Consiglio di Stato Sez. IV n. 6916 del 6 dicembre 2018
Urbanistica.Irrevocabilità del permesso di costruire
 
Il provvedimento di revoca presuppone l’efficacia perdurante nel tempo dell’atto revocando, poiché solo in questo caso è possibile, sul piano logico-giuridico (e come oggi positivamente previsto dall’art. 21-quinquies l. n. 241/1990) la valutazione di “sopravvenuti motivi di pubblico interesse” ovvero del “mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento”, ovvero ancora, salvo le eccezioni previste, la “nuova valutazione dell’interesse pubblico originario”. L’irrevocabilità del permesso di costruire, prevista dall’art. 11, co. 2, DPR n. 380 si fonda sulla natura di atto ad efficacia istantanea propria di tale autorizzazione, (come, in genere, dei titoli abilitativi), dovendosi, come è ovvio, tenere distinto l’effetto giuridico (che è istantaneo) dalle “conseguenze” dell’atto, che ben possono perdurare nel tempo.

Pubblicato il 06/12/2018

N. 06916/2018REG.PROV.COLL.

N. 07086/2017 REG.RIC.

N. 07092/2017 REG.RIC.

N. 07120/2017 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7086 del 2017, proposto da:
Sidersud s.r.l., Montaperto Giovanni, quale Amministratore Giudiziario Sidersud S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dagli avvocati Maurizio Balletta, Alfredo Cretella, con domicilio eletto presso lo studio Tiziana Apuzzo in Roma, via della Giuliana 35;

contro

Comune di Gricignano di Aversa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Eliseo Laurenza, Tommaso Castiello, con domicilio eletto presso lo studio Angela Fiorentino in Roma, via Ennio Quirino Visconti 11;


sul ricorso numero di registro generale 7092 del 2017, proposto da:
Consorzio Steel Woman S.r.l., Sidersud S.r.l., Ptfmr Immobiliare S.r.l., Eco Transider S.r.l., Italiana Profili S.r.l., Ecologistica S.r.l., Montaperto Giovanni quale Amministratore Giudiziario delle Società Consorziate, in persona dei legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dagli avvocati Maurizio Balletta, Alfredo Cretella, con domicilio eletto presso lo studio Tiziana Apuzzo in Roma, via della Giuliana 35;

contro

Consorzio per l'Area di Sviluppo Industriale della Provincia di Caserta, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Ceceri, Mariarosaria Menditto, con domicilio eletto presso lo studio Alfredo Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini 30;


sul ricorso numero di registro generale 7120 del 2017, proposto da:
Consorzio Steel Woman S.r.l., Sidersud S.r.l., Ptfmr Immobiliare S.r.l., Eco Transider S.r.l., Italiana Profili S.r.l., Ecologistica S.r.l., Montaperto Giovanni quale Amministratore Giudiziario e Custode di tutti i beni delle Società Consorziate, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dagli avvocati Maurizio Balletta, Alfredo Cretella, con domicilio eletto presso lo studio Tiziana Apuzzo in Roma, via della Giuliana 35;

contro

Consorzio per L'Area di Sviluppo Industriale della Provincia di Caserta, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Ceceri, Mariarosaria Menditto, con domicilio eletto presso lo studio Alfredo Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini, 30;

nei confronti

Comune di Gricignano di Aversa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Eliseo Laurenza, Tommaso Castiello, con domicilio eletto presso lo studio Angela Fiorentino in Roma, via Ennio Quirino Visconti 11;

per la riforma

quanto al ricorso n. 7086 del 2017:

della sentenza del T.a.r. Campania – Napoli, Sez. VIII n. 04226/2017, resa tra le parti, concernente annullamento in autotutela dei permessi di costruire nn. 32/2007, 04/2008 e 16/2009, adottati dal Comune di Gricignano di Aversa

quanto al ricorso n. 7092 del 2017:

della sentenza del T.a.r. Campania - Napoli: Sez. VIII n. 04366/2017, resa tra le parti, concernente diniego di annullamento in autotutela di delibera di revoca assegnazione suoli;

quanto al ricorso n. 7120/2017:

della sentenza del Tar Campania, Napoli, sez. VIII, n. 4034/2017, resa tra le parti, concernente revoca di assegnazione suoli.


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Gricignano di Aversa e del Consorzio per l'Area di Sviluppo Industriale della Provincia di Caserta;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 maggio 2018 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Cretella, Laurenza Muscatello su delega di Ceceri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.1.Con l’appello n. 7086/2017, la società Sidersud s.r.l. e l’amministrazione giudiziario dei beni e delle quote sociali della medesima impugnano la sentenza 2 settembre 2017 n. 4226, con la quale il TAR della Campania, sez. VIII, ha respinto il ricorso proposto avverso il provvedimento del Responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune di Gricignano di Aversa 8 novembre 2016 n. 0011440, di annullamento in autotutela dei permessi di costruire nn. 32/2007, 4/2008 e 16/2009.

La società fa parte del Consorzio Steel Woman, composto di varie società, unitamente alle quali è sottoposta a sequestro di tutti i beni e di tutte le quote sociali, in applicazione della disciplina cd. antimafia, per effetto di due ordinanze del GIP presso il Tribunale di Napoli 13 marzo 2012 e 17 marzo 2012.

Il Comune di Gricignano di Aversa ha annullato, in via di autotutela, i permessi di costruire innanzi indicati, in precedenza rilasciati in favore della società appellante, essendo stata revocata da parte del Consorzio ASI della Provincia di Caserta l’assegnazione dei suoli (delibera del Comitato direttivo n. 179/2016).

1.2. La sentenza impugnata afferma, in particolare:

- non è necessario che il potere in autotutela esercitato dal Comune sia espressamente previsto da una norma di legge, poiché esso “si evince dai principi generali; nel caso di specie, infatti, è stata revocata da parte del Consorzio ASI della Provincia di Caserta l’assegnazione dei suoli”, ed è quindi “venuto meno l’atto presupposto del permesso di costruire”, di modo che “la revoca (rectius, l’annullamento d’ufficio) del permesso di costruire in questione deve ritenersi legittima ed anzi in qualche modo dovuta”;

- il fatto che il permesso di costruire sia atto irrevocabile (ex art. 11, co. 2, DPR 380/2001) “discende dalla natura vincolata del provvedimento, il che esclude la possibilità di revoca ai sensi dell’art. 21-quinquies l. n. 241/1990, non essendo concepibili valutazioni di merito; ma non significa affatto che il permesso di costruire non possa essere annullato di ufficio o comunque caducato ove venga meno un suo atto presupposto”;

- non sussiste la violazione dell’art. 21-nonies l. n. 241/1990, posto che “l’annullamento di ufficio dei permessi di costruire è stato disposto subito dopo la revoca dell’assegnazione dei suoli (che ne costituisce il presupposto) e che tale revoca è stata disposta perché le ricorrenti non hanno pagato le somme di denaro dovute in forza della convenzione sottoscritta in data 4 agosto 2011”; pertanto, non vi è motivo di dolersi “né del lungo tempo trascorso dalla data di rilascio dei permessi, né della presunta mancanza di interesse pubblico all’annullamento . . . né (di) una pretesa lesione dell’affidamento”;

- la revoca dell’assegnazione del suolo “non è la revoca provvedimentale di cui all’art. 21-quinquies l. n. 241/1990 ma una revoca di natura sanzionatoria”, coerente con l’art. 3 della convenzione sottoscritta in data 4 agosto 2011 che “prevede una clausola risolutiva espressa della convenzione stessa in caso di mancato versamento . . . degli oneri per le infrastrutture”;

- anche a voler supporre l’operatività della sospensione dell’art. 3 della convenzione, per effetto dell’art. 56 d. lgs. n. 159/2011, questa “non può che riguardare tutta la convenzione, e cioè anche la parte in cui la convenzione attribuisce il terreno alle ricorrenti; in altre parole, non si può invocare l’effetto sospensivo di cui all’art. 56 solo per quanto concerne la clausola risolutiva di cui all’art. 3, tenendo invece fermi i benefici attribuiti dalla convenzione stessa”;

- inoltre, “o il sequestro ha determinato la sospensione di tutta la convenzione, ai sensi dell’art. 56 d. lgs. n. 159/2011, ed allora le ricorrenti hanno perso la disponibilità dei suoli; ovvero tale effetto sospensivo . . . non si è verificato, ed allora le stesse erano inadempienti e ben si giustifica la revoca dell’assegnazione del suolo”.

