Consiglio di Stato Sez. IV n. 5296 del 30 maggio 2023
Urbnanistica.Determinazione del contributo di costruzione e poteri della PA

Gli atti con i quali la pubblica amministrazione determina e liquida il contributo di costruzione, previsto dall'art. 16 d.P.R. n. 380/2001, non hanno natura autoritativa, non essendo espressione di una potestà pubblicistica, ma costituiscono l'esercizio di una facoltà connessa alla pretesa creditoria riconosciuta dalla legge al Comune per il rilascio del permesso di costruire; la loro impugnazione può avvenire nel termine di decadenza di dieci anni innanzi al giudice amministrativo che è munito di giurisdizione esclusiva ai sensi dell'art. 133, comma 1, lett. f), c.p.a.


Pubblicato il 30/05/2023

N. 05296/2023REG.PROV.COLL.

N. 01709/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1709 del 2017, proposto dal Comune di Corato, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Raffaele Irmici, con domicilio eletto presso lo studio Matteo Barrea in Roma, via Centuripe 33;

contro

Cannillo S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Marco Lancieri, Domenico Tandoi, con domicilio eletto presso lo studio Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini 30;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) n. 01195/2016, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Cannillo S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 febbraio 2023 il Cons. Riccardo Carpino;

Viste le istanze di passaggio in decisione, come da verbale in atti.


FATTO e DIRITTO

La questione controversa riguarda il pagamento degli oneri di trasformazione fondiaria richiesti dal Comune di Corato alla parte appellata, Cannillo s.r.l., per l’ampliamento di un capannone industriale.

La società appellata ha presentato, in data 7 gennaio 2009, istanza ai sensi dell’art. 5 d.P.R. n. 447/98 per la realizzazione, in variante agli strumenti urbanistici vigenti, di un intervento edilizio avente ad oggetto l’ampliamento e la risistemazione del proprio stabilimento ubicato in Corato, nel quale si svolgeva attività di produzione e distribuzione di cereali per la prima colazione.

Tale istanza veniva accolta dal Comune di Corato che, in data 23.11.2011, rilasciava il permesso di costruire n. 200/11, nel quale si quantificava l’importo dovuto a titolo di oneri di urbanizzazione in € 100.849,00.

Con la sentenza del T.A.R. Puglia dell’8.8.2013 n. 1237, è stata accertata l’illegittimità dell’applicazione da parte del Comune di Corato del parametro utilizzato per la determinazione delle somme relative agli oneri di trasformazione territoriale; conseguentemente, l’appellata, con nota del 9.10.2013, ha presentato al Comune richiesta di rideterminazione degli oneri concessori, cui l’ente non ha dato riscontro.

Una volta conclusi i lavori, l’appellata, Cannillo s.r.l., trasmetteva al Comune la relativa dichiarazione, oltre a quella di agibilità, ex art. 10 d.P.R. 160/2014, rinnovando la richiesta di rideterminazione degli oneri di trasformazione territoriale, conseguente alla citata sentenza Tar Puglia n.1237/2013.

Il Comune con nota prot. n. 32190 del 9.9.2015, atto oggetto del ricorso, ha denegato la richiesta di revisione delle precedenti determinazioni in materia di applicazione degli oneri di trasformazione territoriale e non ha proceduto al rilascio del certificato di agibilità dell’edificio.

Parte appellata ha impugnato il citato provvedimento del 9.9.2015 innanzi al Tar Puglia che con la sentenza n.1195 del 14.10.2016 ha accolto il ricorso.

Il Comune di Corato propone appello per i seguenti motivi:

1. Ingiustizia ed erroneità della sentenza impugnata - Errores in procedendo e in iudicando - Inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di giurisdizione del G.A.

2. Ingiustizia ed erroneità della sentenza impugnata - Errores in procedendo e in iudicando - Inammissibilità del ricorso di primo grado per mancata impugnazione di atti presupposti - acquiescenza - decadenza - contraddittorietà - travisamento

3. Ingiustizia ed erroneità della sentenza impugnata - Errores in procedendo e in iudicando – erronea considerazione dei presupposti di fatto - contraddittorietà - travisamento

4. Ingiustizia ed erroneità della sentenza impugnata - Errores in procedendo e in iudicando

Violazione dell’art. 16, comma 4-bis, del d.P.R. 6.6.2001, n. 380, Erronea considerazione dei presupposti di fatto - contraddittorietà - travisamento

5. Ingiustizia ed erroneità della sentenza impugnata - Errores in procedendo e in iudicando - contraddittorietà - travisamento

6. (Ingiustizia ed erroneità della sentenza impugnata - Errores in procedendo e in iudicando - contraddittorietà - travisamento).

