Consiglio di Stato Sez. IV n. 3024 del 2 aprile 2024
Urbanistica.Scelte urbanistiche di piano e loro motivazione

Le scelte urbanistiche di piano sono espressione di un’ampia discrezionalità di cui il Comune è titolare in materia e sono sindacabili dal Giudice amministrativo di legittimità nei soli casi di esiti abnormi ovvero manifestamente illogici, ovvero ancora contraddittori rispetto ai presupposti di fatto. Le scelte urbanistiche vanno motivate in modo specifico solo in casi molto particolari, ovvero: a) a fronte di un affidamento qualificato del privato proprietario, che derivi da convenzioni di lottizzazione ovvero da accordi di diritto privato intercorsi fra questi ed il Comune, oppure da aspettative fondate su giudicati di annullamento di titoli edilizi o di silenzio rifiuto sulla domanda di rilascio di un titolo; b) nel caso in cui sia classificata come agricola un'area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo; c) nel caso infine di sovradimensionamento delle aree destinate a standards rispetto ai parametri stabiliti D.M. 2 aprile 1968 n.1444

 

Pubblicato il 02/04/2024

N. 03024/2024REG.PROV.COLL.

N. 01660/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1660 del 2023, proposto dalla società Aragorn Npl 2018 S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Pierluigi Giammaria e Luciana Cipolla, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;

contro

il Comune di Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Paola Cozzi, Antonello Mandarano, Maria Lodovica Bognetti e Giuseppe Lepore con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Lepore in Roma, via Polibio 15;

per l’annullamento

della sentenza del T.a.r. Lombardia, sede di Milano, sez. II, 2 luglio 2022 n. 1566, che ha respinto il ricorso n. 945/2020 R.G. proposto per l’annullamento dei seguenti atti del Comune di Milano:

a) della deliberazione 14 ottobre 2019 n.34, pubblicata il giorno 5 febbraio 2020 sul Bollettino ufficiale della Regione Lombardia- BUR, serie avvisi e concorsi, n.6, con la quale il Consiglio comunale ha approvato le controdeduzioni alle osservazioni e approvato in via definitiva la variante generale al piano di governo del territorio- p.g.t.;

e di ogni atto presupposto, conseguente ovvero connesso, e in particolare:

b) della deliberazione 5 marzo 2019 n.2, pubblicata all’albo pretorio da data non precisata, con la quale il Consiglio stesso ha adottato la variante generale di cui sopra;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Milano;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 gennaio 2024 il Cons. Francesco Gambato Spisani e viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Si controverte della classificazione urbanistica di un terreno attualmente libero, di circa 3.477 mq, che si trova a Milano, ha forma rettangolare, è compreso fra le vie Apelle, Teocrito e Ranzato, corrisponde in sostanza ad un intero isolato ed è distinto al catasto di quel Comune al foglio 145, mappali 124, 352, 353, 367, 368 e 378 (fatti pacifici in causa).

2. All’epoca dei fatti, il terreno in questione era di proprietà della Nuova Im. Com. S.r.l. che lo aveva acquistato per scissione da altra società, denominata semplicemente Im. Com., con atto 9 novembre 2016, rep. n.14.663 racc. n.4.951 Notaro Nai, di Milano, registrato ivi il giorno 10 novembre 2016 al n.55199 atti pubblici e trascritto ivi all’ufficio di Milano 1 lo stesso 10 novembre 2016 ai nn. 75.334 e 50.924 (doc. 4 in I grado ricorrente). La Aragorn Npl è invece la società che ha acquistato pro soluto il 4 giugno 2018 dalle banche creditrici i crediti da esse vantati nei confronti della Nuova Im. Com. stessa (doc. 14 in I grado ricorrenti, avviso di cessione pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale; l’avviso stesso non indica nominativamente i debitori ceduti, ma il fatto storico non è contestato), sarebbe titolare di un’ipoteca non meglio identificata sui beni immobili in questione (appello, p. 10 tredicesimo rigo dal basso) e ha successivamente, il giorno 27 luglio 2021, ceduto i crediti stessi ad altra società, certa Blue Factor S.r.l. estranea a questo processo (istanza di prelievo 4 ottobre 2023 e contratto di cessione all. 2 ad essa). La Nuova Im. Com., acquirente dell’immobile, e la Aragorn Npl hanno presentato il ricorso di I grado; la sola Aragorn Npl ha però inteso presentare appello.

