Cass. Sez. III n. 25235 del 23 gugno 2011 (CC 25 gen.2011)
Pres. Petti Est. Rosi Ric. Osso
Urbanistica. Decadenza di vincolo preordinato ad esproprio e zona bianca

Il venir meno del vincolo preordinato all'esproprio, per l'inutile decorso del termine quinquennale di decadenza entro cui il procedimento ablatorio dev'essere concluso, non trasforma automaticamente l'area interessata dall'intervenuta inefficacia del vincolo in una "zona bianca" (art. 9, comma secondo, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), essendo necessaria la preliminare verifica della mancanza dello strumento attuativo di urbanizzazione dell'area onde valutare la legittimità o meno degli interventi edilizi assentiti. (Nella specie, la Corte ha precisato che, per qualificare l'area come zona bianca, ossia area in cui non sono stati approvati gli strumenti urbanistici attuativi previsti dagli strumenti urbanistici generali come presupposto per l'edificazione, la P.A. ha l'obbligo di accertare l'insufficienza del regime dell'area stabilito nel P.R.G., verifica cui è condizionata la legittimità della determinazione assunta nel procedimento amministrativo attivato dal privato con la richiesta del titolo edificatorio).

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. PETTI Ciro - Presidente - del 25/01/2011
Dott. LOMBARDI Alfredo M. - Consigliere - SENTENZA
Dott. GENTILE Mario - Consigliere - N. 127
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. ROSI Elisabetta - rel. Consigliere - N. 25469/2010
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) OSSO GIOVANNI, N. IL 20/05/1967;
avverso l'ordinanza n. 53/2010 TRIB. LIBERTÀ di COSENZA, del 29/04/2010;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ELISABETTA ROSI;
sentite le conclusioni del PG Dott. D'Ambrosio Vito, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il difensore avv. La Barba Gregorio che ha chiesto l'accoglimento con conseguente annullamento senza rinvio o, in subordine, con rinvio dell'ordinanza.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Cosenza, sez. Riesame, con l'ordinanza del 29/4/2010, ha respinto l'istanza proposta da Osso Giovanni, avverso il decreto adottato dal G.I.P. presso il Tribunale di Paola in data 26/3/2010, con cui è stato convalidato il sequestro preventivo operato dai CC su un immobile di tre livelli, di cui uno interrato destinato a deposito, un piano terra destinato a locale artigianale-ufficio e locali accessori, nonché un piano rialzato destinato a locale artigianale, locale macchine ed alloggio, avente superficie di mq. 396,24 e volumetria mc. 3500,00, sito in Longobardi, località Bardano, di proprietà della società "F.lli Osso & C. s.n.c". L'indagato Osso Giovanni, tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione per i seguenti motivi:
1. Violazione art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in riferimento all'art. 321 c.p.p., D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 9, art. 40, comma 2, art. 81, comma 2, art. 100 c.p., e art. 44, comma 1, lett. c), per insussistenza del reato ipotizzato (fumus commissi delicti). Il Tribunale di riesame non avrebbe tenuto conto che l'area già interessata dal vincolo attuativo P.I.P., previsto dall'u.c. dell'art. 19 del vigente P.R.G., decaduto ai sensi della L. 19 novembre 1968, n. 1187, art. 2, non potrebbe essere considerata "zona bianca" ed assoggettata alle previsioni del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 9 (costituente il presupposto del gravato decreto di sequestro preventivo adottato dal G.I.P. di Paola), in quanto tale normativa deve ritenersi applicabile unicamente nel caso di accertata assenza nelle disposizioni di Piano Regolatore Generale dei prescritti requisiti di cui alla Legge Urbanistica n. 1150 del 1942, art. 7. Si sarebbe verificata la riespansione piena del diritto del privato, proprietario di un terreno interessato da tale vincolo ormai decaduto, allo sfruttamento edificatorio del suo quoziente di terreno (come stabilito dalla giurisprudenza amministrativa). Infatti nei casi in cui sia venuta meno soltanto la pianificazione attuativa di dettaglio, si deve in primo luogo fare riferimento al P.R.G. per verificare i limiti della disciplina d'uso del territorio. In sostanza, la cessata efficacia di un piano attuativo non eseguito non renderebbe l'area interessata priva di disciplina urbanistica, alla stregua delle c.d. "zone bianche", per le quali risultano dettate le prescrizioni di cui al citato art. 9, giustificate per le zone nelle quali si riscontri la mancanza di qualsiasi programmazione d'uso del territorio. I giudice avrebbero dovuto verificare l'integrazione o meno della fattispecie penale secondo l'interesse sostanziale alla tutela del territorio, senza dare rilievo alla deliberazione consiliare n. 312007, in quanto manifestamente illegittima ed inefficace.
2. Violazione art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in riferimento all'art. 321 c.p.p. per insussistenza di esigenze cautelari (periculum in mora). Nel caso di specie la censurata misura cautelare reale risulta ingiustificata attesa l'accertata conformità dei provvedimenti permissivi alla normativa urbanistico - edilizia ed allo strumento urbanistico effettivamente vigente nel Comune di Longobardi e la non sussumibilità della fattispecie effettuale nell'istituto e nella disciplina delle c.d. "Zone bianche", bensì l'operatività della specifica normativa contenuta nell'art. 19 del vigente P.R.G. per i comparti urbanistici a Z.T.O. "D" in esito alla intervenuta decadenza del vincolo PIP, non rendono configurabile l'ipotizzato reato e pertanto non risulta sussistere alcuna esigenza cautelare al mantenimento del sequestro preventivo. In data 19 gennaio 2011 l'avvocato del ricorrente ha depositato una memoria difensiva nella quale ribadisce la conformità delle opere edilizie, ricadenti in zona D, alla disciplina urbanistica, CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è in parte fondato.
