TAR Lombardia (BS) Sez. I n.1111 del 9 agosto 2016
Ambiente in genere.Coltivazione delle cave

La fase programmatoria tesa a regolare l’iniziativa economica di coltivazione delle cave è connotata da profili di ampia discrezionalità nell’individuazione dei siti utilizzabili per l’esercizio delle attività estrattive. In termini più specifici, la predisposizione e l’approvazione del Piano cave costituiscono evidente espressione di potestà pianificatoria, destinata ad approdare in un atto di natura generale a fronte del quale il privato non può avere alcuna pretesa giuridicamente tutelata circa l’inserimento di aree di proprio interesse negli ambiti estrattivi, salvo che – dall’esame del percorso motivazionale – emerga che la sfera di discrezionalità dell’autorità pubblica sia stata esercitata in modo incongruo o contraddittorio, anche rispetto a segmenti procedimentali pregressi.



Pubblicato il 09/08/2016

N. 01111/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00028/2016 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 28 del 2016, proposto da:
Cava Santo Stefano Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Aldo Coppetti C.F. CPPLDA71E29A794W, con domicilio eletto presso Claudia Brioni in Brescia, via V.Eman.Ii, 60 (Fax=030/2939054);

contro

Regione Lombardia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Marco Cederle C.F. CDRMRC60C29F205A, con domicilio eletto presso Donatella Mento in Brescia, via Cipro, 30;
Provincia di Bergamo, non costituitasi in giudizio;

nei confronti di

Isc Sas di Sonzogni Fabio e C., non costituitasi in giudizio;

per l'annullamento

- DELLA DELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO REGIONALE 29/9/2015 N. X/848, PUBBLICATA SUL BURL 16/10/2015 N. 42, AVENTE PER OGGETTO IL “PIANO CAVE PROVINCIALE DI BERGAMO – SENTENZE N. 1927/2012 E 611/2013 DEL TAR BRESCIA” E RELATIVI ALLEGATI, NELLA PARTE IN CUI PREVEDONO – CON RIGUARDO ALL’ATEg5 DI CALCINATE – LO STRALCIO DELLA PARTE DI VOLUMETRIA RICOMPRESA NEL PERIMETRO INDIVIDUATO CON DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE 4/8/2011 N. IX/2151;

- DI OGNI ALTRO ATTO CONNESSO E CONSEQUENZIALE E IN PARTICOLARE LA RELAZIONE TECNICA, L’ALLEGATO “A” DELLE NTA (SCHEDE E CARTOGRAFIE), L’ALLEGATO “B” DELL’ALLEGATO III, IL RAPPORTO AMBIENTALE E LO STUDIO DI INCIDENZA, IL DECRETO “VIC”, IL PARERE DEL COMITATO TECNICO CONSULTIVO, GLI ALLEGATI 7 E 8 ALLA D.C.R. N. X/848 DEL 29/9/2015, LA DETERMINAZIONE 23/12/2014 N. 5.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Lombardia;

Viste le memorie difensive e tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 luglio 2016 il dott. Stefano Tenca e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La ricorrente Cava S. Stefano Srl è un operatore storico che esercita dal 1996 attività estrattiva di sabbia e ghiaia presso l’ATE di Calcinate, attualmente nominato ATEg5. La Società è nata dal conferimento di ramo d’azienda da parte di Colosio Spa (già in concordato preventivo), la quale aveva incorporato nel 2011 Quadrifoglio Srl. Quest’ultima, con riferimento alle previsioni estrattive racchiuse nel Piano cave approvato dall’autorità regionale nel 2008, aveva ottenuto da questo T.A.R. la sentenza favorevole 22/4/2010 n. 1606. Riferisce la ricorrente che, dopo il passaggio in giudicato della pronuncia e le intese raggiunte con gli altri cavatori, la Regione – con la deliberazione giuntale 4/8/2011 n. IX/2151 – stabiliva di ottemperare alla sentenza concedendo l’ampliamento dell’ATEg5 con un aumento della produzione prevista pari a 1.500.000 mc. e riserve residue di 500.000 mc., per un totale di 2.000.000 di mc.

