Consiglio di Stato Sez. IV n. 982 del 31 gennaio 2024 
Caccia e animali.Sulla omessa determinazione della cd. piccola quantità cacciabile da parte dell’ISPRA

Ai sensi dell’art. 19-bis della l. n. 157 del 1992, l’ISPRA è tenuto, oltre che ad emettere il parere sull’iniziativa delle regioni le quali intendano attivare una deroga al divieto di cacciare talune specie di uccelli, anche a determinare, per tutto il territorio nazionale, la “piccola quantità” cacciabile degli uccelli per cui si vuole disporre la deroga; e se la regione non ha interesse ad impugnare il parere perché quest’ultimo, obbligatorio ma non vincolante, non impedisce alla regione stessa di discostarsi dal parere, con congrua motivazione, ha invece interesse a contestare la mancata determinazione della piccola quantità cacciabile, perché in tal caso il potere regionale di disporre ugualmente la deroga resta impropriamente paralizzato.


Pubblicato il 31/01/2024

N. 00982/2024REG.PROV.COLL.

N. 02061/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2061 del 2019, proposto dalla Regione Liguria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Barbara Baroli, Stefano Santarelli e Andrea Bozzini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Santarelli in Roma, via Asiago 8;

contro

il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ora dell’ambiente e della sicurezza energetica e l’ISPRA - Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi 12;

nei confronti

delle associazioni Federcaccia della Regione Liguria, A.N.U.U.; Associazione dei migratoristi italiani per la conservazione dell'ambiente naturale - Sede regionale della Liguria; Associazione nazionale libera caccia - A.N.L.C. - Sede Regionale della Liguria; Unione Nazionale Enalcaccia Pesca e Tiro Liguria, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato Pietro Balletti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento ovvero la riforma

della sentenza del T.a.r. Liguria, sez. I, 1 agosto 2018 n. 668, che ha respinto il ricorso n. 630/2017 R.G. proposto per l’annullamento, previo accertamento dell’obbligo di provvedere in merito:

della nota 31 maggio 2017 n. 26747/T – A61, inviata via PEC lo stesso giorno, con la quale l’ISPRA- Istituto superiore per la ricerca e la prevenzione ambientale ha dato parere contrario alla possibilità di applicare il regime di deroga ai sensi dell'art 9, comma I, lettera e) della direttiva 2009/147/CE per attuare l'esercizio venatorio nei confronti di specie di uccelli non cacciabili in Italia, nella parte in cui ha omesso la determinazione della cd. “piccola quantità” nei confronti delle specie storno (Sturnus vulgaris), fringuello (Fringilla coelebs), frosone (Coccothraustes coccothraustes) e tordela (Turdus viscivorus);


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti suindicate;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 dicembre 2023 il Cons. Francesco Gambato Spisani e viste le conclusioni delle parti come da verbale.


FATTO e DIRITTO

1. Si controverte del presunto obbligo dell’Istituto intimato appellato di determinare, su richiesta della Regione ricorrente appellante, la cd. “piccola quantità” di uccelli cacciabili in deroga alle norme generali di conservazione, così come definita dalle norme speciali di seguito illustrate.

2. Come è noto, la “conservazione degli uccelli selvatici” è disciplinata da direttive europee e, in particolare, dalla direttiva ora vigente 2009/147/CE come “necessaria per raggiungere gli obiettivi comunitari in materia di miglioramento delle condizioni di vita e di sviluppo sostenibile”, attualmente nei termini che seguono, illustrati per quanto di interesse.

2.1 In primo luogo, l’art. 5 della direttiva 2009/147 vincola gli Stati membri a introdurre il divieto “a) di ucciderli o di catturarli deliberatamente con qualsiasi metodo; b) di distruggere o di danneggiare deliberatamente i nidi e le uova e di asportare i nidi; c) di raccogliere le uova nell’ambiente naturale e di detenerle anche vuote; d) di disturbarli deliberatamente in particolare durante il periodo di riproduzione e di dipendenza quando ciò abbia conseguenze significative in considerazione degli obiettivi della presente direttiva; e) di detenere gli uccelli delle specie di cui sono vietate la caccia e la cattura”.