1. Con il primo motivo (Ingiustizia ed erroneità della sentenza impugnata - Errores in procedendo e in iudicando - Inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di giurisdizione del G.A.) l’appellante censura la sentenza di primo grado sotto il profilo della giurisdizione in quanto ritiene che la giurisdizione del giudice amministrativo non può estendersi al giudizio sulla legittimità della convenzione, nella parte in cui aveva stabilito il pagamento degli oneri; materia che rientrerebbe nella giurisdizione del giudice ordinario.

Il motivo è infondato.

La questione in esame coinvolge molteplici aspetti relativi alla natura del contributo ed alla natura della convenzione urbanistica, aspetti entrambi che riguardano il caso in esame.

Secondo giurisprudenza consolidata, gli atti con i quali la pubblica amministrazione determina e liquida il contributo di costruzione, previsto dall'art. 16 d.P.R. n. 380/2001, non hanno natura autoritativa, non essendo espressione di una potestà pubblicistica, ma costituiscono l'esercizio di una facoltà connessa alla pretesa creditoria riconosciuta dalla legge al Comune per il rilascio del permesso di costruire; la loro impugnazione può avvenire nel termine di decadenza di dieci anni innanzi al giudice amministrativo che è munito di giurisdizione esclusiva ai sensi dell'art. 133, comma 1, lett. f), c.p.a. (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., sent. 30.8.2018, n. 12).

Nello specifico, l’appellante inoltre ritiene che sussista il difetto di giurisdizione sulla convenzione urbanistica; ma, anche sotto questo profilo, il motivo è infondato considerato che la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo copre ogni aspetto atteso che la quantificazione degli oneri altro non è che la conseguenza della qualificazione sul piano edilizio degli atti emessi dal Comune (Consiglio di Stato sez. II, 2.2.2022 n.720; sez. IV, 7.11.2014, n.5487) (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, n.6895 del 4.8.2022).

Peraltro la convenzione urbanistica, con il concorso del privato proprietario dell'area, è una delle possibili modalità di realizzazione delle opere di urbanizzazione necessarie per dare al territorio interessato la conformazione prevista dagli strumenti urbanistici; essa va assimilata ad un accordo sostitutivo del provvedimento amministrativo, sicché le controversie che ne riguardano la formazione, la conclusione e l'esecuzione appartengono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (cfr. Cassazione civile sez. un. – 5.10.2016, n. 19914).

2. Con il secondo motivo (Ingiustizia ed erroneità della sentenza impugnata - Errores in procedendo e in iudicando - Inammissibilità del ricorso di primo grado per mancata impugnazione di atti presupposti - acquiescenza - decadenza - contraddittorietà - travisamento) l’appellante, Comune di Corato, sostiene che parte appellata non ha impugnato una serie di atti lesivi mentre l’atto impugnato sarebbe solo confermativo dei precedenti atti non impugnati.

Il motivo è infondato.

Al riguardo va preliminarmente rilevato che nella fattispecie, con sentenza del Tar Puglia dell’8.8.2013 n.1237, passata in giudicato, il giudice di primo grado ha esaminato gli atti del Comune di Corato di quantificazione delle somme dovute sulla base del Regolamento comunale recante le Linee Guida per il supporto istruttoria pratiche ai sensi dell’art. 5 d.P.R. 447/98, approvate con delibera del Commissario prefettizio n. 1/C del 4 luglio 2002.

In particolare, detta sentenza ha riguardo al punto A.5 del citato regolamento il quale prevede, per il caso di ampliamento produttivo in zone non compatibili, che siano pagati, in luogo del contributo di costruzione di cui all’art.19 d.P.R.380/2001, gli oneri di trasformazione territoriale, determinati in relazione al costo medio di infrastrutturazione primaria di aree industriali, determinati nella misura di euro 15,50/mq.

In relazione a detta previsione regolamentare, il giudice di primo grado, con autorità di giudicato, ha ritenuto insussistenti i presupposti per la quantificazione del costo di costruzione sulla base del parametro regolamentare citato.