Il progetto per la gestione produttiva della cava veniva però sospeso in attesa delle determinazioni della Provincia. In particolare, sulle vicende dell’ATE interferiva la sentenza della sez. II di questo T.A.R. 10/12/2012 n. 1927, con la quale il Piano cave veniva annullato, sia per mancanza di VAS (valutazione ambientale strategica) che per carenza di istruttoria, assumendo che le modifiche sostanziali introdotte durante l’iter istruttorio regionale fossero illegittime, poiché avrebbero dovuto implicare un nuovo coinvolgimento sia dell’Autorità provinciale, sia degli Enti e organi consultivi che avevano espresso il proprio parere durante l’iter istruttorio.

La Provincia a quel punto sospendeva l’istruttoria di tutti i Piani di gestione non ancora approvati, tra cui quello di interesse della ricorrente. Con la sentenza di ottemperanza 25/6/2013 n. 611 questo T.A.R. statuiva (punto 10) che <<Per il resto il Collegio ritiene possibile dare attuazione alla propria pronuncia esecutiva in sostanziale conformità alle ulteriori istanze di parte ricorrente, tenendo conto di tutte le sentenze già citate che definiscono i contorni giuridico-fattuali della vicenda. A questo fine appare opportuno coinvolgere sia il direttore generale dell’Area Ambiente, Energia e Reti, sia il dirigente dell’unità organizzativa attività estrattive e di bonifica della Regione Lombardia (già incaricati con la sentenza in ottemperanza 28/1/2013 n. 92, appellata, avente ad oggetto l’ATE g5), i quali – investiti dei poteri del Commissario ad acta – dovranno intraprendere il seguente percorso:

• verificare la fattibilità anche in questa fattispecie della procedura intrapresa nei confronti del Piano cave della Provincia di Varese, analogamente a quanto disposto con la deliberazione giuntale n. IX/4851 del 13/2/2013;

• eventualmente nell’ambito del procedimento sopra descritto, sottoporre la versione definitivamente approvata del Piano cave agli organi consultivi della struttura regionale;

• monitorare la procedura di approvazione, che dovrà concludersi con un provvedimento espresso.

L’adeguamento della nuova pianificazione dovrà tenere conto dei progetti già approvati dalla Provincia, delle istruttorie in corso e dei diritti nascenti dalle sentenze passate in giudicato. Medio tempore è possibile il rilascio di autorizzazioni temporanee per l’esercizio delle attività estrattive di cava agli operatori, che abbiano ancora disponibilità di materiale in base ai previgenti Piani Cave provinciali, salvo rientrare nella verifica di VAS sopra citata. E’ possibile altresì la proroga delle autorizzazioni già rilasciate agli operatori nelle aree e con i volumi previsti dai previgenti citati Piani Cave. Le autorizzazioni (anche in proroga) potranno essere rilasciate dall’autorità provinciale su delega (e sotto la supervisione) dei Commissari>>.

La proposta del nuovo Piano cave risultava del tutto insoddisfacente per la ricorrente, dal momento che venivano stralciate aree per una superficie di 42.365 mc., con azzeramento delle riserve. Cava S. Stefano presentava motivate osservazioni, tese a ottenere il ripristino della perimetrazione e della volumetria già riconosciute con la deliberazione della Giunta regionale 4/8/2011 n. IX/2151. La sollecitazione veniva accolta soltanto parzialmente nella proposta di Piano trasmessa al Consiglio regionale, valutando la riperimetrazione compatibile “secondo i limiti del progetto in istruttoria, tale da rendere comunque congruenti la produzione decennale con la superficie, …”. Precisa la ricorrente che l’ATEg5 è stato escluso dalla valutazione di incidenza ed è estraneo ai siti rilevanti di Natura 2000 e della Rete Ecologica Regionale. La relazione istruttoria (doc. 26, pagina 48) concludeva con la proposta di individuare una perimetrazione finale dell’ATE più compatta, sotto il profilo morfologico, rispetto a quella proposta, anche allo scopo di non interferire con i recettori individuati.

