Cass. Sez. III n. 19354 del 11 maggio 2015 (Cc 21 apr 2015)
Pres. Squassoni Est. Ramacci Ric. Alfiero
Urbanistica. Reato urbanistico e ne bis in idem

Attesa la natura permanente del reato urbanistico, la preclusione del ne bis in idem opera soltanto con riferimento alla condotta posta in essere nel periodo oggetto di contestazione nei capi di imputazione e non riguarda, invece, l'eventuale protrazione o ripresa della condotta in un periodo successivo, rispetto alla quale rimane impregiudicata l'azione penale e la qualificazione conseguente del fatto.

RITENUTO IN FATTO

1 - Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere - Sezione Distaccata di Aversa, quale giudice dell'esecuzione, con ordinanza del 20/6/2013 ha rigettato l'istanza presentata il 4/12/2012 nell'interesse di A.M.P., volta ad ottenere la revoca o la sospensione dell'ordine di demolizione di un manufatto, costituito da due piani, con sottoscala e telaio in cemento armato su una superficie di mq 100, impartito dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Napoli in data 17/9/2012, sulla base di quanto disposto con sentenza della Corte di appello di Napoli del 2/7/2009, irrevocabile il 16/10/2009.

Avverso tale pronuncia la predetta propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia.

2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge, rilevando che l'istanza rigettata era volta anche a far rilevare che, dopo la notifica dell'ordine di demolizione, era intervenuta altra pronuncia del medesimo Tribunale con la quale veniva dichiarata l'improcedibilità, per intervenuta prescrizione, nei suoi confronti, relativamente ad interventi edificatori successivi sul medesimo manufatto, che ne avevano, evidentemente, comportato il completamento.

Tale evenienza, che avrebbe determinato la caducazione del precedente ordine di demolizione, riguardante il manufatto allo stato grezzo, non sarebbe stata debitamente considerata dal giudice dell'esecuzione, il quale ha fondato la reiezione della domanda sul presupposto, ritenuto erroneo, che i due giudizi avrebbero riguardato condotte diverse, derogando conseguentemente al principio del ne bis in idem.

3. Con un secondo motivo di ricorso rileva il difetto di motivazione, ritenendo che il giudice avrebbe giustificato con affermazioni apodittiche la propria decisione.

Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso.

Il Procuratore Generale ha concluso, nella sua requisitoria scritta, per l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

Il giudice dell'esecuzione, dando atto della circostanza che i due giudizi avrebbero riguardato condotte diverse ascritte all'istante, ha affermato che nessun effetto "caducatorio" poteva essere attribuito alla seconda sentenza rispetto a quanto statuito in ordine alla demolizione del manufatto abusivo con la prima pronuncia.

La distinzione tra le condotte oggetto di diverse pronunce, che il giudice ha effettuato nel provvedimento impugnato, risulta corretta, mentre del tutto erroneo è il richiamo al principio del ne bis in idem operato dalla ricorrente.

2. Come è noto, il reato urbanistico ha natura permanente e la sua consumazione ha inizio con l'avvio dei lavori di costruzione, che assumono rilevanza, indipendentemente dal tipo ed entità delle opere, per l'oggettiva destinazione alla realizzazione di un manufatto e perdura fino alla cessazione dell'attività edificatoria abusiva.

Si è poi precisato (ex pl. Sez. 3, n. 38136 del 25/9/2001, Triassi, Rv. 220351) che la cessazione dell'attività si ha con l'ultimazione dei lavori per completamento dell'opera, con la sospensione dei lavori volontaria o imposta (ad esempio mediante sequestro penale), con la sentenza di primo grado, se i lavori continuano dopo l'accertamento del reato e sino alla data del giudizio (v. anche Sez. 3, n. 29974 del 6/5/2014, P.M. in proc. Sullo, Rv. 260498).

Si è inoltre chiarito che l'ultimazione dei lavori coincide con la conclusione degli interventi di rifinitura interni ed esterni, quali gli intonaci e gli infissi (Sez. 3, n. 32969 del 8/7/2005, Amadori, non massimata sul punto ed altre prec. conf. nella stessa richiamate).

