Cass. Sez. III n. 45241 del 5 dicembre 2007 (Ud 26 ott. 2007)
Pres. Vitalone Est. Sensini Ric. Alioto
Urbanistica. Inammissibilità sanatoria parziale

In materia edilizia, non è ammissibile il rilascio di una concessione in sanatoria, ex artt. 13 e 22 Legge n. 47-1985, ora artt. 36 e 45 del D.P.R. n. 380-2001, relativa soltanto a parte degli interventi edilizi abusivi realizzati, ovvero parziale, ovvero subordinata alla esecuzione di opere, atteso che ciò contrasta ontologicamente con gli elementi essenziali dell' accertamento di conformità, i quali presuppongono la già avvenuta esecuzione delle opere e la loro integrale conformità alla disciplina urbanistica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Con sentenza in data 15/4/2005, pronunciata a seguito di giudizio abbreviato, il Giudice dell'Udienza Preliminare presso il Tribunale di Palermo condannava A.G. alla pena di mesi 3 di arresto ed Euro 26.000,00 di ammenda, con ordine di demolizione delle opere e concessione del beneficio di cui all'art. 163 c.p. subordinato alla demolizione delle stesse, ritenendo l'imputata colpevole dei seguenti reati;

a) D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b) per aver realizzato, quale proprietaria committente dei lavori, in assenza di permesso di costruire, su un manufatto preesistente a tre elevazioni fuori terra, opere edili consistite nella edificazione, previa demolizione della vecchia copertura esistente al secondo piano, di strutture portanti in cemento armato e muratura, quali realizzazione di solaio e sopraelevazione del terzo piano mediante muri perimetrali in tufo;

b) L. n. 1086 del 1971, artt. 2, 3, 13 e 14 per aver realizzato le strutture in cemento armato in assenza di progetto redatto da professionista ed iniziando le opere senza darne denuncia al competente ufficio del Genio Civile;

c) L. n. 64 del 1974, artt. 17, 18 e 20 per aver eseguito i lavori di cui al capo a) in zona sismica senza autorizzazione del Genio Civile.

In (OMISSIS).

La Corte di Appello di Palermo, con sentenza in data 9/10/2006, in parziale riforma della sentenza del G.U.P., dichiarava non doversi procedere in ordine al reato di cui al capo c) perchè estinto per prescrizione; concedeva alla prevenuta le attenuanti generiche e riduceva la pena a mesi 1 di arresto ed Euro 10.000,00 di ammenda.

Osservava la Corte di merito che gli interventi effettuati dalla prevenuta ed accertati dalla Polizia Municipale il 28/2/2003, non potevano qualificarsi interventi di solo recupero dell'edificio, senza aumento volumetrico o di unità immobiliari. Si era, infatti, constatato, all'atto del sopralluogo, un innalzamento di ben m. 2,70 dei muri perimetrali del nuovo piano che si stava realizzando in sostituzione del vecchio sottotetto: circostanza questo che - a giudizio della Corte territoriale - rendeva evidente come si stesse effettuando un'illecita sopraelevazione dell'edificio con la creazione di un sottotetto abitabile. Inoltre, correttamente, era stata dal primo Giudice disapplicata la concessione in sanatoria L. n. 47 del 1985, ex art. 13, rilasciata dal Comune il 20/4/2004, in quanto atto amministrativo illegittimo. Tale concessione, invero, risultava rilasciata con l'imposizione della preventiva demolizione delle parti abusivamente realizzate. In buona sostanza, la concessione L. n. 47 del 1985, ex art. 13 era stata subordinata alla esecuzione di specifici interventi finalizzati a far acquisire all'immobile la conformità agli strumenti urbanistici: il che doveva ritenersi ontologicamente in contrasto con gli elementi essenziali della sanatoria, che può essere concessa solo quando venga accertata la cd. "doppia conformità" agli strumenti urbanistici, sia al momento della realizzazione dell'opera, sia al momento della presentazione della domanda stessa di sanatoria.

