Consiglio di Stato Sez. VI n. 4633 del 24 maggio 2024
Urbanistica.inammissibilità istanza di accertamento di conformità condizionata all’esecuzione di opere

L’art. 36 d. P.R. n. 380 del 2001 disciplina l’«accertamento di conformità», vale a dire il permesso in sanatoria ottenibile per interventi realizzati in difetto del, o in difformità dal, titolo edilizio, alla condizione che le opere siano rispondenti alla disciplina urbanistico-edilizia vigente tanto al momento di realizzazione dell’opera, quanto al momento dell’istanza. Il legislatore, dunque, consente in via generale la regolarizzazione postuma di abusi difettosi nella forma, ma non nella sostanza, in quanto privi di danno urbanistico. Non può ritenersi ammissibile una sanatoria da rilasciarsi a seguito di interventi demolitori idonei a dar luogo ad una riconfigurazione dell’immobile tale da renderlo astrattamente compatibile con i presupposti ex art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001.

Pubblicato il 24/05/2024

N. 04633/2024REG.PROV.COLL.

N. 07988/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7988 del 2021, proposto da Mario Fabris, Maria Costa, rappresentati e difesi dall’avvocato Filippo Cazzagon, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia;

contro

il Comune di Vicenza, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Loretta Checchinato e Ferruccio Lembo, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per il Veneto (Sezione seconda) n. 148/2021.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Vicenza;

Visti gli atti tutti della causa;

Designato relatore il cons. Giuseppe La Greca;

Nessuno per le parti presente all’udienza pubblica del 26 marzo 2024;

Rilevato in fatto e ritenuto in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.1.- Con la domanda di annullamento veicolata con il ricorso di primo grado impugnava il provvedimento n. 3562/2014 del 7 gennaio 2015 con il quale il Comune di Vicenza dichiarava improcedibile l’istanza dei ricorrenti, datata 19 novembre 2014, volta ad ottenere il rilascio del permesso di costruire in sanatoria per un intervento di «ristrutturazione edilizia» con «modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici».

1.2.- Le ragioni di detta declaratoria di improcedibilità dell’istanza erano così compendiabili:

- l’istanza – di accertamento di conformità – avrebbe avuto ad oggetto un immobile «già oggetto di ordine di demolizione e nuova costruzione con cambio di destinazione d’uso», rispetto al quale la parte privata avrebbe chiesto di sanare una unità immobiliare ad uso residenziale, realizzata entro la fascia di rispetto stradale, in luogo di una serie di manufatti preesistenti condonati;

- il progetto di sanatoria avrebbe previsto la demolizione di una porzione del manufatto esistente, abusivo;

- in passato sarebbe intervenuto un diniego di titolo edilizio (n. 2424/04), la cui impugnazione sarebbe stata respinta sia in sede giustiziale, sia in sede giurisdizionale;

- non sarebbe stata ammissibile una «sanatoria condizionata»;

- non sarebbe stata presente la c.d. doppia conformità.

1.3.- Avverso il predetto provvedimento la parte privata deduceva il vizio di violazione di legge (art. 36 d. P.R. n. 380 del 2001; art. 3 l. n. 241 del 1990) e il vizio di eccesso di potere sotto diversi profili. Sosteneva che:

- l’istanza di cui trattasi sarebbe stata del tutto autonoma rispetto a quella ex art. 10 d. P.R. n. 380 del 2001 rigettata nel 2004 (e peraltro avrebbe avuto presupposti diversi poiché quella odierna sarebbe un’istanza ex art. 36 d. P.R. n. 380 del 2001);

- sarebbe stata errata la tesi del Comune di Vicenza secondo cui nel caso di specie si tratterebbe non già di «ristrutturazione edilizia» quanto di demolizione e nuova costruzione con annesso cambio di destinazione d’uso, considerato che detto cambio di destinazione d’uso (da annesso rustico a residenziale del ricovero attrezzi) sarebbe già intervenuto con una sanatoria edilizia del 1995;

- la nozione di ristrutturazione avrebbe ricompreso anche gli interventi di demolizione e ricostruzione nel rispetto della volumetria preesistente (ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. d d.P.R., n. 380 del 2001);

- l’intervento di cui trattasi avrebbe previsto un decremento volumetrico (di 42,3 mc) rispetto all’assetto già sanato nel 1995;

- quanto alla fascia di rispetto autostradale, l’immobile originariamente si sarebbe trovato a 50 metri dalla sede stradale e così sarebbe stato condonato nel 1995; successivamente, a causa di un provvedimento espropriativo, tale distanza si sarebbe ridotta a 1,55 metri;

- l’istanza ex art. 36 d. P.R. n. 380 del 2001 avrebbe previsto l’arretramento del fabbricato dalla fascia di rispetto autostradale e la riduzione della volumetria (non potendosi, in tesi, configurare una c.d. sanatoria condizionata considerato che si sarebbe trattato di demolizione parziale del manufatto voluta dalla parte privata).