1.3. Avverso tale decisione vengono proposti i seguenti motivi di appello:

a) error in iudicando; violazione art. 64, co. 2, Cpa; omesso rilievo della nullità della convenzione del 4 agosto 2011 stipulata con il Consorzio ASI di Caserta, il cui inadempimento è posto a fondamento dell’atto di autotutela comunale; ciò in quanto “non essendo i suoli compresi nel perimetro del PRG del Consorzio ASI di Caserta, e non essendo il Comune di Gricignano di Aversa neanche socio del Consorzio ASI, il primo giudice avrebbe dovuto dichiarare, anche d’ufficio, la nullità della convenzione di assegnazione dei suoli del 4 agosto 2011, il cui presunto inadempimento è posto a fondamento dell’impugnato atto di autotutela dei titoli edilizi”;

b) error in iudicando; violazione art. 56, co. 1 e 2, d. lgs. n. 159/2011; ciò in quanto la sentenza “ha illegittimamente messo in dubbio l’operatività stessa della sospensione della convenzione ex art. 56”, laddove, invece, “tale effetto sospensivo non riguarda le prestazioni già eseguite”, mentre “l’unica prestazione ancora non completamente eseguita alla data del sequestro di prevenzione era quella avente ad oggetto il pagamento integrale del prezzo al Consorzio ASI”. In definitiva, “solo l’obbligazione di pagamento del prezzo pattuito, ancora non completamente eseguita, è rimasta sospesa ope legis con l’esecuzione del sequestro fino alla dichiarazione di subentro dell’amministratore giudiziario autorizzato dal giudice delegato”;

c) violazione art. 21-nonies l. n. 241/1990; violazione art. 11 DPR n. 380/2001; contraddittorietà; poiché non è dato comprendere come “ai fini dell’annullamento di ufficio, possa rilevare una convenzione stipulata con l’ASI e rimasta inadempiuta successivamente al rilascio dei titoli edilizi da parte del Comune molti anni prima”. In sostanza, se il provvedimento di autotutela è qualificabile come annullamento d’ufficio “esso doveva essere annullato in quanto non fondato sull’illegittimità originaria dei titoli”; in caso contrario, l’atto di autotutela “è inquadrabile come revoca ed allora . . . è palesemente illegittimo, in quanto il permesso di costruire è irrevocabile ex art. 11 DPR n. 380/2001”. In ogni caso, la sentenza, non considerando la sussistente contestazione del presupposto della perdita di disponibilità dei beni per effetto della revoca dell’assegnazione dei suoli, di fatto “ha disapplicato il sequestro disposto dal giudice penale nel 2012 e tuttora perdurante, al quale è conseguita l’apprensione di tutti i beni da parte dell’amministratore giudiziario”.

1.4. Si è costituito in giudizio il Comune di Gricignano di Aversa, che ha preliminarmente eccepito:

a1) la inammissibilità del primo motivo di appello, poiché con lo stesso si introduce una domanda nuova (nullità della convenzione di assegnazione dei suoli), in violazione dell’art. 104 Cpa;;

b1) l’inammissibilità anche del secondo motivo di appello, poiché costituente domanda nuova, in violazione dell’art. 104 Cpa, e comunque la sua irricevibilità per tardività, poiché, se vi è stata sospensione ex art. 56 d. lgs. n. 159/2011, la violazione di tale norma era vizio conosciuto già al momento di proposizione del ricorso instaurativo del giudizio di I grado.

Il Comune di Gricignano ha comunque concluso chiedendo il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

2.1. Con l’appello r.g. n. 7092/2017, il Consorzio Steel Woman s.r.l., le altre società indicate in epigrafe (Sidersud s.r.l., PTFMR Immobiliare s.r.l., Eco Transider s.r.l., Italiana Profili s.r.l., Ecologistica s.r.l.), nonché l’amministratore giudiziario e custode di tutti i beni e delle quote sociali delle predette società impugnano la sentenza 13 settembre 2017 n. 4366, con la quale il Tar della Campania, sez. VIII, ha rigettato il ricorso ed il successivo ricorso per motivi aggiunti, con i quali, rispettivamente:

- con il ricorso introduttivo, si richiedeva l’annullamento della deliberazione 5 maggio 2017 n. 193 del Comitato direttivo del Consorzio ASI di Caserta, e si domandava altresì l’accertamento e la dichiarazione di insussistenza di inadempimento delle obbligazioni scaturenti dall’art. 3 della Convenzione per l’assegnazione dei suoli stipulata il 4 agosto 2011 dalle società consorziate e/o nel loro interesse dal Consorzio;

- con il ricorso per motivi aggiunti, si richiedeva l’annullamento della deliberazione 16 maggio 2017 n. 213 del Comitato direttivo del Consorzio per l’area di sviluppo industriale (ASI) della Provincia di Caserta; si chiedeva, inoltre, di accertare e dichiarare: a) che le obbligazioni scaturenti dall’art. 3 della Convenzione stipulata il 4 agosto 2011 sono rimaste sospese dalla data del 13 marzo 2012, di esecuzione del sequestro preventivo, fino al 4 aprile 2017, data di notifica al Consorzio ASI della dichiarazione dell’amministratore giudiziario di subentro ex art. 56, co. 1, d.lgs. n. 159/2011; b) che, in conseguenza della sospensione, non sussiste inadempimento delle obbligazioni scaturenti dall’art. 3 della convenzione del 4 agosto 2011; c) che, in conseguenza del pagamento a mezzo di offerta reale accettata in data 18 maggio 2017, della somma di Euro 131.737,51, le obbligazioni scaturenti dall’art. 3 della Convenzione 4 agosto 2011 sono state integralmente adempiute; d) che la citata convenzione del 4 agosto 2011 è valida ed efficace e non si richiede l’attivazione di un nuovo rapporto.

Parte appellante espone che il Consorzio ASI di Caserta, con deliberazione 3 agosto 2011 n. 341, assegnava al Consorzio Steel Woman, una superficie di mq. 31.950, di cui mq. 25.814 già in proprietà delle società consorziate.

Di seguito a ciò, in data 4 agosto 2011 il Consorzio e le società consorziate stipulavano con il Consorzio ASI la “convenzione per l’assegnazione di aree già in proprietà”, il cui art. 3 prevedeva l’impegno (proporzionale alla superficie dei lotti assegnati) delle società consorziate, a versare la somma residua convenuta mediante il pagamento di quattro rate bimestrali di Euro 44.381,05, a partire dal 30 ottobre 2011 ed entro il 30 marzo 2012.

Nelle more dell’adempimento, tutti i beni e tutte le quote sociali delle società consorziate venivano sequestrati con ordinanza del GIP presso il Tribunale di Napoli in data 13 marzo 2012.

