Cons. Stato Sez. VII n. 10307 del 23 dicembre 2024
Urbanistica.Demolizione e ricostruzione 
L’intervento di ripristino di edificio crollato, mantenendo sagoma, prospetti, sedime, caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente, senza incrementi di volumetria, è riconducibile alla ristrutturazione ricostruttiva ex art. 3, comma 1, lett. d), del testo unico dell’edilizia e quindi richiede la segnalazione certificata di inizio attività, di cui all’art. 2 del medesimo testo unico. L’intervento di demolizione e ricostruzione si distingue infatti dalla nuova costruzione, necessitante di  permesso di costruire, ai sensi dell’art. 10 del testo unico, per l’assenza di variazioni del volume, dell’altezza o della sagoma dell’edificio.

Pubblicato il 23/12/2024

N. 10307/2024REG.PROV.COLL.

N. 04716/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4716 del 2024, proposto da:
Garbati Fabio, in qualità di titolare del chiosco balneare “La Tramontana”, rappresentato e difeso dall'avvocato Alberto Antognetti, con domicilio digitale pec in registri di giustizia;

contro

Comune di Sarzana, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Fabio Cozzani, con domicilio digitale pec in registri di giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria n. 412/2024.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune di Sarzana;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il Cons. Laura Marzano;

Nessuno presente per le parti nell'udienza pubblica del giorno 10 dicembre 2024;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’appellante, titolare del chiosco balneare denominato “La Tramontana” posto in località Marinella di Sarzana, viale Litoraneo, ha impugnato la sentenza del Tar Liguria, sezione seconda, n. 412 del 7 giugno 2024 con cui è stato respinto il ricorso proposto per l’annullamento dell’ordinanza di demolizione – rimessa in pristino ex art. 31 d.p.r. 380/2001 e artt. 167-181 d.lgs. 42/04, n. 1 del 6 aprile 2023 emanata dal Dirigente del Settore pianificazione e sviluppo del territorio di Sarzana.

Con decreto n. 2198 del 12 giugno 2024 l’esecutorietà della sentenza è stata sospesa in ragione del periculum in mora in attesa della delibazione collegiale.

Il comune appellato si è costituito solo formalmente.

Con ordinanza n. 2538 del 3 luglio 2024 è stata accolta l’istanza di sospensione dell’esecutorietà della sentenza ed è stata fissata l’udienza per la trattazione del merito, in vista della quale l’appellante ha depositato memoria conclusiva e successiva richiesta di decisione della causa senza discussione.

Infine, in assenza di ulteriori scritti difensivi da parte del comune, all’udienza pubblica del 10 dicembre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

2. Vanno tratteggiati i fatti di causa.

L’appellante gestisce un chiosco bar in località Marinella di Sarzana, viale Litoraneo, in forza dei seguenti titoli:

- determinazione dirigenziale n. 525 del 16 giugno 2022 rilasciata dallo sportello unico delle attività produttive (Suap) del comune di Sarzana (con allegata la “determinazione di assenso” relativa all’accertamento di compatibilità paesaggistica della regione Liguria per la sanatoria dei manufatti costituenti il chiosco “La Tramontana” - pratica Suap n. 5/2021 - avente ad oggetto: realizzazione di una porta di dimensioni pari a cm 86 x cm 204 su lato ovest della dispensa; modeste variazioni dimensionali in pianta dovute all'installazione di coibentazione e rivestimento in legno sulle pareti del manufatto; correzione di errori prettamente grafici, presenti nelle tavole dello stato concessionato), per le seguenti opere: a) chiosco principale ml 6,15 x ml 5,05, con portico/veranda di larghezza pari a ml 1,50, per una lunghezza totale pari a ml 6,55; b) magazzino (container prefabbricato) ml 4,47 x ml 2,36; c) wc ml 1,69 x ml 1,48;

- concessione n. rep. 1/2017 rilasciata dal comune di Sarzana, ufficio demanio marittimo in data 4 maggio 2017 prot. 15715, per “occupare una zona demaniale marittima con impianti di facile rimozione della superficie complessiva di metri quadrati 41,93 costituita da n. 3 blocchi … allo scopo di mantenere un “Chiosco” denominato “La Tramontana” destinato ad attività di piccolo ristoro, a deposito e al noleggio di attrezzature per la balneazione, alla gestione delle docce, dei servizi igienici”, della durata di anni 5 fino al 31 dicembre 2020, oggetto di proroga ex lege al 31 dicembre 2023. Tale concessione è stata rilasciata in esecuzione alla pronuncia del Tar Liguria n. 1087/2013 di accoglimento del ricorso n. 1118/2012.

