Sono assolutamente vietate le intercapedini tra fabbricati minori dell’altezza dell’edificio più alto
(Nota a Cassazione, Sez. II civile, n. 2093 depositata il 29.01.2018)
di Massimo GRISANTI



Nella sentenza in commento (Cass., II^ Sez. civile, n. 2093/2018) la Suprema Corte è tornata ad occuparsi dell’assolutamente inderogabile distacco tra fabbricati non minore dell’altezza dell’edificio più alto, prescritto dall’art. 9, terzo comma, del decreto interministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 (erroneamente indicato nel secondo comma dai Giudici).
Il caso portato all’esame dei Giudici interessa il territorio comunale di Bojano in provincia di Campobasso.   Per informazioni assunte direttamente all’Ufficio tecnico comunale si tratta di aree, originariamente non edificate, classificate sia al momento della prima costruzione (PRG 1975), sia all’attualità (PRG 2002), quali Zona territoriale omogenea B ai sensi e per gli effetti del citato decreto.
Dopo aver riaffermato che il concetto di <costruzione> è unico e contenuto nella legislazione statale, inderogabile da parte della normativa regolamentare comunale, i Giudici hanno ribadito che i balconi aggettanti, così come le scale, sono costruzioni ai fini della disciplina delle distanze ex art. 873 codice civile.   Disposizioni contrarie contenute in atti comunali devono essere disapplicate e quelle del decreto 1444/1968 si sostituiscono ad esse per inserzione automatica.
Ma il passo di maggior interesse della sentenza è quello ove i Giudici ribadiscono l’assoluta inderogabilità della disposizione ex art. 9, terzo comma, primo periodo, del decreto 1444/1968 ove viene stabilito che la distanza tra fabbricati non può mai essere inferiore all’edificio più alto.   In qualsiasi zona territoriale omogenea in cui essi sorgano (nel caso di specie, in Zona B).
Pertanto, poiché l’edificio della Parte Convenuta è pari a ml 16,80, ne sovviene che pari a 16,80 deve essere il distacco tra gli edifici: con conseguente obbligo di demolizione di tutto quanto vi ricade.
Eppure, lo standard L=H è cosa vecchia, visto che fu introdotto per la prima volta con le disposizioni dell’art. 17, primo comma, lett. c della Legge 765/1967.   Poi transitato anche nelle disposizioni del DM 1444/1968, a dimostrazione che l’esigenza di assicurare un distacco a garanzia della sicurezza delle costruzioni, dell’igiene dell’abitato e della sicurezza della circolazione stradale (v. Corte costituzionale, n. 120/1996; n. 38/1959) prescinde dalla pianificazione e si impone anche ad essa, anche se di dettaglio (atteso che L=H è uno standard che non può essere eluso o violato nemmeno dai piani attuativi, giusta la possibilità di deroga ex art. 9, terzo comma, ultimo periodo, del DM cit. solamente per le distanze indicate ai precedenti commi, così sancendo, il legislatore, l’assoluta inderogabilità dello standard in parola contenuto al primo periodo del medesimo terzo comma).
E dal momento che si verte in materia di diritti indisponibili, distacchi inferiori non sono usucapibili.