Consiglio di Stato Sez. II n. 7920 del 2 ottobre 2024
Urbanistica.Manutenzione straordinaria e servizi igienici
Ai sensi dell’art. 3, co. 1, lett. b), del DPR n. 380 del 2001, rientrano tra gli interventi di manutenzione straordinaria anche le opere necessarie «per realizzare […] i servizi igienico-sanitari […] sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni d’uso implicanti incremento del carico urbanistico». Un intervento che comporti una diversa distribuzione, rispetto al titolo, delle tramezzature interne, con realizzazione di stanze e servizi igienici, è qualificabile come manutenzione straordinaria e soggetto al regime della comunicazione di inizio lavori, la cui omessa trasmissione non comporta l’applicazione della sanzione demolitoria, ma di quella pecuniaria
Pubblicato il 02/10/2024
N. 07920/2024REG.PROV.COLL.
N. 09984/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9984 del 2023, proposto da
Luca Valente, rappresentato e difeso dall’avvocato Giovanni D’Amato, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Roma, Via Calabria, n. 56;
contro
Roma Capitale, in persona del Sindaco in carica, rappresentata e difesa dall’avvocato Umberto Garofoli, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso gli uffici dell’Avvocatura Capitolina in Roma, via del Tempio di Giove, n. 21;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda, n. 7081/2023, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 settembre 2024 il Cons. Alessandro Enrico Basilico e udito per l’appellante l’avvocato Riccardo Paparella, per delega dell’avvocato Giovanni D’Amato, nonché viste le conclusioni scritte di Roma Capitale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. A seguito di un sopralluogo svolto il 13 maggio 2011 Roma Capitale con determinazione n. 647 del 24 marzo 2014 ha ordinato al sig. Luca Valente la demolizione di una serie d’interventi asseritamente abusivi realizzati nell’immobile di sua proprietà, sito in Roma, alla via dei Cappellari, in quanto privi di titolo e difformi dai grafici dell’ultimo aggiornamento catastale, risalente al 1988.
In particolare è stata contestata la realizzazione al piano interrato di un nuovo servizio igienico e di una superficie praticabile ricavata attraverso uno scavo laterale sotto le arcate portanti; al piano terra di una nicchia contenente l’angolo cottura.
2. Il proprietario ha impugnato detto provvedimento dinanzi al TAR per il Lazio, deducendone l’illegittimità sotto plurimi profili e chiedendone anche il riesame in via amministrativa.
3. Nelle more del giudizio Roma Capitale ha emesso la determinazione n. 1011 del 31 marzo 2015, con cui ha annullato in autotutela la precedente determinazione n. 647 del 24 marzo 2014, sostituendola con una nuova ingiunzione relativa solo ad alcune delle opere inizialmente contestate. In particolare l’Amministrazione ha ritenuto che, mentre era ipotizzabile la preesistenza della cucina in nicchia al piano terra e delle arcate in cantina al piano interrato, «non è sufficientemente documentata e/o documentabile la preesistenza di una latrina al piano interrato» (perché «la sistemazione di un allaccio in fogna dell’edificio non assurge a dimostrazione» della presenza del sanitario), pertanto sarebbe stato realizzato un intervento di ristrutturazione edilizia con aumento di superficie utile lorda-SUL.
4. L’interessato ha impugnato anche la nuova determinazione con motivi aggiunti.
5. L’adito Tribunale, nella resistenza dell’intimata Amministrazione, con la sentenza segnata in epigrafe ha dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso introduttivo, il provvedimento originariamente impugnato essendo stato sostituito dal successivo, e respinto i motivi aggiunti, ritenendo infondate le censure sollevate, con compensazione delle spese di lite.
6. Il sig. Luca Valente ha chiesto la riforma di tale sentenza, lamentandone l’erroneità e l’ingiustizia alla stregua di otto motivi di gravame, di seguito illustrati.
7. Ha resistito al gravame Roma Capitale, chiedendone il rigetto.
8. Con ordinanza n. 181 del 2024 è stata sospesa l’esecutività della sentenza e degli atti impugnati in primo grado.
9. Nell’approssimarsi dell’udienza di trattazione l’appellante ha depositato una memoria illustrativa delle proprie tesi difensive.
10. All’udienza pubblica del 17 settembre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
11. Come accennato, il gravame è affidato ad otto motivi di censura: di questi, il primo e il terzo riguardano presunti vizi procedurali e formali del provvedimento e pertanto possono essere esaminati congiuntamente.
12. Con il primo l’appellante deduce «Violazione ovvero errata e falsa applicazione degli artt.3 7 e ss. della Legge n.241/90 e dell’art.97 Cost., sotto il profilo della mancata compartecipazione del ricorrente alle attività preprocedimentali e/o procedimentali dell’Amministrazione intimata. Eccesso di potere: difetto d’istruttoria –travisamento –carenza dei presupposti – irragionevolezza e ingiustizia manifesta», denunciando in particolare l’omessa pronuncia sul motivo con cui si deduceva il mancato invio della comunicazione di avvio del procedimento.
