Cass. Sez. III n. 47131 del 5 dicembre 2012 (Cc 3 mag. 2012)
Pres. Squassoni Est. Grillo Ric. Cuzzumbo
Urbanistica. Sequestro preventivo di immobile ed assenza di agibilità
Ai fini della sequestrabilità preventiva di immobile abusivo già ultimato, può considerarsi come antigiuridica l’implicazione proveniente dalla perpetrazione dell’illecito amministrativo sanzionato dall’art. 221 del T. U. delle leggi sanitarie (divieto di abitare gli edifici sforniti di certificato di agibilità), che, pur non potendosi inquadrare nella nozione di "agevolazione della commissione di altri reati", certamente integra una situazione illecita ulteriore prodotta dalla condotta (la libera utilizzazione della cosa) che il provvedimento cautelare e’ finalizzato ad inibire
RITENUTO IN FATTO
1.1 Con ordinanza pronunciata il 26 settembre 2011 il Tribunale di Catania - in funzione di Giudice del Riesame - confermava il decreto di sequestro preventivo di alcuni manufatti edilizi abusivamente realizzati ad opera di C.T. in violazione delle leggi urbanistiche, antisismiche e paesaggistiche siti nel Comune di Bronte.
1.2 Osservava il Tribunale, riguardo al fumus criminis, la configurabilità in concreto ed in modo assolutamente evidente dei gravi abusi edilizi commessi dall'indagato C.T., consistiti nella realizzazione di due distinti corpi di fabbrica, il primo dei quali adibito ad abitazione del nucleo familiare e realizzato a seguito di demolizione di un precedente manufatto di minor superficie e cubatura, costituito da tre elevazioni fuori terra con una superficie (e cubatura) quasi tre volte superiore a quella preesistente ed a quella assentita con concessione rilasciata il 12 gennaio 2009 dal Comune di Bronte ed il secondo realizzato nelle immediate adiacenze del primo, senza alcuna concessione e di notevole superficie e cubatura, adibito ad attività commerciale (rivendita di autovetture). Osservava altresì il Tribunale che a prescindere dal fatto che entrambi i manufatti insistevano su terreno agricolo con densità fondiaria sensibilmente inferiore a quella utilizzata per l'edificazione e vincolato paesaggisticamente, ben difficilmente sarebbe stato possibile il rilascio di una concessione edilizia in sanatoria (in realtà richiesta dall'indagato ai sensi della Legge Fondamentale Urbanistica n. 47 del 1985, artt. 12 e 13) mancando il presupopsto della c.d. "doppia conformità", non mancando di osservare che la stessa concessione edilizia rilasciata il 12 gennaio 2009 prestava il fianco a sospetti in ordine alla sua liceità in considerazione dell'ubicazione del terreno e del rapporto di densità edilizia rispetto alla costruzione che il C. intendeva realizzare in luogo dell'edificio preesistente da demolire.
1.3 Quanto al periculum in mora - profilo che l'indagato aveva ritenuto di dover affrontare in modo pressochè esclusivo in sede di riesame tenuto anche conto della avvenuta ultimazione dei due manufatti - il Tribunale lo riteneva sussistente non tanto in relazione alla protrazione dell'attività criminosa (trattandosi in entrambi i casi, di immobili non solo ultimati in ogni loro parte, ma abitati e adibiti ad attività commerciali in corso da tempo), quanto in relazione al pericolo di aggravamento delle conseguenze del reato anche in relazione alla carenza del requisito dell'abitabilità ex art. 221 T.U. leggi sanitarie. Rileva, in particolare, come entrambe le costruzioni determinavano un sensibile aggravio del carico urbanistico anche perchè nella zona non esistevano altre abitazioni, con la conseguenza che il carico urbanistico incideva in termini ancora maggiori e non soltanto per effetto della entità delle due costruzioni, ma soprattutto per effetto dell'assenza in zona, di strumentazione urbanistica primaria e secondaria.
