Cass. Sez. III n. 32952 del 8 settembre 2010 (Cc. 28 apr. 2010)
Pres. Lupo Est. Fiale Ric. Del Sorbo
Urbanistica. Esecuzione ed individuazione dell’organo promotore

Deve ritenersi definitivamente superata in materia urbanistica, “la visione di un giudice supplente dell’Amministrazione pubblica”: lo stesso territorio costituisce l’oggetto della tutela posta dalla normativa penale urbanistica ed a tale tutela sostanziale si riconnette l’attribuzione al giudice del potere di disporre provvedimenti ripristinatori specifici qualora perduri la situazione offensiva dell’interesse protetto dalla norma penale. Se, dunque, il potere di ordinare la demolizione, attribuito al giudice penale pur essendo di natura amministrativa, è rivolto al ripristino del bene tutelato in virtù di un interesse (anche di prevenzione) correlato all’esercizio della potestà di giustizia, il provvedimento conseguente compreso nella sentenza passata in giudicato, al pari delle altre statuizioni della sentenza medesima, è assoggettato all’esecuzione nelle forme previste dagli artt. 655 e seguenti del codice di procedura penale. L’organo promotore dell’esecuzione va identificato, pertanto, nel pubblico ministero e non in altri organi amministrativi.

 

UDIENZA del 28.4.2010

SENTENZA N. 668

REG. GENERALE N.38031/09


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale


Composta dagli lll.mi Sigg.ri Magistrati:


Dott. ERNESTO LUPO                    - Presidente
ALFREDO MARIA LOMBARDI - Consigliere

ALDO FIALE                           - Rel. Consigliere
LUIGI MARINI                          - Consigliere
GIULIO SARNO                       - Consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


- sul ricorso proposto da:
1) DEL SORBO GUGLIELMO N. IL 25/03/1942
- avverso l'ordinanza n. 378/2009 TRIBUNALE di NAPOLI, del 22/09/2009
- sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO FIALE;

- lette le conclusioni del PG il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.


FATTO E DIRITTO


A Del Sorbo Guglielmo e stata applicata pena concordata ex art. 444 c.p.p. - per reati edilizi commessi in Napoli, via Montagna Spaccata - con sentenza 2.5.2008 del Tribunale monocratico di Napoli, avente autorità di cosa giudicata dal 24.6.2008.


Con la stessa sentenza è stata ordinata la demolizione delle opere abusive, ai sensi dell'art. 31, comma 9, del T.U. n. 380/2001 (già art. 7, ultimo comma, della legge n. 47/1985).


Nella fase esecutiva il P.M. competente ha ingiunto la demolizione, ma il Del Sorbo non vi ha ottemperato ed ha rivolto al giudice dell'esecuzione istanza di annullamento dell'ingiunzione demolitoria, prospettando che non avrebbe potuto legittimamente uniformarsi ad essa, essendosi già verificata l'acquisizione gratuita dell'immobile abusivo al patrimonio del Comune.


Il Tribunale monocratico di Napoli, quale giudice dell'esecuzione, all'esito del procedimento in camera di consiglio di cui all'art. 666 c.p.p. - con ordinanza del 22.9.2009 - ha rigettato l'istanza sul rilievo che, anche nelle ipotesi in cui le opere abusive siano state effettivamente acquisite al patrimonio del Comune, opera tuttavia il potere-dovere del giudice penale di eseguire la demolizione disposta ex art. 31, comma 9, del T.U. n. 380/2001, che può escludersi nei soli casi in cui sia intervenuta la deliberazione del Consiglio comunale che abbia dichiarato l'esistenza di prevalenti interessi pubblici, ovvero, comunque, l'ordine di demolizione medesimo risulti assolutamente incompatibile con atti amministrativi dell'autorità competente, che abbiano conferito all'immobile altra destinazione o abbiano provveduto alla sua sanatoria.


Avverso tale ordinanza il Del Sorbo ha proposto ricorso ed ha lamentato, con principale doglianza, che esso ingiunto non può considerarsi legittimato passivo nel procedimento di esecuzione, poiché la costruzione abusiva ed il terreno in cui sorge sono diventati di proprietà del Comune, a norma dell'art. 31, 3° comma, dei D.P.R. n. 380/2001, ed il giudice penale non può comunque compromettere le ulteriori scelte discrezionali dell'Amministrazione comunale (demolizione di ufficio o utilizzazione a fini pubblici).