In data 18 agosto 2022 il chiosco è stato distrutto per gravi eventi atmosferici e stante l’impossibilità di adottare immediate misure di ripristino, in data 29 agosto 2022, con protocollo n. 39603, l’appellante ha presentato al comune di Sarzana una comunicazione di inizio lavori (Cil) per l’istallazione temporanea di strutture provvisorie prefabbricate, al fine di erogare i servizi in continuità nella stagione balneare in corso.

Terminata la stagione estiva balneare 2022, in data 15 ottobre 2022, con prot. n. 47767, l’appellante ha poi presentato al comune una comunicazione di avvio delle opere di manutenzione per il fedele ripristino del chiosco balneare danneggiato dal fortunale del 18 agosto 2022.

In questa comunicazione veniva specificato che tutte le opere di ripristino sarebbero state svolte nel totale rispetto di quanto autorizzato con la “determinazione dirigenziale” sopracitata rilasciata dal Suap.

Con nota prot. n. 2 del 31 gennaio 2023 il dirigente comunale, su richiesta pervenuta dalla Guardia di finanza di Sarzana, ha avviato il procedimento di repressione di abusi edilizi su area demaniale in mancanza di titolo abilitativo edilizio e di autorizzazione paesaggistica per i seguenti immobili siti in viale Litoraneo catastalmente individuato al fg. 36 mappale 81, fg. 36 mappale 82:

a) un manufatto stabile e ancorato permanentemente al basamento in c.l.s. con pianta rettangolare avente le seguenti dimensioni: 6,20 ml. x 6,55 ml. comprensivi di portico per un complessivo ingombro planimetrico di 40,61 mq. circa, con altezza da un minimo di 2,45 m.l. ad un massimo di 3,00 ml. circa;

b) un manufatto ligneo di forma planimetrica ad “L” per un complessivo ingombro planimetrico di 15 mq. circa con altezza media di 2,40 m. circa;

c) posa di pavimentazione esterna per un complessivo sviluppo planimetrico di mq. 47,95 circa;

d) installazione di parete ombreggiante lignea di collegamento tra i manufatti sopradescritti per una lunghezza di 6,70 m. circa”.

Con le deduzioni formulate in sede procedimentale il 10 febbraio 2023 l’appellante sosteneva trattarsi di:

- fedele realizzazione di attività libera (art. 6) di manutenzione ordinaria ex art. 3, lett. a), d.p.r. 380/2001 ovvero di manutenzione straordinaria ex art. 3, lett. b), dello stesso testo unico dell’edilizia;

- in subordine di “ristrutturazione ricostruttiva parziale” ex art. 3, lett. d), del testo unico.

In data 3 aprile 2023, l’appellante ha trasmesso la comunicazione di fine lavori, avvenuta in data 31 marzo 2023.

Nonostante tali deduzioni il comune, il 6 aprile 2023, ha ingiunto la demolizione di:

a) manufatto prefabbricato in legno di 40,61 mq stabilmente ancorato al basamento in calcestruzzo;

b) manufatto a forma di “L” ad uso servizi igienici e magazzino avente superficie di circa 15 mq;

c) parete ombreggiante di collegamento tra i manufatti suddetti avente lunghezza di 6,70 m;

d) pavimentazione esterna per uno sviluppo complessivo di 47,95 mq.

Quanto al manufatto sub a), realizzato in assenza di titolo abilitativo edilizio, l’ordine di demolizione è stato irrogato ai sensi dell’art. 31 del d.p.r. n. 380/2001.

I manufatti sub b) e c) sono stati sanzionati anche ai sensi dell’art. 167 del d.lgs. n. 42/2004.

Nel caso della pavimentazione esterna, è stata contestata solo la mancanza del titolo paesaggistico.

Nelle more, in data 2 febbraio 2023, la Guardia di finanza ha sequestrato il manufatto sub a), come da verbale del giorno successivo.

Il Procuratore della repubblica del Tribunale di La Spezia, con decreto depositato il 6 febbraio 2023, non ha convalidato il sequestro disponendo la restituzione dei beni al titolare.

In particolare ha osservato che i fatti non integrano la fattispecie di cui all'art, 44 d.p.r. n. 380/2001 perché solo l'assenza del permesso di costruire e della Scia alternativa al permesso di costruire riveste rilievo penale, non anche l'assenza di Cila.