1.4 Ricorre avverso la detta ordinanza l'indagato C.T. a mezzo del proprio difensore, deducendo: a) erronea applicazione della legge processuale (art. 321 cod. proc. pen.) per avere il Tribunale - con riferimento al manufatto adibito ad abitazione - ritenuto esistente quale presupposto del periculum in mora l'aggravio del carico urbanistico nonostante la ultimazione da tempo delle due costruzioni, senza motivare in ordine al reale pregiudizio degli interessi afferenti al territorio; b) analogo vizio con riferimento all'immobile limitrofo destinato ad attività commerciale oltretutto intestata a soggetto diverso da esso ricorrente; c) erronea applicazione della legge penale per avere il Tribunale espresso un giudizio di pericolo per l'assetto territoriale collegato ai vincoli paesaggistici esistenti sulla zona, nonostante la Sopraintendenza ai BB.AA.CC. avesse espresso parere favorevole al rilascio della iniziale; d) omessa motivazione in ordine all'asserita illegittimità della concessione edilizia rispetto alla normativa regolamentare urbanistico-edilizia disciplinante la zona sede delle due costruzioni, avendo il Tribunale - in violazione del principio della separazione dei poteri - omesso qualsiasi sindacato incidentale sulla illegittimità della concessione edilizia, ulteriormente rilevando come il vincolo paesaggistico non costituisse comunque vincolo di inedificabilità assoluta.
1.5 Con memoria ritualmente e tempestivamente depositata, la difesa, oltre ad insistere nelle censure sollevate con il ricorso iniziale, rileva il travisamento del fatti in cui è incorso il Tribunale nell'affermare che la zona sede delle due costruzioni fosse interamente disabitata e priva di opere infrastrutturali, allegando relazione tecnica di parte asseverante l'esistenza di numerosi altri fabbricati di dimensioni medio-piccole nell'area presa in esame dal Tribunale (e giudicata priva di costruzioni sulla base di una mappa area) e di una grande arteria di collegamento pressochè ultimata (un cavalcavia) attraversante la zona sulla quale insistono i due fabbricati sui quali si controverte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non è fondato. Sebbene, come ricordato dal Tribunale, non sia in contestazione il profilo del fumus criminis, peraltro nemmeno negato dal ricorrente stante l'evidenza solare delle violazioni urbanistico-edilizie-paesaggistiche commesse, correttamente il Tribunale ha ritenuto di esordire sul versante della illegittimità delle opere edilizie per evidenziarne non già la loro illiceità, quanto la rilevanza dell'abuso (rilevanza che si coglie ictu oculi se solo si ponga mente alle fotografie raffiguranti i due fabbricati come riportate nella consulenza di parte allegata alla memoria difensiva prodotta in limine dalla difesa). Ed infatti tale accenno, peraltro svolto in modo esauriente e quanto mai aderente ai principi da tempo affermati dalla giurisprudenza di questa Corte in tema di condizioni legittimanti gli abusi edilizi, appare necessario proprio per meglio comprendere le riflessioni - anche queste condotte con approfondimento e corretta applicazione dei principi stabiliti da questa Corte di legittimità -circa il periculum in mora collegato all'aggravio del carico urbanistico.
2. Le obiezioni difensive - senza dubbio articolate e integrate da corretti e diffusi richiami giurisprudenziali sul tema del periculum in mora per reati urbanistici laddove si versi nella ipotesi di immobili ultimati ed abitati - non colgono nel segno proprio perchè collidono con le argomentazioni, ben più convincenti e rispondenti a logica svolte dal Tribunale appunto sul tema specifico dell'aggravio del carico urbanistico nonostante l'intervenuta ultimazione di entrambi gli immobili. Tanto ha ritenuto il Tribunale non solo con riferimento all'immobile destinato ad attività commerciale (e non è superfluo considerare che un attività in grande stile di vendita di autovetture non poteva che incidere in modo evidente e preponderante sul carico urbanistico anche in relazione al limitato sviluppo infrastrutturale dell'intera area), ma anche con riferimento all'immobile destinato ad abitazione, stante, anche in questo caso, la notevole dimensione e la particolare incidenza del carico a fronte di un'area vasta e sostanzialmente caratterizzata da edilizia rada e sparsa, come ricordato nell'ordinanza.