Le società ricorrenti rappresentano che, tuttavia, nonostante la sospensione ex lege della convenzione, il Comitato direttivo del Consorzio ASI, con delibera 19 aprile 2016 n. 179, revocava la deliberazione di assegnazione dei suoli, per inadempimento delle obbligazioni assunte ai sensi dell’art. 3 della Convenzione 4 agosto 2011.

Successivamente, l’amministratore giudiziario – autorizzato dal GIP presso il Tribunale di Napoli a subentrare nella convenzione in data 17 gennaio 2017 - richiedeva l’annullamento in autotutela della predetta delibera n. 179/2012, rendendosi disponibile a rendere la dichiarazione di subentro nella convenzione (dichiarazione che, unitamente ad offerta reale, l’amministratore giudiziario dapprima notificava e successivamente rinnovava).

Con deliberazione 5 maggio 2017 n. 193 (impugnata con il ricorso introduttivo), il Comitato direttivo del Consorzio ASI, respingeva l’istanza di annullamento in autotutela della propria precedente delibera n. 179/2016, affermando che l’inadempimento si sarebbe prodotto prima del sequestro del 2012; che le somme offerte costituirebbero tardivo adempimento della Convenzione, non idoneo a giustificare l’adozione dell’atto di annullamento in autotutela della precedente revoca dell’assegnazione dei suoli; che, pertanto, il Consorzio Steel Woman avrebbe dovuto proporre una nuova istanza di assegnazione suoli. In ogni caso, il Consorzio ASI accettava l’offerta reale, incassando la relativa somma a integrale adempimento delle obbligazioni assunte con l’art. 3 della Convenzione.

Successivamente, con deliberazione 16 maggio 2017 n. 213 (oggetto del ricorso per motivi aggiunti), il Comitato direttivo del Consorzio ASI ha ritenuto insussistenti i presupposti per procedere all’annullamento in autotutela della delibera di revoca dell’assegnazione dei suoli, qualificando il pagamento a mezzo di offerta reale tardivo ed inidoneo a giustificare l’annullamento della revoca; pertanto, la delibera autorizzava l’attivazione di una nuova convenzione, subordinandola alla presentazione di una nuova domanda di assegnazione suoli, al pagamento delle somme dovute in dipendenza del rapporto pregresso, oltre che ad un nuovo pagamento.

2.2. Tale essendo, in sintesi, il contesto cui si riferisce la presente controversia, la sentenza impugnata afferma, in particolare:

- anche a voler ammettere che la convenzione del 4 agosto 2011 sia rimasta sospesa dalla data del sequestro penale (13 marzo 2012), “se era sospeso l’obbligo di pagamento in capo alle ricorrenti, doveva ritenersi sospeso anche l’obbligo del Consorzio di assegnare il terreno, sicché era comunque legittima la pretesa del Consorzio stesso di rientrare in possesso dell’area”;

- in ogni caso, le ricorrenti erano già inadempienti per le rate bimestrali già scadute alla data del sequestro penale;

- l’accettazione dell’offerta reale non produce, in capo al Consorzio ASI, l’obbligo di annullare in autotutela la delibera di revoca dell’assegnazione delle aree, attesa la natura discrezionale del potere di autotutela;

- “la scelta del Consorzio di non annullare in autotutela la delibera di revoca dell’assegnazione dell’area ma di esigere una nuova richiesta di assegnazione dei suoli, con apertura di un nuovo procedimento di assegnazione, appare immune dal vizio di eccesso di potere (a distanza di sei anni dalla precedente assegnazione, le esigenze di natura pubblicistica che erano state poste alla base dell’assegnazione concordata nel 2011 ben potrebbero essere mutate), ferma restando la necessità di evitare ingiusti arricchimenti a favore del Consorzio”.

2.3. Avverso tale decisione vengono proposti i seguenti motivi di appello:

a2) error in iudicando; violazione art. 56, co. 1 e 2, d. lgs. n. 159/2011; omissione di pronuncia; mancata corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato; contraddittorietà manifesta; ciò in quanto, precisato che l’”effetto sospensivo (dell’art. 56 cit.) non riguarda le prestazioni già eseguite” (e, quindi, l’obbligazione di consegna del suolo), l’ “obbligazione di pagamento del prezzo pattuito, non ancora eseguita dalle odierne appellanti, è rimasta sospesa ope legis con l’esecuzione del sequestro, fino alla dichiarazione di subentro dell’amministratore giudiziario, autorizzato dal giudice delegato”;

b2) error in iudicando; violazione dell’art. 3 della Convenzione 4 agosto 2011; violazione art. 56, co. 1 e 2, d. lgs. n. 159/2011; violazione artt. 1456, 1457 e 1218 c.c.; ciò in quanto: b2.1) il citato art. 3 “prevede la clausola risolutiva espressa per il caso di mancato pagamento dell’intera somma pattuita alla scadenza indicata e non invece anche la risoluzione per il ritardato pagamento di singole rate” di modo che quest’ultimo “non può tout court essere equiparato ad un inadempimento totale e definitivo”; b2.2) “la sentenza impugnata non considera che, intervenuto il sequestro di prevenzione in data 13 marzo 2012, l’ASI non aveva altro potere se non quello di mettere in mora l’amministratore giudiziario”; b2.3) la sentenza non considera che l’ASI “ha rinunciato implicitamente ad avvalersi dell’art. 3 della Convenzione . . . stipulando con il precedente amministratore giudiziario ben due accordi di differimento del pagamento del saldo (poi ritenuti nulli dal giudice penale, in quanto non preventivamente autorizzati) e, comunque, riconoscendo come non essenziale il termine di pagamento fissato dalla convenzione; b2.4) vi è violazione dell’art. 1456 c.c., “non avendo accertato il primo giudice l’imputabilità alle appellanti del presunto inadempimento, quantomeno a titolo di colpa”;

c2) omessa pronuncia sulle domande di insussistenza dell’inadempimento delle obbligazioni pecuniarie e piena validità ed efficacia della convenzione di assegnazione dei suoli; violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato; error in iudicando; violazione art. 1456 c.c..

Si è costituito in giudizio il Consorzio per l’area industriale della Provincia di Caserta, che ha concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

Il predetto Consorzio ha altresì proposto appello incidentale, in quanto sostiene che all’interno della pronuncia, ci sono alcune affermazioni che, ancorché solo sotto forma di obiter dicta o di assunti impliciti, potrebbero, ove non appellate, consolidarsi in senso sfavorevole al Consorzio”.

2.4. A tal fine, propone i seguenti motivi:

d2) error in iudicando, con riferimento all’applicabilità delle disposizioni di cui al d. lgs. n. 159/2011, poiché “il rapporto contrattuale di cui alla convenzione di assegnazione intercorreva con il solo Consorzio Steel Woman, con la conseguenza che le vicende delle ditte consorziate sono del tutto ininfluenti ai fini del contestato inadempimento della convenzione (in altri termini, quanto previsto dal d. lgs. n. 159/2011 è del tutto irrilevante nel caso in esame); peraltro, la citata normativa, a prescindere dalla estraneità o meno delle singole consorziate al contratto tra Consorzio ASI e Consorzio Steel Woman, è inapplicabile in ogni caso alla tipologia convenzionale in esame

3.1. Con l’appello r.g. n. 7120/2017 r.g., il Consorzio Steel Woman s.r.l., le singole società consorziate (come innanzi indicate sub 2) e l’amministratore giudiziario (anch’esso innanzi indicato sub 2), impugnano la sentenza 3 agosto 2017 n. 4034, con la quale il TAR della Campania, sez. VIII, ha respinto il ricorso ed i successivi motivi aggiunti proposti avverso la deliberazione 19 aprile 2016 n. 179, con la quale il Comitato direttivo del Consorzio ASI di Caserta ha disposto di revocare la propria precedente delibera n. 341/2011, di assegnazione suoli.

