Cass. Sez. III n. 22868 del 13 giugno 2007 (Cc 19 apr. 2007)
Pres. De Maio Est. Petti Ric. De Marco
Urbanistica. Opere stagionali su bene demaniale

L'opera stagionale, non essendo destinata a soddisfare esigenze contingenti, ma ricorrenti, sia pure soltanto in determinati periodi dell'anno, richiede il permesso di costruire. Peraltro il permesso di costruire può essere richiesto, non solo dal titolare di un diritto reale sulla cosa ma , tra gli altri, anche dal concessionario di un bene demaniale, il quale ha solo un diritto di godimento sulla res . In tale caso il diritto di costruire e mantenere la costruzione, essendo dipendente da quello attribuito con l'atto concessorio, non può estendersi oltre i limiti della concessione stessa. In tali situazioni il permesso di costruire rilasciato dall'autorità comunale è necessariamente a termine e decade automaticamente con lo scadere della concessione senza la necessità di prefissare alcun termine.

IN FATTO

Con ordinanza del 9 gennaio del 2007, il tribunale di Lecce confermava il decreto di convalida del sequestro probatorio di un manufatto di legno, sito in (OMISSIS), disposto dalla polizia giudiziaria del luogo a carico di D.M. A., quale indagata per il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c) sul presupposto che l'opera anzidetta non era stata rimossa entro il 30 settembre del 2006, data indicata nel permesso di costruire come termine annuale ultimo per il ripristino dello stato dei luoghi.

A fondamento della decisione il tribunale osservava che il permesso rilasciato dal comune per la costruzione di un chiosco di natura precaria era illegittimo perchè non è consentita un'autorizzazione a costruire provvisoria o a tempo determinato; che quella in questione, ancorchè stagionale, non poteva qualificarsi opera precaria; che il fatto ascritto alla prevenuta integrava sia il reato di costruzione abusiva che quello di occupazione di suolo demaniale;

che anche le esigenze probatorie erano state adeguatamente indicate dal pubblico ministero mediante il riferimento alla necessità di acquisire la documentazione esistente presso l'ufficio tecnico e di disporre una consulenza.

Ricorre per cassazione il difensore dell'indagata deducendo:

la violazione degli artt. 253 e 125 c.p.p. per l'omessa indicazione della condotta ritenuta penalmente rilevante non essendo sufficiente il mero riferimento al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c) e non essendo consentito al tribunale integrare le carenze motivazionali del provvedimento di sequestro probatorio adottato dal Pubblico Ministero, sia con riferimento all'enunciazione del fatto reato che alla concreta individuazione dell'esigenza probatoria;

la violazione degli artt. 253 e 125 c.p.p. per l'omessa indicazione delle concrete esigenze probatorie posto che non è sufficiente il mero riferimento al corpo del reato e che la motivazione adottata dal pubblico ministero è meramente apparente.

IN DIRITTO

Il ricorso è parzialmente fondato e va accolto nei limiti di seguito precisati.

Secondo il consolidato orientamento di questa corte, la legittima adozione di un provvedimento di sequestro probatorio presuppone innanzitutto l'astratta configurabilità del reato con riferimento ad una fattispecie tipica, nella sua accezione naturalistica ed a prescindere da eventuali questioni attinenti al futuro giudizio di merito. Da ciò consegue che, data la peculiare finalità processuale del sequestro probatorio, il provvedimento di adprhensio, presupponendo che sia già configurabile un'ipotesi di reato, pur senza richiedere la sussistenza di indizi di colpevolezza a carico di un determinato soggetto, non può costituire fonte di acquisizione della notitia criminis (Cass. sez. 5^, 3 ottobre 1997 Attaniese), ma deve contenere elementi sufficienti a fare ritenere configurabile il reato ed il rapporto di pertinenzialità tra la cosa da sequestrare ed il reato stesso. A tale fine non può essere sufficiente indicare semplicemente gli articoli di legge che prevedono i singoli reati senza alcuna enunciazione dei fatti che sarebbero riconducibili a tali articoli anche per verificare in concreto la sussistenza del nesso di pertinenzialità tra la cosa sequestrata ed il reato e le conseguenti finalità istruttorie (Cass. sez. 5^, 21 agosto del 2002, Caroprese; Cass. 10 aprile del 1998 P.M. in c. Nicolosi). Tuttavia in relazione al grado di specificità del fatto si deve ritenere sufficiente ai fini della validità della motivazione anche un'indicazione embrionale ancorchè desumibile dal contenuto del provvedimento.

Ciò premesso, nella fattispecie il fatto attribuito all'indagata era comunque desumibile dal verbale della polizia giudiziaria e dal decreto di convalida in quanto alla D.M. si era in sostanza addebitato di avere mantenuto la costruzione nonostante la scadenza del termine fissato, sia nel provvedimento rilasciato dall'autorità comunale che in quello emesso dall'autorità marittima. La riprova è costituita dal fatto che il ricorrente si è potuto adeguatamente difendere dal fatto in concreto ipotizzabile.