3. Il tema affrontato dal Tribunale etneo ed al centro delle censure difensive formulate con il ricorso, non è nuovo in quanto già oggetto di intervento da parte delle Sezioni Unite di questa Corte le quali hanno ritenuto ammissibile il sequestro preventivo di una costruzione abusiva già ultimata anche nel caso di ipotesi criminosa già perfezionatasi, purchè il pericolo della libera disponibilità della cosa stessa - che va accertato dal giudice con adeguata motivazione - presenti i requisiti della concretezza e dell'attualità e le conseguenze del reato, ulteriori rispetto alla sua consumazione, abbiano connotazione di antigiuridicità, consistano nel volontario aggravarsi o protrarsi dell'offesa al bene protetto che sia in rapporto di stretta connessione con la condotta penalmente illecita e possano essere definitivamente rimosse con l'accertamento irrevocabile del reato (v. oltre a Cass. Sez. Un. 29.1.2003, n. 12878, P.M. in proc. Innocenti, per i riferimenti, Cass. Sez. 3, 22.10.2010 n. 3885, Romano).
4. E, con specifico riferimento al reato urbanistico, le stesse Sezioni Unite con la sentenza testè cennata hanno sottolineato l'obbligo del giudice di specifica ed adeguata motivazione circa il pericolo derivante dalla libera disponibilità della cosa pertinente all'illecito penale. Entrano quindi in valutazione elementi specifici riferibili all'assetto territoriale complessivo ed all'impatto della costruzione sull'ambiente e sull'ecosistema circostante,onde verificare se gli interessi attinenti al territorio risultino (ed in che modo e misura) compromessi. Cosi come andranno valutati tutti quegli altri elementi utili a stabilire in che misura il godimento e la disponibilità attuale della cosa, da parte dell'indagato o di terzi, possa comportare una effettiva ulteriore lesione del bene giuridico protetto, o se l'uso della cosa di ponga come elemento di nessuna incidenza sotto il profilo della offensività (v. per tali concetti, da ultimo, Cass. Sez. 3, 24.11.23011. n,. 6599. Susino, Rv. 252016 e Cass. Sez. 2, 23.4.2010 n. 17170, De Monaco, Rv. 246854).
5. Dall'analisi dell'ordinanza emerge una attenta ed approfondita valutazione di tutti questi dati esaminati, peraltro, non in modo parcellizzato, ma nel loro insieme, in quanto è stata messa in correlazione l'entità dell'abuso (leggi le dimensioni dei due fabbricati e la tecnica costruttiva gravemente lesiva del paesaggio circostante) con l'assetto territoriale generale, adoperando elementi di valutazione oggettivi quali la mappatura dell'area e i rilievi aerei attestanti le condizioni di edificazione generale. Così come è stata tenuta in considerazione la destinazione urbanistica dell'area inconciliabile con la edificazione di grandi dimensioni, fornendo una nozione di carico urbanistico di un insediamento pienamente coerente con i dati tecnici cui fare riferimento in evenienze del genere, correttamente affermando l'effetto secondario del carico rispetto agli effetti derivanti dall'insediamento primario delle costruzioni con destinazione eterogenea su una determinata area. La valutazione è stata compiuta anche con riferimento all'aggravio in termini di numero di persone frequentanti le due costruzioni e dunque con un profilo di concretezza in linea con i postulati ricordati dalle Sezioni Unite. E particolare attenzione è stata dedicata all'assenza di opere di urbanizzazione primaria (strade, impianti fognari, etc.) assenti in quella zona e comunque irrefragabilmente destinati ad un potenziamento ad opera del Comune interessato, proporzionato al maggior carico di persone e di insediamenti abitativi creati ex novo e senza alcuna autorizzazione.
6. Assolutamente corretta anche la decisione del Tribunale di valutare l'aggravio del carico anche alla luce dell'assenza di agibilità ostativa alla abitazione delle costruzioni così come previsto dall'art. 221 T.U.LS. Anche su tale punto, infatti, la decisione si presenta immune da censure sia sul piano interpretativo che sul piano logico (soprattutto con riguardo alla costruzione destinata ad usi commerciali), sottolineandosi come la giurisprudenza di questa Corte sia pressochè unanime - diversamente da come sostenuto dal ricorrente - nel ritenere ammissibile il sequestro di immobile ultimato ma sprovvisto del certificato di agibilità la cui mancanza integra una situazione illecita ulteriore determinata dalla condotta di libera utilizzazione della cosa che il provvedimento cautelare è volto ad impedire.
