Urbanistica. Incremento contributo c.e. per ritardato versamento
In assenza di inadempimenti imputabili all’Amministrrazione idonei a configurare a suo carico una responsabilità “da contatto” oppure di natura precontrattuale, il richiamo all’art. 1227 c.c. è del tutto inconferente, essendo tale disposizione riferibile solo alle obbligazioni di carattere risarcitorio e non a quelle (anche di contenuto pecuniario) di natura sanzionatoria, quale quella prevista dall’art. 3, comma 2° lett. a), L. 2 febbraio 1985 n. 47 (incremento contributo afferente la concessione edilizia per ritardato versamento del contributo stesso)
REPUBBLICA ITALIANA N.4025/07 REG. DEC.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N. 3922 REG. RIC.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta ANNO 2005
sul ricorso in appello n. 3922/2005, proposto da COOPSETTE s.c.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti G. Cugurra, Giovanni e Gianluigi Pellegrino, elettivamente domiciliata preso questi ultimi in Roma, Corso Rinascimento n. 11;
il Comune di Genova in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Edda Odone e Gabriele Pafundi, elettivamente domiciliato presso quest’ultimo in Roma, viale Giulio Cesare n. 14/4 cs.A;
per la riforma
della sentenza TAR Liguria, sez. I, n. 34/2005, con la quale è stato respinto il ricorso proposto dalla Società;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Genova;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 19 dicembre 2006, il Consigliere Aniello Cerreto ed uditi altresì gli avvocati Gianluigi Pellegrino e Gabriele Pafundi;
Ritenuto e considerato quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. Con l’appello in epigrafe, la società Coopsette ha chiesto la riforma della sentenza TAR Liguria, sez. I, n.34/2005, con la quale è stato respinto il ricorso proposto dalla Società medesima avverso gli atti del 13.2.2001, con i quali il comune di Genova le aveva applicato la sanzione prevista dall’art. 3, comma 2 lett. a , L. n. 47/1985 per ritardato pagamento degli oneri di urbanizzazione, commisurata al 20% dell’importo delle rate scadute, per un importo complessivo di oltre £. 500.000.000.
Ha fatto presente che in relazione alle quote di contributo dovute per una pluralità di interventi edilizi aveva ottenuto una rateizzazione con riferimento al costo di costruzione, con la prestazione di una garanzia fideiussoria da parte della Banca Carige, che si era obbligata a pagare le rate in solido con la società mediante semplice richiesta del Comune; che la scadenza della prima rata era stata fissata al 18.1.2001 (entro un anno dalla data di inizio dei lavori) e la Società aveva pagato il 22.1.2001 (con quattro giorni di ritardo) senza che il Comune avesse intimato il pagamento o lo avesse richiesto alla Banca.
Ha quindi dedotto quanto segue:
- con la censura proposta in primo grado, la Società non aveva inteso addebitare al Comune di non aver preventivamente escusso la banca garante, come invece ritenuto dal TAR, ma di non aver avanzato alla Banca richiesta di adempimento in tempo utile per ottenere il dovuto, essendosi la banca obbligata solidalmente con la Società ad un tempestivo pagamento, rinunciando non solo alla preventiva escussione ma assumendo anche l’impegno a pagare quanto dovuto dietro semplice richiesta scritta;
- contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, dovevano applicarsi nella specie i principi di cui all’art.1227 c.c. , in base ai quali il creditore deve comportarsi in modo tale da non aggravare la condizione del debitore, come del resto ritenuto dalle decisioni Cons. di Stato, sez. V , n.32 e n. 585/2003, per cui il Comune avrebbe dovuto avvalersi della garanzia richiedendo prima della scadenza il pagamento alla Banca Carige;
- il Comune non aveva intimato l’avviso di pagamento neppure all’istante segnalando in difetto l’applicazione delle sanzioni, come è risultato essere prassi della stessa Amministrazione comunale;
- il Comune si era riservato di specificare le coordinate finanziarie relative alla imputazione dei costi di costruzione, ma tale specificazione non era stata comunicata, per cui aveva dovuto richiederle per le vie brevi agli uffici comunali;
-comunque l’applicazione della sanzione doveva essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento;
-irrazionalità dello specifico sistema sanzionatorio in quanto all’interno di ciascuna fascia di ritardo vengono sanzionati in modo uguali comportamenti inadempitivi diversi, essendo comminata per la prima fascia la maggiorazione del 20% anche per pochi giorni di ritardo, con conseguente sospetto di incostituzionalità dell’art. 3, comma 2° lett.a , L.n.47/1985 per violazione artt 3 e 97 Cost. Né vale il rilievo del TAR in ordine all’inammissibilità della questione sollevata, atteso che l’eventuale dichiarazione di incostituzionali della disposizione, sostitutiva dell’art. 15 L. n.10/1977, farebbe rivivere quest’ultima disposizione.
