La CILA, CILAS  e la verifica tecnico professionale dell’impresa affidataria.

di Antonio VERDEROSA

La C.I.L.A. introdotta dall’art. 3, comma 1, lett c), D. Lgs. n. 222/2016, ha natura (cfr. Consiglio di Stato Parere 4.08.2016, n. 1784), “istituto intermedio tra l’attività edilizia libera e la s.c.i.a.”, ascrivibile, al pari del secondo, al genus della liberalizzazione delle attività private. H inoltre a carattere residuale, poiché applicabile agli interventi non riconducibili a quelli elencati dagli artt. 6, 10 e 22 D.P.R. n. 380/2001 e riguardanti, rispettivamente, l’edilizia libera, le opere subordinate a permesso di costruire e le iniziative edilizie sottoposte a s.c.i.a. . E’ stata poi ritenuta alla stregua di atto avente natura privatistica, come tale non suscettibile di autonoma impugnazione innanzi al g.a. (T.A.R. Catania, Sez. I, 16 luglio 2018, n. 1497).

Si tratta di un istituto che – come si evince dalla lettura della disposizione – riveste carattere residuale, trattandosi di una comunicazione che l’interessato deve presentare all’amministrazione competente per intraprendere quegli interventi edilizi non ricompresi nell’elenco di cui agli artt. 6 (attività edilizia libera), 10 (attività edilizia soggetta a permesso di costruire), e 22 ( attività edilizia soggetta a S.C.I.A.) del d.p.r. n. 380/2001.

La C.I.L.A. , al pari della SCIA, rientra nel processo di liberalizzazione dell’attività del privato.

Significa che, per determinate attività, non è più previsto a monte l’emanazione di un provvedimento autorizzatorio da parte della p.a., in quanto la comunicazione di interesse costituisce fatto idoneo a consentire al privato di esercitare un’attività su cui insistono interessi generali, residuando in capo all’amministrazione unicamente un onere di controllo ex post di conformità alle prescrizioni vigenti in materia.

Circa la sua natura giuridica, quindi, è affermato che “la CILA, intesa come strumento di liberalizzazione al pari della Scia e Dia di cui condivide l’intima natura giuridica, non può essere considerata un provvedimento amministrativo tacito direttamente impugnabile” .

Si tratterebbe, difatti, di un atto avente natura privata e, come tale, non sarebbe impugnabile innanzi agli organi della giustizia amministrativa.

Il Consiglio di Stato, nel parere n. 1784 del 4/08/2016 qualifica la CILA com e “un istituto intermedio tra l’attività edilizia libera e la s.c.i.a.” . Essa, infatti, ha carattere residuale poiché applicabile agli interventi non riconducibili tra quelli elencati nell’art. 6, 10 e 22 (DPR. N. 380/2001) e riguardanti rispettivamente, l’edilizia libera, le opere subordinate, il permesso di costruire e le iniziative edilizie sottoposte a s.c.i.a.

Nel parere inoltre si afferma che l’attività assoggettata a CILA è libera, non sottoposta ad un controllo sistematico; essa infatti “deve essere soltanto conosciuta dall’amministrazione affinché essa possa verificare che effettivamente le opere progettate importano un impatto modesto sul territorio”.

Infatti la CILA inoltrata dal privato alla p.a. non può essere oggetto di una valutazione in termini di ammissibilità o meno dell’intervento da parte dell’amministrazione comunale. Anche se a quest’ultima non è tuttavia precluso il potere di controllare la conformità dell’immobile oggetto di CILA alle prescrizioni vigenti in materia.

Alla luce di quanto sopra, è evidente come la comunicazione di inizio lavori asseverata assolva “alla mera funzione di informare l’amministrazione comunale che nel suo territorio si stanno realizzando attività di scarsissimo impatto urbanistico-edilizio – diverse sia da quelle cd. libere (art. 6 D.P.R. n. 3802/2001) che da quelle soggette a S.C.I.A. (art. 22 citato D.P.R.) ovvero a permesso di costruire (art. 10 citato D.P.R.) – di cui tuttavia il soggetto privato “comunicante” è tenuto ad attestare, sotto la propria responsabilità, la conformità agli strumenti urbanistici approvati e ai regolamenti edilizi vigenti, nonché la compatibilità con la normativa in materia sismica e con quella sul rendimento energetico nell’edilizia, oltre il mancato interessamento delle parti strutturali dell’edificio (art. 6 bis D.P.R. n. 380/2001)” .