Il Tribunale del riesame ha dato per presupposto che le opere oggetto di sequestro preventivo sono state realizzate in un'area individuabile come zona bianca di PRG, in quanto sarebbe decorso il termine quinquennale di decadenza dei vincoli imposti sull'area. L'ordinanza infatti ha precisato che "il venir meno del vincolo preordinato all'esproprio, per l'inutile decorso del termine quinquennale entro il quale il procedimento ablatorio doveva essere concluso, non ha l'effetto di restituire all'area, oggetto del vincolo in questione, l'originaria destinazione di zona, ma la trasforma in zona bianca (a prescindere, dunque, dalla qualificazione proveniente dalla deliberazione consiliare contestata) alla quale il Comune può imprimere la destinazione che, allo stato, ritiene più conforme al pubblico interesse; in altri termini, non riprendono vigore eventuali previsioni urbanistiche preesistenti (risalenti, cioè, all'epoca del vincolo poi scaduto) essendo la reviviscenza preclusa dal fatto che si è in presenza di una perdita di efficacia e non di annullamento, che, invece, avrebbe effetti ripristinatori". Su tale base ha ritenuto sussistente il fumus delicti ed il periculum in mora, attesa l'esigenza di impedire che la libera disponibilità dell'area potesse consentire la prosecuzione dei lavori. Effettivamente il D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 9 del "Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità", comma 2, stabilisce che il vincolo preordinato all'esproprio ha la durata di cinque anni e che entro tale termine può essere emanato il provvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera e prevede (comma 3) che se non è tempestivamente dichiarata la pubblica utilità dell'opera, il vincolo preordinato all'esproprio decade ed in assenza di pianificazione urbanistica, deve essere applicata la disciplina generale dettata dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 9, che pone specifici limiti di edificabilità delle c.d. zone bianche. Secondo il condivisibile orientamento della giurisprudenza amministrativa maggioritaria (da ultimo Cons. Stato, Sez. 5, 20 marzo 2008, n. 1216, soc. edilizia Roccaraso c/ Comune di Roma) le zone urbanistiche interessate dalla inefficacia del vincolo urbanistico per scadenza del quinquennio, in assenza della pur possibile reiterazione dello stesso, sono soggette alla disciplina delle c.d. "zone bianche", ossia alla concreta applicazione degli esigui parametri della Legge Bucalossi (L. 28 gennaio 1977, n. 10), proprio per prevenire un'eccessiva riespansione dello ius aedificandi, con riedificazione incontrollate in aree non più governate da scelte ed indirizzi di natura programmatoria. Peraltro è stato affermato che "è altresì innegabile che la perdita di efficacia di un Piano di Zona, ricompreso in un P.E.E.P., non implica l'automatico riconoscimento del carattere di zona bianca all'area che in esso risultava inserita". Infatti "nell'ipotesi di decadenza di un piano attuativo le amministrazioni, prima di applicare il regime supplementare contenuto nella norma di cui alla L. n. 10 del 1977, art. 4, u.c., hanno l'obbligo di verificare preliminarmente l'idoneità dello strumento pianificatorio generale.... In presenza infatti di un documento di pianificazione generale, l'applicazione dei criteri di cui alla citata disposizione si rivela del tutto residuale". A parere del Supremo organo di giustizia amministrativa, è necessario preliminarmente verificare la mancanza dello strumento attuativo di urbanizzazione dell'area, ossia dell'insufficienza del regime dell'area stabilito nel P.R.G., ed il compimento di tale verifica da parte della pubblica amministrazione condiziona la legittimità della determinazione assunta nel procedimento amministrativo attivato dal privato con la richiesta di rilascio del titolo edificatorio.
Pertanto, la valutazione del Collegio del riesame non risulta invero competa, in quanto nell'esaminare e valutare gli argomenti difensivi posti a base della richiesta del riesame, ove era stata rivendicata la piena legittimità degli interventi eseguiti in quanto assentiti in forza di valido titolo abilitativo e la erronea qualificazione dell'area come zona bianca, i giudici, pur facendo riferimento alla giurisprudenza amministrativa, hanno escluso che il venire meno del vincolo espropriativo restituisse all'area la originaria destinazione di zona, dovendosi invece qualificare l'area come zona bianca, applicando le relative disposizioni, senza che fosse stata esaminata la correttezza del procedimento amministrativo di rilascio dei permessi di costruire mediante l'esame dei singoli atti adottati dalla pubblica amministrazione, e senza svolgere una compiuta analisi dei contenuti dello strumento urbanistico, della variante adottata e della convenzione di lottizzazione.
Tale carenza assume rilevanza in quanto solo con la valutazione della convenzione di lottizzazione, e della variante allo strumento urbanistico menzionata dalla difesa, potrebbe essere verificato il conferimento effettivo di una specifica destinazione urbanistica dell'area interessata dall'intervento da parte dell'amministrazione comunale e, di conseguenza, la correttezza o meno della qualificazione della stessa quale zona bianca. Quindi tale lacuna deve essere colmata con un successivo giudizio di rinvio. P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Cosenza. Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2011.
Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2011