Con gravame ritualmente notificato e tempestivamente depositato presso la Segreteria della Sezione la ricorrente impugna i provvedimenti in epigrafe, deducendo i seguenti motivi di diritto:

a) Eccesso di potere per carenza di motivazione sullo scostamento dalle previsioni della deliberazione regionale 4/8/2011, elusione della sentenza n. 611/2013 e dell’ordinanza n. 953/2014 del T.A.R. Brescia, elusione del principio di affidamento e proporzionalità, dato che:

- sono state modificate in pejus le previsioni della deliberazione regionale, stralciando una parte essenziale delle aree in disponibilità della Cave S. Stefano (comprendente l’ampliamento in lato sud-est e le aree per lo stoccaggio di aggregati e MPS – si veda doc. 31);

- l’amministrazione ha indebitamente inciso sull’assetto cristallizzatosi all’esito della procedura di ottemperanza alla sentenza n. 1606/2010 di questo T.A.R., tenuto conto che l’ordinanza 953/2014 di questa Sezione stabiliva vincoli stringenti alle scelte volte a ridimensionare i quantitativi estraibili riconosciuti dai provvedimenti esecutivi di decisioni coperte dal giudicato, dovendo le stesse risultare strettamente necessarie ed essere motivate in modo esaustivo;

- l’ATEg5 non è interessato da criticità di natura ambientale;

b) Eccesso di potere per erroneità dei presupposti e difetto di istruttoria, violazione della sentenza di questo T.A.R. n. 611/2013 e dell’ordinanza 953/2014, eccesso di potere per manifesta illogicità e contraddittorietà con i criteri generali di valutazione delle osservazioni, inosservanza degli artt. 6 e 35 della L.r. 14/98, visto che:

- la nuova perimetrazione non consente l’estrazione dei volumi di Piano stabiliti in 3.750.000 mc. (con riduzione a 3.640.000 mc.), i quali diminuiscono ulteriormente e sensibilmente alla luce delle fasce di rispetto e nell’ipotesi di mancato perfezionamento degli accordi con ENEL e Telecom;

- non corrisponde al vero che il nuovo contorno dell’ATE rispecchi il progetto in istruttoria (doc. 34), e neppure che sia più compatto, risultando viceversa particolarmente segmentato;

- sono generici i riferimenti all’esigenza di minimizzare il consumo di suolo nelle aree agricole e alla necessità di tenere a distanza i recettori sensibili, stante la pacifica estraneità ai siti di Rete Natura 2000, alle Zone di Protezione Speciale, ai Siti di Importanza Comunitaria, alla Rete Ecologica Regionale e ai varchi;

- la previsione di PGT del Piano attuativo a destinazione artigianale-industriale è successiva alla D.G.R. 2151/2011;

- quanto allo stralcio nella porzione sud, la Cascina Boschetto versa in stato di abbandono assoluto (doc. 35), mentre per la Cascina Boschettino in lato est già il progetto di gestione produttiva del 2012 prevedeva il mantenimento di una distanza congrua (90 metri), oltre a opere di mitigazione del tutto soddisfacenti;

- le citate distanze sono state incrementate quando per la Cascina Passino la Regione ne ha prevista (contraddittoriamente) la riduzione;

- la scelta contrasta con il criterio generale per le osservazioni n. 7, che stabilisce l’ammissibilità delle richieste di ripristino del perimetro ove motivate, documentate per situazioni prive di criticità ambientali e accompagnate da provvedimenti autorizzatori in essere;

- nelle aree di interesse la riduzione dei volumi estrattivi è pari al 30% (passando da 1.470.464 mc. a 546.513 mc. – cfr. pag. 12 della memoria finale);

- è incomprensibile la decisione di stralciare l’area a sud – già da anni utilizzata per lo stoccaggio di inerti e delle materie prime secondarie (M.P.S.) prodotte con l’attività di recupero di rifiuti non pericolosi (assentita da anni e prevista nel progetto di gestione produttiva già depositato in precedenza) – che provoca un immotivato pregiudizio; è violato anche il criterio generale n. 4 poiché le istanze di inserimento delle aree impianti e stoccaggio erano state individuate con specifici elaborati tecnici;

- è illegittimo l’azzeramento delle riserve residue (già quantificate in 500.000 mc. nella deliberazione 2151/2011), in contrasto con il criterio generale n. 5 (la presenza di volumi è attestata chiaramente dal predetto provvedimento regionale), mentre la Regione motiva limitandosi a rappresentare una futura revisione del Piano (senza mettere in dubbio la presenza di materiale disponibile);