3. Il terreno in questione, per quanto qui interessa, è stato nel corso degli anni classificato così come segue (appello, pp. 3-6, fatti storici incontestati).

3.1 Nel piano regolatore generale- p.r.g. di Milano vigente dal 1976 al 1980, il terreno era classificato come zona omogenea B1 e quindi come zona di completamento dell’urbano, e in linea di fatto era occupata da una serie di costruzioni adibite in prevalenza a laboratori, magazzini ovvero uffici, poi abbandonati per la cessazione progressiva delle relative attività.

3.2 Per riqualificare l’area, la società che all’epoca ne era proprietaria, certa Apelle 35 S.r.l., decise allora di presentare una proposta di piano integrato di intervento- p.i.i. che prevedeva in sintesi di costruirvi tre edifici residenziali, per complessivi mq 3.337 di superficie utile, con relative opere di urbanizzazione, principalmente i relativi parcheggi sotterranei e la riqualificazione del giardino pubblico già esistente in una parte dell’area. Dopo la presentazione della proposta, alla società Apelle 35 subentrò poi, per incorporazione, la Im. Com. di cui si è detto.

3.3 Il p.i.i. era rispettivamente adottato e approvato con deliberazioni del Consiglio comunale 29 marzo 2012 n.10 nonché 8 ottobre 2012 n.42 e 11 ottobre 2012 n.45, a seguito della verifica di compatibilità ambientale, conclusasi il giorno 7 ottobre 2008, e della verifica di esclusione dalla valutazione ambientale strategica – VAS, conclusasi nel 2011.

3.4 Nelle more di questa procedura, la Im. Com., divenuta come si è detto proprietaria dell’area ha presentato una denuncia di inizio attività- d.i.a. 15 dicembre 2008 prot. n. 978660 per la demolizione dei fabbricati esistenti e per costruire due piani di parcheggi interrati non pertinenziali.

3.5 Successivamente però, la Im. Com. è entrata in crisi, è stata ammessa a procedura di concordato preventivo come da sentenza T. Milano sez. II civile 17 dicembre 2015 n.14.370 (doc. 12 in I grado ricorrenti) ed ha potuto realizzare questo programma solo in parte: ha demolito l’esistente, ma non ha realizzato alcun parcheggio e non ha neppure sottoscritto la convenzione urbanistica relativa al p.i.i.

3.6 Il p.i.i. è rimasto quindi inattuato e il Comune ne ha dichiarato la decadenza con provvedimento 17 febbraio 2014 prot. n.112937, che non consta impugnato.

3.7 Successivamente, il Comune, con deliberazioni del Consiglio 14 luglio 2010 n.25 e 22 maggio 2012 n.16 ha adottato e approvato il nuovo strumento urbanistico generale, ovvero il piano di governo del territorio-p.g.t., con il quale, per quanto qui interessa, nonostante la decadenza del p.i.i. di cui si è detto, ha classificato l’area come “pertinenza diretta” mantenendola edificabile con un indice pari a 0.35 mq/mq, incrementabile fino a 1 mq/mq.

4. Si arriva quindi alla disciplina qui in discussione, prevista dalla variante al p.g.t. rispettivamente adottata e approvata con le delibere di cui meglio in epigrafe.