Inoltre ha rilevato che allo stato attuale delle indagini non vi sono elementi per ritenere integrate le fattispecie previste rispettivamente dagli artt. 55 e 1161 r.d. n. 327/1942 e dall’art. 181 d.lgs. n. 42/2004 in quanto:

- la prima fattispecie richiede la costruzione di una nuova opera o la effettuazione di lavori su manufatti già esistenti che comportino ampliamento o riduzione di superfici o di altezze e modifiche di prospetto, mentre nel caso in oggetto, in cui non si parla certamente di nuova opera ma di lavori su opera preesistente, finora non sono state raccolte informazioni sulle caratteristiche del chiosco andato distrutto e quindi non si può sostenere che l’attuale presenti difformità dì superfici o altezze e prospetti rispetto al manufatto preesistente;

- la seconda fattispecie oggi risente delle novità introdotte nel 2017 circa le opere non più assoggettale ad autorizzazione paesaggistica, essendo stato prevista, dall’allegato A del d.p.r. n. 31/2017, al n. 29, l'esclusione dall'autorizzazione paesaggistica degli interventi di fedele ricostruzione dì manufatti che, in conseguenza di calamità naturali o catastrofi, risultino in tutto o in parte crollati o demoliti, purché sia possibile accertarne la consistenza e configurazione preesistenti e l'intervento sia conforme al manufatto originario quanto a collocazione, ingombro planivolumetrico, configurazione degli esterni e finiture: tutti dati che allo stato non risultano indagati dalla polizia giudiziaria e che, pertanto, il pubblico ministero non può contestare.

3. Il Tar Liguria, dinanzi al quale detta ordinanza è stata impugnata, ha dichiarato improcedibile il ricorso quanto al manufatto sub d) perché nelle more rimosso e lo ha respinto quanto al resto, in sintesi perché:

- il chiosco è stato interamente distrutto quindi il ricorrente non si è limitato a ripristinare parti di un manufatto esistente, avendo invece installato un nuovo manufatto in luogo di quello “raso al suolo”, sia pure riproducendo sostanzialmente le dimensioni e la sagoma del precedente immobile, perciò non si tratta di manutenzione né di “ristrutturazione ricostruttiva parziale”;

- per quanto concerne il manufatto ad “L” adibito a magazzino e wc, l’accertamento in ordine all’esistenza di un solo “manufatto ligneo”, anziché di due manufatti affiancati, è contenuto nel verbale del sopralluogo compiuto in data 2 febbraio 2023 dal tecnico comunale insieme a personale della Guardia di finanza che costituisce un atto pubblico che, ai sensi dell’art. 2700 cod. civ., acquista portata fidefaciente delle circostanze in esso accertate relativamente allo stato di fatto;

- la pavimentazione esterna, come risulta dal verbale di sopralluogo, non è semplicemente appoggiata sulla sabbia e tale da essere rimossa ogni anno al termine della stagione balneare trattandosi, sia pure in piccola parte, di un battuto di cemento sicuramente insuscettibile di agevole rimozione.

4. Ritenendo errata la sentenza, l’appellante l’ha impugnata sostanzialmente riproducendo le censure formulate in primo grado.

Con il primo motivo si duole che la sentenza non abbia tenuto in alcun conto l’apporto fornito in sede procedimentale e che nel provvedimento nulla si dica in proposito. Il Tar nel ritenere che, trattandosi di repressione di abuso, non era necessaria alcuna motivazione, avrebbe di fatto omesso di pronunciarsi, così violando il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

Con il secondo motivo formula analoga doglianza sostenendo che il Tar ligure non si sarebbe avveduto della comunicazione di fine lavori depositata al comune in data 3 aprile 2023 corredata da tutte le allegazioni tecniche.