2.2 In secondo luogo, l’art. 6 della direttiva 2009/147 vincola gli Stati membri a proibire, in linea di principio, “la vendita, il trasporto per la vendita, la detenzione per la vendita nonché l’offerta in vendita degli uccelli vivi e degli uccelli morti, nonché di qualsiasi parte o prodotto ottenuti dagli uccelli, facilmente riconoscibili”.

2.3 Gli artt. 7 ed 8 si occupano poi di quella che per comune esperienza è un’importante fonte di pregiudizio per le popolazioni di uccelli, ovvero del prelievo venatorio, in termini comuni della caccia. L’art. 7 la consente per determinate specie e con cautele ivi specificate, “in funzione del loro livello di popolazione, della distribuzione geografica e del tasso di riproduzione” a patto che essa non “pregiudichi le azioni di conservazione intraprese nella loro area di distribuzione” e, come prevede il successivo art. 8, non sia fatta con “il ricorso a qualsiasi mezzo, impianto o metodo di cattura o di uccisione in massa o non selettiva o che possa portare localmente all’estinzione di una specie”.

2.4 Il successivo art. 9 consente, infine, agli Stati membri di derogare ai divieti sin qui esaminati e, in particolare, al divieto di caccia di cui all’art. 7, “Sempre che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti” e in presenza di alcune condizioni tassativamente indicate. In questa sede rileva la possibilità di deroga accordata dall’art. 9 comma 1 lettera c), per “consentire in condizioni rigidamente controllate e in modo selettivo la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di determinati uccelli in piccole quantità”. È del tutto evidente che nel concetto di “cattura” qui menzionato si ricomprende anche la caccia.

3. L’Unione europea si è preoccupata di dare concretezza a questa direttiva con un’apposita “Guida alla disciplina della caccia” predisposta dalla Commissione europea inizialmente con riferimento alla direttiva precedente, 79/409/CEE, ma aggiornata in modo da poter essere utilizzata anche per le direttive successive, tra cui appunto quella ora vigente e in esame.

4. La Guida in questione, per quanto qui interessa, stabilisce anzitutto che ai fini di una deroga ai sensi dell’art. 9, comma 1, lettera c) della direttiva la caccia a fini ricreativi può costituire, anche se non automaticamente, una fattispecie di “impiego misurato” (pp. 62-63, §§ 3.5.23 e 3.5.24). Dedica poi un’apposita trattazione (pp. 64-69, §§ 3.5.27- 3.5.47) al concetto di “piccola quantità” rilevante ai fini di causa, trattazione che si riassume per quanto di interesse.

4.1 In primo luogo, la Guida (§ 3.5.27) ritiene “opportuno poter determinare una quantità al fine di stabilire una soglia al disotto della quale la deroga è automaticamente considerata conforme al requisito delle “piccole quantità”.

4.2 Ciò posto, la Guida osserva che la nozione di “piccola quantità” è essenzialmente relativa, e quindi va determinata con riferimento ad un’altra grandezza, che identifica, quale soluzione migliore, con “la mortalità annua complessiva, che è data dalla somma delle morti dovute a cause naturali e agli eventuali prelievi a norma dell’articolo 7”; suggerisce quindi “di fissare la soglia delle “piccole quantità” ad una determinata percentuale della mortalità annua complessiva della popolazione o delle popolazioni interessate dalla deroga” (§§ da 3.5.29 a 3.5.31).

4.3 Di seguito, la Guida si fa carico di spiegare cosa debba intendersi ai fini del calcolo per “popolazione interessata”, distinguendo in proposito le specie stanziali da quelle migratrici.

4.4 La Guida afferma poi che (§ 3.5.34) per determinare l’esatto valore numerico della soglia si può procedere in due modi diversi.

4.4.1 Il primo prende in considerazione una “soglia deve essere nettamente inferiore, di almeno un ordine di grandezza, ai valori relativi ai prelievi effettuati a norma dell’articolo 7. Una soglia dell’1% soddisfa questa condizione”. Il criterio si riferisce quindi ad una percentuale degli uccelli effettivamente cacciati e pone il problema di determinare il numero di questi uccelli. In proposito, la Guida avverte (§ 3.5.35) che le statistiche di caccia sono disponibili solo per alcuni Stati membri, con dati di qualità variabile.

