Cass. Sez. III n. 30933 del 24 luglio 2009 Cc 19 mag. 2009)
Pres.De Maio Est. Franco Ric. Costanza
Urbanistica.Lottizzazione abusiva e confisca

La confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite può essere disposta anche in presenza di una causa estintiva del reato, ove però sia accertata, nell\'ambito di un giudizio che assicuri la possibilità di contraddittorio tra le parti, la sussistenza del reato sotto il profilo sia oggettivo che soggettivo. (Nella specie, in applicazione di tali principi, si è esclusa la possibilità della confisca e, conseguentemente, del sequestro ad essa finalizzato nel caso di prescrizione del reato intervenuta ancor prima dell\'esercizio dell\'azione penale).

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. DE MAIO Guido - Presidente - del 19/05/2009
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - SENTENZA
Dott. FRANCO Amedeo - est. Consigliere - N. 760
Dott. MARMO Margherita - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere - N. 8808/2009
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Costanza Giuseppe, nato ad Agrigento l'11.6.1963;
avverso l'ordinanza emessa il 25 settembre 2008 dal tribunale del riesame di Agrigento;
udita nella udienza in Camera di consiglio del 19 maggio 2009 la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCO Amedeo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. LO VOI Francesco, che ha concluso per
l'inammissibilità del ricorso;
udito il difensore avv. TIRINNOCCHI Salvatore.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nell'agosto del 2001 il pubblico ministero di Agrigento dispose il sequestro probatorio di una serie di immobili siti in località Timpa dei Palombi in relazione al reato di lottizzazione abusiva. Il 6.4.2006 il p.m. respinse una istanza di restituzione motivata sul fatto che non era ancora iniziata l'azione penale e che il reato si era prescritto. Con ordinanza del 17.5.2006 il gip respinse l'opposizione al decreto del p.m. in quanto nel frattempo, e precisamente il 2.5.2006, erano stati contestati anche i reati di cui all'art. 323 c.p. e art. 640 c.p., comma 2. Questa Corte, con sentenza 14.12.2006, dopo aver premesso che alla data in cui era stata proposta istanza di restituzione il reato di lottizzazione abusiva si era prescritto e che per esso non era stata iniziata l'azione penale, rilevò che la paradossale situazione verificatasi era superata dal fatto che comunque mancava qualsiasi motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze probatorie. Annullò quindi l'ordinanza impugnata e dispose il dissequestro e la restituzione dell'immobile.
Successivamente venne chiesto il rinvio a giudizio di tutti gli indagati.
In data 12 agosto 2008, nel corso della udienza preliminare, il Gup dispose il sequestro preventivo degli immobili osservando che esso era preordinato alla confisca obbligatoria ai sensi del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, nonché a confisca facoltativa ai sensi
dell'art. 240 c.p. per gli altri reati; che comunque i beni costituivano prodotto e profitto dei reati di truffa e di abuso d'ufficio; che poiché gran parte dei manufatti era ancora allo stato grezzo vi era il rischio dei prosecuzione dei lavori e di ultimazione degli edifici; che una eventuale sentenza di proscioglimento per prescrizione del reato di lottizzazione abusiva non precludeva al giudice di disporre la confisca di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n.380, art. 44, lett. c). Il tribunale del riesame di Agrigento, con l'ordinanza in epigrafe, confermò il sequestro preventivo osservando: che sussisteva il fumus dei reati contestati per le ragioni indicate dal Gup; che era possibile la confisca facoltativa ai sensi dell'art. 240 c.p. e quella obbligatoria ai sensi del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art.44, lett. c), mentre non rilevava il fatto che la prescrizione si era
già maturata per il reato di lottizzazione abusiva, perché a tale misura di sicurezza patrimoniale non si applica il disposto dell'art.210 c.p. e perché comunque il sequestro preventivo era stato emesso
anche in ordine ai reati di truffa e di abuso di ufficio; che sussisteva anche il periculum in mora perché si trattava di edifici allo stato grezzo e la loro disponibilità avrebbe potuto agevolare la prosecuzione della attività edificatoria ed avrebbe potuto comunque protrarre le conseguenze dei reati di abuso di ufficio e di truffa, connessi al rilascio di un titolo concessorio illegittimo. Il Costanza propone ricorso per cassazione deducendo:
1) violazione dell'art. 324 c.p.p., comma 5, in quanto il dispositivo della decisione è stato depositato il 25.9.2008, ossia oltre il termine di 10 giorni dal 13.9.2008, data in cui gli atti erano pervenuti al tribunale.