3.2. La sentenza impugnata – rigettate le eccezioni di inammissibilità del ricorso per difetto di procura e di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo – ha affermato, in particolare:

- contrariamente a quanto sostenuto dalle appellanti, “l’art. 3 della convenzione sottoscritta in data 4 agosto 2011 prevede una clausola risolutiva espressa della convenzione stessa in caso di mancato versamento, da parte delle società ricorrenti, degli oneri per le infrastrutture”, peraltro, “la revoca in questione, con tutta evidenza, non è la revoca provvedimentale di cui all’art. 21-quinquies, l. n. 241/1990 ma una revoca di natura sanzionatoria”;

- anche a voler ammettere che la convenzione del 4 agosto 2011 sia rimasta sospesa dalla data del sequestro (13 marzo 2012), fino alla data i cui il GIP autorizzava l’amministratore giudiziario a subentrare nella convenzione, “tale sospensione non può che riguardare tutta la convenzione, e cioè anche la parte in cui la convenzione attribuisce il terreno alle ricorrenti. In altre parole, non si può invocare l’effetto sospensivo di cui all’art. 56 solo per quanto concerne la clausola risolutiva di cui all’art. 3, tenendo invece fermi i benefici attribuiti alle ricorrenti dalla convenzione stessa (i cui effetti si vorrebbe essere stati sospesi fino al 4 aprile 2017)”.

3.3. Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di appello:

a3) error in iudicando; violazione art. 56, co. 1 e 2, d. lgs. n. 159/2011; ciò in quanto, stante l’effetto sospensivo di cui all’art. 56 cit., “il terzo contraente è privo di alcun potere di incidere sulla sorte del contratto pendente, non potendo richiedere neanche la risoluzione giudiziale del contratto . . . né può invocare l’eventuale clausola risolutiva espressa eventualmente contenuta nel contratto sospeso ex lege”; in definitiva, la sentenza avrebbe dovuto accogliere la domanda contenuta nel ricorso introduttivo “in quanto in assenza di subentro autorizzato nella convenzione, la stessa era sospesa e il Consorzio non aveva alcun potere, né pubblicistico, né privatistico, di incidere sulla convenzione, se non il potere di mettere in mora l’amministratore giudiziario ex art. 56, co. 2, cit.”; peraltro, la sospensione ha colpito solo l’obbligazione di pagamento del prezzo pattuito, ancora non completamente eseguita, ma non quella (già eseguita) di assegnazione e consegna del suolo;

b3) error in iudicando; violazione art. 3 convenzione del 4 agosto 2011; violazione art. 56, co. 1 e 2, d. lgs. n. 159/2011; violazione artt. 1456, 1457 e 1218 c.c. ciò in quanto: b3.1) il citato art. 3 “prevede la clausola risolutiva espressa per il caso di mancato pagamento dell’intera somma pattuita alla scadenza indicata e non invece anche la risoluzione per il ritardato pagamento di singole rate” di modo che quest’ultimo “non può tout court essere equiparato ad un inadempimento totale e definitivo”; b3.2) “la sentenza impugnata non considera che, intervenuto il sequestro di prevenzione in data 13 marzo 2012, l’ASI non aveva altro potere se non quello di mettere in mora l’amministratore giudiziario”; b3.3) la sentenza non considera che l’ASI “ha rinunciato implicitamente ad avvalersi dell’art. 3 della Convenzione . . . stipulando con il precedente amministratore giudiziario ben due accordi di differimento del pagamento del saldo (poi ritenuti nulli dal giudice penale, in quanto non preventivamente autorizzati) e, comunque, riconoscendo come non essenziale il termine di pagamento fissato dalla convenzione; b3.4) vi è violazione dell’art. 1456 c.c., “non avendo accertato il primo giudice l’imputabilità alle appellanti del presunto inadempimento, quantomeno a titolo di colpa”;

3.4. Si è costituito in giudizio il Consorzio dell’area di sviluppo industriale della Provincia di Caserta, che ha concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

Anche in questo caso, il Consorzio ASI ha altresì proposto appello incidentale, con motivi (indicati, per ragioni di esposizione, come “c3”), sostanzialmente riconducibili a quelli indicati sub lett. d2) del prevedente punto 2.

Si è costituito nel presente giudizio anche il Comune di Gricignano di Aversa, che ha concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

Il Comune ha anche eccepito l’inammissibilità dei motivi di appello, in quanto ripropongono motivi aggiunti proposti tardivamente (e dunque irricevibili) nel giudizio di I grado.

4. Dopo il deposito di ulteriori memorie e repliche, all’udienza pubblica di trattazione tutte le cause sono state riservate in decisione.

DIRITTO

5. Gli appelli devono essere riuniti, ai sensi dell’art. 70 Cpa, per essere decisi con unica sentenza, stante la loro evidente connessione.

6.1. Gli appelli sono infondati e devono essere, pertanto, respinti, con conseguente conferma delle sentenze impugnate, con le integrazioni di motivazione di seguito esposte.

6.2. Al fine di una migliore chiarificazione del complessivo thema decidendum offerto dai tre ricorsi riuniti, occorre, innanzi tutto, rilevare come l’ordine logico-giuridico del loro esame sia esattamente inverso rispetto a quello offerto dal loro ordine di proposizione (e, dunque, di riunione nella presente sede). Ed infatti:

- dapprima, occorre esaminare l’appello n. 7120/2017 (proposto avverso la sentenza del Tar Campania, sez. VIII, n. 4034/2017), relativo, nella sostanza, alla delibera n. 179/2016 con la quale il Comitato direttivo del Consorzio ASI di Caserta, ha disposto di revocare la propria precedente delibera n. 341/2011, di assegnazione suoli;

- di seguito, occorre esaminare l’appello n. 7092/17 (proposto avverso la sentenza n. 4366/2017), relativa alle delibere n. 193/2017 (impugnata con il ricorso introduttivo) e n. 213/2017 (impugnata con ricorso per motivi aggiunti), con le quali il Consorzio ASI ha ritenuto, tra l’altro, di non procedere ad annullamento in autotutela della propria precedente delibera n. 179/2016;

- infine, occorre esaminare l’appello n. 7086/2017 (proposto avverso la sentenza n. 4226/2017), relativa al provvedimento, emesso dal Comune di Gricignano di Aversa, di annullamento in autotutela dei permessi di costruire rilasciati in favore della Sidersud s.r.l., stante la revoca della concessione dei suoli di cui alla delibera n. 179/2016 del Consorzio ASI.

6.3. Nondimeno – e ciò anche a dimostrazione della evidente connessione – i motivi proposti con i tre appelli riuniti risultano riguardare, almeno in parte, questioni identiche, le quali, secondo l’ordine logico-giuridico del loro esame, possono essere così sintetizzate:

- in primo luogo, occorre esaminare la legittimità della revoca dell’assegnazione dei suoli, alla luce dell’inadempimento contestato dal Consorzio ASI e dell’intervenuto sequestro in data 13 e 17 marzo 2012 e, dunque, l’operatività (o meno) dell’art. 3 della convenzione del 4 agosto 2011. A tale questione afferiscono, sostanzialmente, i motivi sub lett. a3), b3), a2,) b2), c2), e b) dell’esposizione in fatto, con i quali l’erroneità delle sentenze e l’illegittimità degli atti impugnati è rilevata sotto una pluralità di profili. Alla presente questione afferiscono anche i motivi di appello incidentale proposti (nel secondo e terzo dei giudizi riuniti) dal Consorzio ASI (sub lett. d2) e c3) dell’esposizione in fatto);

- in secondo luogo, occorre esaminare la legittimità del provvedimento di annullamento dei permessi di costruire per vizi propri dell’atto, ed a ciò afferiscono i motivi sub lett. a) e c) dell’esposizione in fatto.