Ha lamentato altresì, che:
- non sarebbe stato possibile impartire l'ordine di demolizione, di cui all'art. 31, comma 9, dei T.U. n. 380/2001, con sentenza di "patteggiamento" ex art. 444 c.p.p.;
- il beneficio della sospensione condizionale, a lui concesso, estenderebbe i suoi effetti anche alla sanzione demolitoria applicata;
- la ingiunzione esecutiva di demolizione avrebbe dovuto essere impartita non dal pubblico ministero ma dall'ufficio tecnico della Regione o dal Genio Civile.


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Il ricorso deve essere rigettato, perché infondato.


1. Secondo la giurisprudenza ormai costante di questa Corte Suprema, l'ordine di demolizione di cui all'art. 31, comma 9, del T.U. n. 380/2001 deve essere emesso, qualora ne ricorrano i presupposti, anche nei casi di applicazione della pena su richiesta delle parti, ex art. 444 c.p.p. (vedi Cass.: Sez. Unite 15.5.1992 e, tra le decisioni più recenti, Sez. III: 7.3.2008, Caccioppoli).
Alla sentenza di "patteggiamento", infatti, sono ricollegabili tutti gli effetti di una sentenza di condanna, ad eccezione di quelli espressamente indicati dell'art. 445, 1° comma, c.p.p., fra i quali non é compresa la sanzione in oggetto (non trattandosi di pena accessoria né di misura di sicurezza).
A nulla rileva che l'ordine medesimo non abbia formato oggetto dell'accordo intercorso tra le parti, in quanto esso costituisce atto dovuto per il giudice, non suscettibile di valutazioni discrezionali e sottratto alla disponibilità delle parti stesse, di cui l'imputato deve tenere comunque conto nell'operare la scelta del patteggiamento (vedi Cass., Sez. III: 3.7.2000, n. 7617, Pusateri; 18.2.1998, n. 64, P.M. in proc. Corrado; 25.10.1997, n. 3107, P.M. in proc. Di Maro).
L'ordine di demolizione in oggetto, inoltre, resta eseguibile, qualora sia stato impartito con la sentenza di "patteggiamento", anche nel caso di estinzione del reato conseguente al decorso del termine di cui all'art. 445, 2° comma, c.p.p. (vedi Cass., Sez. III: 6.7.2000, Callea e 12.1.2000, Giusta).


2. L'ordine di demolizione impartito dal giudice penale, assolvendo ad un'autonoma funzione ripristinatoria del bene giuridico leso, ha natura di provvedimento accessorio rispetto alla condanna principale e costituisce esplicitazione di un potere sanzionatorio, non residuale o sostitutivo ma svincolato rispetto a quelli dell'autorità amministrativa, attribuito dalla legge al giudice penale (vedi Cass., Sez. Unite, 24.7.1996, n. 15, ric. PM in proc. Monterisi; nonché Cass., Sez. III, 12.12.2006, De Rosa).
Deve ritenersi definitivamente superata, infatti, in materia urbanistica, "la visione di un giudice supplente dell'Amministrazione pubblica": lo stesso territorio costituisce l'oggetto della tutela posta dalla normativa penale urbanistica ed a tale tutela sostanziale si riconnette l'attribuzione al giudice del potere di disporre provvedimenti ripristinatori specifici qualora perduri la situazione offensiva dell'interesse protetto dalla norma penale.
Se, dunque, il potere di ordinare la demolizione, attribuito al giudice penale pur essendo di natura amministrativa, é rivolto al ripristino del bene tutelato in virtù di un interesse (anche di prevenzione) correlato all'esercizio della potestà di giustizia, il provvedimento conseguente compreso nella sentenza passata in giudicato, al pari delle altre statuizioni della sentenza medesima, è assoggettato all'esecuzione nelle forme previste dagli artt. 655 e seguenti del codice di procedura penale.
L'organo promotore dell'esecuzione va identificato, pertanto, nel pubblico ministero e non in altri organi amministrativi.