1.4.- Con successivo ricorso per motivi aggiunti la parte privata impugnava l’ordinanza n. 3027/2016 con cui il Comune di Vicenza accertava l’inottemperanza alla pregressa ordinanza di demolizione n. 1932/2006. Deduceva come il presupposto di tale atto fosse l’ordine di demolizione conseguenza del diniego di permesso di costruire del 26 luglio 2004 (e non anche l’istanza di accertamento di conformità successiva). L’Amministrazione avrebbe dovuto, in tesi, prima, emettere un’ordinanza di demolizione in conseguenza del diniego di sanatoria ex art. 36 d. P.R. n. 380 del 2001. Deduceva, altresì, vizi in via derivata discendenti dal provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo.

1.5.- Il Comune di Vicenza si opponeva all’accoglimento delle domande.

2.- Con sentenza n.148 del 2021 il T.a.r. per il Veneto rigettava il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti, così enucleando – in via di estrema sintesi – il fuoco del proprio iter argomentativo:

- la sanatoria edilizia condizionata non sarebbe conforme al paradigma dell’articolo 36 d.P.R. 380 del 2001

- l’istanza di sanatoria si sarebbe rivelata riproduttiva di un precedente diniego di sanatoria dei medesimi abusi, divenuto definitivo;

- l’istanza, oltre che palesemente infondata, sarebbe stata anche tardiva, poiché sopraggiunta ben oltre il termine di novanta giorni dalla notificazione dell’ordinanza di demolizione previsto dall’art. 36 d.P.R. 380 del 2001;

- il rigetto dell’istanza non avrebbe determinato l’obbligo di emissione di una nuova ordinanza di demolizione.

3.- Avverso la predetta sentenza ha interposto appello la parte privata la quale ne ha chiesto la riforma sulla base di doglianze così articolate:

1) Erronea valutazione della fattispecie, in particolare violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del d.P.R. 380 del 2001. Sostiene parte appellante che:

- il Comune avrebbe dovuto emettere e notificare una nuova ordinanza di demolizione (in tal senso nessuna acquisizione al patrimonio comunale sarebbe stata possibile);

- la statuizione di infondatezza dell’istanza di sanatoria impingerebbe nel merito dell’azione amministrativa;

2) Ingiustizia della sentenza per erronea valutazione dei fatti oggetto di causa. Sostiene parte appellante che:

- l’istanza del 2014 sarebbe stata autonoma e diversa rispetto a quella del 2004 e non avrebbe potuto affermarsi il carattere reiterativo della seconda;

- l’Amministrazione avrebbe dovuto valutare la sussistenza della doppia conformità soltanto rispetto alla nuova istanza e non anche rispetto a quella del 2004;

- il Comune non avrebbe potuto limitarsi a denegare la sanatoria perché a suo dire «condizionata» ma avrebbe dovuto, in tesi, esplicitare i motivi di sicurezza stradale che avrebbero reso la stessa non accoglibile nel suo complesso e, cioè, anche stralciando la proposta di riduzione della volumetria in discussione e valutando l’opera da sanare nel suo stato di fatto integrale.

4.- Il Comune di Vicenza si è costituito in giudizio con atto di stile.

5.- All’udienza pubblica del 26 marzo 2024 l’appello è stato trattenuto in decisione.

6.- L’appello, alla stregua di quanto si dirà, è infondato.

7.- L’art. 36 d. P.R. n. 380 del 2001 disciplina l’«accertamento di conformità», vale a dire il permesso in sanatoria ottenibile per interventi realizzati in difetto del, o in difformità dal, titolo edilizio, alla condizione che le opere siano rispondenti alla disciplina urbanistico-edilizia vigente tanto al momento di realizzazione dell’opera, quanto al momento dell’istanza.

Il legislatore, dunque, consente in via generale la regolarizzazione postuma di abusi difettosi nella forma, ma non nella sostanza, in quanto privi di danno urbanistico.

