Corte costituzionale n. 155 del 15 luglio 2021
Oggetto: Paesaggio - Norme della Regione Siciliana - Disposizioni programmatiche e finanziarie per l'anno 2005 - Autorizzazioni a eseguire opere in zone soggette a vincoli paesistici o su immobili di interesse storico-artistico - Rilascio o diniego da parte delle competenti Soprintendenze, entro il termine perentorio di 120 giorni, suscettibile di interruzione una sola volta per richiesta di chiarimenti o integrazioni - Obbligo per gli uffici di esprimere un proprio parere entro l'ulteriore termine perentorio di 60 giorni successivi alla presentazione della documentazione richiesta, trascorsi i quali si intende reso in senso favorevole - Previsione che, trascorso il termine contemplato, l'autorizzazione si intenda favorevolmente resa, anziché disporre la necessaria emanazione, anche per interventi di lieve entità, di un provvedimento autorizzativo espresso.
Dispositivo: inammissibilità


SENTENZA N.155

ANNO 2021

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Giancarlo CORAGGIO; Giudici : Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 46, comma 2, della legge della Regione Siciliana 28 dicembre 2004, n. 17 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2005), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, nel procedimento vertente tra F. S. e la Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Messina e altro, con ordinanza del 10 dicembre 2019, iscritta al n. 44 del registro ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell’anno 2020.

Visto l’atto di costituzione di F. S.;

udita nell’udienza pubblica del 22 giugno 2021 la Giudice relatrice Daria de Pretis;

udito l’avvocato Salvatore Santonocito per F. S., in collegamento da remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 18 maggio 2021;

deliberato nella camera di consiglio del 23 giugno 2021.

Ritenuto in fatto

1.– Il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, con ordinanza depositata il 10 dicembre 2019, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 46, comma 2, della legge della Regione Siciliana 28 dicembre 2004, n. 17 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2005), in riferimento agli artt. 3, 9 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, nonché all’art. 14, lettera n), del decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito nella legge costituzionale 26 febbraio 1948, quest’ultimo in relazione all’art. 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137).

L’art. 46 dispone quanto segue: «1. Le autorizzazioni ad eseguire opere in zone soggette a vincolo paesistico o su immobili di interesse storico-artistico sono rilasciate o negate, ove non regolamentate da norme specifiche dalle competenti Soprintendenze entro il termine perentorio di 120 giorni. 2. Le competenti Soprintendenze possono interrompere i termini dei 120 giorni solamente una volta per la richiesta di chiarimenti o integrazioni. Alla presentazione della documentazione richiesta gli uffici avranno l’obbligo entro i successivi 60 giorni di esprimere un proprio parere. Trascorso il termine perentorio di cui sopra si intende reso in senso favorevole».

1.1.– Il rimettente riferisce che il giudizio a quo è stato promosso da un privato contro la Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di Messina e contro l’Assessorato regionale ai beni culturali e all’identità siciliana, al fine di chiedere l’annullamento dell’autorizzazione paesaggistica del 4 gennaio 2017, n. 39, emessa dal Dipartimento regionale dei beni culturali e dell’identità siciliana – Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di Messina. F. S., proprietario di un terreno nel Comune di Taormina, il 24 aprile 2013 aveva chiesto alla Soprintendenza un parere (recte: autorizzazione) per realizzare un complesso edilizio turistico. Il procedimento veniva sospeso perché la Soprintendenza aveva chiesto ulteriore documentazione, depositata l’11 maggio 2016. In seguito, veniva rilasciata l’autorizzazione paesaggistica del 4 gennaio 2017, n. 39, che, ritenuta insoddisfacente da F. S., veniva da questi impugnata, fra l’altro per «violazione di legge per formazione del silenzio assenso», dal momento che sulla sua richiesta di autorizzazione paesaggistica si sarebbe formato il silenzio-assenso il 10 luglio 2016, ai sensi dell’art. 46, comma 2, della legge reg. Sicilia n. 17 del 2004.

Il TAR rimettente si sofferma sulla sussistenza dell’interesse al ricorso di F. S., per la «notevole differenza» tra l’oggetto dell’autorizzazione richiesta e quello dell’autorizzazione rilasciata.