7. Come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte "ai fini della sequestrabilità preventiva di immobile abusivo già ultimato, può considerarsi come antigiuridica l'implicazione proveniente dalla perpetrazione dell'illecito amministrativo sanzionato dall'art. 221 del T.U. delle leggi sanitarie (divieto di abitare gli edifici sforniti di certificato di agibilità), che, pur non potendosi inquadrare nella nozione di "agevolazione della commissione di altri reati", certamente integra una situazione illecita ulteriore prodotta dalla condotta (la libera utilizzazione della cosa) che il provvedimento cautelare è finalizzato ad inibire" (vedi Cass. Sez. 3, 16.11.2004, n. 44433; Cass. Sez. 4, 19.4.2007, n. 15845; Cass. Sez. 3, 22.10.2010 n. 3885).
8. Vero è, come ricordato dal ricorrente, che altro orientamento si è espresso in termini negativi: ma si tratta oltre che di pronunce isolate, di casi in cui l'unico elemento ritenuto dal Tribunale incidente ai fini della persistenza delle esigenze cautelari era costituito dall'assenza del certificato di agibilità sanitaria senza che risultassero ulteriori effetti antigiuridici derivanti dalla libera disponibilità della cosa (v. in termini, oltre a Cass. Sez. 3, 6.7.2004 n. 29203, Sardi ed altro, Rv. 229489 anche, più recentemente, Cass. Sez. 3, 24.3.2011 n. 15614, P.M. in proc. Mengozzi, Rv. 250391). Ne consegue che l'obiezione - corretta sul piano astratto -non è condivisibile nel caso di specie, in cui ben altri, e assai più decisivi, erano gli elementi valutati dal Tribunale per affermare l'aumento del carico urbanistico e la conseguente incidenza sul piano delle esigenze cautelari di salvaguardia dell'ambiente.
9. Sono infondati anche gli ultimi due motivi in quanto - per ciò che concerne il giudizio di pericolo espresso dal Tribunale anche con riferimento alla violazione paesaggistico - esso è condivisibile sul piano logico anche perchè effettuato in modo globale tanto da qualificare di notevole rilevanza l'abuso edilizio in relazione alle numerose violazioni commesse non solo sul piano edilizio strettamente inteso, ma anche su quello urbanistico e paesaggistico: peraltro l'intervenuto parere favorevole espresso dalla Sopraintendenza riguardava la demolizione e ricostruzione di un edificio di ben più modeste dimensioni, cui è, invece, seguito - come precisato dal Tribunale e sostanzialmente ammesso dal ricorrente - un edificio a scopo abitativo di superficie oltre tre volte superiore a quella assentita e altro limitrofo edificio senza alcun permesso urbanistico, con una situazione di sostanziale incompatibilità rispetto ad eventuali autorizzazioni in sanatoria D.Lgs. n. 42 del 2004, ex art. 181 (vds. pag. 4 dell'ordinanza impugnata).
10. Per quanto, poi, riguarda la mancata valutazione incidentale della illegittimità del provvedimento concessorio, basta far riferimento a quella parte dell'ordinanza impugnata in cui il Tribunale ha preso posizione sul punto, dubitando fortemente della legittimità della concessione originaria in relazione alle disposizioni contenute nella L.R.S. n. 40 del 1995, art. 12, disciplinante la materia delle demolizioni o ricostruzioni in zona agricola soggette a determinate limitazioni di volumi e destinazione d'uso certamente non rispettate nel caso in esame: considerazioni assolutamente condivisibili e che rendono infondata l'obiezione difensiva,, peraltro sollevata in termini del tutto generici ed astratti, oltre che incoerenti con i dati probatori emersi e valutati dal Tribunale.
11. Quanto agli ulteriori elementi di novità apportati dalla difesa con la memoria prodotta, si tratta di censure sostanzialmente dirette a sollecitare la Corte ad una valutazione diversa sul piano del merito rispetto a quella puntualmente effettuata dal Tribunale, come tali, inammissibili in sede di legittimità.
12. Alla luce di tali considerazioni, il ricorso va, quindi, rigettato: segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 3 maggio 2012.