- è altresì illegittima la prescrizione di una distanza di 100 metri, quale fascia di rispetto da abitazioni e recettori in generale; in lato sud la cascina Boschetto è in stato di totale abbandono, in lato est già il progetto di gestione produttiva del 2012 prevedeva 90 metri, mentre per la Cascina Campagna i terreni da destinare all’attività sono stati concessi in affitto proprio dai residenti;

c) Violazione degli artt. 6 comma 1 e 2 della L.r. 14/98 e dell’art. 41 della Costituzione, dal momento che i criteri normativi per la formazione dei Piani cave impongono di tenere conto della destinazione attuale delle aree interessate, delle aree per impianti di lavorazione e trasformazione e per stoccaggio, nonché delle attività già esistenti, in ragione degli investimenti intrapresi nel corso del tempo.

Si è costituita in giudizio l’amministrazione, chiedendo la reiezione del gravame.

Alla pubblica udienza del 6/7/2016 il ricorso veniva chiamato per la discussione e trattenuto in decisione.

DIRITTO

La Società ricorrente censura i provvedimenti con i quali l’amministrazione regionale, nell’elaborare il nuovo Piano cave, ha espunto dall’ATEg5 di Calcinate i volumi compresi nel perimetro individuato con deliberazione della Giunta regionale 4/8/2011 n. IX/2151.

1. Nel primo motivo l’esponente lamenta l’indebito vulnus alle statuizioni recate dal suddetto provvedimento regionale, il quale aveva compiutamente definito l’assetto della vicenda in ottemperanza alla sentenza n. 1606/2010 di questo T.A.R. Secondariamente, l’ordinanza n. 953/2014 di questa Sezione stabiliva vincoli stringenti ai propositi di ridimensionare i quantitativi estraibili riconosciuti da provvedimenti esecutivi di decisioni coperte dal giudicato, dovendo “risultare strettamente necessari ed essere motivati in modo esaustivo”.

La doglianza non è passibile di positivo scrutinio.

1.1 Osserva il Collegio che la sentenza di accoglimento n. 1606/2010 di questo T.A.R. aveva ravvisato – nella reiezione dell’istanza di ampliamento dell’ATEg5 a conclusione del procedimento di formazione dell’antecedente Piano cave – plurimi profili di illegittimità, riassumibili nel deficit istruttorio e motivazionale, correlati:

i. al mancato compimento dell’indagine giacimentologica, che avrebbe potuto essere facilmente sopperita con l’acquisizione della pertinente documentazione tecnica, e alla mancata esternazione delle ragioni tecniche e giuridiche elevate a sostegno del “revirement” del Consiglio regionale dopo che la Commissione consiliare – con il sostanziale consenso del Comune interessato – aveva optato per la concessione dell’ampliamento dell’ambito nella misura richiesta;

ii. all’inosservanza (senza specifica motivazione) del criterio generale che privilegia l’ampliamento delle aree già coltivate rispetto all’apertura di altri siti;

iii. all’erroneità nella stima delle riserve residue e dei quantitativi assentiti per l’ampliamento (calcolati con riferimento ad una situazione pregressa che non trovava più corrispondenza nella realtà);

iv. all’omessa giustificazione (malgrado le sollecitazioni dell’operatore) della riduzione a 12 metri della possibilità di scavo senza prevedere contestualmente l’ampliamento del perimetro dell’ambito (per la conseguente automatica compressione dei maggiori quantitativi riconosciuti).

1.2 Preme al Collegio osservare che, come già evidenziato nell’ordinanza di chiarimenti 1/9/2014 n. 953 di questa Sezione, le pronunce di accoglimento inerenti al Piano cave non racchiudevano generalmente un riconoscimento espresso di maggiori quantitativi a favore degli operatori, ma ravvisavano lacune nella fase istruttoria e nella sede motivazionale, ritenendo scorretto lo svolgimento della dinamica procedimentale. Il decisum del quale si è appena sintetizzato il contenuto dispositivo non sfugge a tale caratteristica, avendo valorizzato omissioni e carenze delle autorità regionali su questioni specifiche, ossia la mancata esternazione delle ragioni di un mutato convincimento ovvero il contrasto con linee generali di indirizzo precedenti oppure incongruenze originate dalle determinazioni conclusive. In buona sostanza, se il rispetto delle statuizioni irrevocabili involge l’apprezzamento del loro esatto contenuto, la sentenza favorevole n. 1606/2010 non ha in alcun punto sancito espressamente la spettanza di quantitativi né di altri benefici cui aspirava il titolare dell’attività economica.