In particolare si è ritenuto che, “pur essendo tale coefficiente riportato nelle tabelle allegate alle delibere di Giunta comunale n. 130/2011 e n. 29/2012, che hanno aggiornato i coefficienti del costo di costruzione e degli oneri di urbanizzazione, tuttavia la previsione relativa al necessario pagamento di tale contributo per il caso di ampliamento produttivo in zone non compatibili, posta alla base del provvedimento impugnato, è contenuta nel Regolamento contenente le Linee Guida SUAP adottato con la citata delibera commissariale del 2002 ma non nella successiva versione di tale Regolamento, allegata alla delibera del Consiglio comunale n. 53 del 26 novembre 2004, che non reca più traccia della precedente disposizione.“

Detta statuizione ha forza di giudicato ed esplica, come è noto, effetto anche in questo giudizio.

Va premesso che è l’amministrazione - in questo caso - ad essere inadempiente atteso che non ha dato seguito, come doveva, al giudicato discendente dalla citata sentenza Tar Puglia n. 1237/2013; nel caso che ci occupa, piuttosto, l’amministrazione appellante ha reiterato una attività in violazione della decisione giurisdizionale.

In ogni caso gli atti per i quali parte appellante ritiene necessaria l’impugnazione in alcuni casi si pongono in contrasto con il giudicato intervenuto con la citata sentenza Tar Puglia n.1237/2013 mentre in altri hanno mera valenza istruttoria.

Per mero tuziorismo, si evidenzia in particolare, circa gli atti che avrebbero dovuto essere impugnati quanto segue:

-circa la delibera commissariale n. 1/C del 4.7.2002, che aveva introdotto l’obbligo di corresponsione degli oneri di trasformazione del territorio, nei termini di cui sopra, e che parte appellante ritiene mai annullata, va rilevato, sulla base della richiamata sentenza del Tar Puglia 1237/2013, che detto criterio di determinazione era originariamente contenuto nel Regolamento contenente le Linee Guida SUAP adottato con la delibera commissariale del 2002 ma non nella successiva versione di tale Regolamento, allegata alla delibera di Consiglio comunale n. 53 del 26 novembre 2004; sulla scorta di ciò la citata decisione, con autorità di giudicato, ha ritenuto insussistenti i presupposti per la quantificazione del costo di costruzione nei termini di cui all’originaria delibera commissariale e pertanto negli stessi termini va risolta la questione in esame;

-la convenzione urbanistica stipulata il 14.9.2011, si fonda, per la parte di interesse relativa agli oneri in questione, sulla delibera commissariale n. 1/C del 4.7.2002, i cui criteri non sono più efficaci sulla scorta di quanto rilevato sopra;

-il silenzio rifiuto che parte appellante ritiene maturato sulla istanza di rideterminazione degli oneri del 9.10.2013, non trova fondamento in alcuna disposizione di legge idonea a qualificarlo tale né parte appellante la indica; a tal riguardo, come da consolidata giurisprudenza, il presupposto per l'azione giudiziale avverso il silenzio è l'esistenza di uno specifico obbligo (e non di una generica facoltà o di una mera potestà) in capo all'amministrazione di adottare un provvedimento amministrativo esplicito, volto ad incidere, positivamente o negativamente, sulla posizione giuridica e differenziata del ricorrente (cfr. Consiglio di Stato sez. V, 22.2.2021, n. 1513. Nello specifico l’istanza di rideterminazione degli oneri del 9.10.2013 si colloca all’interno di una ampia attività istruttoria svolta dal Comune appellante che ha valore di mera sollecitazione e dalla quale non conseguiva alcun obbligo giuridico di provvedere da parte della amministrazione né alcun onere di impugnazione. L’amministrazione non è infatti onerata di alcun obbligo di pronunciarsi su un'istanza volta a ottenere un provvedimento di riesame, la cui adozione è rimessa alla valutazione di merito nell’ esercizio di un potere squisitamente discrezionale; di conseguenza non sussiste neppure un potere coercibile dall'esterno mediante l'istituto del silenzio - rifiuto (cfr. Consiglio di Stato sez. V, 22.2.2021, n. 1513).

Parte appellante ritiene inoltre che la Cannillo s.r.l. avrebbe dovuto impugnare anche il provvedimento del Comune di Corato del 26.11.2014, prot. n. 41507, che ha sospeso il procedimento non essendo assolti gli obblighi nascenti dalla convenzione urbanistica.

Ad avviso del Collegio, la nota dal contenuto molteplice - invero poco chiara - ha natura istruttoria e presupponeva l’assolvimento di ulteriori adempimenti della parte appellata; la medesima si poneva peraltro in aperta violazione del giudicato nel frattempo intervenuto sulla citata sentenza Tar Puglia n. 1237/2013.