Occorre, inoltre, rilevare che l’infondatezza degli appelli proposti esime il Collegio dall’esame delle eccezioni di inammissibilità dei primi due motivi dell’appello rg. n. 7086/2017 (perché gli stessi rappresenterebbero motivi nuovi proposti in violazione dell’art. 104 Cpa), di cui alle lett. a1) e b1) dell’esposizione in fatto, nonché dall’esame dell’eccezione di inammissibilità proposta dal Comune di Gricignano di Aversa nel giudizio r.g. n. 7120/2017.

7. 1. Ai fini dell’esame della prima delle due questioni sopra evidenziate, occorre ricordare, in fatto, che il Comitato direttivo del Consorzio ASI, con delibera n. 179/2016 (oggetto del terzo appello) ha revocato l’assegnazione dei suoli, di cui alla delibera 3 agosto 2011 n. 341 ed alla conseguente convenzione 4 agosto 2011, per inadempimento delle obbligazioni assunte ai sensi dell’art. 3 della Convenzione (mancato pagamento delle somme convenute entro il 30 marzo 2012.

Né veniva considerato che, nelle more dell’adempimento, tutti i beni e tutte le quote sociali delle società consorziate venivano sequestrati con ordinanza del GIP presso il Tribunale di Napoli in data 13 marzo 2012.

Nonostante successive istanze volte ad ottenere l’annullamento della delibera di revoca, il Comitato direttivo del Consorzio ASI escludeva di agire in autotutela con le delibere nn. 193/2017 e 213/2017 (oggetto del secondo appello), qualificando il pagamento a mezzo di offerta reale, effettuato dall’amministratore giudiziario, come tardivo ed inidoneo a giustificare l’annullamento della revoca e prevedendo la possibilità di attivazione di una nuova convenzione, subordinandola alla presentazione di una nuova domanda di assegnazione suoli, al pagamento delle somme dovute in dipendenza del rapporto pregresso, oltre che ad un nuovo pagamento.

7.3. Il profilo centrale della questione in esame è costituito dalla verifica degli effetti del sequestro del 13 marzo 2012 sulla convenzione di assegnazione suoli 4 agosto 2011, ed in particolare sul suo art. 3, alla luce di quanto previsto dall’art. 56 d. lgs 6 settembre 2011 n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione).

Tale articolo prevede, per quel che interessa nella presente sede:

“1. Se al momento dell'esecuzione del sequestro un contratto relativo all'azienda sequestrata o stipulato dal proposto in relazione al bene in stato di sequestro deve essere in tutto o in parte ancora eseguito, l'esecuzione del contratto rimane sospesa fino a quando l'amministratore giudiziario, previa autorizzazione del giudice delegato, dichiara di subentrare nel contratto in luogo del proposto, assumendo tutti i relativi obblighi, ovvero di risolvere il contratto, salvo che, nei contratti ad effetti reali, sia già avvenuto il trasferimento del diritto. La dichiarazione dell'amministratore giudiziario deve essere resa nei termini e nelle forme di cui all'articolo 41, commi 1-bis e 1-ter, e, in ogni caso, entro sei mesi dall'immissione nel possesso.

2. Il contraente può mettere in mora l'amministratore giudiziario, facendosi assegnare dal giudice delegato un termine non superiore a sessanta giorni, decorso il quale il contratto si intende risolto”.

La disposizione innanzi riportata dispone che, a seguito del sequestro dei beni adottato ai sensi dei precedenti artt. 20 ss., rimane sospesa l’esecuzione del contratto che “deve essere in tutto o in parte ancora eseguito”.

Tale sospensione opera fin tanto che l’amministratore giudiziario venga autorizzato dal giudice a subentrare nel contratto ovvero a risolverlo.

Tale termine, peraltro, in astratto previsto “incertus quando”, si risolverebbe in un ingiusto sacrificio per l’altra parte contraente - che resterebbe vincolata al contratto, pur nell’incertezza sulle sue sorti - se il co. 2 del medesimo art. 56 non attribuisse al contraente il potere di mettere in mora l’amministratore giudiziario, facendosi previamente assegnare dal Giudice un termine non superiore a sessanta giorni perché intervenga una delle due ipotesi (subentro o risoluzione), normativamente previste. Qualora tale termine decorra inutilmente, “il contratto si intende risolto”.

Tuttavia, il co. 1 dell’art. 56 prevede anche una eccezione, escludendo dalla propria applicazione i contratti ad effetti reali, sempre che, in relazione agli stessi, sia “già avvenuto il trasferimento del diritto”.

Come è noto, ai sensi dell’art. 1376 c.c., sono contratti con effetti reali (o traslativi) quei contratti dai quali scaturisce, quale effetto, il trasferimento della proprietà di un bene determinato o la costituzione o il trasferimento di un diritto reale su un bene determinato o il trasferimento di un altro diritto. In tali contratti, “la proprietà o il diritto si trasmettono e si acquistano per effetto del consenso delle parti legittimamente manifestato”.

Orbene, tale natura può ben essere riconosciuta alla “convenzione per l’assegnazione di aree già in proprietà” del 4 agosto 2011, avendo la medesima l’effetto di “costituire un diritto reale su un bene determinato”, ovvero sui suoli assegnati a ciascuna delle società, nonché il trasferimento di un diritto (quello dell’amministrazione concedente sui suoli).

Né può giungersi a diversa conclusione nei casi in cui l’assegnazione del suolo, previamente deliberata e disposta con convenzione, avvenga in favore del medesimo soggetto proprietario dell’area.

Ed infatti – atteso che, una volta approvato il Piano regolatore delle aree e dei nuclei industriali, la realizzazione degli impianti e degli interventi ivi previsti è considerata indifferibile ed urgente, ai sensi dell’art. 10, co. 10, l. reg. Campania 13 agosto 1998 n. 16, e si rende possibile l’espropriazione degli immobili all’uopo occorrenti (co. 11) – l’assegnazione, nell’ambito del Piano predetto, di aree ivi previste a soggetti già proprietari delle medesime, presuppone la “messa a disposizione del suolo” da parte del proprietario in favore del Consorzio che, proprio in quanto ne ha la giuridica disponibilità, lo riassegna al proprietario, funzionalizzando l’uso del suolo medesimo al pubblico interesse da esso Consorzio perseguito (art. 4, l. reg. n. 16/1998 cit.).

Nel caso di specie, l’art. 4 della Convenzione del 4 agosto 2011 prevede che “la ditta si impegna a tenere destinato il terreno di cui è in possesso, ricadente nell’agglomerato Aversa Nord, esclusivamente alla costruzione, gestione, manutenzione di opificio industriale”, prevedendosi altresì che, qualora “il terreno, in tutto o in parte non risultasse utilizzato a tale scopo, il Consorzio si riterrà facoltato a promuovere l’espropriazione per destinarlo ad altre iniziative industriali”

In sostanza, l’inserimento del suolo nell’ambito del Piano regolatore delle aree e dei nuclei industriali rende il suolo medesimo come destinato al pubblico interesse e, di conseguenza, oggetto di espropriazione.