4.1 Con la delibera di adozione della variante, deliberazione del Consiglio 5 marzo 2019 n.2 (doc. 3 in I grado ricorrenti), il Comune ha classificato l’area come “verde urbano di nuova previsione (pertinenza indiretta)”, cedibile al Comune stesso in cambio di un diritto edificatorio di 0,35 mq/mq di superficie ceduta, secondo il noto meccanismo della perequazione. In altri termini, l’area non è direttamente edificabile, ma consente al privato proprietario, qualora si determini a cederla volontariamente al Comune, di ricevere in cambio non una somma di danaro, ma un certo numero di diritti edificatori, espressi in metri quadri di superficie lorda di pavimento edificabile per metro quadro di terreno ceduto, diritti che può esercitare direttamente, costruendo su altre zone del territorio comunale a tal fine individuate dallo stesso strumento urbanistico, ovvero può cedere a terzi, ricavandone il controvalore economico.

4.2 Ritenendo questa classificazione svantaggiosa, la società ha quindi presentato un’osservazione (doc. 5 in I grado ricorrenti, in part. le pp. 23-24), in cui ha in sintesi richiamato tutte le vicende sin qui ricostruite, che a suo dire dimostrerebbero una vocazione edificatoria dell’area, ed ha chiesto in principalità che essa venisse riclassificata come pertinenza diretta, e quindi direttamente edificabile, con riconoscimento della volumetria degli edifici preesistenti e demoliti di cui si è detto; in subordine che essa venisse riclassificata sempre come pertinenza diretta, con un indice edificatorio di 1 mq/mq e in ulteriore subordine che le fosse riconosciuta la volumetria degli edifici preesistenti e demoliti in forma di diritti edificatori da annotare sul relativo registro comunale, con possibilità di utilizzarli sia in loco, sia in altre zone idonee.

4.3 Con la deliberazione 14 ottobre 2019 n.34 (doc. 1 in I grado ricorrenti), il Comune ha controdedotto alle osservazioni, respingendo quella presentata dalla società, e approvato la variante. Sul punto specifico dell’osservazione stessa, il Comune ha controdedotto che: “… gli uffici competenti hanno segnalato la decadenza del Programma Integrato di Intervento riguardante l'area sita tra le vie Apelle, Teocrito, Ranzato, per mancata sottoscrizione della Convenzione… Tale ricognizione ha comportato il conseguente assoggettamento delle aree alla disciplina del PGT. Considerando che l'area in esame, unita all'area a verde attrezzato posta a nord del medesimo lotto, costituirebbe un unico isolato da destinare a verde e che lo stesso isolato, oltre ad essere adiacente ad ambiti destinati a servizi, è ricompreso in una vasta area di rigenerazione ambientale, volta alla riqualificazione del costruito e alla realizzazione di spazi verdi e servizi, si è ritenuto appropriato disciplinare tale area a "Verde urbano di nuova previsione (pertinenza indiretta)". Inoltre, non si ritiene applicabile quanto previsto dall'art. 11 delle Norme di attuazione del Piano delle Regole (Edifici abbandonati e degradati)” in quanto la demolizione degli edifici insistenti sull'area è avvenuta nel 2008. Per questi motivi si propone di non accogliere l'osservazione”.

4.4 Come si precisa per chiarezza, l’art. 11 delle norme di attuazione del piano delle regole, ovvero la norma citata dalla società per chiedere il riconoscimento della volumetria degli edifici demoliti, prevede che il recupero di edifici abbandonati e degradati sia “attività di pubblica utilità e di interesse generale”, si svolga secondo le norme in esso contenute e riguardi edifici specificamente individuati in una tavola di piano, soggetta a periodico aggiornamento, specificando che deve trattarsi di “edifici dismessi da più di un anno che determinano pericolo per la sicurezza o per la salubrità o incolumità pubblica o disagio per il decoro e la qualità urbana o in presenza di amianto o di altri pericoli chimici per la salute”.

5. Con la sentenza meglio indicata in epigrafe, il T.a.r ha respinto nel merito, senza esaminare l’eccezione preliminare del Comune di cui si dirà, il ricorso presentato dalla Nuova Im. Com. e dalla Aragorn Npl contro queste delibere, ritenendo in sintesi corretto e congruo quanto da esse previsto.

6. Contro questa sentenza, ha proposto impugnazione la sola Aragorn Npl, con appello in cui premette di ritenersi legittimata all’impugnazione in quanto come si è detto cessionaria dei crediti verso la Nuova Im. Com. e quindi interessata a tutelare la propria garanzia patrimoniale e, asseritamente, ipotecaria (appello, p. 10 cit.); deduce poi tre motivi di appello, così come segue.

7. Con il primo di essi, alle pp. 11-26 dell’atto, ripropone il primo motivo di ricorso di I grado, centrato su un presunto eccesso di potere per illogicità della scelta del Comune e critica la sentenza impugnata, che non l’ha accolto.

7.1 Con il motivo di I grado in questione, le ricorrenti avevano premesso il noto e costante insegnamento giurisprudenziale, per cui le scelte urbanistiche del Comune sono ampiamente discrezionali e sindacabili dal Giudice amministrativo nei soli casi di esiti abnormi o manifestamente illogici. Avevano però sostenuto che l’illogicità nel caso di specie sussisterebbe, perché l’area sarebbe inserita “in un ampio quadrante urbano interamente connotato da esigenze di riqualificazione e recupero e completamente interessato da Ambiti di Rigenerazione (in particolare, di Rinnovamento Urbano (ARU) o di Rinnovamento ambientale) edificati e/o edificabili (pertinenze dirette), identificati dal Comune senza soluzione di continuità” (appello, p. 13 prime righe). Ciò posto, sarebbe stato illogico modificare nel senso visto la sola disciplina dell’area in questione, che sarebbe integrata con tutte le altre, come si è detto direttamente edificabili. L’illogicità, sempre a dire delle ricorrenti, sarebbe anche risultata considerando le vicende passate di cui si è detto, ovvero l’approvazione del p.i.i. poi inattuato: in tal senso “il complesso non poteva, come avvenuto, essere semplicisticamente e superficialmente qualificato come “nuova area a verde”, sulla sola base della sua attuale e contingente condizione di “non edificazione”, ma doveva invece essere apprezzato considerando che tale “non edificazione” discende dalle intercorse vicende edilizie – preliminari al p.i.i.. 2012 e ad esso funzionali – e, dunque, dalla risalente predisposizione urbanistica ed edificatoria del contesto, che anzi giustifica(va) la sua trasformazione” (appello, p. 19 prime righe).

7.2 Il Giudice di I grado ha respinto il motivo, e ritenuto che in generale le scelte urbanistiche devono essere specificamente motivate solo nel caso in cui il privato possa vantare un particolare affidamento nei confronti dell’amministrazione, ciò che nella specie non è. Ciò posto, la scelta del Comune è stata giudicata non illogica né abnorme, tenuto conto delle caratteristiche oggettive dell’area, ovvero del fatto che essa è libera, confina con un’area a verde che già esiste, è prossima ad edifici scolastici e si trova in una zona densamente popolata. Il Giudice di I grado ha in particolare escluso che il p.i.i. più volte citato possa costituire fonte di affidamento, dal momento che esso, come si è detto, non è stato attuato per fatto esclusivo del privato che lo aveva proposto.

7.3 L’appellante critica questa decisione, e sostiene che l’illogicità vi sarebbe. Sostiene infatti che le demolizioni di cui pure si è detto costituirebbero, anche per il relativo onere economico, un principio di attuazione del p.i.i. di cui l’amministrazione avrebbe dovuto tener conto, anche per il vantaggio ricavato dalla bonifica e sistemazione dell’area (appello, pp. 23-25).

8. Con il secondo motivo di appello, alle pp. 26-34 dell’atto, ripropone il terzo ed il quarto motivo del ricorso di I grado e allo stesso modo critica la sentenza impugnata, che non li ha accolti.

8.1 I motivi in questione deducevano, secondo logica, la violazione dell’art. 2 della l.r. Lombardia 28 novembre 2014 n.31, volta a limitare il consumo di suolo e a promuovere la rigenerazione urbana, e del citato art. 11 delle norme di attuazione del piano delle regole. A dire delle ricorrenti, in sintesi estrema, il Comune avrebbe dovuto tener conto della preesistenza sull’area in questione degli edifici demoliti più volte citati, e consentire di edificarvi, ovvero di conservare la relativa volumetria tramite diritti corrispondenti, al preteso scopo di favorire appunto la rigenerazione urbana.

8.2 Il Giudice di I grado ha respinto i motivi osservando, sempre in sintesi, che gli edifici in questione sono stati, come pure si è detto, demoliti da molto tempo, e che quindi non si possono applicare le norme citate, le quali presuppongono edifici degradati, ma pur sempre esistenti.

8.3 La parte appellante critica questa decisione, osservando in contrario che la consistenza degli edifici demoliti sarebbe comunque ricostruibile, ancorché secondo logica solo attraverso gli elaborati dell’intervento di demolizione, e che la demolizione eseguita dal privato fonderebbe a suo favore l’affidamento citato.

9. Con il terzo motivo, alle pp. 34-45 dell’atto, ripropone il secondo del ricorso di I grado e ancora critica la sentenza impugnata, che non lo ha accolto.

9.1 Il motivo in questione era centrato su una presunta violazione delle norme di legge statale sugli standard, che accollerebbe “alla sola area dell’appellante il compito di sostenere, quale area di “pertinenza indiretta”, pressoché l’intera dotazione di aree pubbliche/verdi dell’ampio contesto “rigenerativo” di riferimento”, con operazione che a dire della parte sarebbe illogica (p. 35 dell’atto).

9.2 Il Giudice di I grado lo ha respinto, in sintesi osservando che l’area in questione non è l’unica nella zona in cui è previsto il meccanismo perequativo, e che quest’ultimo è istituto distinto dalla dotazione di standard previsti per legge per una data area.

9.3 A dire della parte, ciò sarebbe errato, in quanto il Giudice di I grado avrebbe dovuto fare una “valutazione comparativa delle aree destinate a verde” ovvero verificare, “per un verso il rapporto ponderale tra le due aree che, insieme, comporrebbero il corredo ‘a verde’ del Complesso; per altro verso l’effettiva incidenza della scelta effettuata sugli interessi dell’appellante” (appello, p. 44 in fine).

10. Il Comune ha resistito, con atto 23 febbraio e memorie 24 febbraio e 22 dicembre 2023, ed ha chiesto che l’appello sia dichiarato inammissibile e comunque respinto nel merito.

10.1 In via preliminare, ha riproposto ritualmente l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione della Aragorn Npl, trattandosi di soggetto che non intrattiene e non ha mai intrattenuto alcun rapporto con l’amministrazione, ma si è limitata, come detto, ad acquistare crediti nei confronti della proprietaria del terreno, in base ad un rapporto soltanto privatistico, e quindi irrilevante ai fini di un’impugnazione di atti amministrativi.

10.2 Sempre in via preliminare, ha eccepito l’inammissibilità degli ulteriori documenti depositati dalla Aragorn Npl in questo grado di appello, sempre per provare la propria asserita legittimazione.

10.3 Nel merito, ha poi difeso le motivazioni della sentenza impugnata e sostenuto la logicità e coerenza della scelta urbanistica.

11. Alla pubblica udienza del giorno 25 gennaio 2024, la Sezione ha trattenuto la causa in decisione.

12. Si prescinde dall’esaminare l’eccezione preliminare di inammissibilità, dato che l’appello è manifestamente infondato nel merito, per le ragioni di seguito esposte.

13. È infondato il primo motivo di appello, centrato sul presunto vizio della discrezionalità con la quale il Comune ha espresso la scelta urbanistica contestata.

13.1 L’affermazione fatta propria dal Giudice di I grado e richiamata dalla parte appellante per cui le scelte urbanistiche di piano sono espressione di un’ampia discrezionalità di cui il Comune è titolare in materia e sono sindacabili dal Giudice amministrativo di legittimità nei soli casi di esiti abnormi ovvero manifestamente illogici, ovvero ancora contraddittori rispetto ai presupposti di fatto, è condivisa dalla costante giurisprudenza, nonché dal Collegio, e come tale non richiede puntuali citazioni.

13.2 A questo principio giurisprudenziale va aggiunto il principio ulteriore per cui le scelte urbanistiche di cui si tratta vanno motivate in modo specifico solo in casi molto particolari, ovvero: a) a fronte di un affidamento qualificato del privato proprietario, che derivi da convenzioni di lottizzazione ovvero da accordi di diritto privato intercorsi fra questi ed il Comune, oppure da aspettative fondate su giudicati di annullamento di titoli edilizi o di silenzio rifiuto sulla domanda di rilascio di un titolo; b) nel caso in cui sia classificata come agricola un'area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo; c) nel caso infine di sovradimensionamento delle aree destinate a standards rispetto ai parametri stabiliti D.M. 2 aprile 1968 n.1444: così la costante giurisprudenza, per tutte C.d.S. sez. IV 10 febbraio 2022 n.963 e 18 novembre 2013 n.5453.

13.3 Applicando questi principi al caso in esame, e contrariamente a quanto sostiene la parte appellante, nessun esito illogico è ravvisabile, né ci si trova in una situazione in cui fosse richiesta una motivazione particolarmente approfondita.

13.4 Sul primo punto, è sufficiente ripetere quanto già osservato dal Giudice di I grado, e risulta anche a semplice esame dalle immagini satellitari ricavabili dalla nota applicazione Google Earth, utilizzabili in generale come prova secondo quanto ritenuto, da ultimo, da Cass. pen. sez. II 17 ottobre 2022 n.39087. Il terreno in questione rappresenta una delle poche aree ancora libere in un quartiere densamente popolato e urbanizzato della periferia Nord di Milano e si trova in prossimità di un edificio scolastico: ciò basta a ritenere, anche in base al senso comune, non manifestamente illogica né abnorme la scelta del Comune di favorirne, con il meccanismo perequativo di cui si è detto, la destinazione a verde, che all’evidenza andrebbe a migliorare la qualità della vita degli abitanti del quartiere.

13.5 La motivazione appena esposta si deve poi ritenere sufficiente anche ritenendo che il caso in esame rientri nella fattispecie dell’area interclusa destinata a verde agricolo che, come si è detto, richiede una motivazione particolare. L’intento di dotare di uno spazio verde di apprezzabili dimensioni un quartiere in cui questi spazi scarseggiano è infatti, come si è detto, una motivazione del tutto logica e come tale non richiede particolari precisazioni.

13.6 Non ricorre invece alcuno degli altri casi in cui secondo la giurisprudenza la motivazione deve essere ancor più puntuale. Trattandosi infatti di intervento di tipo perequativo, non è intanto configurabile alcun sovradimensionamento degli standard, che come già osservato dal Giudice di I grado sono istituto diverso.