Il motivo è infondato perché, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, la repressione degli abusi edilizi è un potere vincolato a esercizio doveroso, con la conseguenza che non è necessario che l’ordine di demolizione sia preceduto dall’avviso di cui all’art. 7 della legge n. 241 del 1990, in quanto esso consegue obbligatoriamente all’accertamento della natura abusiva delle opere edilizie (sul punto, tra le più recenti, Cons. St., sez. VI, sent. n. 5968 del 2024).
13. Con il terzo motivo l’appellante lamenta «Errata valutazione del quadro probatorio in relazione alla preesistenza della latrina al piano s/s di Casa Metastasio. Violazione dell’art.2697 c.c.. Eccesso di potere: carenza dei presupposti di fatto - difetto d’istruttoria – travisamento», sostenendo in sintesi che nel caso di specie il Comune non sarebbe stato competente a intimare la demolizione, avendo egli inoltrato al Ministero della cultura una richiesta per la dichiarazione di bene d’interesse culturale dell’immobile.
Anche tale motivo è infondato perché la dichiarazione d’interesse culturale dell’immobile non è stata ancora emessa dall’autorità competente, così che non può trovare applicazione la disciplina relativa ai beni culturali.
14. Il secondo, il quarto, il quinto e l’ottavo motivo di gravame riguardano presunti vizi sostanziali del provvedimento e anch’essi possono essere esaminati congiuntamente.
Con il secondo motivo l’appellante denuncia «Errata valutazione del quadro probatorio in relazione alla preesistenza della latrina al piano s/s di Casa Metastasio. Violazione dell’art.2697 c.c.. Eccesso di potere: carenza dei presupposti di fatto - difetto d’istruttoria – travisamento».
In particolare sostiene che, a differenza di quanto ritenuto dall’Amministrazione e dal TAR, vi sarebbero stati elementi probatori della preesistenza di una latrina con scarico a perdere nel terreno e, di conseguenza, i lavori svolti per la bonifica igienica del locale sarebbero di manutenzione ordinaria, senza alcun aumento di SUL, o al più di manutenzione straordinaria.
Con il quarto motivo l’appellante deduce «Violazione ovvero errata e falsa applicazione dell’art.16 della Legge Regione Lazio n.15/2008 e dell’art.10 del D.P.R. n.380/2001. Eccesso di potere: difetto d’istruttoria – illogicità e contraddittorietà – motivazione insufficiente - travisamento e carenza dei presupposti di fatto e di diritto - Mancato approfondimento circa la natura dell’intervento e la disciplina applicabile».
In particolare rileva che l’intervento di cui si discute sarebbe consistito nell’utilizzo di una mera opera interna già preesistente, senza alcun aumento di superficie o di volumetria, con la conseguenza che non sarebbe stato necessario il permesso di costruire.
Con il quinto motivo, rubricato «Eccesso di potere: difetto d’istruttoria – carenza e travisamento del presupposto di fatto – motivazione insufficiente - illogicità e contraddittorietà», l’appellante sostiene che il Comune avrebbe dovuto considerare la denuncia di inizio lavori inviata nel 1988 e la planimetria corretta realizzata quell’anno.
Con l’ottavo motivo lamenta «Illegittimità dell’art. 4 NTA del Piano Regolatore Generale di Roma Capitale: Violazione ovvero errata e falsa applicazione dell’art.16 della Legge Regione Lazio n.15/2008 e degli artt.3 e 10 del D.P.R. n.380/2001. Eccesso di potere: difetto d’istruttoria – illogicità e contraddittorietà – motivazione insufficiente - travisamento e carenza dei presupposti di fatto e di diritto», sostenendo l’erroneità dell’applicazione delle NTA del PRG di Roma del 2008 in materia di grandezze edilizie (in particolare, di SUL), in quanto entrato in vigore dopo la realizzazione dell’intervento, risalente al 1988.
15. La Sezione è dell’avviso che per la decisione delle censure di carattere sostanziali, sopra sintetizzate, occorre verificare sulla base degli atti depositati e delle deduzioni svolte dalle parti la preesistenza o meno della latrina.
16. A tal proposito si deve innanzitutto richiamare e ribadire il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui «grava sul privato l’onere di provare la data di realizzazione e la consistenza originaria dell’immobile abusivo, in quanto solo l’interessato può fornire inconfutabili atti, documenti ed elementi probatori che possano radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione di un manufatto» (Cons. St., sez. VI, sent. n. 2187 del 2024 e precedenti ivi citati).