2.Costituitosi in giudizio, il Comune ha chiesto il rigetto dell’appello, rilevando quanto segue:
-il Tar aveva correttamente inteso il primo motivo di ricorso, con il quale si lamentava che il Comune non avrebbe potuto applicare la sanzione senza procedere all’escussione del garante;
-in ogni caso il nuovo motivo di appello, secondo cui il Comune avrebbe dovuto attivarsi effettuando una tempestiva richiesta al fideiussore, è infondato, trattandosi di obbligazione pecuniaria “portable”, da adempiere al domicilio del creditore senza costituzione in mora e senza preventiva richiesta di adempimento;
-detta conclusione non è in contrasto con quanto ritenuto nelle decisioni della Sezione n.32 e n. 585 del 2003, in quanto queste si riferiscono ad ipotesi di incertezza da parte dello stessa Amministrazione in ordine all’an o al quantum del contributo, nella specie insussistente;
-la fideiussione a prima richiesta lascia inalterata la sostanza dela responsabilità del debitore principale nei confronti del creditore;
-irrilevante è la invocata circostanza secondo cui il Comune in altri casi avrebbe segnalato gli effetti del mancato pagamento, trattandosi di Società a conoscenza della normativa per regolare versamento di contributi con riferimento ad altre concessioni, a parte l’inammissibilità della doglianza in quanto non proposta in primo grado;
-nella specie non vi è traccia di comportamenti del Comune oggettivamente lesivi dell’affidamento del cittadino (V. la decisione sez. V n. 6345/2005);
-insussistente è la dedotta violazione art. 7 L n.241/1990, in quanto da una parte si tratta di procedimento ad istanza di parte e dall’altra, in relazione al carattere vincolato del provvedimento da adottare, la comunicazione di avvio del procedimento non avrebbe senso;
-la questione di costituzionalità sollevata è manifestamente infondata ed in ogni caso non potrebbe rivivere l’art. 15 L. n.10/1977, trattandosi di disposizione ormai abrogata.
Con memoria conclusiva, la parte appellante ha ulteriormente illustrato le proprie doglianze.
Alla pubblica udienza del 19 dicembre 2006 l’appello è stato trattenuto in decisione.
3.L’appello è infondato.
31.Non può condividersi la tesi fondamentale della società appellante secondo cui con la censura proposta in primo grado non aveva inteso addebitare al Comune di non aver preventivamente escusso la Banca garante, come invece ritenuto dal TAR, ma di non aver avanzato alla Banca richiesta di adempimento in tempo utile per ottenere il dovuto, essendosi la Banca obbligata con la fideiussione rilasciata a favore del Comune ad un tempestivo pagamento, rinunciando non solo alla preventiva escussione ma assumendo anche l’impegno a pagare quanto dovuto dietro semplice richiesta scritta.
Invero, da un parte la censura di primo grado è proprio nel senso che il Comune, prima di applicare la sanzione di cui all’art. 3, comma 2° lett. a), L. 2 febbraio 1985 n. 47 (incremento contributo afferente la concessione edilizia per ritardato versamento del contributo stesso) avrebbe dovuto escutere la Banca garante e dall’altra anche se tale censura fosse nel senso precisato in appello, essa comunque non potrebbe essere accolta.
E’ pur vero che sulla specifica questione sia l’orientamento di questo Consiglio che dei TAR non può dirsi univoco, essendosi talvolta affermato in materia il dovere dell’Amministrazione di non aggravare la posizione del debitore ai sensi dell’art. 1227 c.c. (V. la decisione di questa Sezione n.1001 del 3.7.1995 e TAR Veneto n.342 del 9.2.2000), mentre in altre occasioni si è ritenuto che specifiche clausole in tema di fideiussione (quali l’obbligo del garante di pagare a seguito di semplice richiesta scritta del creditore e con rinuncia alla preventiva escussione) possono valere solo a rendere il rapporto fideiussorio autonomo rispetto al rapporto obbligatorio principale, senza comportare il dovere dell’Amministrazione di chiedere prima l’adempimento per poter poi applicare le relative sanzioni pecuniarie (V. la decisione di questa Sezione n.2072 del 10.12.1999 e TAR Lomardia, Milano, sez. 2°, n. 1192 del 17.4.1999).
Ma recentemente, questa Sezione con le decisioni n.1250 del 24.3.2005 e n.6345 dell’11.11.2005 ha precisato che, in assenza di inadempimenti imputabili all’Amministrrazione idonei a configurare a suo carico una responsabilità “da contatto” oppure di natura precontrattuale, il richiamo all’art. 1227 c.c. è del tutto inconferente, essendo tale disposizione riferibile solo alle obbligazioni di carattere risarcitorio e non a quelle (anche di contenuto pecuniario) di natura sanzionatoria, come nel caso in esame.
Quest’ultima conclusione deve essere confermata.
Invero, pur in presenza di un contratto di garanzia cosiddetta autonoma, con il quale il garante si obbliga ad eseguire la prestazione oggetto della garanzia "a semplice richiesta" del creditore garantito, senza opporre eccezioni attinenti alla validità, all'efficacia ed alla vicenda del rapporto principale, anche in questa ipotesi il meccanismo dell'adempimento del garante "a prima richiesta" scatta a seguito dell'inadempimento dell'obbligazione principale, ancorché resti vietato al garante di chiedere la preventiva escussione del debitore principale (Cass. 18 novembre 1992 n. 12341 , 3 novembre 1993 n. 10850, 17 maggio 2001 n.6757) .