13.7 Non sussiste poi alcuna fattispecie idonea a fondare un affidamento nel senso esposto. Il privato proprietario, come è evidente, non ha ottenuto alcun giudicato di annullamento o di accertamento del silenzio rifiuto relativo a titoli edilizi a suo favore e nemmeno si può dire abbia concluso con il Comune accordi rilevanti di un qualche tipo. È infatti corretto quanto ha evidenziato il Giudice di I grado, ovvero che il p.i.i. a suo tempo approvato e relativo all’area è stato dichiarato decaduto circa cinque anni prima dell’approvazione del nuovo p.g.t., per fatto dello stesso privato interessato, che non lo aveva portato ad attuazione, e che il relativo provvedimento 17 febbraio 2014 prot. n.112937 non è stato in alcun modo impugnato. In questi termini, il privato non può, come evidente, fondare un affidamento su un effetto negativo a lui imputabile.

13.8 Questa conclusione non cambia nemmeno tenendo conto della demolizione degli edifici preesistenti eseguita nel 2008 che non può essere qualificata come attuazione del p.i.i. se non altro perché fondata su un titolo diverso, autonomamente rilasciato e non dipendente dal piano attuativo stesso.

14. È infondato e va respinto anche il secondo motivo di appello, centrato su una presunta violazione delle norme che in Lombardia intendono limitare il consumo di suolo.

14.1 Le norme citate, come si è detto, sono l’art. 2 della l.r. 31/2014 e l’art. 11 delle norme di attuazione del piano delle regole. La norma di legge regionale alla lettera e) del comma 1 definisce la “rigenerazione urbana” come “l'insieme coordinato di interventi urbanistico-edilizi e di iniziative sociali che possono includere la sostituzione, il riuso, la riqualificazione dell'ambiente costruito e la riorganizzazione dell'assetto urbano attraverso il recupero delle aree degradate, sottoutilizzate o anche dismesse, nonché attraverso la realizzazione e gestione di attrezzature, infrastrutture, spazi verdi e servizi e il recupero o il potenziamento di quelli esistenti, in un'ottica di sostenibilità e di resilienza ambientale e sociale, di innovazione tecnologica e di incremento della biodiversità dell'ambiente urbano”, ma non prescrive affatto, come osserva anche il Giudice di I grado, di destinare necessariamente a nuove edificazioni le aree abbandonate, ed anzi considera in modo esplicito gli “spazi verdi” come uno dei possibili modi di utilizzarle; non può quindi dirsi in alcun modo violata nel caso in esame.

14.2 Come già ricordato al § 4.4, l’art. 11 delle norme di piano si riferisce poi a “edifici” degradati, ma pur sempre esistenti, e non è quindi estensibile al caso di specie, in cui le preesistenze sono state demolite molti anni prima, come si è detto nel 2008, essendo irrilevante che con indagini tecniche di qualche tipo se ne possa, ovviamente in termini soltanto documentali, riconoscere la consistenza.

15. Il terzo motivo, da ultimo, è infondato, perché muove da un presupposto non corretto, ovvero che la disciplina prevista per l’area la destini a standard, mentre essa prevede, come si è detto, un diverso meccanismo, ovvero la cessione perequativa. Sostenere poi che nel prevedere questo meccanismo il Comune avrebbe dovuto, come detto sopra al § 9.3, effettuare una non meglio precisata “valutazione comparativa” è argomento non ammissibile in questa sede di legittimità, dato che chiede, in ultima analisi, di sovrapporre una scelta della parte alle valutazioni di merito del Comune.

16. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano così come in dispositivo, in misura compatibile con i valori medi previsti dal D.M. 13 agosto 2022 n.147 per una causa di valore indeterminabile e di complessità media.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto (ricorso n.1660/2023 R.G.), lo respinge.

Condanna la ricorrente appellante Aragorn Npl 2018 S.r.l. a rifondere al Comune di Milano le spese di questo grado di giudizio, spese che liquida in € 8.000 (ottomila/00), oltre al rimborso spese forfetario e agli accessori di legge, se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 gennaio 2024 con l'intervento dei magistrati:

Vincenzo Neri, Presidente

Francesco Gambato Spisani, Consigliere, Estensore

Giuseppe Rotondo, Consigliere

Michele Conforti, Consigliere

Luigi Furno, Consigliere