Avverso la sentenza della Corte di Appello ha proposto ricorso per Cassazione la A. a mezzo del proprio difensore, deducendo:

1) violazione di legge per avere la Corte di merito ritenuto che le opere eseguite dalla ricorrente necessitassero di permesso di costruire e non fosse, per contro, sufficiente la semplice denuncia di inizio di attività, anche per quanto disposto dalla L.R. Sicilia n. 37 del 1985, art. 5. Inoltre, anche a voler considerare l'intervento operato dalla prevenuta rientrante nella categoria degli interventi di "ristrutturazione edilizia", andava considerato che, in relazione a tale tipo di interventi, il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 22, comma 3, lett. a) prevede la possibilità di realizzazione degli stessi, alternativamente, mediante denuncia di inizio attività ovvero permesso di costruire;

Tanto non può dirsi avvenuto nella fattispecie de qua, dando atto la sentenza impugnata (cfr. pag. 3) che, al momento del sopralluogo, si stava abusivamente realizzando un nuovo piano, in sostituzione del vecchio sottotetto: non già, dunque, mera ristrutturazione edilizia, bensì vera e propria illecita sopraelevazione dell'edificio, con la creazione di un sottotetto abitabile.

Nè - in tale contesto - può ritenersi esatto il richiamo della ricorrente alla L.R. Sicilia n. 37 del 1985, art. 5, il quale si limita a prevedere che l'autorizzazione del Sindaco sostituisca la concessione per i soli interventi di manutenzione straordinaria e di restauro conservativo, per le opere costituenti pertinenze o impianti tecnologici al servizio di edifici già esistenti, per le occupazioni di suolo mediante deposito di materiali o esposizioni di merci a cielo libero, per le demolizioni, per le costruzioni di recinzioni, ma non certo per quei "volumi" che esulando, come nella specie, dal concetto di "ristrutturazione", integrino, al contrario, una "nuova costruzione".

Palesemente infondata è anche la seconda censura, con la quale la ricorrente lamenta la mancata declaratoria di estinzione dei reati edilizi per effetto del rilascio della "concessione in sanatoria" e l'erronea disapplicazione di essa da parte dei Giudici del merito.

Nella specie va rammentato che il rilascio della concessione in sanatoria L. n. 47 del 1985, ex art. 13 è avvenuto con l'imposizione della condizione della preventiva demolizione delle parti abusivamente realizzate.

Costante è, per contro, l'orientamento di questa Corte, del quale i Giudici del merito hanno fatto corretta applicazione, secondo cui, in materia edilizia, non è ammissibile il rilascio di una concessione in sanatoria, L. n. 47 del 1985, ex artt. 13 e 22, ora D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 36 e 45, relativa soltanto a parte degli interventi edilizi abusivi realizzati, ovvero parziale, ovvero subordinata alla esecuzione di opere, atteso che ciò contrasta ontologicamente con gli elementi essenziali dell'accertamento di conformità, i quali presuppongono la già avvenuta esecuzione delle opere e la loro integrale conformità alla disciplina urbanistica (cfr., ex multis, Cass. Sez. 3, 15/2/2005 n. 19236, Scollato; Sez. 3, 9/1/2004 n. 291; Sez. 3, 18/12/2003, n. 48499).

Correttamente, pertanto, i primi Giudici, accertando i suddetti profili di illegittimità del titolo abilitativo, "subordinato" alla preventiva demolizione delle opere abusive, hanno esercitato il loro doveroso controllo sull'atto amministrativo, ai fini dell'esatta identificazione della fattispecie penale in tutti i suoi elementi costitutivi e della lesione all'interesse dalla stessa tutelato.

Identificazione che può essere fatta solo attraverso il controllo di legittimità dell'atto amministrativo, che costituisce il presupposto o l'elemento costitutivo del reato stesso (cfr. Cass. Sez. 3, 21/3/2006 n. 21487, Tantillo).

Il proposto ricorso va, conclusivamente, dichiarato inammissibile.

Tenuto conto della sentenza 13/6/2000 n. 186 della Corte Costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla ridetta declaratoria di inammissibilità segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento e del versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, determinata, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, nella misura di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende Roma.

Così deciso in Roma, il 26 ottobre 2007.
Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2007