D'altronde, neppure con riguardo al regime ordinario delle obbligazioni tra privati sarebbe pertinente il richiamo all’art. 1227 cod. civ. Infatti, l'onere di diligenza che questa norma fa gravare sul creditore non si estende alla sollecitudine nell'agire a tutela del proprio credito onde evitare maggiori danni, i quali viceversa sono da imputare esclusivamente alla condotta del debitore, tenuto al tempestivo adempimento della sua obbligazione (V. Corte cost. n.308 del 14.7.1999).
Inoltre, non è dato ravvisare nel sistema di cui agli artt. 1936 ss. cod.
civ. alcun principio di preventiva doverosa escussione del fideiussore alla
scadenza del termine fissato per l'adempimento dell'obbligazione garantita, che
peraltro colliderebbe con le finalità dell'istituto, inteso a rafforzare la
garanzia del credito in funzione di un interesse proprio e specifico del
creditore.
In altri termini, ed in materia di obbligazioni “portable” quali quelle
pecuniarie, e con termine di adempimento che esonera dalla costituzione in mora
del debitore, il creditore è soltanto facultato ad attivare la solidale
responsabilità del fideiussore, senza che possa invece ritenersi tenuto ad
escutere il coobbligato piuttosto che attendere il pagamento, ancorché
tardivo, salva l'esistenza di apposita
clausola in tal senso (che dovrebbe essere accettata dall’Amministrazione),
nella specie non prevista.
Detto orientamento poi non è in contrasto con quanto ritenuto nelle decisioni di questa Sezione n.32 e n. 585 del 2003, in quanto queste si riferiscono ad ipotesi di incertezza da parte dello stessa Amministrazione in ordine all’an o al quantum del contributo, nella specie insussistente.
3.2. Nè vale invocare da parte dell’appellante la prassi che sarebbe stata seguita dall’Amministrazione in altre occasioni di intimare il pagamento al debitore segnalando in difetto l’applicazione delle sanzioni, trattandosi di adempimento facoltativo e la cui mancanza non è idonea ad elidere la responsabilità del debitore al pagamento delle sanzioni prescritte dalla relativa disciplina legislativa.
3.3. La circostanza addotta dall’appellante in ordine alla difficoltà incontrata al fine di conoscere le coordinate finanziarie relative alla imputazione dei costi di costruzione è del tutto generica, in quanto si assume che tale conoscenza sarebbe avvenuta solo su sua iniziativa, ma poi non viene precisata la incidenza concreta di tale aspetto sul ritardo del versamento del contributo dovuto.
3.4. L’applicazione della sanzione pecuniaria poi non doveva essere preceduta dalla comunicazione di avvio del relativo procedimento, trattandosi dell’applicazione ex lege di una sanzione pecuniaria connessa al ritardato pagamento del contributo dovuto per il rilascio della concessione edilizia.
3.5. Manifestamente infondata è infine la questione di costituzionalità per irrazionalità dello specifico sistema sanzionatorio in quanto all’interno di ciascuna fascia di ritardo verrebbero sanzionati in modo uguale comportamenti inadempitivi diversi, essendo comminata per la prima fascia la maggiorazione del 20% anche per pochi giorni di ritardo, con conseguente sospetto di incostituzionalità dell’art. 3, comma 2° lett.a , L.n.47/1985 per violazione artt 3 e 97 Cost.
Occorre tener presente che la ratio della disposizione è rivolta ad assicurare all’Amministrazione il puntuale pagamento dei contributi concessori nel termine prescritto, per cui la comminatoria della medesima sanzione del 20% del contributo dovuto per un ritardo da uno a 120 giorni non appare ingiustificata, rientrando ciò nella discrezionalità del legislatore .
D’altra parte, una volta che il contributo non è stato versato alla scadenza ordinaria prescritta, la scelta della data del versamento della sanzione nell’ambito dei 120 giorni previsti è rimessa allo stresso debitore, per cui la mancata utilizzazione dell’intero periodo di 120 giorni è addebitabile unicamente al comportamento del medesimo.
Comunque il sistema sanzianatorio delineato dall’art. 3 L. n. 47/1985 (graduazione delle sanzioni a seconda del periodo di ritardo nel pagamento degli oneri concessori: 120 giorni + 60 giorni + 60 giorni fino a raggiungere il 100%) è stato confermato dalla normativa intervenuta successivamente alla fattispecie in esame: art. 42 D.P.R. 6.6.2001 n. 380 , come modificato dall’art. 27, comma 17°, L. 28.12.2001 n. 448, anche se con quest’ultima disposizione l’incremento del contributo può raggiungere al massimo il 40 % .
4. Per quanto considerato, l’appello deve essere respinto.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l’appello indicato in epigrafe.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 19 dicembre 2006, con l’intervento dei magistrati:
Caro Lucrezio Monticelli Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE