Consiglio di Stato Sez.VI n. 9167 del 23 ottobre 2023
Urbanistica.Opere precarie

La natura precaria di un manufatto, non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all'opera dal costruttore, ma deve ricollegarsi all'intrinseca destinazione materiale di essa a un uso realmente precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, non essendo sufficiente che si tratti eventualmente di un manufatto smontabile e/o non infisso al suolo. La precarietà dell'opera, che esonera dall'obbligo del possesso del permesso di costruire, ai sensi dell'art. 3, comma 1, lettera e. 5, D.P.R. n. 380 del 2001, postula infatti un uso specifico e temporalmente delimitato del bene e non ammette che lo stesso possa essere finalizzato al soddisfacimento di esigenze (non eccezionali e contingenti, ma) permanenti nel tempo. Non possono, infatti, essere considerati manufatti destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee quelli destinati a un'utilizzazione perdurante nel tempo, di talché l'alterazione del territorio non può essere considerata temporanea, precaria o irrilevante

Pubblicato il 23/10/2023

N. 09167/2023REG.PROV.COLL.

N. 00495/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 495 del 2020, proposto da
Lanari Ennio & Co. S.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Enrico Ioannoni Fiore, Fabrizio Antenucci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Tortoreto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Patrizia Cartone, Luisa Ebe Russo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo (Sezione Prima) n. 00276/2019, resa tra le parti, concernente ordinanza demolizione opere abusive


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Tortoreto;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 16 ottobre 2023 il Cons. Davide Ponte e uditi per le parti gli avvocati Iannoni Fiore Enrico e Antenucci Fabrizio in collegamento da remoto attraverso videoconferenza, con l'utilizzo della piattaforma "Microsoft Teams".

Viste le conclusioni delle parti come da verbale.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.La Società Lanari Ennio & Co. s.n.c., concessionaria di un tratto di lido costiero del Comune di Tortoreto ove è stata autorizzata a realizzare uno stabilimento balneare e una discoteca, impugnava innanzi al Tar Abruzzo l’ordinanza 11.2.2019 n. 5/19 prot 4126 con la quale il Comune concedente aveva ordinato la demolizione di diversi manufatti realizzati all’interno del perimetro della concessione su un’area demaniale, compresa nei trecento metri dalla linea di costa, come tale soggetta al vincolo paesaggistico di cui all’art. 142 del d.lgs. n. 42/2004.

2. A sostegno del ricorso di primo grado, la Società lamentava in particolare che le opere contestate sarebbero amovibili, alcune assentite con permesso di costruire e dotate di autorizzazione paesaggistica, altre prive d’impatto visivo che non potrebbero essere considerate opere edilizie ai sensi dell’art. 3 del d.P.R n. 380/2001, in quanto meri elementi d’arredo, altre ancora già smantellate e comunque autorizzate dall’art. 4 comma 1 bis dell’ordinanza balneare regionale adottata con determinazione DPH 002/076 del 20/3/2018, in quanto adibite a ricovero invernale degli arredi estivi e altre, infine, necessarie per la raccolta differenziata dei rifiuti o per consentire ai disabili di fruire della struttura.

Resisteva in giudizio il Comune di Tortoreto.

Il Tar Abruzzo, con la sentenza impugnata respingeva il ricorso.

La sentenza veniva appellata dalla Società innanzi al Consiglio di Stato, con la deduzione di un unico motivo.

Alla pubblica udienza di smaltimento del 16 ottobre 2023 la causa passava in decisione.

DIRITTO

L’appellante sostiene che, diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, le opere contestate non potrebbero essere definite come “opere edilizie” trattandosi, con riferimento ai pergolati ed ai chioschi, di manufatti non stabilmente ancorati al suolo e, durante la stagione invernale di chiusura dello stabilimento balneare, spostati nelle zone più riparate dell’area in concessione (per i pergolati) o adibiti a ricovero attrezzi (chioschi).

I pergolati ed i chioschi rientrerebbero, comunque, nei “gazebi” assentiti con precedenti permessi di costruire, in quanto trattasi di diverse denominazioni date agli stessi manufatti.

Inoltre, le dette strutture (in particolare i chioschi, che potrebbero rivelarsi maggiormente impattanti) sarebbero state debitamente autorizzati anche sotto il profilo paesaggistico in quanto per i “chioschi in legno”, esistevano titoli autorizzativi (Autorizzazione paesaggistica e Concessione Demaniale) che prescrivevano dette opere come “stagionali” e, pertanto, destinate, secondo il parere della Soprintendenza MIBACT, ad essere rimosse a fine stagione.

L’appello è infondato

La lett. e.5) dell’art. 3 DPR 380/2001, nell’elencare tutte le opere definibili quali “nuove costruzioni”, testualmente recita “[sono comunque da considerarsi tali] l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, ad eccezione di quelli che siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee o siano ricompresi in strutture ricettive all’aperto per la sosta e il soggiorno dei turisti, previamente autorizzate sotto il profilo urbanistico, edilizio e, ove previsto, paesaggistico, in conformità alle normative regionali di settore”.

Come affermato dalla giurisprudenza, la natura precaria di un manufatto, non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all'opera dal costruttore, ma deve ricollegarsi all'intrinseca destinazione materiale di essa a un uso realmente precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, non essendo sufficiente che si tratti eventualmente di un manufatto smontabile e/o non infisso al suolo". Nello stesso senso, viene chiarito che "la precarietà dell'opera, che esonera dall'obbligo del possesso del permesso di costruire, ai sensi dell'art. 3, comma 1, lettera e. 5, D.P.R. n. 380 del 2001, postula infatti un uso specifico e temporalmente delimitato del bene e non ammette che lo stesso possa essere finalizzato al soddisfacimento di esigenze (non eccezionali e contingenti, ma) permanenti nel tempo. Non possono, infatti, essere considerati manufatti destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee quelli destinati a un'utilizzazione perdurante nel tempo, di talché l'alterazione del territorio non può essere considerata temporanea, precaria o irrilevante (in tal senso: Consiglio di Stato, VI, 3 giugno 2014, n. 2842)" (cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. VI, 31 ottobre 2022 n. 9389).

Nel caso di specie non può dirsi che i manufatti in questione siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee, posto che, nel periodo invernale, per stessa ammissione dell’appellante, il loro uso veniva convertito in ricovero attrezzi e quindi prolungato nel tempo.

Rientrando quindi nel concetto di nuova ingombro realizzato in area soggetta a vincolo paesaggistico, era necessario il previo rilascio del permesso di costruire.

Inoltre, come correttamente osservato dal primo giudice non vi è prova che i “gazebi” assentiti con i permessi di costruire n. 17/2007 e n. 50/2014 e le relative concessioni demaniali suppletive si riferiscano anche ai pergolati ed ai chioschi in legno.

In linea di diritto, occorre ribadire che in caso di vincolo paesaggistico sull'area, qualsiasi intervento edilizio che risulti idoneo ad alterare il pregresso stato dei luoghi deve essere preceduto da autorizzazione paesaggistica, in sua assenza della quale è soggetto a sanzione demolitoria (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI , 08/11/2021 , n. 7426), quale che sia la consistenza edilizia.

Le spese del presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna parte appellante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio in favore di parte appellata, liquidate in complessivi euro 3.000,00) oltre accessori dovuti per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 ottobre 2023 con l'intervento dei magistrati:

Oreste Mario Caputo, Presidente FF

Giordano Lamberti, Consigliere

Davide Ponte, Consigliere, Estensore

Roberta Ravasio, Consigliere

Annamaria Fasano, Consigliere