4.4.2 Il secondo criterio assume che il prelievo debba “avere un’incidenza trascurabile sulla dinamica della popolazione della specie in questione. Una soglia uguale o inferiore all’1% soddisfa questa condizione in quanto raramente i parametri della dinamica della popolazione sono noti con un margine di errore inferiore ad un punto percentuale e i prelievi inferiori a tale percentuale possono essere matematicamente trascurati nello studio dei modelli”. Il criterio si riferisce quindi ad una percentuale della mortalità annua complessiva della specie di uccelli considerata e, quindi, secondo la Guida (§ 3.5.36) “vanno considerate “piccole quantità” i prelievi pari a circa l’1% della mortalità annua per le specie cacciabili, fermo restando che la conformità all’articolo 9 della direttiva dipende in ogni caso dal rispetto delle altre disposizioni di tale articolo”. La stessa Guida (§§ da 3.5.37 a 3.5.39) avverte però delle difficoltà esistenti per il calcolo dei tassi annui di mortalità.

4.5 La Guida offre ancora una serie di indicazioni complementari sulla necessità di applicare la deroga in modo uniforme e di non compromettere, attraverso di essa, la conservazione di specie minacciate (§§ da 3.5.40 a 3.5.42) non escludendo peraltro a priori, come si ricava argomentando a contrario dal § 3.5.41, dalla deroga le specie migratrici.

4.6 Di interesse è infine il seguente rilievo che la Guida formula al 3.5.47 citando giurisprudenza della Corte di Giustizia: “l’obbligo incombente agli Stati membri di garantire che i prelievi di uccelli siano effettuati solo in «piccole quantità», a norma dell’art. 9, n. 1, lett. c), della direttiva, esige che i procedimenti amministrativi previsti siano organizzati in modo tale che tanto le decisioni delle autorità competenti di autorizzazione dei prelievi in deroga, quanto le modalità di applicazione di tali decisioni siano assoggettate ad un controllo efficace effettuato tempestivamente".

5. La normativa nazionale italiana ha recepito l’istituto appena ricostruito con l’art. 19 bis della legge generale sulla caccia, l. 11 febbraio 1992 n.157.

5.1 Per quanto qui interessa, l’articolo prevede al comma 1 che l’esercizio delle deroghe sia disciplinato dalle Regioni, conformandosi alla direttiva e in particolare all’art. 9 di essa di cui si è detto.

5.2 Lo stesso articolo al comma 2 prevede che “Le deroghe possono essere disposte dalle regioni e province autonome, con atto amministrativo, solo in assenza di altre soluzioni soddisfacenti, in via eccezionale e per periodi limitati. Le deroghe devono essere giustificate da un'analisi puntuale dei presupposti e delle condizioni e devono menzionare la valutazione sull'assenza di altre soluzioni soddisfacenti, le specie che ne formano oggetto, i mezzi, gli impianti e i metodi di prelievo autorizzati, le condizioni di rischio, le circostanze di tempo e di luogo del prelievo, il numero dei capi giornalmente e complessivamente prelevabili nel periodo, i controlli e le particolari forme di vigilanza cui il prelievo è soggetto e gli organi incaricati della stessa…”.

5.3 L’articolo poi prevede al comma 3, con norme che interessano più direttamente il caso di specie: “Le deroghe di cui al comma 1 sono adottate sentito l'ISPRA e non possono avere comunque ad oggetto specie la cui consistenza numerica sia in grave diminuzione. L' intenzione di adottare un provvedimento di deroga che abbia ad oggetto specie migratrici deve entro il mese di aprile di ogni anno essere comunicata all'ISPRA, il quale si esprime entro e non oltre quaranta giorni dalla ricezione della comunicazione. Per tali specie, la designazione della piccola quantità per deroghe adottate ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2009/147/CE è determinata, annualmente, a livello nazionale, dall'ISPRA. Nei limiti stabiliti dall'ISPRA, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvede a ripartire tra le regioni interessate il numero di capi prelevabili per ciascuna specie…”

6. Nel contesto normativo così delineato, la Regione ricorrente appellante ha indirizzato all’ISPRA la nota 20 aprile 2017 prot. n.PG/2017/158154 (doc. 2 in I grado ricorrente appellante nel foliario 6 giugno 2018), nella quale, come risulta ad attenta lettura, ha formulato due distinte richieste.

6.1 In primo luogo, la Regione ha chiesto all’ISPRA di dare il proprio parere, come si è visto preveduto dall’art. 19 bis comma 3 prima parte della l. 157/1992, sulla possibilità di attivare per il periodo da settembre a dicembre del 2017 una deroga che consentisse la caccia delle quattro specie di uccelli indicate in epigrafe: “si chiede a codesto Istituto di voler esprimere il proprio parere circa la proposta di prelievo in deroga contenuta nella presente nota” (doc. 2 in I grado ricorrente appellante nel foliario 6 giugno 2018 cit. p. 4 sedicesimo rigo dal basso).

6.2 In secondo luogo, per le stesse quattro specie di uccelli, la Regione ha chiesto all’ISPRA di determinare la “piccola quantità”, ovvero come si è già rilevato il quantitativo massimo cacciabile in deroga a livello nazionale, da ripartire in un secondo tempo fra le varie Regioni ai sensi dell’art. 19 bis comma 3 seconda parte della stessa l. 157/1992: “si chiede, altresì, che codesto Istituto voglia determinare ai sensi dell'art. 19 bis, comma 3 la "piccola quantità" per le specie in questione” (doc. 2 in I grado ricorrente appellante nel foliario 6 giugno 2018 cit. p. 4 quattordicesimo rigo dal basso).

7. Con l’atto indicato in epigrafe, nota 31 maggio 2017 n. 26747/T – A61 (all. 2 al ricorso di I grado), l’Istituto ha dato parere negativo sulla possibilità di deroga; non ha poi determinato alcuna “piccola quantità”, motivando sul punto specifico così come segue.

7.1 In primo luogo, l’Istituto ha affermato che con riferimento al concetto di "piccola quantità" esso avrebbe evidenziato in più occasioni come esso, inteso nei termini di cui alla "Guida” di cui si è detto, non risulterebbe “applicabile alla gran parte delle specie appartenenti all'ordine dei Passeriformi, e in particolare a quelle migratrici”, di cui, come si precisa per chiarezza, fanno parte le specie di uccelli cui si riferisce la proposta di deroga.

7.2 Inoltre, l’Istituto ha evidenziato che lo Stato italiano sarebbe stato interessato da una procedura di infrazione, numero 2006/2131, da parte della Commissione europea, la quale avrebbe diffidato a non attivare regimi di caccia in deroga non rispettosi dell’art. 9 della direttiva in esame.

8. Con la sentenza a sua volta meglio indicata in epigrafe, il T.a.r. ha respinto il ricorso proposto dalla Regione contro quest’atto, motivando nei termini di seguito riassunti.

8.1 In primo luogo, il T.a.r. ha accolto l’eccezione di difetto di propria legittimazione passiva proposta dal Ministero intimato, nei confronti del quale non è stata effettivamente proposta domanda alcuna. Questo capo della sentenza non è stato impugnato; peraltro, il Ministero stesso si è ugualmente costituito in questo grado di appello e, con la memoria 9 maggio 2019, ha proposto formale domanda di estromissione.

8.2 In secondo luogo, il T.a.r. ha respinto l’eccezione di propria incompetenza territoriale in favore di quella del T.a.r. Lazio sede di Roma. Questo capo della sentenza non è stato impugnato.

8.3 Nel merito, il T.a.r ha respinto il ricorso, ritenendo corretta e congrua la motivazione con la quale l’ISPRA ha dato parere contrario alla possibilità di operare la deroga.

9. Contro questa sentenza, la Regione ha proposto impugnazione, con appello che contiene tre censure, riconducibili ad un unico motivo di violazione degli artt. 19 bis della l. 157/1992 e 9 comma 1 lettera c) della direttiva 2009/147/CE, nei termini che seguono.

9.1 Ad avviso della Regione appellante, il Giudice di I grado non avrebbe esattamente compreso l’oggetto della domanda. Come si è detto, la Regione ha rivolto all’ISPRA due richieste, quella di emettere il parere e quella di determinare la piccola quantità. La domanda di annullamento proposta dalla Regione, ciò posto, riguarda non la prima parte del provvedimento, quella che contiene il parere contrario alla deroga, ma la seconda parte, quella che omette di determinare la piccola quantità, con una motivazione che a dire della parte è insufficiente.

9.2 La Regione appellante osserva infatti che l’art. 19 bis della l. 157/1992 assegna all’ISPRA due distinte competenze. La prima di essa consiste nell’emettere il parere sulla richiesta di deroga, parere che secondo i principi è obbligatorio, ma non vincolante, e che quindi, sempre secondo la parte, non sarebbe di per sé impugnabile, non producendo l’arresto del procedimento. In altre parole, a fronte di un parere negativo dell’ISPRA, la Regione potrebbe pur sempre consentire la deroga, se pure con un onere di più puntuale motivazione, intesa a spiegare perché dal parere essa si discosti.

9.3 La seconda competenza dell’ISPRA è poi quella, prevista dal secondo periodo del comma 3, di determinare la piccola quantità cacciabile per tutto il territorio nazionale. Secondo la parte, questa competenza, che nel caso di specie l’ISPRA avrebbe omesso di esercitare, dovrebbe essere invece esercitata doverosamente, perché in caso contrario il potere regionale di disporre ugualmente la deroga sarebbe impropriamente paralizzato. In linea di fatto invece, sempre a dire della parte, ciò non è mai avvenuto, nel senso che l’ISPRA ometterebbe sistematicamente questa determinazione.

9.4 Ciò posto, la sentenza di I grado sarebbe errata, perché si soffermerebbe esclusivamente su un parere negativo, giudicato corretto e congruo, che la Regione non ha mai inteso contestare. L’oggetto della domanda di annullamento, sul quale vi è stata omissione di pronuncia, è invece la mancata determinazione della piccola quantità.

9.5 Affermato ciò, la parte appellante ritiene che le motivazioni con le quali l’ISPRA ha rifiutato di determinarla, ovvero il riferimento puro e semplice ad una presunta impossibilità di procedervi per gli uccelli migratori e alla procedura di infrazione in corso, sarebbero del tutto incongrue e non pertinenti, alla luce sia delle indicazioni della Guida, di cui si è detto, sia dei dati sulla stima delle popolazioni e sulla mortalità delle specie forniti dalla Regione nella propria domanda.

9.6 Conclude pertanto chiedendo l’annullamento dell’atto nella parte considerata, previa dichiarazione dell’obbligo di provvedere in merito.

10. Hanno resistito le amministrazioni statali, ovvero l’ISPRA ed il Ministero, con atto 15 marzo e memoria 9 maggio 2019, ed hanno chiesto in via preliminare, come si è detto, l’estromissione del Ministero dal processo e nel merito la reiezione dell’appello, difendendo le motivazioni della sentenza impugnata.

11. Con atto 11 marzo 2020, si sono costituite per chiedere l’accoglimento dell’appello le associazioni di cacciatori che già avevano fatto intervento in I grado; con successiva memoria 29 marzo 2023 hanno precisato la loro posizione. Hanno infatti spiegato che l’atteggiamento dell’ISPRA, il quale non calcola le piccole quantità prelevabili, sarebbe reiterato e sistematico e non riguarderebbe solo il caso in esame. Ciò in primo luogo contrasterebbe con un preciso suo obbligo che discenderebbe sia dalla legge nazionale, ovvero dall’art. 7 della l. 157/1992, che ne prevede le funzioni, sia dalle norme europee, segnatamente dall’art. 10, comma 1, della direttiva, per cui gli Stati membri devono in particolare svolgere ricerche sulla influenza dei metodi di prelievo sulla popolazione degli uccelli. Questo atteggiamento sarebbe poi inspiegabile, perché, da un lato, l’Italia sarebbe l’unico Stato membro a non rendere disponibili questi calcoli, dall’altro, perché le metodologie di calcolo dell’ISPRA, quando in concreto esercitate, sarebbero state ritenute corrette in sede europea, come risulterebbe dal caso deciso da Corte di Giustizia UE 11 ottobre 2010 C 164/09, relativa ad un prelievo di uccelli eccessivo nella Regione Veneto. Concludono pertanto osservando che tutto quanto l’ISPRA dovrebbe fare è calcolare “le piccole quantità attenendosi alle indicazioni predisposte in modo chiaro e dettagliato dalla medesima Commissione europea nella Guida” (memoria 29 marzo 2023 p. 6 in fine).

12. Con memoria 3 aprile 2023, la Regione ha ribadito le proprie tesi.

13. All’esito della pubblica udienza del giorno 4 maggio 2023, il Collegio, con ordinanza 22 maggio 2023 n.5057, ha rilevato ai sensi dell’art. 73 comma 2 c.p.a. la possibile improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, essendo l’atto impugnato relativo ad una stagione di caccia ormai trascorsa.

14. Con memoria 19 giugno e replica 26 settembre 2023 per la Regione e con memoria 26 settembre 2023 per le associazioni, le parti interessate hanno dedotto un persistente interesse al ricorso, sia a fini risarcitori, sia perché l’interesse è quello di obbligare l’ISPRA ad esercitare le proprie competenze.

15. Alla pubblica udienza del giorno 21 dicembre 2023, la Sezione ha trattenuto la causa in decisione.

16. Preliminarmente, va dichiarata in via formale, così come in dispositivo, l’estromissione dal processo del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ora Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, che si è costituito proprio a tal fine. Va infatti osservato che il Giudice di I grado ha dato atto, in modo del tutto corretto, che il Ministero in questione è estraneo al processo, dato che non ha adottato l’atto impugnato, né è destinatario di alcuna domanda giudiziale; fatto questo rilievo ha però omesso di trarne la necessaria conseguenza, dato che nel dispositivo della sentenza impugnata l’estromissione non è stata disposta.

17. Sulla questione della possibile improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse sollevata d’ufficio nei termini di cui si è detto, il Collegio osserva poi, alla luce di quanto replicato dalle parti sul punto, che l’improcedibilità non sussiste.

17.1 Come è noto, secondo l’art. 34 comma 3 c.p.a., “Quando, nel corso del giudizio, l'annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l'illegittimità dell'atto se sussiste l'interesse ai fini risarcitori”. Come rilevato con l’ordinanza 5057/2023 di cui sopra, nel caso di specie l’annullamento non è in effetti più utile per i ricorrenti, dato che la stagione di caccia per la quale la deroga avrebbe potuto operare è ormai trascorsa.

17.2 Peraltro, secondo l’insegnamento dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio, espresso nella sentenza 13 luglio 2022 n. 8, per provocare una pronuncia di merito sull’originaria domanda di annullamento, riqualificata per legge come domanda di accertamento dell’illegittimità dell’atto impugnato è sufficiente la mera dichiarazione dell’interesse risarcitorio richiesto dalla norma citata, dichiarazione che qui vi è stata nella memoria 19 giugno 2023 della Regione a p. 4 in fine e nella memoria 26 settembre 2023 delle associazioni.

17.3 Solo per completezza, si osserva però che una pronuncia di merito sulla domanda soddisfa anche l’interesse ad un ricorso efficace in materia valorizzato al § 3.5.47 della Guida, interesse che diversamente potrebbe rimanere non tutelato, perché i provvedimenti in materia sono necessariamente efficaci solo per una stagione di caccia e quindi per un tempo di norma incompatibile anche con una durata fisiologica del processo amministrativo.

18. Tanto premesso, nel merito l’appello, nell’unico motivo di cui esso consta, è fondato e va accolto, per le ragioni di seguito esposte.

18.1 Come correttamente sottolinea la Regione nelle proprie difese, l’art. 19 bis della l. 157/1992 assegna all’ISPRA due distinte competenze. La prima è una competenza di amministrazione consultiva e consiste nel rendere il parere sull’iniziativa delle Regioni le quali intendano attivare una deroga al divieto di cacciare talune specie di uccelli. Il parere in questione, così come ritenuto da giurisprudenza costante, che come tale non richiede puntuali citazioni, nel silenzio della legge va poi qualificato come obbligatorio, ma non vincolante. Di conseguenza, la Regione che lo richiede non ha in linea di principio alcun interesse ad impugnare avanti il Giudice amministrativo un parere negativo, dato che esso non provoca l’arresto del procedimento: la Regione stessa, motivando sul punto, se ne può discostare e disporre ugualmente la deroga in questione.

18.2 L’art. 19 bis assegna poi all’ISPRA anche una competenza di amministrazione attiva, quella di determinare, per tutto il territorio nazionale, la “piccola quantità” cacciabile degli uccelli per cui si vuole disporre la deroga. Si tratta di una competenza di amministrazione attiva, perché se essa non viene esercitata viene di fatto paralizzato il potere di disporre le deroghe spettante alle Regioni, le quali, quindi, diversamente che nel caso di parere negativo, hanno interesse ad impugnare un eventuale diniego in proposito.

