Ancora in tema di distanze tra fabbricati e nuovo edificio
(Nota critica a Cons. Stato, sez. IV, n. 4728/2017)

di Massimo GRISANTI

La rivista Lexambiente, in data 3 ottobre 2017, ha ospitato un mio intervento critico della sentenza n. 4337/2017 del Consiglio di Stato (Pres. Vito Poli – Est. Oberdan Forlenza) in tema di distanze tra fabbricati:
http://www.lexambiente.com/materie/urbanistica/184-dottrina184/13267-urbanistica-distanze-tra-fabbricati-e-nuovo-edificio-nota-critica-a-cons-stato,-sez-iv,-n-4337-2017.html.
In quella pronuncia, il Consiglio di Stato ha stabilito che l’intervento di demolizione e ricostruzione con diversa sagoma e destinazione non doveva rispettare le distanze tra fabbricati ex art. 9 DM 1444/1968.
A distanza di soli 28 giorni dalla pubblicazione della sentenza n. 4337/2017, è stata depositata un’altra pronuncia del supremo consesso amministrativo, la sentenza n. 4728/2017 (Pres. Paolo Troiano, est. Oberdan Forlenza), decisa da un collegio diverso della IV Sezione in udienza di due mesi successiva alla prima, ma redatta dal medesimo consigliere estensore.
Quest’ultima si pone in una sorta di apparente continuità – od esplicazione postuma, manifestamente contraddittoria stante l’identità dell’intervento – della sentenza n. 4337/2017. Vi è espressamente scritto: < … Come questa Sezione ha avuto modo di osservare (Cons. Stato, sez. IV, 14 settembre 2017 n. 4337) … >. Dal momento che la decisione è stata presa nella camera di consiglio del 27/6/2017, è chiaro che la sentenza è stata materialmente scritta dopo il 14/9/2017.
Ciò osservato, con la pronuncia in commento il Consiglio di Stato torna sui suoi passi rispetto a quanto stabilito precedentemente, atteso che – ribadisco – il caso portato all’attenzione dei Giudici di Palazzo Spada nell’appello RG 9184/2008, deciso con sentenza n. 4337/2017 che riforma TAR Puglia, Bari, n. 1209/2008, relativo a lavori eseguiti nel comune di Sannicandro di Bari, riguarda un intervento di demolizione e ricostruzione in diversa sagoma.
Non credendo ai miei occhi quando ho letto la sentenza qui in commento, ho estratto dal sito della Giustizia Amministrativa la pronuncia di primo grado del TAR Puglia e, per aver ulteriore conferma, ho personalmente interpellato l’Ufficio tecnico del Comune di Sannicandro di Bari. Mi è stato confermato che il caso deciso dal Consiglio di Stato con sentenza n. 4337/2017 è una demolizione e ricostruzione con sagoma completamente diversa.
Ciò posto non è possibile non indignarsi nel leggere la sentenza in commento dove i Giudici affermano:
< … In sostanza:
- nel caso in cui il manufatto che costituisce il risultato di una ristrutturazione edilizia venga comunque ricostruito con coincidenza di area di sedime e di sagoma, esso – proprio perché “coincidente” per tali profili con il manufatto preesistente – potrà sottrarsi al rispetto delle norme sulle distanze innanzi citate, in quanto sostitutivo di un precedente manufatto che già non rispettava dette distanze (e magari preesisteva anche alla stessa loro previsione normativa). Come questa Sezione ha avuto modo di osservare (Cons. Stato, sez. IV, 14 settembre 2017 n. 4337), “la disposizione dell’art. 9 n. 2 D.M. n. 1444 riguarda “nuovi edifici”, intendendosi per tali gli edifici (o parti e/o sopraelevazioni di essi: Cons. Stato, sez. IV, 4 agosto 2016 n. 3522) “costruiti per la prima volta” e non già edifici preesistenti, per i quali, in sede di ricostruzione, non avrebbe senso prescrivere distanze diverse”.
- invece, nel caso in cui il manufatto venga ricostruito senza il rispetto della sagoma preesistente e dell’area di sedime, come pure consentito dalle norme innanzi indicate, occorrerà comunque il rispetto delle distanze prescritte, proprio perché esso – quanto alla sua collocazione fisica – rappresenta un novum, come tale tenuto a rispettare – indipendentemente dalla sua qualificazione come ristrutturazione edilizia o nuova costruzione – le norme sulle distanze. >.
In sintesi, con la sentenza n. 4337/2017 l’intervento di demolizione e ricostruzione con diversa sagoma e destinazione d’uso non doveva rispettare le distanze ex art. 9 DM 1444/1968, mentre con la sentenza n. 4728/2017 lo stesso intervento deve rispettarle. E lo dice lo stesso consigliere estensore e la stessa Sezione!
Sia ben chiaro, reputo corretta quest’ultima sentenza, non quella precedente, come ho avuto modo di dire nell’intervento di taluni giorni or sono nella rivista Lexambiente.
In conclusione, appare evidente che quanto stabilito nella pronuncia n. 4337/2017, tanto sbandierata sui giornali e riviste specializzate, non possa che rimanere un caso isolato, il quale, proprio perché tale, non può non far pensare.