Il giudice a quo esamina poi il contenuto del citato art. 46, mettendone in evidenza la formulazione imprecisa e la non agevole interpretazione. Il rimettente aderisce all’interpretazione emersa in alcune pronunce del giudice amministrativo (citate nell’ordinanza), secondo le quali il silenzio-assenso si forma o una volta decorso il termine di 120 giorni in assenza di richiesta di integrazione (in base al comma 1), o una volta decorso il termine di 60 giorni dal deposito della documentazione richiesta (in base al comma 2). Ciò premesso, il TAR ritiene condivisibile la tesi del ricorrente secondo cui, in virtù del citato art. 46, comma 2, sulla sua istanza di autorizzazione si sarebbe formato il silenzio-assenso, giacché, anche a volerne far risalire la decorrenza alla data di consegna dell’ulteriore documentazione (11 maggio 2016), il termine di 60 giorni di cui all’art. 46, comma 2, era già scaduto al momento di adozione del provvedimento impugnato (4 gennaio 2017).

Secondo il giudice a quo, la presenza di un’«autorizzazione per silentium» e la mancanza di una sua preliminare rimozione con atto di autotutela inciderebbero sulla legittimità dell’autorizzazione rilasciata, con conseguente accoglimento del ricorso. Ciò renderebbe rilevanti i dubbi di legittimità costituzionale concernenti l’art. 46, comma 2, della legge reg. Sicilia n. 17 del 2004.

1.2.– Quanto alla non manifesta infondatezza, in primo luogo il rimettente ritiene che la Regione Siciliana, pur dotata di potestà legislativa primaria nelle materie «turismo, vigilanza alberghiera e tutela del paesaggio; conservazione delle antichità e delle opere artistiche», ai sensi dell’art. 14, lettera n), dello statuto speciale, abbia violato il limite delle norme di grande riforma economico-sociale. Rileva, inoltre, che la «tutela dell’ambiente» ricade nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.

Il TAR riporta il contenuto dell’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004 (d’ora in avanti: cod. beni culturali), osservando che «la legislazione statale non prevede alcuna ipotesi di nulla-osta paesaggistico che possa formarsi per silenzio-assenso». In particolare, rileva che, in base al comma 9 del citato art. 146, l’amministrazione competente può prescindere dal parere del soprintendente, se questi non lo rilascia entro 60 giorni dalla ricezione degli atti, mentre non è prevista la possibilità di prescindere dal provvedimento espresso dell’autorità competente. Inoltre, lo stesso art. 146, comma 9, pur prevedendo procedure semplificate per il rilascio dell’autorizzazione in relazione ad interventi di lieve entità, tiene ferme le esclusioni di cui agli artt. 19, comma 1, e 20, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), cioè l’esclusione del silenzio-assenso nei «procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la tutela dal rischio idrogeologico, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, l’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità». Coerentemente, il d.P.R. 13 febbraio 2017, n. 31 (Regolamento recante individuazione degli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata), contemplerebbe, per gli interventi di lieve entità, il silenzio-assenso in relazione al parere del soprintendente ma non per il provvedimento autorizzativo.

Il rimettente riferisce che, secondo la sentenza n. 172 del 2018 di questa Corte, gli artt. 143 e 146 cod. beni culturali sarebbero norme di grande riforma economico-sociale, e dubita della legittimità costituzionale del censurato art. 46, comma 2, non tanto per la semplice difformità rispetto alla disciplina statale, quanto piuttosto per il fatto che la disposizione censurata «determina un sensibile abbassamento del livello di tutela dei valori paesaggistici e ambientali rispetto a quello garantito dalle norme nazionali». Infatti, essa ammetterebbe che l’autorizzazione si formi per effetto del semplice passaggio del tempo, in assenza di una concreta valutazione dei valori sopra indicati.

Il TAR ricorda che, per ragioni simili, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 8 della legge della Regione Siciliana 6 maggio 2019, n. 5 (Individuazione degli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata), il cui comma 6 stabilisce quanto segue: «[t]rascorsi sessanta giorni senza che la Soprintendenza ai beni culturali ed ambientali abbia adottato il provvedimento richiesto si forma il silenzio assenso».