Nel caso in cui, in luogo dell’espropriazione per pubblica utilità, il suolo venga messo a disposizione dal medesimo proprietario per le finalità cui lo stesso è destinato dal Piano, non si procede ad espropriazione, ma il proprietario non dispone più in tale veste del suolo (esercitando, cioè, le facoltà connesse al diritto), bensì ne dispone quale assegnatario/concessionario del proprio stesso suolo, previamente asservito al Consorzio e funzionalizzato all’interesse pubblico da questo perseguito.

In definitiva, l’assegnazione del suolo determina in capo al concessionario/proprietario una diversa relazione con il bene di sua proprietà (ma asservito), che è quella di costituirlo titolare delle prerogative che, uti domini, potrebbe esercitare sul bene la Pubblica Amministrazione per le finalità di pubblico interesse da essa perseguite.

Alla luce di quanto esposto, può, quindi, affermarsi che la convenzione di assegnazione suoli, che accede ad un precedente provvedimento di assegnazione, avente natura di provvedimento concessorio:

- nel caso in cui l’assegnazione consegua ad una espropriazione del suolo da parte dell’amministrazione, trasferisce in capo al concessionario i poteri e le facoltà dell’amministrazione “proprietaria”, nei limiti consentiti dal provvedimento concessorio, dalla normativa di diritto pubblico applicabile e, ovviamente, dell’interesse pubblico perseguito;

- nel caso in cui l’assegnazione avvenga in favore del medesimo soggetto proprietario del suolo, la convenzione ha un duplice contenuto; per un verso, costituisce contratto di costituzione di servitù pubblica sui suoli considerati (ove tale asservimento non sia già intervenuto); per altro verso, regola gli aspetti patrimoniali di una concessione traslativa con la quale la Pubblica Amministrazione attribuisce (tra l’altro) i propri poteri e facoltà sul bene, inerenti al diritto reale del quale essa è titolare.

In ambedue le ipotesi, ed in applicazione dell’art. 1376 c.c., alla convenzione deve essere riconosciuta la natura di contratto con effetti reali, di modo che, laddove “sia già avvenuto il trasferimento del diritto”, non opera la sospensione dell’esecuzione del contratto per effetto del sequestro, di cui all’art. 56 d. lgs. n. 191/2011.

7.3. Quanto innanzi esposto, sorregge il rigetto dei motivi di appello sub lett. a3), b3.1) b3.2), a2), b2.1) b2.2) e b) dell’esposizione in fatto; motivi con i quali si sostiene, in sostanza, l’erroneità della sentenza per non avere correttamente valutato l’effetto sospensivo ex art. 56 d. lgs. n. 191/2011; ovvero che, in particolare, tale effetto riguardava solo le prestazioni non ancora eseguite (i pagamenti) e non anche quelle già effettuate (la consegna dei suoli assegnati); ovvero ancora che la clausola ex art. 3 Convenzione, definita clausola risolutiva espressa, avrebbe potuto operare solo in riferimento all’inadempimento alla scadenza del termine ultimo, e non anche con riferimento ai termini intermedi.

Al contempo, quanto innanzi affermato costituisce integrazione, sul punto, delle motivazioni delle sentenze impugnate, ciò in quanto non è in discussione l’ambito di efficacia della sospensione ex art. 56 cit. (di modo che, come affermato, “o il sequestro ha determinato la sospensione di tutta la convenzione . . . , ed allora le ricorrenti hanno perso la disponibilità dei suoli; ovvero tale effetto sospensivo . . . non si è verificato, ed allora le stesse erano inadempienti e ben si giustifica la revoca dell’assegnazione del suolo”), ma, come innanzi rappresentato, l’inapplicabilità della sospensione ex art. 56 alla convenzione 4 agosto 2011, oggetto di giudizio.

8. 1. Sono infondati anche i motivi di appello sub lett. b3.3) e b3.4), nonché i motivi (di identico contenuto) sub lett. b2.3, b2.4.

Con i motivi sub lett. b3.3 e b2.3, in sostanza si afferma che la sentenza non avrebbe considerato che l’ASI “ha rinunciato implicitamente ad avvalersi dell’art. 3 della Convenzione . . . stipulando con il precedente amministratore giudiziario ben due accordi di differimento del pagamento del saldo (poi ritenuti nulli dal giudice penale, in quanto non preventivamente autorizzati) e, comunque, riconoscendo come non essenziale il termine di pagamento fissato dalla convenzione.

Con i motivi sub lett. b3.4) e b2.4), si afferma, in sostanza, che vi è violazione dell’art. 1456 c.c., “non avendo accertato il primo giudice l’imputabilità alle appellanti del presunto inadempimento, quantomeno a titolo di colpa”.

8.2. L’art. 3 della Convenzione, nel prevedere il versamento di quattro rate bimestrali di Euro 44.381,05, IVA compresa, a partire dal 30 ottobre 2011, prevede altresì che la convenzione “si intende nulla e revocata qualora la ditta non ottemperasse al versamento di quanto innanzi, con trattenuta di tutti gli importi versati”.

Tale previsione è stata interpretata da parte appellante quale “clausola risolutiva espressa”.

8.2.1. Orbene, al fine di meglio inquadrare l’ipotesi in esame, occorre ricordare che questa Sezione (sent. 15 maggio 2017 n. 2256, cui si rinvia per più ampie considerazioni) ha già avuto modo di chiarire i rapporti sussistenti tra esercizio di potere amministrativo concretizzatosi nell’adozione di un provvedimento (nel caso di specie, provvedimento – concessorio – di assegnazione suoli) e contratto ad esso ausiliario (la convenzione 4 agosto 2011, alla quale tale natura può essere pacificamente attribuita).

Si è, in particolare, affermato che

“nel caso delle convenzioni che accedono all’esercizio di potestà amministrativa (anche latamente) concessoria – dove è chiara la natura latamente contrattuale dell’atto bilaterale, stante la regolazione di aspetti patrimoniali – ben possono trovare applicazione le disposizioni in tema di obbligazioni e contratti.

Tuttavia, tale applicazione non può esservi, se non considerando la persistenza (ed immanenza) del potere pubblico, dato che l’atto fondativo del rapporto tra amministrazione e privato non è la convenzione, bensì il provvedimento, rispetto al quale la prima rappresenta solo uno strumento ausiliario, idoneo alla regolazione (subalterna al provvedimento) di aspetti patrimoniali del rapporto, nell’ambito di una più ampia finalità di pubblico interesse che ispira l’azione amministrativa”.

Ed infatti, occorre ricordare che la giurisprudenza ha avuto modo di osservare (Cons. Stato, sez. V, 5 dicembre 2013 n. 5786; 14 ottobre 2013 n. 5000) che, fermi i casi di contratti di diritto privato (per i quali trovano certamente applicazione le disposizioni del codice civile), nei casi invece di contratto ad oggetto pubblico l’amministrazione mantiene comunque la sua tradizionale posizione di supremazia, in quanto tali contratti non sono disciplinati dalle regole proprie del diritto privato, ma meramente dai “principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti”, sempre “in quanto compatibili” e salvo che non sia “diversamente previsto”.

Proprio per questo, la giurisprudenza – certamente escludendo una acritica applicazione delle norme del codice civile – ha avuto modo di affermare:

- che l’impegno assunto dall’amministrazione attraverso l’accordo non può risultare vincolante in termini assoluti, in quanto esso riguarda pur sempre l’esercizio di pubbliche potestà (Cons. Stato, sez. V, 31 gennaio 2001 n. 354);

- che il cd. “autovincolo” derivante all’amministrazione da un accordo può perdere successivamente consistenza a seguito del confronto delle posizioni caratterizzanti le fasi successive del procedimento (Cons. Stato, sez. IV, 9 novembre 2004 n. 7245).