1.3 Dopo questa doverosa premessa può essere esaminata la doglianza avverso gli atti gravati, nella parte in cui disattenderebbero l’indicazione di questo T.A.R. per cui i provvedimenti esecutivi di decisioni coperte dal giudicato devono risultare “strettamente necessari ed essere motivati in modo esaustivo”.

In proposito, appaiono persuasive le argomentazioni dell’Avvocatura regionale, e il Collegio è dell’opinione che non sia rinvenibile una modifica peggiorativa dei quantitativi stabiliti nel precedente provvedimento regionale di ottemperanza. Ponendo attenzione alla contestata ri-perimetrazione dell’ATEg5 e alle stesse riflessioni racchiuse nella relazione tecnica di parte (cfr. doc. 31 – nota illustrativa dell’allegato planimetrico), la determinazione volumetrica complessiva del Piano cave risulta di 3.250.000 mc. secondo la deliberazione della Giunta regionale IX/2151 del 4/8/2011, mentre è pari a 3.750.000 mc. nella deliberazione del Consiglio regionale n. X/848 del 29/9/2015. Pertanto, la rimodulazione dei confini del Piano cave ha determinato un complessivo incremento dei quantitativi estraibili, ed è questo il dato fondamentale sul quale effettuare il raffronto tra la pianificazione pregressa e quella attuale. Anche accogliendo le asserzioni del tecnico incaricato dalla ricorrente sulla riduzione provocata dalle fasce di rispetto e dai vincoli dei gestori dei servizi pubblici (peraltro soltanto allo stadio potenziale), si giunge a un dato volumetrico di 3.500.000 mc., comunque maggiore di quello anteriormente stabilito. L’esponente ha messo in evidenza la riduzione della capacità estrattiva da mc. 1.470.464 a mc. 923.951 con riferimento ai terreni di proprietà (cfr. aree 2, 3, 4 e 5 delle tabelle allegate), e tuttavia detta prospettazione non è condivisibile in quanto ogni valutazione di logicità e congruenza deve investire la dimensione dell’ATE nella sua interezza: non appare possibile offrire tutela a porzioni frazionate dei singoli ambiti, in quanto il procedimento di pianificazione – nelle sue complesse articolazioni a tutela di numerosi interessi pubblici di rilievo (economico, sanitario, ambientale, urbanistico, etc.) – si sviluppa con riferimento a ciascun ATE così come concepito e definito nei suoi esatti confini. La programmazione prescinde dalle dinamiche proprietarie (e dalle correlative eventuali frammentazioni) che trovano svolgimento all’interno dell’ambito, e che devono trovare soluzione nei rapporti privatistici intercorrenti tra gli operatori economici coinvolti. Alla luce delle considerazioni appena sviluppate, risulta (con riguardo a questa censura) priva di rilevanza la questione delle criticità ambientali dell’ATEg5.

2. Passando all’esame del secondo motivo, assai articolata (e per la quale si richiama l’esposizione in fatto), il Collegio osserva anzitutto che talune censure ivi illustrate (in particolare, quella che lamenta il vulnus del 30% dei volumi estrattivi, che passerebbero da 1.470.464 mc. a 546.513 mc.) sono già state affrontate al precedente paragrafo 1 al quale si fa integrale rinvio.

2.1 Sull’andamento del perimetro del nuovo assetto pianificatorio, dall’esame degli elaborati prodotti dalla parte ricorrente, non affiorano radicali sconvolgimenti (cfr. raffronto tra il limite dell’ATEg5 nella deliberazione regionale del 2011 – tratteggiato in rosso – e i confini attuali indicati in blu – doc. 31), rilevandosi al contrario una trasposizione delle “segmentazioni” già presenti.

2.2 Parte ricorrente si duole della genericità dei riferimenti all’esigenza di minimizzare il consumo di suolo nelle aree agricole e alla necessità di tenere a distanza i recettori sensibili, stante la pacifica estraneità dell’ATE ai siti di Rete Natura 2000, alle Zone di Protezione Speciale, ai Siti di Importanza Comunitaria, alla Rete Ecologica Regionale e ai varchi.

2.2.1 In linea preliminare è opportuno osservare che la fase programmatoria tesa a regolare l’iniziativa economica di coltivazione delle cave è connotata da profili di ampia discrezionalità nell’individuazione dei siti utilizzabili per l’esercizio delle attività estrattive (Consiglio di Stato, sez. V – 11/7/2014 n. 3573). In termini più specifici, la predisposizione e l’approvazione del Piano cave costituiscono evidente espressione di potestà pianificatoria, destinata ad approdare in un atto di natura generale a fronte del quale il privato non può avere alcuna pretesa giuridicamente tutelata circa l’inserimento di aree di proprio interesse negli ambiti estrattivi, salvo che – dall’esame del percorso motivazionale – emerga che la sfera di discrezionalità dell’autorità pubblica sia stata esercitata in modo incongruo o contraddittorio (Consiglio di Stato, sez. V – 16/4/2013 n. 2109, che ha confermato la sentenza di questo T.A.R., sez. II – 21/10/2011 n. 1448), anche rispetto a segmenti procedimentali pregressi.

2.2.2 Nella relazione istruttoria sulla compatibilità ambientale elaborata nel procedimento di VAS (doc. 26 ricorrente) sono indicati per l’ATEg5 (pagg. 47 e 48) i recettori più prossimi a nord e a nord-est (Cascina Passino e Cascina Campagna) e a sud (Cascina Boschettino, Cascina Boschetto e insediamento residenziale di Via Monte Rosa). Inoltre l’autorità regionale si diffonde sul parere espresso dal Comune di Calcinate in fase di scoping, nel quale si segnala l’ampia vulnerabilità paesaggistica del territorio, la presenza di corsi d’acqua e aree a connotazione agricola, le azioni di degrado prodotte da discariche di RSU e rifiuti speciali e dagli ATE ubicati nelle zone immediatamente a sud (presso Comuni limitrofi). Dopo aver sottolineato la situazione di precarietà paesaggistico-ambientale del territorio, l’Ente locale auspica la limitazione dell’attività estrattiva e degli ampliamenti dell’ambito, sostenendo l’opportunità di collocare unicamente i volumi corrispondenti al fabbisogno stimato.

2.2.3 E’ opinione del Collegio che il quadro fattuale descritto possa giustificare le scelte adottate dalla Regione Lombardia. Se è vero il Piano attuativo a destinazione artigianale-industriale (ulteriormente citato nel parere) è attualmente allo stadio previsionale (ed è successivo alle previsioni racchiuse nella D.G.R. 2151/2011), la situazione di estrema fragilità ambientale del territorio risulta puntualmente descritta dall’autorità competente, con l’individuazione di plurimi elementi di criticità. Parte ricorrente ha dato conto (cfr. osservazioni tecniche – doc. 43) della distanza dal fiume Serio (2 Km.) e dal torrente Zerra (400 metri), i quali tuttavia rappresentano solo alcuni dei numerosi aspetti di incidenza e vulnerabilità, e in ogni caso l’intervallo spaziale che separa l’ATE dai predetti corsi d’acqua non sembra di assoluta irrilevanza. La riflessione svolta induce a non condividere il denunciato contrasto con il criterio generale per le osservazioni n. 7, nella parte in cui stabilisce l’ammissibilità delle richieste di ripristino del perimetro ove documentate per situazioni “prive di criticità ambientali”. Anche la scelta di salvaguardare i terreni collocati a sud (ove sono presenti la Cascina Boschettino, la Cascina Boschetto e l’insediamento residenziale di Via Monte Rosa) non è irragionevole, mentre la localizzazione verso nord (ove insiste la Cascina Passino) appare il frutto di una scelta discrezionale – sostenibile e attendibile – nel giudizio di bilanciamento dei contrapposti interessi.