Con il terzo motivo contesta la sentenza sui seguenti punti:

- quanto al chiosco, l’affermazione del Tar secondo cui quello preesistente sarebbe stato completamente “raso al suolo” (da cui ha tratto la conseguenza che l'intervento in parola non rientri nel perimetro della manutenzione e neppure in quello della ristrutturazione ricostruttiva parziale), si porrebbe in contraddizione con l’altra affermazione contenuta nella stessa sentenza, secondo cui l’intervento in questione sarebbe stato effettuato «sia pure riproducendo sostanzialmente le stesse dimensioni e la sagoma del precedente immobile»;

- quanto al manufatto ligneo ad uso servizi igienici e magazzino a forma planimetria ad “L” il Tar non si sarebbe avveduto che esso è in realtà costituito dai due manufatti preesistenti che sono stati autorizzati dal Comune e che l’aspetto rilevato dal comune, che li faceva sembrare un unico corpo di fabbrica, era dovuto al rivestimento in legno che era stato recentemente ripristinato, anche in precedenza utilizzato quale protezione nel periodo invernale di chiusura dell'attività, rivestimento in ogni caso poi rimosso dopo il sopralluogo del 2 febbraio 2023;

- quanto alla pavimentazione esterna per uno sviluppo complessivo di 47,95 mq per cui veniva contestata la sola mancanza del titolo paesaggistico, il Tar non si sarebbe avveduto che la stessa, solamente appoggiata sulla sabbia, era necessaria per dare la possibilità anche a persona diversamente abile di fruire dei servizi del chiosco balneare come prescrive l’articolo 11 della licenza di concessione del 4 maggio 2017.

5. L’appello è fondato e va accolto.

5.1. In forza dell’effetto devolutivo sono stati riproposti i motivi formulati in primo grado ed è stata dedotta l’omessa valutazione da parte del comune di Sarzana di tutti gli apporti forniti dal privato ricorrente in sede procedimentale con le controdeduzioni giuridiche e tecniche del 10 febbraio 2023.

Parimenti è stato nuovamente dedotto il difetto di istruttoria per non aver considerato l’esito dei lavori di ripristino terminati in data 31 marzo 2023 attestanti l’identicità del ripristino dei manufatti danneggiati dall'evento calamitoso rispetto a quelli legittimi preesistenti.

Infine si è nuovamente contestata l'erronea applicazione dell'articolo 31 del d.p.r. 380/2001, correlato all'articolo 10 dello stesso testo unico, da cui scaturiva l'effetto sanzionatorio demolitorio di cui alla ordinanza impugnata, sostenendo che si tratterebbe di attività edilizia non richiedente il permesso di costruire poiché catalogabile come manutenzione ordinaria (art. 6 del testo unico dell’edilizia) ovvero come manutenzione straordinaria (art. 6 bis) necessitante di comunicazione di inizio lavori asseverata come depositata nella fattispecie, ovvero in subordine come ristrutturazione edilizia conservativa ex art. 3, per cui si sarebbe richiesta solo la segnalazione certificata di inizio attività (Scia) ex art. 22, scongiurata in ogni caso l'applicazione dell'effetto sanzionatorio ablativo.

5.2. Preliminarmente va precisato che, diversamente da quanto opina l’appellante, l’intervento non può qualificarsi come attività edilizia libera né è riconducibile agli interventi di manutenzione straordinaria di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b), del testo unico, per i quali è sufficiente la sola comunicazione, anche per via telematica, dell'inizio dei lavori da parte dell'interessato all'amministrazione comunale, dal momento che la norma esclude da tale fattispecie gli interventi che, come nel caso di specie, riguardino le parti strutturali dell'edificio.

L’intervento, invece, per quanto si dirà, è piuttosto riconducibile alla ristrutturazione ricostruttiva ex art. 3, lett. d), del testo unico, ossia quale ripristino di edificio crollato mantenendo sagoma, prospetti, sedime, caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell'edificio preesistente senza incrementi di volumetria che, quindi, richiederebbe la segnalazione certificata di inizio attività di cui all’art. 2 del testo unico.

5.3. Ciò posto, l’appellante ha sostenuto, sia in sede procedimentale sia nel corso del giudizio, che l’abusività delle opere riscontrata, in ragione della quale è stata emessa l’ordinanza di demolizione, non sussisterebbe in quanto, in sintesi: il chiosco sarebbe la fedele ricostruzione di quello andato distrutto a seguito degli eventi del 18 agosto 2022 e la pavimentazione sarebbe soltanto poggiata.

Dall’esame della documentazione progettuale e fotografica prodotta in primo grado è possibile, in effetti, ricavare che la ricostruzione del chiosco, benchè mediante l’utilizzo di materiali diversi, è avvenuta in modo del tutto fedele per sagoma, volume ed altezze: circostanza, questa, riconosciuta anche nella sentenza impugnata.