Il rimettente ritiene, dunque, non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 46, comma 2, della legge reg. Sicilia n. 17 del 2004, nella parte in cui prevede il silenzio-assenso per l’autorizzazione ivi disciplinata, «anziché prevedere comunque la necessità di emissione di un provvedimento autorizzativo espresso».

1.3.– Inoltre, il TAR dubita della conformità dell’art. 46, comma 2, all’art. 9 Cost., in quanto la disposizione in questione determinerebbe, solo nella Regione Siciliana, «un forte abbassamento del livello di tutela dei valori paesaggistici e ambientali». Sottolinea inoltre, da un lato, i limiti che, in base agli artt. 21-quinquies e 21-nonies della legge n. 241 del 1990, incontra il potere di autotutela relativo alle autorizzazioni tacitamente formatesi, e, dall’altro lato, il «particolare rango che deve essere riconosciuto alla tutela dell’ambiente e del paesaggio» secondo la giurisprudenza costituzionale.

1.4.– Infine, la rilevante difformità tra norme regionali e norme statali, in relazione al procedimento di autorizzazione paesaggistica, potrebbe implicare, secondo il rimettente, la violazione del principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., «non essendo rinvenibile alcuna ragione che possa giustificare una dequotazione di tale entità della tutela di quegli stessi valori che il legislatore nazionale ha inteso tutelare in modo ben più incisivo».

2.– Con memoria depositata il 4 giugno 2020 F. S. si è costituito nel giudizio di legittimità costituzionale.

La parte rileva che la Regione Siciliana ha competenza legislativa esclusiva, oltre che nelle materie «tutela del paesaggio» e «conservazione delle antichità e delle opere artistiche», in quella dell’«incremento della produzione agricola ed industriale», ai sensi dell’art. 14, lettera e), dello statuto speciale, e che pertanto il TAR avrebbe dovuto considerare, nel valutare la disposizione in questione, il «necessario contemperamento tra l’aspetto prettamente naturalistico con l’obiettivo di sviluppo economico e di incremento della produzione lavorativa».

Secondo la parte, poi, sarebbe lo stesso legislatore costituzionale a consentire che il quadro normativo siciliano possa differire da quello nazionale, in relazione al rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche, come risulterebbe dall’art. 116, terzo comma, Cost., che prevede la possibilità di attribuire «[u]lteriori forme e condizioni particolari di autonomia» (anche) nella materia di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.

Infine, la parte rimarca che il TAR avrebbe omesso di considerare l’art. 17-bis della legge n. 241 del 1990, che avrebbe previsto «un generale sistema di silenzio-assenso per nulla osta comunque denominati di amministrazioni pubbliche […], il quale è stato ritenuto ben applicabile anche in materia di accertamento della compatibilità paesaggistica di opere edilizie».

Considerato in diritto

1.– Il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, dubita della legittimità costituzionale dell’art. 46, comma 2, della legge della Regione Siciliana 28 dicembre 2004, n. 17 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2005), in riferimento agli artt. 3, 9 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, nonché all’art. 14, lettera n), del decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito nella legge costituzionale 26 febbraio 1948, quest’ultimo in relazione all’art. 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137).

L’art. 46 dispone quanto segue: «1. Le autorizzazioni ad eseguire opere in zone soggette a vincolo paesistico o su immobili di interesse storico-artistico sono rilasciate o negate, ove non regolamentate da norme specifiche dalle competenti Soprintendenze entro il termine perentorio di 120 giorni. 2. Le competenti Soprintendenze possono interrompere i termini dei 120 giorni solamente una volta per la richiesta di chiarimenti o integrazioni. Alla presentazione della documentazione richiesta gli uffici avranno l’obbligo entro i successivi 60 giorni di esprimere un proprio parere. Trascorso il termine perentorio di cui sopra si intende reso in senso favorevole».