3. L'acquisizione gratuita dell'opera abusiva al patrimonio disponibile del Comune, ai sensi dell'art. 31, 3° comma, del D.P.R. n. 380/2001, non è incompatibile con l'ordine di demolizione emesso dal giudice penale ed eseguito dal pubblico ministero; infatti, nella prima parte del comma 5 dello stesso articolo, si stabilisce che l'opera acquisita al patrimonio comunale deve essere demolita con ordinanza del dirigente o responsabile dell'ufficio tecnico comunale, a spese del responsabile dell'abuso.
Si avrebbe incompatibilità soltanto se, con deliberazione consiliare, a norma della seconda parte dello stesso comma 5, si fosse statuito di non dovere demolire l'opera acquisita [vedi Cass., Sez. III: 31.1.2008, n. 4962, P.G. in proc. Mancini e altri; 23.1.2007, n. 1904, Turianelli; 29.11.2005, n. 43294, Gambino ed altro; 13.10.2005, n, 37120, Morelli; 20.5.2004, n. 23647, Moscato ed altro, 30.9.2003, n. 37120, Bommarito ed altro; 20.1.2003, n. 2406, Gugliandolo; 7.11.2002, n. 37222, Clemente; 17.12.2001, Musumeci ed altra; 29.12.2000, n. 3489, P.M. in proc. Mosca].
L'acquisizione gratuita, in via amministrativa, é finalizzata essenzialmente alla demolizione, per cui non si ravvisa alcun contrasto con l'ordine demolitorio impartito dal giudice penale, che persegue lo stesso obiettivo: il destinatario di tale ordine, a fronte dell'ingiunzione del P.M., allorquando sia intervenuta l'acquisizione amministrativa a suo danno, non potrà ottemperare all'ingiunzione medesima soltanto se il Consiglio comunale abbia già ravvisato (ovvero sia sul punto di deliberare) l'esistenza di prevalenti interessi pubblici al mantenimento delle opere abusive.
Ove il Consiglio comunale non abbia deliberato - invece - il mantenimento dell'opera, il procedimento sanzionatorio amministrativo (per le opere realizzate in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali) ha come sbocco unico ed obbligato la demolizione a spese del responsabile dell'abuso.
Non si comprende, dunque, perché il condannato non possa chiedere al Comune (divenuto frattanto proprietario) l'autorizzazione a procedere ad una ineludibile demolizione a proprie cura e spese ovvero perché, indipendentemente dalla proposizione o dalla sorte di una richiesta siffatta, l'autorità giudiziaria non possa provvedere a quella demolizione che autonomamente ha disposto, a spese del condannato, restando comunque costui spogliato della proprietà dell'area già acquisita al patrimonio disponibile comunale e con l'ulteriore conseguenza che i materiali risultanti dall'attività demolitoria (es. porte, impianti igienici, infissi, serrande etc.) spetteranno al Comune.
Trattasi di modalità esecutive, che si affiancano alle procedure di cui all'art. 41 del T.U. n. 380/2001, ed escludono qualsiasi interferenza dell'autorità giudiziaria nella sfera della discrezionalità amministrativa. Qualora si argomentasse in senso contrario si perverrebbe all'illogica conclusione che il giudice penale non potrebbe ordinare, in caso di condanna, la demolizione delle opere abusive tutte le volte in cui l'amministrazione comunale abbia ingiunto la demolizione e questa non sia stata eseguita dal responsabile dell'abuso nel termine di 90 giorni dalla notifica, tenuto conto che l'acquisizione avviene a titolo originario ed "ope legis", per il solo decorso del tempo, con il conseguente carattere meramente dichiarativo del successivo provvedimento amministrativo, che é atto dovuto, privo di qualsiasi contenuto discrezionale.


É ben difficile, del resto, ipotizzare si possa pervenire alla conclusione anche del primo grado di un procedimento penale in un periodo più breve o pari a quello la cui decorrenza comporta l'acquisizione automatica del bene.


4. Nella fattispecie in esame, il Consiglio comunale di Napoli non ha escluso (ex art. 31, 5 comma, del TU. n. 380/2001) la necessità di procedere alla demolizione dell'immobile abusivo in oggetto, né ha ravvisato resistenza di prevalenti interessi pubblici al suo mantenimento previo accertamento di una situazione di inesistente contrasto con rilevanti interessi urbanistici ed ambientali.


Non risulta, infine, l'assunzione di provvedimenti ostativi dalla giurisdizione amministrativa.


5. Va rilevato, infine, che l'ordine di demolizione di cui all'art. 31, comma 9, del T.U. n. 380/2001, pur costituendo una statuizione sanzionatoria giurisdizionale, ha natura amministrativa, sicché ad esso non si estende il beneficio della sospensione condizionale della pena, che è applicabile, al contrario, alle pene accessorie (vedi, da ultimo, Cass., sez. III, 5.7.2007, Moretti).


6. A norma dell'art. 616 c.p.p., al rigetto del ricorso segue l'onere del pagamento delle spese del procedimento.


P.Q.M.


La Corte Suprema di Cassazione, visti gli arti. 607, 611 e 616 c.p.p.,

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.


Così deciso in ROMA, nella camera di consiglio del 28.4.2010.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA l'8 sett. 2010