3. Si è poi specificato, in linea generale, che non vi è "identità del fatto", rilevante ai fini dell'operatività del principio del ne bis in idem, nel caso in cui uno stesso reato permanente sia contestato in relazione a periodi diversi, ancorchè parzialmente sovrapposti, poichè in tal caso il fatto, pur essendo naturalisticamente unico, risulta giuridicamente scomponibile in due fatti diversi in considerazione delle diverse circostanze di tempo (Sez. 2, n. 33838 del 12/7/2011, Blandina, Rv. 250592), ciò in quanto detta identità sussiste soltanto quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona (cfr. Sez. 5, n. 52215 del 30/10/2014, P.G. in proc. Carbognani, Rv. 261364; Sez. 2, n. 292 del 4/12/2013 (dep.2014), Coccorullo, Rv. 257993; Sez. 4, n. 4103 del 06/12/2012 (dep. 2013), Guastella, Rv. 255078; Sez. 5, n. 28548 del 01/07/2010, Carbognani, Rv. 247895; Sez. 2, n. 26251 del 27/5/2010, Rapisarda e altri, Rv. 247849; Sez. 2, n. 21035 del 18/4/2008, Agate e altri, Rv. 240106).

Per ciò che riguarda, in particolare, l'operatività del principio con riferimento al reato urbanistico (ed a quello di inquinamento atmosferico), si è affermato che il divieto di un secondo giudizio riguarda la condotta delineata nell'imputazione ed accertata con la sentenza, di condanna o di assoluzione, divenuta irrevocabile e non anche la prosecuzione della stessa condotta o la sua ripresa in epoca successiva, trattandosi, in tal caso, di fatto storico diverso non coperto dal giudicato e per il quale non vi è impedimento alcuno a procedere (così, Sez. 3, n. 15441 del 13/3/2001, Migliorato, Rv.219499).

4. Tale principio è pienamente condiviso dal Collegio, che intende pertanto darvi continuità affermando, conseguentemente, che attesa la natura permanente del reato urbanistico, la preclusione del ne bis in idem opera soltanto con riferimento alla condotta posta in essere nel periodo oggetto di contestazione nei capi di imputazione e non riguarda, invece, l'eventuale protrazione o ripresa della condotta in un periodo successivo, rispetto alla quale rimane impregiudicata l'azione penale e la qualificazione conseguente del fatto.

5. Date tali premesse, appare dunque evidente la manifesta infondatezza dei motivi di ricorso, avendo il giudice correttamente distinto tra le condotte accertate con il primo giudizio e quelle oggetto della successiva declaratoria di improcedibilità per prescrizione.

Va peraltro ricordato che l'esito del secondo giudizio non incide in alcun modo sull'efficacia dell'ordine di demolizione impartito all'esito della prima pronuncia.

Questa Corte ha infatti ripetutamente affermato che la demolizione ordinata dal giudice non riguarda soltanto l'immobile oggetto del procedimento che ha dato vita al titolo esecutivo, ma anche ogni altro intervento, eseguito successivamente, che, per la sua accessorietà all'opera abusiva, renda ineseguibile l'ordine medesimo, non potendo consentirsi che un qualunque intervento additivo, abusivamente realizzato, possa in qualche modo ostacolare l'integrale attuazione dell'ordine giudiziale di demolizione dell'opera cui accede e, quindi, impedire la completa restitutio in integrum dello stato dei luoghi disposta dal giudice con sentenza definitiva, poichè, se così non fosse, si finirebbe per incentivare le più diverse forme di abusivismo, funzionali ad impedire o a ritardare a tempo indefinito la demolizione di opere in precedenza illegalmente realizzate (Sez. 3, n. 38947 del 09/07/2013, Amore, Rv. 256431; Sez. 3, n. 21797 del 27/4/2011, Apuzzo, Rv. 250389; Sez. 3, n. 2872 del 11/12/2008 (dep. 2009), P.M. in proc. Corimbi, Rv. 242163; Sez. 3, n. 13649 del 20/2/2002, Corbi, Rv. 221449; Sez. 3, n. 10248 del 18/1/2001, Vitrani, Rv. 218961) Nella fattispecie, come emerge dal tenore del ricorso, si tratta di interventi edilizi eseguiti in più riprese ed aventi ad oggetto il medesimo manufatto abusivo, rispetto al quale opera, indipendentemente dal successivo completamento delle opere, l'ordine di demolizione impartito con la sentenza di condanna divenuta irrevocabile il 16/10/2009, in quanto, per le ragioni dianzi esposte, l'immobile deve essere eliminato nella sua interezza.

6. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità - non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa della ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) - consegue l'onere delle spese del procedimento, nonchè quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000,00 (mille) in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 21 aprile 2015.
Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2015