Il TAR censura l’art. 46, comma 2, nella parte in cui prevede il silenzio-assenso per l’autorizzazione paesaggistica, «anziché prevedere comunque la necessità di emissione di un provvedimento autorizzativo espresso», per violazione: a) dell’art. 14, lettera n), dello statuto speciale e dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in relazione all’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004 (d’ora in avanti: cod. beni culturali), in quanto la legislazione statale non consentirebbe che l’autorizzazione paesaggistica possa formarsi per silenzio-assenso; b) dell’art. 9 Cost., in quanto la disposizione censurata determinerebbe «un forte abbassamento del livello di tutela dei valori paesaggistici e ambientali»; c) dell’art. 3 Cost., in quanto la rilevante difformità tra norme regionali e norme statali, in relazione al procedimento di autorizzazione paesaggistica, potrebbe implicare la violazione del principio di ragionevolezza, «non essendo rinvenibile alcuna ragione che possa giustificare una dequotazione di tale entità della tutela di quegli stessi valori che il legislatore nazionale ha inteso tutelare in modo ben più incisivo».

2.– Le questioni sollevate dal TAR sono inammissibili per irrilevanza.

Il giudice a quo riporta il contenuto dell’art. 146 cod. beni culturali e dell’art. 20, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), osservando che la prima disposizione «non prevede alcuna ipotesi di nulla-osta paesaggistico che possa formarsi per silenzio-assenso», e che la seconda esclude il silenzio-assenso nei «procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico». Inoltre, afferma che l’art. 146 cod. beni culturali sarebbe norma fondamentale di riforma economico-sociale, idonea a limitare la potestà legislativa primaria spettante alla Regione Siciliana in materia di tutela del paesaggio, ai sensi dell’art. 14, lettera n), dello statuto speciale. Ravvisando un contrasto tra l’art. 46, comma 2, della legge reg. Sicilia n. 17 del 2004 e le citate norme statali, il rimettente ne deduce l’illegittimità costituzionale.

Il TAR omette, però, di considerare la collocazione cronologica della disposizione censurata e delle norme interposte evocate e, di conseguenza, di affrontare la questione della vigenza della prima.

Occorre esaminare, in primo luogo, il rapporto tra la disposizione censurata e l’art. 20, comma 4, della legge n. 241 del 1990. Il testo originario di tale norma rinviava ad un regolamento successivo l’individuazione dei procedimenti soggetti al silenzio-assenso. Sulla base di quanto previsto all’art. 29 della stessa legge n. 241 del 1990, la Regione Siciliana ha adeguato ad essa il proprio ordinamento tramite la legge 30 aprile 1991, n. 10 (Disposizioni per i procedimenti amministrativi, il diritto di accesso ai documenti amministrativi e la migliore funzionalità dell’attività amministrativa), il cui art. 23, nel testo originario, prevedeva il silenzio-assenso, facendo salva la disciplina regolamentare prevista dall’art. 20 della legge n. 241 del 1990.

Il regolamento in questione, emanato con d.P.R. 26 aprile 1992, n. 300 (Regolamento concernente le attività private sottoposte alla disciplina degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241), non comprendeva i procedimenti di autorizzazione paesaggistica tra quelli soggetti al silenzio-assenso. Ciò nondimeno la disposizione censurata, introdotta con la legge reg. Sicilia n. 17 del 2004, prevedeva il silenzio-assenso nei procedimenti di autorizzazione paesaggistica (art. 46, comma 2, ultimo periodo).

Dopo pochi mesi dall’approvazione della appena citata legge regionale, l’art. 20 della legge n. 241 del 1990 veniva sostituito dall’art. 3, comma 6-ter, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35 (Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale), convertito, con modificazioni, nella legge 14 maggio 2005, n. 80. Nel nuovo testo il comma 4 dell’art. 20 stabilisce che «[l]e disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente […]». Al momento di entrata in vigore di tale disposizione, l’art. 29 della legge n. 241 del 1990 prevedeva la non diretta applicabilità della stessa legge ai procedimenti di competenza regionale e il dovere delle regioni di regolare i procedimenti in questione «nel rispetto del sistema costituzionale e delle garanzie del cittadino nei riguardi dell’azione amministrativa, così come definite dai principi stabiliti dalla presente legge».