2.4 La decisione di prescrivere una distanza di 100 metri da abitazioni e recettori non è illogica né incongrua. Rispetto al progetto di gestione produttiva del 2012, relativamente alla Cascina Boschettino (per la quale era già individuata una fascia minima di rispetto di 90 metri) l’estensione di ulteriori 10 metri si rivela modesta e tollerabile, oltre che comprensibile nell’ottica di una migliore tutela dell’insediamento. La circostanza che, per la Cascina Campagna, i residenti abbiano espresso il proprio assenso (concedendo i terreni in affitto) non può indurre l’autorità preposta ad abdicare dal ruolo istituzionale di cura e protezione del territorio e dell’ambiente, che l’ha indotta a stabilire un distacco spaziale idoneo alla salvaguardia del bene indisponibile della salute e del benessere della collettività.

2.5 L’azzeramento delle riserve residue (rispetto ai 500.000 mc. contemplati nella deliberazione 2151/2011) non si pone in insanabile contrasto con il criterio generale n. 5 (attestazione della presenza di volumi) né con il canone di ragionevolezza. Infatti, ogni determinazione in proposito sarà assunta in occasione di una futura revisione del Piano, nel quale è stata comunque inserita una quota volumetrica di scavo consistente e immediatamente suscettibile di sfruttamento (dopo il perfezionamento delle fasi ulteriori). La Regione non mette certamente in dubbio la presenza di materiale disponibile (come sottolinea appunto la ricorrente), ma coerentemente si impegna a riesaminare la questione in sede di revisione/aggiornamento della pianificazione.

2.6 Cava S. Stefano contesta la scelta la decisione di stralciare l’area a sud, già da anni utilizzata per lo stoccaggio di inerti e delle materie prime secondarie (M.P.S.) prodotte con l’attività di recupero di rifiuti non pericolosi. Detta attività (prevista nel progetto di gestione produttiva già depositato in precedenza) risulta assentita da anni per cui la restrizione esagerata del perimetro provocherebbe un immotivato pregiudizio; sarebbe violato anche il criterio generale di esame delle osservazioni n. 4, poiché le istanze di inserimento delle aree impianti e stoccaggio erano individuate con specifici elaborati tecnici.

Contrariamente a quanto opina la difesa regionale, la situazione di fatto è stata più volte rappresentata dalla ricorrente nel corso del procedimento (cfr. docc. 23 e 28). Ciononostante, le rimostranze non risultano convincenti, in quanto non appare dimostrata l’impossibilità di ottenere il rinnovo/conversione dei titoli abilitativi necessari ancorché le aree siano collocate al di fuori del perimetro dell’ATE. In particolare, non sono stati evidenziati aggravi di spesa ovvero impedimenti burocratico/amministrativi che esporrebbero l’esponente Società a maggiori oneri per la prosecuzione dell’attività di recupero di rifiuti non pericolosi (su terreni dei quali ha disponibilità). Né le allegate autorizzazioni (doc. 36 e 37) condizionano l’esercizio dell’iniziativa economica complementare all’escavazione al mantenimento della stessa nel perimetro dell’ATE. In tale contesto, le autorità competenti dovranno rilasciare i permessi e i nulla-osta necessari verificando unicamente i presupposti normativi (tenuto conto che si tratta di un’attività già in corso). Non possono viceversa trovare valorizzazione (nella sede pianificatoria) i propositi di ampliamenti ed estensioni successive, nell’ottica di contenimento e di mitigazione segnalata al precedente paragrafo 2.2.2.

3. E’ infondata anche la terza doglianza, alla luce delle statuizioni rese sul primo e sul secondo motivo. Puntualizza il Collegio che, in ogni caso, le situazioni relative ad attività già esistenti si correlano alla deliberazione della Giunta regionale del 2011 la quale (con riguardo ai quantitativi) non aveva ancora trovato concreta attuazione per le successive vicende del Piano cave. Delle aree per impianti di lavorazione, stoccaggio e trasformazione si è già detto al precedente paragrafo 2.6.

In conclusione il gravame è infondato e deve essere respinto. La novità delle questioni e l’assoluta peculiarità delle vicende che hanno coinvolto il precedente Piano cave della Provincia di Bergamo inducono questo Tribunale a compensare integralmente le spese di lite tra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando respinge il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 6 luglio 2016 con l'intervento dei magistrati:

Alessandra Farina, Presidente

Stefano Tenca, Consigliere, Estensore

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Stefano Tenca        Alessandra Farina
         
         
         
         
         

IL SEGRETARIO