Nel caso di specie dalla perizia di parte prodotta dall’appellante risulta che l’immobile di sua proprietà, per il perimetro e la superficie, è del tutto coincidente con la casa dove nacque il poeta e librettista Pietro Metastasio (nome d’arte di Pietro Trapassi), la quale era dunque già esistente alla fine del XVII secolo e articolata su due livelli, con il piano terra adibito all’attività commerciale del padre Felice Trapassi e un piano cantina.
Secondo la predetta relazione, nel piano interrato sarebbe stata ubicata una latrina a perdere nel piano di calpestio in terra battuta, a servizio della famiglia del poeta.
Tuttavia, la stessa perizia attesta che nel 1939, quando l’unità immobiliare venne data in locazione, l’intera cantina era «diventata ormai un’unica enorme fogna», nella quale confluivano gli scarichi delle abitazioni che a fine Ottocento erano state realizzate sopraelevando il corpo di fabbrica originario; inoltre, quando nel 1988 venne redatta una nuova planimetria ai fini della compravendita dell’immobile, si dovette procedere alla bonifica della cantina, al ripristino della quota originale del pavimento (elevatosi nel corso del tempo in ragione del deposito di fanghi fognari) e all’allaccio alla fogna comunale.
17. Sulla base di tali elementi fattuali deve ritenersi che non vi sia prova della preesistenza della latrina al piano interrato: innanzitutto, non c’è prova che essa era presente al tempo in cui la casa era abitata dalla famiglia del poeta (né a maggior ragione della sua consistenza); inoltre, comunque essa non esisteva più da tempo – se mai fosse esistita – nel 1939, quando la casa è stata data in locazione; infine, non vi è nemmeno prova che essa sia stata realizzata alla fine degli anni Ottanta, dato che, se è accertato che i lavori svolti in quel periodo abbiano comportato l’allacciamento alla fogna comunale degli scarichi del palazzo, altrettanto non può dirsi della realizzazione del bagno al piano interrato (in particolare, nella comunicazione di esecuzione lavori del 16 settembre 1988, all. B.2 alla relazione tecnica di parte, si attestava che le opere edili che sarebbero state eseguite consistevano nel «rifacimento dell’impianto idrico con particolare riguardo all’imbocco in fogna dei numerosi scarichi esistenti» e nel «rifacimento del bagno e della cucina», senza tuttavia che fosse chiaro se si trattasse dei servizi igienici che – in tesi – sarebbero stati in cantina oppure – com’è più probabile, dato che essi vengono accostati alla cucina – di quelli al piano terreno).
18. Si deve quindi concordare con il giudice di prime cure circa il fatto che l’appellante non abbia assolto l’onere di dimostrare la preesistenza della latrina, che dunque risulta realizzata senza titolo.
19. Tuttavia l’appello risulta fondato nella parte in cui contesta la qualificazione dell’abuso operata dall’Amministrazione e avvalorata dal TAR, sostenendo che non si tratti di ristrutturazione, ma di manutenzione straordinaria (p. 10-13; in primo grado, la censura era stata dedotta come secondo dei motivi aggiunti, p. 9-10).
Infatti, ai sensi dell’art. 3, co. 1, lett. b), del DPR n. 380 del 2001, rientrano tra gli interventi di manutenzione straordinaria anche le opere necessarie «per realizzare […] i servizi igienico-sanitari […] sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni d’uso implicanti incremento del carico urbanistico».
Su tale base è stato già ritenuto che un intervento che comporti una diversa distribuzione, rispetto al titolo, delle tramezzature interne, con realizzazione di stanze e servizi igienici, è qualificabile come manutenzione straordinaria e soggetto al regime della comunicazione di inizio lavori, la cui omessa trasmissione non comporta l’applicazione della sanzione demolitoria, ma di quella pecuniaria (Cons. St., sez. II, sent. n. 11160 del 2023).
Nel caso di specie viene contestata unicamente la realizzazione della latrina, senza che si affermi che questa abbia comportato un mutamento di destinazione urbanisticamente rilevante, circostanza che conduce a qualificare l’intervento come manutenzione straordinaria e, per l’effetto, a escludere la legittimità dell’ordine di ripristino.
20. Negli indicati limiti l’appello deve quindi essere accolto, con conseguente accoglimento del secondo dei motivi aggiunti presentati in primo grado e annullamento dell’atto impugnato in primo grado.
21. La particolarità della vicenda, anche in fatto, giustifica la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, nei sensi e limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie parzialmente i motivi aggiunti presentati in primo grado e annulla l’ordinanza con essi impugnata; compensa tra le parti le spese di lite del grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 settembre 2024 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli, Presidente
Francesco Guarracino, Consigliere
Alessandro Enrico Basilico, Consigliere, Estensore
Francesco Cocomile, Consigliere
Valerio Valenti, Consigliere