Nel 2011 l’art. 23 della sopra ricordata legge reg. Sicilia n. 10 del 1991, di recepimento della legge n. 241 del 1990, è stato modificato dall’art. 7, comma 1, della legge della Regione Siciliana 5 aprile 2011, n. 5 (Disposizioni per la trasparenza, la semplificazione, l’efficienza, l’informatizzazione della pubblica amministrazione e l’agevolazione delle iniziative economiche. Disposizioni per il contrasto alla corruzione ed alla criminalità organizzata di stampo mafioso. Disposizioni per il riordino e la semplificazione della legislazione regionale), nei seguenti termini: «1. Trovano applicazione nella Regione le disposizioni di cui all’articolo 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modifiche ed integrazioni». Il nuovo testo del citato art. 23 ha reso dunque applicabile nella Regione Siciliana l’art. 20, comma 4, della legge n. 241 del 1990 (introdotto nel 2005), che – come visto – esclude il silenzio-assenso nei «procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico».

Dalla constatazione che si tratta di una norma di esclusione direttamente applicabile, che riguarda specificamente i procedimenti di tutela paesaggistica, si deve concludere che la sua applicazione è incompatibile con la permanente applicazione dell’art. 46, comma 2, ultimo periodo, della legge reg. Sicilia n. 17 del 2004 (che prevede il silenzio-assenso). Di conseguenza, la disposizione regionale in questione deve considerarsi abrogata a partire dal 26 aprile 2011, cioè dal momento di entrata in vigore della legge reg. Sicilia n. 5 del 2011.

In questo senso, del resto, si è orientato in varie occasioni anche il giudice amministrativo (ad esempio, TAR Sicilia, Palermo, sezione seconda, sentenze 12 aprile 2021, n. 1190, e 29 gennaio 2019, n. 230; TAR Sicilia, Catania, sezione prima, sentenze 28 dicembre 2020, n. 3589, e 24 dicembre 2020, n. 3577; Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, sezioni unite consultive, parere del 17 ottobre 2017, n. 139), pur registrandosi anche pronunce di segno opposto (ad esempio, TAR Sicilia, Palermo, sezione prima, sentenze 12 aprile 2021, n. 1150, 31 marzo 2021, n. 1021, e 14 gennaio 2020, n. 76).

Va inoltre osservato che, nel caso di specie, è mancata una valutazione del giudice a quo sulla vigenza della disposizione censurata. Il rimettente non ha dato conto né delle successive modifiche delle norme interposte evocate né dell’art. 7 della legge reg. Sicilia n. 5 del 2011 (che ha reso applicabile in Sicilia l’art. 20, comma 4, della legge n. 241 del 1990) né della giurisprudenza amministrativa che ha affrontato la questione della vigenza dell’art. 46, comma 2, ultimo periodo, della legge reg. Sicilia n. 17 del 2004.

Nel presente giudizio, dunque, questa Corte non può limitarsi ad una verifica “esterna” della valutazione della rilevanza compiuta dal giudice a quo, attenendosi al suo giudizio sulla vigenza della disposizione censurata (sentenze n. 33 del 2015, n. 272 del 2010, n. 222 del 2007, n. 153 del 1995 e n. 6 del 1970). È necessario invece rilevare d’ufficio l’intervenuta abrogazione di essa e la conseguente irrilevanza delle questioni sollevate, giacché il rimettente – affermato che, nel caso oggetto del giudizio a quo, il silenzio-assenso sarebbe maturato il 10 luglio 2016, sulla base dell’art. 46, comma 2, ultimo periodo, della legge reg. Sicilia n. 17 del 2004 – dubita della legittimità costituzionale di una disposizione (il citato art. 46, comma 2, ultimo periodo, appunto) che in realtà non è applicabile, essendo stata abrogata il 26 aprile 2011.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 46, comma 2, della legge della Regione Siciliana 28 dicembre 2004, n. 17 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2005), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 9 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, nonché all’art. 14, lettera n), del decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito nella legge costituzionale 26 febbraio 1948, quest’ultimo in relazione all’art. 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 giugno 2021.

F.to:

Giancarlo CORAGGIO, Presidente

Daria de PRETIS, Redattrice

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 15 luglio 2021.