Cass. Sez. III n. 42189 del 29 novembre 2010 (Cc. 10 nov. 2010)
Pres. Petti Est. Lombardi Ric. Romano
Urbanistica. Revoca o sospensione ordine di demolizione

Ai fini della revoca o sospensione dell’ordine di demolizione delle opere abusive  in presenza di una istanza di condono o di sanatoria successiva al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, il giudice dell’esecuzione investito della questione è tenuto ad una attenta disamina dei possibili esiti e dei tempi di definizione della procedura ed, in particolare: a) ad accertare il possibile risultato dell’istanza e se esistono cause ostative al suo accoglimento; b) nel caso di insussistenza ditali cause, a valutare i tempi di definizione del procedimento amministrativo e sospendere l’esecuzione solo in prospettiva di un rapido esaurimento dello stesso.

 

UDIENZA del 10.11.2010

SENTENZA N.1498

REG. GENERALE N. 18249/2010


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale


Composta dagli Ill.mi Signori:

Presidente             Dott. Ciro Petti
Consigliere             "      Alfredo Maria Lombardi
Silvio Amoresano
Giulio Sarno
Santi Gazzarra

ha pronunciato la seguente:


SENTENZA


- Sul ricorso proposto dall'Avv. Giovanni Lauretti, difensore di fiducia di Ro. Sa., n. a Ponza il xa.dx.xxxx, avverso l'ordinanza in data 23.3.2010 del G.I.P. del Tribunale di Latina, con la quale è stata rigettata la richiesta di sospensione dell'ordine di demolizione di un manufatto abusivo.
- Udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Alfredo Maria Lombardi;
- Visti gli atti, la ordinanza denunziata ed il ricorso;
- Lette le richieste del P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Sante Spinaci, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;


CONSIDERATO IN FATTO E DIRITTO


Con la impugnata ordinanza il G.I.P. dei Tribunale di Latina, in funzione di giudice della esecuzione, ha rigettato la richiesta, presentata da Romano Salvatore, di sospensione dell'ordine di demolizione di un manufatto abusivo, disposto con sentenza in data 10.11.2003, divenuta irrevocabile.

Il giudice dell'esecuzione ha osservato che il manufatto in questione è ubicato in zona vincolata, sicché lo stesso non è suscettibile di sanatoria ai sensi dell'art. 32, comma 27 lett. d), del D.L. n. 269/2003, convertito in L. n. 326/2003; che inoltre l'opera non risulta la rispondente alle previsioni del piano con riferimento alla volumetria realizzabile, alle distanze ed altro.

Sulla base dei citati rilievi l'ordinanza ha escluso che potesse essere disposta la sospensione dell'ordine di demolizione, pur in presenza di una domanda di condono e del pagamento della oblazione, in assenza della effettiva concessione della sanatoria.

Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso il difensore del Romano, che la denuncia per inosservanza ed errata applicazione di legge, nonché vizi di motivazione.

In sintesi, il ricorrente sostiene che, a seguito della presentazione della domanda di condono edilizio, il giudice dell'esecuzione deve sospendere l'ordine di demolizione in attesa delle determinazioni dell'autorità amministrativa.

Si osserva inoltre che nella istanza di sospensione dell'esecuzione erano state altresì rappresentante le risultanze di una consulenza di parte, dalle quali emerge la impossibilità ovvero la rilevante pericolosità dell'attività di demolizione del manufatto abusivo, realizzato in sopraelevazione su un fabbricato preesistente.

Si deduce, quindi, che il giudice dell'esecuzione avrebbe dovuto sospendere l'ordine di demolizione anche al fine di chiedere delucidazioni sul punto.

Il ricorso è manifestamente infondato.

E' stato reiteratamente affermato da questa Suprema Corte che, ai fini della revoca o sospensione dell'ordine di demolizione delle opere abusive (art. 7, ultimo comma, della L. 28 febbraio 1985, n. 47, oggi previsto dall'art. 31, comma nono, del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) in presenza di una istanza di condono o di sanatoria successiva al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, il giudice dell'esecuzione investito della questione è tenuto ad una attenta disamina dei possibili esiti e dei tempi di definizione della procedura ed, in particolare: a) ad accertare il possibile risultato dell'istanza e se esistono cause ostative al suo accoglimento; b) nel caso di insussistenza di tali cause, a valutare i tempi di definizione del procedimento amministrativo e sospendere l'esecuzione solo in prospettiva di un rapido esaurimento dello stesso. (cfr. sez. III, 26.9.2007 n. 38997, Di Somma, RV 237816; conf. sez. IV, 5.3.2008 n. 15210, Romano, RV 239606; sez. III, 12.12.2003 n. 3992 del 2004, Russetti, RV 227558).

Orbene, la motivazione dell'ordinanza impugnata risulta giuridicamente corretta, alla luce dei citati principi di diritto, ed immune da vizi logici, avendo il giudice dell'esecuzione escluso la possibilità di sanatoria ex art. 32, comma 27 lett. d), del D.L. n. 269/2003, convertito in L. n. 326/2003, in quanto la costruzione abusiva ricade in zona vincolata ex D.L.vo n. 490/99 e non risultando la rispondenza delle opere alle previsioni di piano; né adottato alcun provvedimento di sanatoria edilizia ovvero di autorizzazione paesaggistica.

Sicché il rigetto della richiesta di sospensione dell'ordine di demolizione si sottrae alle censure del ricorrente.

Quanto alle deduzioni sul punto della asserita pericolosità della esecuzione della demolizione è evidente che le stesse devono essere formulate nella fase materialmente esecutiva, mentre non rilevano ai fini della sospensione dell'ordine di demolizione, la cui richiesta, peraltro, risultava
precipuamente fondata sulla asserita necessità che si dovesse attendere, in ogni caso, l'esito della domanda di condono edilizio.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell'art. 606, u.c., c.p.p..

Ai sensi dell'art. 616 c.p.p, segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma alla cassa delle ammende.


P.Q.M.


La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché della somma di £ 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 10.11.2010.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA Il 29 Nov. 2010