8.2.2. Tanto precisato, appare evidente come nel caso di specie, ove ricorre una ipotesi di contratto ausiliario di provvedimento, la previsione di cui all’art. 3, di ritenere “nulla e revocata” la convenzione, per il caso di inadempimento delle obbligazioni pecuniarie dedotte, non può essere restrittivamente ricondotta all’istituto della clausola risolutiva espressa.

In disparte le considerazioni in ordine alla “atecnicità” della clausola – laddove la stessa prevede due istituti, quali la nullità della convenzione (fuori delle ipotesi previste dagli artt. 1418-1419 c.c.) e la revoca (in quanto tale non rintracciabile tra gli istituti civilistici in tema di contratti) – l’art. 3 intende più propriamente introdurre un’ipotesi di revoca sanzionatoria per il caso in cui il concessionario/parte contraente non adempia alle obbligazioni pecuniarie assunte nei confronti della Pubblica Amministrazione.

Tale previsione, lungi dall’essere posta a semplice tutela dei diritti patrimoniali della Pubblica Amministrazione, costituisce più ampiamente tutela dell’interesse pubblico che ha, nel momento genetico, consentito l’esercizio del potere provvedimentale concessorio e la conseguente stipula ella convenzione quale contratto ad oggetto pubblico ad esso accessivo; e che, nel momento funzionale, costituisce la finalità cui tendono, per il tramite degli atti assunti, sia la Pubblica Amministrazione che il privato.

8.2.4. Alla luce di quanto esposto, i motivi di appello innanzi richiamati sono infondati e devono essere, pertanto, respinti.

Quanto ai primi due motivi innanzi indicati, appare evidente come non possano assumere rilevanza due accordi stipulati con l’amministratore giudiziario in assenza di pregia autorizzazione del giudice penale, e perciò dichiarati nulli.

Né tantomeno, in presenza di quanto ora affermato in sede di interpretazione dell’art. 3, può da tali accordi comunque evincersi una volontà dell’amministrazione di non volersi avvalere della clausola.

Quanto agli ulteriori due motivi di appello, attesa la natura e la funzione dell’art. 3 della convenzione, non rileva né la circostanza che l’amministrazione non abbia dichiarato di volersi avvalere della clausola, né l’omessa indagine sulla imputabilità al contraente privato dell’inadempimento, anche solo a titolo di colpa (inadempimento che, è bene ricordare, consegue comunque ad un sequestro dei beni in applicazione di normativa antimafia, e, dunque, certamente imputabile al debitore).

Né, infine, può assumere rilievo, in senso preclusivo della revoca, l’incameramento della somma oggetto di offerta reale, alla luce di quanto disposto dall’art. 3.

9. Le ragioni sin qui esposte costituiscono anche fondamento del rigetto del motivo di appello sub c2 - con il quale si lamenta l’omessa pronuncia sulle domande di insussistenza dell’inadempimento delle obbligazioni pecuniarie e piena validità ed efficacia della convenzione di assegnazione dei suoli; violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato; error in iudicando; violazione art. 1456 c.c.. – e delle domande di accertamento sulle quali parte appellante lamenta che il I giudice non avrebbe pronunciato e cioè :

accertare e dichiarare: a) che le obbligazioni scaturenti dall’art. 3 della Convenzione stipulata il 4 agosto 2011 sono rimaste sospese dalla data del 13 marzo 2012, di esecuzione del sequestro preventivo, fino al 4 aprile 2017, data di notifica al Consorzio ASI della dichiarazione dell’amministratore giudiziario di subentro ex art. 56, co. 1, d.lgs. n. 159/2011; b) che, in conseguenza della sospensione, non sussiste inadempimento delle obbligazioni scaturenti dall’art. 3 della convenzione del 4 agosto 2011; c) che, in conseguenza del pagamento a mezzo di offerta reale accettata in data 18 maggio 2017, della somma di Euro 131.737,51, le obbligazioni scaturenti dall’art. 3 della Convenzione 4 agosto 2011 sono state integralmente adempiute; d) che la citata convenzione del 4 agosto 2011 è valida ed efficace e non si richiede l’attivazione di un nuovo rapporto.

10. Anche i motivi di cui alle lettere a) e c) dell’appello r.g. n. 7086/2017- che afferiscono più specificamente al provvedimento di annullamento dei permessi di costruire rilasciati dal Comune di Gricignano di Aversa alla società Sidersud - sono infondati e devono essere, pertanto, respinti.

10.1. Con il primo dei due motivi innanzi richiamati, si censura la sentenza impugnata (solo dalla Sidersud e dal suo amministratore giudiziario), per non avere rilevato la nullità della convenzione del 4 agosto 2011 stipulata con il Consorzio ASI di Caserta, in quanto “non essendo i suoli compresi nel perimetro del PRG del Consorzio ASI di Caserta, e non essendo il Comune di Gricignano di Aversa neanche socio del Consorzio ASI, il primo giudice avrebbe dovuto dichiarare, anche d’ufficio, la nullità della convenzione di assegnazione dei suoli del 4 agosto 2011, il cui presunto inadempimento è posto a fondamento dell’impugnato atto di autotutela dei titoli edilizi”.

In disparte ogni considerazione in ordine al fatto che tale domanda avrebbe richiesto l’evocazione in giudizio, quale contraddittore necessario, del Consorzio ASI di Caserta, occorre rilevare che la Sidersud ed il suo amministratore giudiziario sono stati parte ricorrente in I grado ed appellante nei due distinti giudizi r.g. nn. 7092/2017 e 7120/2017, dove si contestano specificamente gli atti adottati dal Consorzio ASI, aventi ad oggetto la revoca dell’assegnazione dei suoli, senza che in tale sede sia stata fatta rilevare la nullità (parziale) dei relativi atti, in quanto emessi nei loro confronti, o comunque senza che sia stato proposto un motivo di illegittimità dei medesimi, fondato su tale circostanza (di modo che la ragione su cui si fonda ora la prospettazione di illegittimità del provvedimento di autotutela relativo ai permessi di costruire comporterebbe – per dichiarazione della stessa appellante – la “confessione” del difetto di legittimazione attiva in ordine ai due precedenti ricorsi innanzi indicati).

In ogni caso, i permessi di costruire oggetto di esercizio di potere di autotutela sono stati a suo tempo richiesti ed emanati proprio sul presupposto della partecipazione del soggetto richiedente alla convenzione, anche da tale soggetto sottoscritta, con il medesimo Consorzio (e, ragionevolmente, è in ordine al citato presupposto – inclusione del suolo nel PRG del Consorzio - che ne è intervenuto il rilascio).

Il che non può che far desumere – nei limiti in cui ciò rileva nella presente sede – sia la sussistenza dei presupposti legittimanti la sottoscrizione della stessa da parte della Sidersud, sia la validità della assegnazione suoli disposta.

Né assume alcuna rilevanza, ai fini dell’esercizio del potere di autotutela sui titoli edilizi in precedenza rilasciati, la circostanza che il Comune di Gricignano di Aversa faccia o meno parte del Consorzio ASI di Caserta.

Va, infine rilevato che tale censura risulta comunque inammissibile poiché la stessa è stata proposta solo in sede di appello ma non con specifico motivo di ricorso nel giudizio di I grado, ove venne dispiegata nell’ambito di una semplice nota di udienza non notificata alle controparti (in disparte ogni considerazione in ordine alla antecedente necessità di impugnare i titoli edilizi rilasciati dal Comune su un presupposto – quale la ricomprensione del suolo nell’area pianificata del Consorzio - che risulterebbe, alla luce di ciò che dichiara l’appellante nella presente sede, illegittimamente limitativo del suo diritto di proprietà).