Essendo, dunque, ben nota la consistenza del preesistente, non può trovare applicazione la giurisprudenza che qualifica come nuova opera la ricostruzione su ruderi o su di un edificio demolito, trattandosi di pronunce che fanno riferimento a fattispecie di immobile demolito già da lungo tempo, per il quale mancano elementi sufficienti a testimoniare le dimensioni e le caratteristiche dell'edificio da recuperare (cfr. Cons. Stato, sez. VII, 15 giugno 2023, n. 5918; sez. VI, 2 settembre 2020, n. 5350).

L'intervento di demolizione e ricostruzione si distingue dalla nuova costruzione per l'assenza di variazioni del volume, dell'altezza o della sagoma dell'edificio. Tali criteri hanno un ancor maggiore pregio interpretativo a seguito dell'ampliamento della categoria della demolizione e ricostruzione operata dal d.lgs. n. 301 del 2002 in quanto proprio perché non vi è più il limite della “fedele ricostruzione” si richiede la conservazione delle caratteristiche fondamentali dell'edificio preesistente nel senso che debbono essere presenti gli elementi fondamentali, in particolare per i volumi, per cui la ristrutturazione edilizia, per essere tale e non finire per coincidere con la nuova costruzione, deve conservare le caratteristiche fondamentali dell'edificio preesistente e la successiva ricostruzione dell'edificio deve riprodurre le precedenti linee fondamentali quanto a sagoma, superfici e volumi.

L'art. 10, comma 1, lett. c del d.p.r. n. 380/2001 dispone che sono soggetti a permesso di costruire «gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, nei casi in cui comportino anche modifiche della volumetria complessiva degli edifici».

È stato osservato che, ai sensi dell'art. 10, comma 1, lett. c), del d.p.r. n. 380 del 2001, per qualificare come interventi di ristrutturazione edilizia anche le attività volte a realizzare un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, implicanti modifiche della volumetria complessiva, della sagoma o dei prospetti, occorre conservare sempre una identificabile linea distintiva tra le nozioni di ristrutturazione edilizia e di nuova costruzione, potendo configurarsi la prima solo quando le modifiche volumetriche e di sagoma siano di portata limitata e comunque riconducibili all'organismo preesistente (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 19 gennaio 2016, n. 328).

Nel caso in esame non sono ravvisabili modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, per cui deve escludersi la necessità del permesso di costruire.

Ai sensi dell'art. 31, l. 5 agosto 1978 n. 457 la nozione di ristrutturazione edilizia, comprende anche gli interventi consistenti nella demolizione e successiva ricostruzione di un fabbricato, purché tale ricostruzione sia fedele, cioè dia luogo ad un immobile identico al preesistente per tipologia edilizia, sagoma e volumi, dovendo essere altrimenti l'intervento qualificato come di nuova costruzione (cfr. Cons. Stato, sez. II, 18 maggio 2020, n. 3153; sez. IV, 4 giugno 2013, n. 3056; sez. IV, 9 luglio 2010, n. 4462; sez. IV, 5 ottobre 2010 n. 7310; sez. IV, sentenza 10 agosto 2011, n. 4765).

Tale principio giurisprudenziale è stato espressamente recepito all'art. 3 comma 1 lettera d) del d.p.r. 380 del 2001, per cui «Costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza».

Il limite del rispetto della sagoma dell'edificio preesistente è stato infatti eliminato con la modifica dell'art. 3 comma 1 lettera d), a seguito del d.l. 21 giugno 2013, n. 69 conv. nella legge 9 agosto 2013, n. 98, mentre nel testo attualmente vigente è stato reintrodotto per gli interventi realizzati in zone A, «il rispetto di sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell'edificio preesistente» e sono esclusi incrementi di volumetria (cfr. Cons. Stato, sez. II, 2 febbraio 2022, n. 721).

Va, dunque, senz’altro esclusa la necessità del permesso di costruire in una fattispecie dove peraltro la ricostruzione non è dipesa da una demolizione volontariamente effettuata, ma ha costituito il necessario intervento di ripristino, a seguito di un evento atmosferico che ha distrutto il precedente fabbricato, di ciò che era già stato legittimamente autorizzato.

5.4. Tanto chiarito, va osservato come, a fronte dell’invio da parte dell’appellante, in data 15 ottobre 2022, della comunicazione di avvio delle opere di manutenzione per il fedele ripristino del chiosco balneare danneggiato dal fortunale del 18 agosto 2022 (cui ha fatto peraltro seguito anche la comunicazione di fine lavori del 31 marzo 2023), il comune avrebbe dovuto, da una parte, prendere atto che si trattava di fedele ricostruzione del manufatto andato distrutto e, quindi, escludere che fosse necessario il permesso di costruire e, dall’altra, esprimersi tempestivamente sulla validità della ridetta comunicazione avviando una interlocuzione procedimentale con l’appellante, il quale avrebbe così potuto avere contezza del titolo necessario per l’intervento da eseguire e richiederlo senza incorrere in sanzioni.