2) violazione del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. c), motivazione inesistente, generica ed apparente in ordine alla sussistenza del fumus e del periculum, anche con riferimento alla obbligatorietà della confisca nei confronti dei terzi in buona fede. Lamenta che aveva eccepito l'inesistenza del fumus del reato nei suoi confronti in quanto egli aveva ricevuto il terreno per donazione dal padre ed aveva ottenuto tutte le necessarie concessioni. Il tribunale del riesame ha completamente omesso di esaminare la sua specifica posizione sia in ordine al fumus che al periculum in mora. Difatti non ha considerato che l'immobile non era più allo stato grezzo perché dopo il dissequestro ordinato dalla cassazione l'opera era stata ultimata. Il tribunale nemmeno ha risposto all'eccezione che il sequestro non poteva essere disposto nei suoi confronti, essendo egli un terzo di buona fede.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo è infondato perché risulta che alla udienza del 25.9.2008 dinanzi al tribunale del riesame erano presenti i difensori di fiducia dell'indagato, i quali non hanno sollevato alcuna eccezione in relazione alla tardività dell'udienza e della decisione. Una eventuale nullità, pertanto, si è comunque sanata perché non eccepita immediatamente dalla parte che era presente. Nel merito il ricorso è fondato perché effettivamente l'ordinanza impugnata è carente di motivazione in ordine sia al fumus dei reati contestati, sia all'attualità del periculum, sia alla confiscabilità dei beni, tanto che nemmeno si comprende bene come stanno realmente le cose, specialmente in relazione al susseguirsi nel tempo di contestazioni di nuovi reati e di nuovi provvedimenti di sequestro.
Dalla ordinanza impugnata sembrerebbe risultare che il sequestro sia stato disposto innanzitutto funzionalmente ad una futura confisca in relazione al reato di lottizzazione abusiva, sia ai sensi del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, comma 2, sia ai sensi dell'art. 240 c.p.. Sennonché, quanto a quest'ultimo profilo, deve evidenziarsi
che non sarebbe possibile una confisca ai sensi dell'art. 240 c.p., dal momento che, secondo la costante giurisprudenza di questa Suprema Corte, in materia edilizia, a seguito di sentenza di condanna per le ipotesi di reato di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, non può essere disposta la confisca del manufatto abusivo di cui all'art. 240 c.p. essendo la demolizione dello stesso l'unico rimedio percorribile per l'eliminazione degli effetti del reato (Sez. 3^, 28.11.2007, n. 4965/08, Irti, m. 238781; Sez. 3^, 7.12.2001, n. 4089/02, Siniscalco, m. 220854). Per il reato di lottizzazione abusiva, dunque, è possibile solo la confisca obbligatoria di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, comma 2. Sennonché nella specie innanzitutto non si comprende se sia stato contestato all'odierno ricorrente un reato di lottizzazione abusiva e comunque se sussista il fumus dello stesso, dal momento che l'ordinanza impugnata, nella sua epigrafe, parla esclusivamente della realizzazione su di un lotto di terreno di proprietà dell'odierno ricorrente di un immobile allo stato grezzo destinato a civile abitazione in contrasto con la destinazione urbanistica del terreno e con la concessione edilizia, ossia, a quanto sembrerebbe, di un reato di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. b), in relazione al quale non è prevista la confisca.
In ogni modo non si comprende se e quando si sarebbe prescritto il reato di lottizzazione abusiva, qualora contestato al ricorrente. Nell'epigrafe dell'ordinanza impugnata, invero, si parla di realizzazione di "un immobile allo stato grezzo" il che farebbe pensare che, almeno alla data di notifica del sequestro (19.8.2008), l'immobile abusivo non era stato ancora ultimato e che quindi il reato edilizio non si era ancora consumato. Sennonché, nella sentenza di questa Sezione del 14.12.2006, n. 4417/2007, emessa in relazione al precedente sequestro probatorio del medesimo immobile e nei confronti del medesimo indagato, si da per accertato, non essendovi contestazione sul punto, che alla data in cui il Costanza aveva formulato istanza di restituzione dell'immobile sequestrato il reato di lottizzazione abusiva era già prescritto e che per esso non era ancora iniziata l'azione penale. Allo stesso modo, anche l'ordinanza impugnata da atto che per il reato di lottizzazione abusiva si era già da tempo maturata la prescrizione. Ma, se davvero il reato di lottizzazione abusiva si era prescritto ancor prima che fosse iniziata l'azione penale, in relazione ad esso non potrebbe ormai più essere disposta la confisca e, di conseguenza, nemmeno un sequestro preventivo finalizzato ad una futura confisca.