18.3 Nel caso presente, come risulta dalla lettura della sopra richiamata istanza 20 aprile 2017 di (§ 6), la Regione ha indirizzato all’ISPRA due distinte richieste, nel senso che l’Istituto esercitasse entrambe le competenze di cui sopra, ed ha ottenuto in entrambi i casi un riscontro negativo.

18.4 Ciò posto, è corretto quanto deduce la Regione appellante, ovvero che effettivamente il Giudice di I grado ha omesso di pronunciare sulla domanda da essa presentata, domanda che aveva per oggetto non il parere negativo, ma il provvedimento di amministrazione attiva, ovvero il diniego di determinazione della piccola quantità, unico atto rispetto al quale l’interesse all’impugnazione sussiste.

18.5 Così esattamente identificato l’oggetto della domanda di merito la stessa è poi fondata e va accolta.

18.6 Il potere esercitato dall’ISPRA nel caso di specie deve ritenersi espressione di discrezionalità tecnica, sindacabile dal Giudice amministrativo di legittimità nei soli casi di esiti illogici o contrastanti con la realtà di fatto accertata e, più in generale, con il principio di ragionevolezza tecnica. Nel caso di specie, poi, l’illogicità va apprezzata non soltanto in base alle regole generali del comune buon senso, ma anche con riferimento alle regole specifiche fissate dalla Guida di cui si è detto e alla quale lo stesso provvedimento impugnato dichiara di volersi attenere.

18.7 Tanto premesso, ad avviso del Collegio, l’illogicità sussiste. Così come si è detto sopra, l’ISPRA ha motivato il diniego di determinazione della piccola quantità con due argomenti: in primo luogo, ha sostenuto che ciò sarebbe impossibile per la gran parte delle specie di Passeriformi, in particolare per quelle migratrici cui si riferisce la richiesta di deroga; in secondo luogo, ha richiamato la procedura di infrazione numero 2006/2131 a carico dello Stato italiano.

18.8 Nessuna di queste due argomentazioni, peraltro, deve ritenersi congrua. Sul primo punto, come si è detto, la Guida contiene un’affermazione contraria nel senso che, come si ricava dal § 3.5.41, di essa le specie migratrici non sono affatto escluse a priori dalla deroga. Non è dato quindi capire, e in ciò consiste l’illogicità, perché nel caso di specie l’ISPRA abbia ritenuto diversamente. Le affermazioni dell’ISPRA sul secondo punto sono poi a loro volta illogiche, dal momento che nemmeno è spiegato per quali ragioni la procedura di infrazione citata impedisca, o renda in qualche modo più gravoso, esercitare la competenza richiesta.

18.9 Ciò che l’ISPRA avrebbe dovuto invece fare è dare effettiva applicazione ai criteri di cui alla Guida e determinare di conseguenza la piccola quantità, ovvero spiegare, sempre con riferimento a quei criteri, per qual motivo la determinazione non fosse in concreto possibile.

19. In questi sensi e limiti l’appello va quindi accolto e di conseguenza, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di I grado, con accertamento ai soli fini dell’eventuale giudizio risarcitorio dell’illegittimità dell’atto impugnato nella parte in cui non ha determinato la “piccola quantità” di cui all’art. 19 bis, comma 3 ,seconda parte della l. 11 febbraio 1992 n.157.

20. La particolarità e novità della questione trattata, sulla quale non constano precedenti di giurisprudenza editi negli esatti termini, è giusto motivo per compensare per intero fra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto (ricorso n.2061/2019), così provvede:

a) in via preliminare, dichiara l’estromissione dal processo del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ora Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica;

b) nel merito, accoglie l’appello e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di I grado (T.a.r. Liguria n. 630/2017 R.G.) ed accerta ai sensi dell’art. 34, comma 3, c.p.a. l’illegittimità della nota ISPRA 31 maggio 2017 n. 26747/T – A61 quanto al diniego di determinare la piccola quantità di cui all’art. 19 bis comma 3 seconda parte della l. 11 febbraio 1992 n.157;

c) compensa per intero fra le parti le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 dicembre 2023 con l'intervento dei magistrati:

Vincenzo Lopilato, Presidente FF

Francesco Gambato Spisani, Consigliere, Estensore

Silvia Martino, Consigliere

Luigi Furno, Consigliere

Paolo Marotta, Consigliere