10.2. Anche il secondo motivo (sub lett. c) dell’esposizione in fatto) è infondato e deve essere, pertanto, respinto.

Con tale motivo, si lamenta, in sostanza, la violazione dell’art. 21-nonies l. n. 241/1990 e dell’art. 11 DPR n. 380/2001, poiché, secondo parte appellante, non è dato comprendere come “ai fini dell’annullamento di ufficio, possa rilevare una convenzione stipulata con l’ASI e rimasta inadempiuta successivamente al rilascio dei titoli edilizi da parte del Comune molti anni prima”.

In sostanza, secondo l’appellante, se il provvedimento di autotutela è qualificabile come annullamento d’ufficio “esso doveva essere annullato in quanto non fondato sull’illegittimità originaria dei titoli”; in caso contrario, l’atto di autotutela “è inquadrabile come revoca ed allora . . . è palesemente illegittimo, in quanto il permesso di costruire è irrevocabile ex art. 11 DPR n. 380/2001”.

Sul punto, la sentenza impugnata ha affermato, in particolare:

- non è necessario che il potere in autotutela esercitato dal Comune sia espressamente previsto da una norma di legge, poiché esso “si evince dai principi generali; nel caso di specie, infatti, è stata revocata da parte del Consorzio ASI della Provincia di Caserta l’assegnazione dei suoli”, ed è quindi “venuto meno l’atto presupposto del permesso di costruire”, di modo che “la revoca (rectius, l’annullamento d’ufficio) del permesso di costruire in questione deve ritenersi legittima ed anzi in qualche modo dovuta”;

- il fatto che il permesso di costruire sia atto irrevocabile (ex art. 11, co. 2, DPR 380/2001) “discende dalla natura vincolata del provvedimento, il che esclude la possibilità di revoca ai sensi dell’art. 21-quinquies l. n. 241/1990, non essendo concepibili valutazioni di merito; ma non significa affatto che il permesso di costruire non possa essere annullato di ufficio o comunque caducato ove venga meno un suo atto presupposto”;

- non sussiste la violazione dell’art. 21-nonies l. n. 241/1990, posto che “l’annullamento di ufficio dei permessi di costruire è stato disposto subito dopo la revoca dell’assegnazione dei suoli (che ne costituisce il presupposto) e che tale revoca è stata disposta perché le ricorrenti non hanno pagato le somme di denaro dovute in forza della convenzione sottoscritta in data 4 agosto 2011”; pertanto, non vi è motivo di dolersi “né del lungo tempo trascorso dalla data di rilascio dei permessi, né della presunta mancanza di interesse pubblico all’annullamento . . . né (di) una pretesa lesione dell’affidamento”.

Orbene, occorre osservare che, nel caso di specie, la “revoca” dei permessi di costruire (definita dalla sentenza impugnata come “annullamento di ufficio”) consegue alla disposta revoca dell’assegnazione dei suoli da parte del Consorzio ASI di Caserta, venendo in tal modo meno “l’atto presupposto del permesso di costruire”.

Giova ricordare che il provvedimento di revoca presuppone l’efficacia perdurante nel tempo dell’atto revocando, poiché solo in questo caso è possibile, sul piano logico-giuridico (e come oggi positivamente previsto dall’art. 21-quinquies l. n. 241/1990) la valutazione di “sopravvenuti motivi di pubblico interesse” ovvero del “mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento”, ovvero ancora, salvo le eccezioni previste, la “nuova valutazione dell’interesse pubblico originario”.

L’irrevocabilità del permesso di costruire, prevista dall’art. 11, co. 2, DPR n. 380 si fonda sulla natura di atto ad efficacia istantanea propria di tale autorizzazione, (come, in genere, dei titoli abilitativi), dovendosi, come è ovvio, tenere distinto l’effetto giuridico (che è istantaneo) dalle “conseguenze” dell’atto, che ben possono perdurare nel tempo.

Non può essere, dunque, condivisa la sentenza impugnata laddove afferma che l’irrevocabilità del permesso di costruire “discende dalla natura vincolata del provvedimento, il che esclude la possibilità di revoca ai sensi dell’art. 21-quinquies l. n. 241/1990, non essendo concepibili valutazioni di merito”.

E ciò sia perché, in generale, un provvedimento vincolato, se ad efficacia perdurante nel tempo ben può, sussistendone le condizioni, essere oggetto di revoca, sia in quanto, con riferimento al caso di specie, l’irrevocabilità normativamente prevista discende dalla natura istantanea dell’efficacia dell’atto.

Ribadito che il nomen iuris del provvedimento non condiziona il giudizio sulla natura dell’atto (che va desunta dal suo contenuto), va ricordato come, a fianco alle ipotesi di revoca e di annullamento di ufficio (oggi normativamente previste dagli artt. 21-quinquie e 21-nonies l. n. 241/1990), la giurisprudenza abbia tradizionalmente individuato ulteriori ipotesi nelle quali si estrinseca il potere di autotutela.

Queste ipotesi – dove il provvedimento in autotutela agisce con efficacia ex nunc (e, dunque, non riconducibili all’annullamento di ufficio in senso proprio, la cui efficacia è ex tunc, riscontrandosi in tal caso una illegittimità originaria dell’atto) – sono, in particolare (e per quel che interessa nella presente sede), rappresentate dai casi in cui venga meno, successivamente all’adozione dell’atto, un presupposto o requisito indispensabile alla sua adozione (ovviamente presente in tale momento).

In questo caso, l’atto emanato è originariamente legittimo (e, dunque, non si giustificherebbe l’annullamento di cui all’art. 21-nonies l. n. 241/1990), ma tuttavia non può “sopravvivere” nel mondo giuridico, perché è venuto a mancare, successivamente, un elemento “condizionante” la sua validità.

Ovviamente, in questo caso, l’esercizio del potere di autotutela presuppone che sussista un interesse pubblico al suo esercizio e che, dunque, la sopravvenuta invalidità dell’atto (ed eventualmente la sua efficacia) siano tali da non essere ragionevolmente “sopportate” dall’ordinamento giuridico.

Da ultimo è appena il caso di osservare come esulino dall’esercizio del potere di autotutela i casi di revoca sanzionatoria, nei quali l’inadempimento ad una delle prescrizioni imposte dal provvedimento ne comporta la “revoca” quale sanzione.

Proprio nelle ipotesi innanzi descritte rientra il provvedimento adottato dal Comune di Gricignano di Aversa, che costituisce chiaro esercizio di potere di autotutela e, per le ragioni innanzi esposte, appaiono infondati (e, in particolare, condotti sul “filo” del nomen iuris attribuito all’atto) i motivi di appello proposti.

11. Per tutte le ragioni esposte, gli appelli devono essere respinti e, per l’effetto, devono essere confermate le sentenze impugnate, con le integrazioni di motivazione innanzi rappresentate.

Il rigetto degli appelli principali rende improcedibili gli appelli incidentali proposti dal Consorzio ASI di Caserta (sub lett. d2) e c3) dell’esposizione in fatto).

Stante la novità e complessità delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese ed onorari del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta),

definitivamente pronunciando sugli appelli in epigrafe indicati (nn. 7086/2017, 7092/2017 e 7120/2017):

a) riunisce gli appelli;

b) respinge gli appelli e, per l’effetto, conferma le sentenze impugnate;

c) dichiara improcedibili gli appelli incidentali proposti dal Consorzio per l’area di sviluppo industriale della Provincia di Caserta;

d) compensa tra le parti spese ed onorari del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 maggio 2018 con l'intervento dei magistrati:

Paolo Troiano, Presidente

Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

Giuseppe Castiglia, Consigliere

Luca Lamberti, Consigliere