 2285, Alba ed altri) "ai fini dell\'applicabilità delle circostanze attenuanti generiche di cui all\'art. 62 bis c.p., il giudice deve riferirsi ai parametri di cui all\'art. 133 c.p., ma non è necessario, a tal fine, che li esamini tutti, essendo sufficiente che specifichi a quale di esso ha inteso fare riferimento".
Con il sesto motivo il ricorrente lamenta la violazione di cui all\'art. 606 c.p.p., lett. E), con riferimento all\'art. 157 c.p., in quanto la Corte di Appello aveva ritenuto di escludere la prescrizione sulla base di sospensioni verificatesi in secondo grado, senza neppure individuarle specificamente e senza considerare che nei periodi di rinvio del processo senza sospensione la prescrizione continua a maturare.
Anche il sesto motivo è palesemente infondato e va dichiarato inammissibile.
Deve infatti ritenersi sospeso il procedimento da il periodo di due anni, cinque mesi e ventiquattro giorni, per effetto dei rinvii di udienza per impedimento della difesa dal 18 luglio 2005 al 23 aprile 2006 al 12 marzo 2007, nonché dal 12 ottobre 2000 al 17 gennaio 2001, dal 16 maggio 2002 al 13 novembre 2002 al 13 dicembre 2002. Conseguentemente il termine massimo di prescrizione di sette anni e sei mesi, ai sensi del combinato disposto degli artt. 157 e 160 c.p. ante novellam, scadente il 3 febbraio 2006, si è prorogato al 27 luglio 2008.
Va quindi dichiarato inammissibile il ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle Ammende nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00, in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 29 maggio 2008.
Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2008