L’istituto si distingue nettamente dalle ipotesi del condono edilizio in cui la legge, in via straordinaria e con regole ad hoc, consente di sanare situazioni di abuso, perpetrate sino ad una certa data, di natura sostanziale, in quanto difformi dalla disciplina urbanistico-edilizia (Corte cost., tra le altre, sentenze n. 42 del 2023, n. 68 del 2018, n. 232 e n. 50 del 2017).

Il legislatore prevede un procedimento a iniziativa di parte in cui l’onere di dimostrare la cosiddetta doppia conformità delle opere è a carico del richiedente.

Ora, nel caso di specie, la prova di detta doppia conformità non risulta offerta dagli appellanti e neppure sarebbe ipotizzabile considerato che, a tacer d’altro, l’immobile non rispetta la fascia di rispetto autostradale.

Sul punto sono del tutto irrilevanti gli eventi che avrebbero condotto alla riduzione della distanza dal sedime autostradale, dovendosi unicamente prendere in considerazione il dato, oggettivo, circa il rispetto di tale distanza, nel caso di specie violata.

Né può ritenersi ammissibile una sanatoria da rilasciarsi a seguito di interventi demolitori idonei a dar luogo ad una riconfigurazione dell’immobile tale da renderlo astrattamente compatibile con i presupposti ex art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001.

Lungi dal prestarsi alle critiche di parte appellante, la sentenza impugnata correttamente ha ravvisato nel caso di specie una sanatoria c.d. condizionata e, altrettanto correttamente, ne ha delineato il carattere della inammissibilità: la giurisprudenza è costante nel ritenere l’inammissibilità della istanza di sanatoria condizionata alla esecuzione di ulteriori opere, fosse anche solo di eliminazione di una parte di quelle abusive, poiché si dimostra in tal modo che l’abuso originariamente commesso non era conforme alla normativa vigente al momento della realizzazione (ex multis, Cons. Stato, sez., VI, n. 6021 del 2022; Cass. pen. sez. III, n.13084 del 2019).

8.- Altrettanto correttamente la sentenza ha ritenuto immune da vizi l’accertamento di inottemperanza all’ordine di demolizione impugnato con il ricorso per motivi aggiunti.

In primo luogo detto accertamento costituiva atto dovuto in conseguenza della pregressa ordinanza di demolizione in esso richiamata, riguardante sostanzialmente i medesimi abusi che hanno indotto la parte privata alla presentazione dell’istanza di accertamento di conformità. La definizione del procedimento ex art. 36 d. P.R. n. 380 del 2001 non imponeva al Comune l’emanazione di una nuova ordinanza di demolizione.

In tal senso militano due considerazioni:

- in linea generale, nel caso di istanza di accertamento di conformità non vi è alcuna regola che determini la cessazione dell’efficacia dell’ordine di demolizione i cui effetti sono, quindi, meramente sospesi fino alla definizione del procedimento ex art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001 e non anche fino alla conclusione del relativo giudizio in difetto di un’apposita previsione sul punto e, comunque, di misure cautelari che sospendano l’efficacia dell’ordinanza fino alla decisione di merito;

- nel caso di specie, inoltre, l’ordinanza di demolizione è stata, comunque, adottata prima della presentazione dell’istanza (comunque tardiva, con le conseguenze in punto di automatico trasferimento della proprietà alla mano pubblica: cfr. Cons. Stato, Ad. plen. n. 16 del 2023), sicché non era, comunque, predicabile alcuna preclusione all’esercizio del potere sanzionatorio.

E’ del tutto irrilevante la circostanza che l’ordinanza di demolizione e il conseguente accertamento di inottemperanza muovessero da precedenti – diversi – provvedimenti, rivelandosi siffatta doglianza del tutto formalistica, recessiva rispetto al dato sostanziale della conclamata non sanabilità delle opere.

9.- Conclusivamente, l’appello va rigettato con conseguente conferma dell’impugnata sentenza.

10.- Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione sesta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo rigetta e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza.

Condanna la parte appellante alla rifusione, in favore del Comune di Vicenza, delle spese del presente grado di giudizio che liquida in € 3.000,00 (euro tremila/00), oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 marzo 2024 con l'intervento dei magistrati:

Giancarlo Montedoro, Presidente

Oreste Mario Caputo, Consigliere

Giordano Lamberti, Consigliere

Davide Ponte, Consigliere

Giuseppe La Greca, Consigliere, Estensore