Invero l’amministrazione ha l’obbligo di rispettare, nell’esercizio dell'attività autoritativa, non solo le norme di diritto pubblico ma anche le norme generali dell'ordinamento civile che impongono di agire con lealtà e correttezza, trattandosi di condotta esigibile non solo dal privato, dovendosi fare applicazione dell’art. 1, comma 2-bis, della legge n. 241 del 1990, che prevede che i rapporti tra il cittadino e la p.a. sono improntati ai principi della collaborazione e della buona fede.

Inoltre va osservato come il comune non abbia tenuto nel debito conto neanche le osservazioni procedimentali che l’appellante ha potuto presentare soltanto in occasione della tardiva attivazione del contraddittorio, ossia dopo aver avviato il procedimento di repressione di abusi edilizi, a tanto non potendo sopperire la mera parziale riproduzione del parere dell’avvocatura comunale.

Alla luce delle considerazioni svolte, l’appello risulta fondato sia con riguardo al motivo con cui si censura l’omessa valutazione da parte del comune di Sarzana dell’apporto fornito in sede procedimentale, sia quanto al motivo con cui è stato dedotto il difetto di istruttoria per non aver considerato che il manufatto consiste in una fedele ricostruzione di quello crollato e non necessitava di permesso di costruire.

Quanto alla terza doglianza va osservato che, come innanzi esposto, il comune avrebbe dovuto, nell’ottica della leale collaborazione, indicare all’appellante il titolo necessario per eseguire l’intervento per cui è causa, ivi compresa quella parte della pavimentazione ancorata al suolo, ossia la Scia di cui all’art. 22 del testo unico.

5.5. Per completezza vanno esaminate anche le censure dell’appellante che si appuntano sui singoli interventi.

Quanto alla parete in legno che collega il servizio al magazzino, come risulta dalla relazione del tecnico del 7 aprile 2023, versata agli atti del giudizio di primo grado e non contestata dal comune, la stessa (quantunque analoga protezione di collegamento fosse utilizzata anche in precedenza, come risulta dalla documentazione fotografica ivi allegata) dopo il sopralluogo è stata rimossa, al pari della parete ombreggiante, pertanto la declaratoria di improcedibilità del ricorso introduttivo deve riguardare anche il suddetto manufatto.

Inoltre va esclusa la necessità dell’autorizzazione paesaggistica sia per il chiosco, ai sensi del n. 29 dell’allegato A del d.p.r. 13 febbraio 2017 n. 31, trattandosi di intervento di fedele ricostruzione di edificio crollato in conseguenza di calamità naturali e del quale è possibile accertarne la consistenza e configurazione legittimamente, sia per la pavimentazione esterna ai sensi del punto 12 dello stesso allegato, trattandosi di intervento da eseguirsi in un’area di pertinenza dell’edificio non comportante modifiche degli assetti planimetrici e vegetazionali, quale l'adeguamento di spazi pavimentati ovvero la realizzazione di camminamenti che non incidono sulla morfologia del terreno.

Conclusivamente, per quanto precede, l’appello deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso introduttivo deve essere accolto in parte con annullamento degli atti ivi impugnati, ferma restando per la restante parte, riguardante i manufatti che sono stati rimossi, la declaratoria di improcedibilità.

Quale effetto conformativo l’amministrazione, in attuazione del sopra richiamato principio di collaborazione, dovrà eventualmente richiedere alla parte ricorrente le integrazioni necessarie per la legittimazione formale dell’intervento.

6. Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione settima, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie in parte il ricorso introduttivo, con annullamento degli atti ivi impugnati, confermando la parziale declaratoria di improcedibilità, nei sensi di cui in motivazione.

Condanna il comune di Sarzana alla rifusione, in favore dell’appellante, di spese e competenze del doppio grado di giudizio, che liquida in € 6.000,00 (seimila) oltre oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 10 dicembre 2024, con l'intervento dei magistrati:

Roberto Chieppa, Presidente

Massimiliano Noccelli, Consigliere

Angela Rotondano, Consigliere

Raffaello Sestini, Consigliere

Laura Marzano, Consigliere, Estensore