Invero, la Corte Europea dei diritti dell'uomo - con decisioni del 30.8.2007 e del 20.1.2009, nel ricorso n. 75909/01 proposto contro l'Italia dalla s.r.l. Sud Fondi ed altri - ha affermato che la misura patrimoniale della confisca "non tende alla riparazione di un danno, ma mira nella sua essenza a punire per impedire la reiterazione di trasgressioni a prescrizioni stabilite dalla legge"; - è, quindi, una "pena" e la previsione dell'irrogabilità di tale "pena" al di fuori di ipotesi di responsabilità penale incorre nell'infrazione dell'art. 7 della CEDU. La citata decisione 20.1.2009, n. 75909/01, ha altresì affermato che una corretta interpretazione dell'art. 7 della CEDU "esige, per punire, un legame di natura intellettuale (coscienza e volontà) che permetta di rilevare un elemento responsabilità nella condotta dell'autore materiale del reato". Tuttavia, le argomentazioni svolte nella sentenza 20.1.2009 dalla Corte europea dei diritti dell'uomo non portano a concludere che, per disporre la confisca prevista dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art.44, comma 3, il soggetto al quale la res appartiene debba essere
necessariamente "condannato", in quanto ben può essere accertata la sussistenza del reato di lottizzazione abusiva in tutti i suoi elementi (soggettivo ed oggettivo) anche se per una causa diversa, quale è, ad esempio, l'intervenuto decorso della prescrizione, non si pervenga alla condanna del suo autore ed alla inflizione della pena (v. tra le più recenti, Sez. 3^, 17 marzo 2009, n. 17866, Giove; Sez. 3^, 26 giugno 2008, n. 37472, Belloi; v. anche Sez. Un., 10 luglio 2008, n. 38834, De Maio, ove è stata evidenziata l'evoluzione legislativa rivolta a riconoscere al giudice, pure in caso di estinzione del reato, poteri di accertamento al fine dell'applicazione della confisca).
Va anche ricordato che la legge comunitaria 25 febbraio 2008, n. 34 (nella parte recante la delega a dare attuazione alla decisione - quadro del Consiglio dell'Unione Europea 2005/ 212/GAI del 24.2.2005, relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi del reato) prevede la possibilità di confisca obbligatoria "nel caso di proscioglimento per mancanza di imputabilità o per estinzione di un reato, la cui esistenza sia accertata con la sentenza che conclude il giudizio dibattimentale o abbreviato" (art. 31, lett. b), n. 2). Quindi, nel caso di reato di lottizzazione abusiva, se il giudice deve disporre la confisca anche qualora il reato venga dichiarato estinto per prescrizione, tuttavia anche in tal caso l'applicazione di tale misura presuppone pur sempre che sia stata accertata in concreto la sussistenza del reato in tutti i suoi elementi, non solo quindi quello oggettivo ma anche quello soggettivo. Ed è evidente, anche a prescindere dal principio e criterio direttivo (che peraltro può valere fin d'ora come criterio di interpretazione) di cui al citato art. 31, lett. b), n. 2, della L. delega n. 34 del 2008 (secondo il quale l'accertamento dell'esistenza del reato deve avvenire con la sentenza che conclude il giudizio dibattimentale o abbreviato), che in ogni caso tale accertamento debba avvenire in un giudizio che assicuri per lo meno la possibilità di contraddittorio tra le parti. Di modo che, anche a voler ipotizzare che sia possibile un accertamento della sussistenza degli elementi oggettivo e soggettivo del reato nel corso dell'udienza preliminare, deve comunque escludersi che il giudice possa compiere tale accertamento (e che conseguentemente possa disporre la confisca) anche quando il reato è estinto ancor prima che sia iniziata l'azione penale. In tal caso, invero, il pubblico ministero non avrebbe potuto nemmeno iniziare l'azione penale ma avrebbe dovuto chiedere l'archiviazione per essere il reato già estinto per prescrizione. Del resto è stato ritenuto abnorme anche il provvedimento del GUP che dispone il rinvio a giudizio per un reato, dando contestualmente atto della estinzione dello stesso per prescrizione (Sez. 1^, 6.7.2004, n. 33129, Bevilacqua, m. 229387). Il sequestro preventivo peraltro è stato nella specie disposto anche in riferimento ai reati di truffa e di abuso d'ufficio. Sennonché, l'ordinanza impugnata è totalmente carente di motivazione sia sulla sussistenza del fumus di questi due reati sia sulla sussistenza di un periculum attuale e concreto, anche in considerazione del fatto che il sequestro preventivo è stato emesso dopo sette anni dal sequestro probatorio e dopo due anni dall'annullamento da parte di questa Corte del sequestro probatorio.
L'ordinanza impugnata deve dunque essere annullata con rinvio al tribunale di Agrigento per nuovo giudizio.

P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Agrigento.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 19 maggio 2009.
Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2009