Va però puntualizzato che il tribunale impropriamente ha parlato di permesso di costruire illegittimo per l'apposizione di un termine entro il quale rimuovere annualmente il manufatto. E' ben vero che in materia edilizia, ove ricorrano i presupposti che impongono il rilascio di un provvedimento che abiliti a costruire (opere stabili), è necessario il permesso di costruire che non può essere a termine non essendo ipotizzabile una concessione in precario in difetto di un uso veramente precario del manufatto (Cass. n. 111 del 2000; Cons. Stato sez. 5^, 23 settembre del 2002 n. 4832 (riv. Giuridica edilizia 2003, 1^) e che non bisogna confondere la precarietà dell'opera con la sua stagionalità. L'opera stagionale, non essendo destinata a soddisfare esigenze contingenti, ma ricorrenti, sia pure soltanto in determinati periodi dell'anno, richiede il permesso di costruire (Cass. Sez. 3^, 21 ottobre 1998 n 12890, Colao ed altri n. 11880 del 2004). E' però altrettanto certo che il permesso di costruire può essere richiesto, non solo dal titolare di un diritto reale sulla cosa ma, tra gli altri, anche dal concessionario di un bene demaniale, il quale ha solo un diritto di godimento sulla res. In tale caso il diritto di costruire e mantenere la costruzione, essendo dipendente da quello attribuito con l'atto concessorio, non può estendersi oltre i limiti della concessione stessa. In tali situazioni il permesso di costruire rilasciato dall'autorità comunale è necessariamente a termine e decade automaticamente con lo scadere della concessione senza la necessità di prefissare alcun termine. Tuttavia se tale termine viene indicato e se coincide con quello determinato nell'atto concessorio il permesso di costruire non può considerarsi illegittimo per tale circostanza. Quindi, contrariamente all'assunto del tribunale, il fatto ipotizzatole non è quello di avere costruito in base ad un permesso illegittimo, ma di avere mantenuto la struttura oltre il termine fissato sia nell'atto concessorio che nel permesso di costruire. Tale fatto, come accennato, ancorchè non chiaramente espresso, era tuttavia desumibile dal verbale della polizia giudiziaria e dal decreto di convalida del sequestro. Il primo motivo va quindi respinto.

Fondato è invece la seconda censura essendo la motivazione adottata dal pubblico ministero in ordine alle esigenze probatorie meramente apparente.

Le Sezioni unite, intervenute ancora una volta su questa materia, hanno precisato che anche per le cose che costituiscono il corpo del reato il decreto di sequestro a fini probatori deve essere sorretto a pena di nullità da idonea motivazione in ordine al presupposto della finalità probatoria perseguita in concreto. Se a tanto non ha provveduto il pubblico ministero ed abbia persistito nell'inerzia pure nel contraddittorio del procedimento di riesame, non è consentito al giudice investito del riesame integrare le finalità probatorie non evidenziate dal pubblico Ministero (Cass. S.U. 28 gennaio 13 febbraio 2004, Ferrazzi).

Quella adottata dal pubblico ministero è una motivazione apparente e quindi inidonea a giustificare il provvedimento ablatorio per fini istruttori perchè non evidenzia alcuna specifica ed effettiva esigenza istruttoria idonea a giustificare in concreto il sequestro in questione. Invero la motivazione si fonda: a) sulla necessità che sia mantenuto inalterato il corpo del reato; b) sulla previsione della confisca obbligatoria; c) sulla necessità di acquisire la documentazione esistente presso l'ufficio tecnico e sull'eventualità di una consulenza qualora la documentazione non dovesse essere sufficiente.

Orbene il riferimento al corpo del reato non è sufficiente, in quanto il pubblico ministero avrebbe dovuto indicare le ragioni della necessità del sequestro in funzione dell'accertamento dei fatti inerenti al thema decidendum. Quelle indicate sono invece del tutto incoerenti. In proposito va anzitutto rilevato che il sequestro probatorio, a differenza di quello preventivo, non ha lo scopo di garantire la confisca e perciò il riferimento a tale misura di sicurezza è del tutto improprio. In secondo luogo si osserva che, per conservare l'identità della cosa, non è necessario il sequestro essendo sufficiente un verbale descrittivo. Lo stesso dicasi per l'acquisizione della documentazione presso l'ufficio tecnico. L'unico riferimento attinente ad esigenze istruttorie è quello relativo all'espletamento di una consulenza che il pubblico ministero però considera eventuale e comunque non indica l'accertamento che intende compiere per mezzo della consulenza. Alla stregua delle considerazioni svolte l'ordinanza impugnata va annullata per la mancata indicazione delle finalità probatorie. L'annullamento, secondo l'orientamento espresso da questa corte con la sentenza n. 30328 del 2004, va disposto con rinvio proprio perchè l'esigenza istruttoria è stata affermata mediante il riferimento alla consulenza, ma non è stata esplicitata. Se, invece, le finalità probatorie non vengono neppure asserite, l'annullamento va disposto senza rinvio secondo l'orientamento espresso dalle Sezioni unite con la sentenza prima citata.

Il giudice del rinvio dovrà indicare le effettive esigenze istruttorie poste a base del sequestro.

P.Q.M.

LA CORTE Letto l'articolo 620 c.p.p. annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Lecce.
Così deciso in Roma, il 19 aprile 2007.