Analoga valenza istruttoria ha la nota del SUAP, prot. n. 21182 dell’8.6.2015, di ulteriore sollecito degli adempimenti che il Comune appellante riteneva a carico di parte appellata, ivi compresi quelli relativi agli oneri concessori, in violazione del giudicato discendente dalla sentenza Tar Puglia n. 1237/2013.

3. Con il terzo motivo (Ingiustizia ed erroneità della sentenza impugnata - Errores in procedendo e in iudicando - erronea considerazione dei presupposti di fatto - contraddittorietà - travisamento) l’appellante sostiene che la citata sentenza del Tar Puglia, n. 1237/13, non ha annullato gli atti regolamentari e pattizi riguardanti gli oneri in questione e che risulterebbe vigente la delibera commissariale n. 1/C del 4.7.2002 in quanto gli allora ricorrenti non avevano impugnato la citata delibera commissariale, né il Tribunale l’aveva annullata.

Parte appellante inoltre svolge alcune censure in relazione ad altra sentenza del medesimo giudice di primo grado (Tar Puglia n. 1337/2014) richiamata nella sentenza oggetto di gravame.

Il motivo è infondato ed in parte inammissibile.

Al riguardo le censure relative ad aspetti della sentenza Tar Puglia 1337/2014 sono inammissibili in quanto attengono ad una decisione che è stata confermata da questo Consiglio di Stato (sez. IV, n. 6895 del 4.8.2022), senza, peraltro, che ciò venga segnalato da parte appellante.

Il motivo è anche infondato.

Come sopra evidenziato risulta, con la sentenza Tar Puglia n.1237/2013, come i criteri di determinazione degli oneri di cui alla citata delibera commissariale non siano più vigenti e non possono legittimare in capo all’ente alcuna pretesa patrimoniale, foriera solo di contenzioso ed ulteriori oneri per l’erario.

4. Con il quarto motivo (Ingiustizia ed erroneità della sentenza impugnata - Errores in procedendo e in iudicando - Violazione dell’art. 16, comma 4-bis, del d.P.R. 6.6.2001, n. 380 Erronea considerazione dei presupposti di fatto - contraddittorietà - travisamento) l’ appellante svolge ulteriori argomentazioni in merito alla legittimità degli oneri previsti dal punto A.5 del paragrafo 3 del Regolamento, di cui alla più volta citata delibera commissariale, circa la disciplina degli oneri di trasformazione territoriale.

Il motivo è inammissibile in quanto trattasi di questione coperta dal giudicato di cui alla sentenza Tar Puglia n. 1237/2013.

5. Con il quinto motivo (Ingiustizia ed erroneità della sentenza impugnata - Errores in procedendo e in iudicando - contraddittorietà - travisamento) l’appellante censura la valutazione del giudice di primo grado sulla scorta della quale si è ritenuto che il mancato versamento degli oneri di trasformazione territoriale non abiliterebbe l’Ente a negare il rilascio del certificato di agibilità.

Il motivo è infondato.

L’esercizio delle potestà pubbliche va improntato ai canoni costituzionali della trasparenza e della buona amministrazione ed il rilascio del certificato di agibilità non può essere distorto al fine di riscuotere degli oneri determinati illegittimamente, vieppiù risultando ciò da una decisione giurisdizionale passata in giudicato.

6. Con il sesto motivo (Ingiustizia ed erroneità della sentenza impugnata – Errores in procedendo e in iudicando - contraddittorietà – travisamento) parte appellante censura l’accoglimento della richiesta di restituzione avanzata da Cannillo s.r.l., limitata a quanto risultante “all’esito del nuovo conteggio (che) risulti indebitamente versato …”.

Il motivo è infondato in considerazione di quanto sin qui argomentato; sussiste pertanto l’obbligo del Comune di procedere, nei termini di cui alla decisione oggetto di gravame, ad una nuova determinazione degli oneri con la conseguente condanna del Comune alla restituzione degli importi illegittimamente riscossi.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, rigetta l 'appello.

Condanna l’appellante al pagamento, in favore della Cannillo s.r.l., delle spese di giudizio, che liquida in complessivi €. 4.000,00 (euro quattromila/00), oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 febbraio 2023 con l'intervento dei magistrati:

Vincenzo Neri, Presidente

Silvia Martino, Consigliere

Michele Conforti, Consigliere

Emanuela Loria, Consigliere

Riccardo Carpino, Consigliere, Estensore