Cass.Sez. III n. 19090 del 3 maggio 2013 (CC 13 feb 2013)
Pres.Teresi Est.Graziosi Ric. Buia e altro
Urbanistica.Procedura di fiscalizzazione

In tema di reati edilizi, la valutazione sulla possibilità di non eseguire la demolizione qualora possa derivarne pregiudizio per la porzione di fabbricato non abusiva secondo la procedura cosiddetta di fiscalizzazione di cui all'art. 34 del d.P.R. n. 380 del 2001, compete al giudice dell'esecuzione e può essere sindacata in sede di legittimità solo attraverso il vizio motivazionale. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto legittimo il diniego di sospensione dell'ordine di demolizione da parte del giudice dell'esecuzione che aveva escluso ogni pregiudizio per la staticità dell'edificio regolarmente costruito).

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. TERESI Alfredo - Presidente - del 13/02/2013
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - SENTENZA
Dott. MULLIRI Guicla - Consigliere - N. 370
Dott. GRAZIOSI Chiara - rel. Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. ANDRONIO Alessandro M. - Consigliere - N. 16243/2012
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BUIA SALVATORE N. IL 03/03/1968;
MAIELLO ELEONORA N. IL 10/08/1968;
avverso l'ordinanza n. 180/2011 TRIBUNALE di NAPOLI, del 23/12/2011;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;
lette le conclusioni del PG inammissibilità del ricorso. RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 23 dicembre 2011 il Tribunale di Napoli ha rigettato l'"incidente di esecuzione" originato da istanza di sospensione di un ordine di esecuzione di ingiunzione a demolire un immobile frutto di abuso edilizio, presentata da Buia Salvatore e Maiello Eleonora. L'istanza era motivata adducendo che un'eventuale demolizione potesse far collassare l'intero immobile di cui l'opera abusiva è parte, e rilevando altresì che l'ordine non era stato notificato a Buia. L'ordinanza l'ha disattesa escludendo l'esistenza di un rischio di stabilità dell'immobile trattandosi di una mera rimessione in pristino, ed escludendo la nullità dell'ordine come proveniente dall'omessa notifica a un destinatario, prevedendo l'ordine esplicitamente che alla demolizione d'ufficio si sarebbe proceduto solo se gli ingiunti non avrebbero demolito entro 45 giorni dalla notifica dell'ordine.
2. Avverso l'ordinanza hanno presentato ricorso i difensori degli istanti, sulla base di due motivi. Il primo motivo denuncia violazione di legge in relazione agli artt. 655, 656 e 157 ss. c.p.p. e art. 125 c.p.p., comma 3, e correlato vizio motivazionale. La notifica infatti sarebbe necessaria perché è altrimenti impossibile alla parte eseguire l'ingiunzione. Il secondo motivo denuncia violazione di legge per mancata sospensione del procedimento ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 34 per accertare che la demolizione non comprometta la stabilità dell'immobile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
Per quanto concerne il primo motivo, è più che evidente che la mancanza di un atto successivo quale la notifica non può inficiare la validità di un atto precedente. La ripercussione procedimentale della invalidità, infatti, non è retrocedente, bensì costituisce una comunicazione di vizio agli atti seguenti. Alla luce di ovvi principi generali, occorre peraltro distinguere la validità dalla efficacia di un atto: essendo l'ordine di esecuzione atto ricettizio, il difetto di notifica dell'atto lo priva della efficacia, come ha sostanzialmente rilevato il giudice di merito, osservando pure che inequivocamente il contenuto dello stesso ordine si pone in tal senso, subordinando l'esecutorietà - ovvero la species coattiva del genus efficacia - alla notifica dell'ordine agli ingiunti e al decorso di 45 giorni dalla notifica stessa, conformemente al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 34, comma 1.
Il secondo motivo si fonda proprio sul D.P.R. n. 380 del 2001, art. 34, il quale effettivamente prevede, al comma 2, la c.d. procedura di fiscalizzazione dell'illecito edilizio, nell'ipotesi in cui la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità con il permesso di costruire: in tal caso in luogo della demolizione viene applicata una sanzione pecuniaria, che peraltro (Cass. sez. 3, 22 aprile 2010 n. 19538) non equivale ad una sanatoria dell'abuso e non consente quindi il completamento delle opere abusive. È chiaro, comunque, che la valutazione sulla effettuabilità della demolizione con o senza pregiudizio per la parte non abusiva è una quaestio facti, e come tale non direttamente sindacabile dal giudice di legittimità, il cui controllo può dispiegarsi solo attraverso un vizio motivazionale. Il giudice di merito, dunque, negando che la demolizione potesse incidere sulla stabilità dell'intero fabbricato non ha violato alcuna norma, bensì si è avvalso del potere di valutazione che gli spetta, e per il cui esercizio l'art. 34 non lo obbliga ad alcuna sospensione come invece adduce il ricorso (a parte che nel caso de quo per l'istante Buia l'ordine non è esecutivo, quindi non vi è interesse a sospensione);
nè alcun vizio motivazionale al riguardo è stato dedotto. Sulla scorta delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna dei ricorrenti, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale emessa in data 13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che ciascuno dei ricorrenti versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.
Dichiara Inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 13 febbraio 2013.
Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2013