Va osservato che, come chiarito dal T.A.R. Campania, sez. II, 15 ottobre 2018 n. 5964): " la CILA, a differenza della SCIA, si configura come un mero atto di comunicazione privo di effetti abilitativi propri, che viceversa derivano direttamente dalla legge in forza della libera eseguibilità di determinate attività edilizie. Ne costituisce conferma il fatto che l'atto con cui l'amministrazione comunale respinge (archiviando o dichiarando irricevibile/improponibile) una CILA presentata per l'effettuazione di alcuni lavori non ha valore provvedimentale, bensì di semplice avviso, privo di esecutorietà, circa la (non) regolarità delle opere oggetto di comunicazione, vertendosi appunto in ambito di attività di edilizia libera e non essendo, peraltro, legislativamente previsto che il comune debba riscontrare le comunicazioni di attività di tal fatta con provvedimenti di assenso o di diniego. Resta, beninteso, fermo l'esercizio del potere sanzionatorio nel caso in cui l'attività libera non coincida con l'attività ammessa, come avvenuto nella specie (cfr. TAR Campania Napoli, Sez. II, 17 settembre 2018 n. 5516; TAR Veneto, Sez. II, 15 aprile 2015 n. 415)" (in tal senso, da ultimo, T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII, 26 gennaio 2021, n. 552).

Pertanto, se da un lato, la C.I.L.A. del privato alla p.a. non può essere oggetto di una valutazione in termini di ammissibilità o meno dell’intervento da parte dell’amministrazione comunale, dall’altro, a quest’ultima non è precluso il potere di controllare la conformità dell’immobile oggetto di c.i.l.a. alle prescrizioni vigenti in materia.

Ne discende che un provvedimento di diniego della C.I.L.A. , adottato dall’amministrazione, è nullo ai sensi dell’art. 21-septies, L. n. 241/1990, in quanto espressivo di un potere non tipizzato nell’art. 6-bis D.P.R. n. 380/2001, salva e impregiudicata l’attività di vigilanza contro gli abusi e l’esercizio della correlata potestà repressiva dell’Ente territoriale.

Ne consegue che i lavori possono avere inizio immediatamente dopo la presentazione al SUE.

Conseguentemente, la CILA ha efficacia immediata e non differita. Ne può formarsi progressivamente regolarizzando la procedura in fasi successive all’inoltro alla p.a. Pertanto, la verifica dell’idoneità tecnico professionale ai sensi dell’art. 90 c. 9 del Dec. Lgs. 81/2008, va effettuata prima dell’inoltro della stessa e prima dell’invio della notifica preliminare agli enti previdenziali, altrimenti non è consentito l’ingresso in cantiere della impresa designata.

Nell’ambito del Titolo I (cioè in qualsiasi azienda privata o pubblica) e specificatamente all’art. 26 comma 1, lettera a) si stabilisce che, in caso di affidamento di lavori, servizi e forniture ad un’impresa appaltatrice o a un lavoratore autonomo, il Committente deve verificare l’idoneità tecnico professionale di questi.

Nell’ambito invece del Titolo IV (cioè nei cantieri temporanei e mobili) all’art 90 comma 9, lettera a), impone al Committente o al Responsabile dei lavori, l’obbligo di verificare l’idoneità tecnico-professionale delle imprese affidatarie, delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi in relazione alle funzioni o ai lavori da affidare.

La finalità della verifica dell’idoneità tecnico professionale è quella di avere un certo grado di fiducia nel fatto che le attività saranno affidate a soggetti capaci di svolgerle, nel rispetto delle condizioni di legalità e di sicurezza .

Nel Titolo IV all’art. 89 comma 1 lettera l)l’idoneità tecnico-professionale viene definitacome “il possesso di capacità organizzative, nonché disponibilità di forza lavoro, di macchine e di attrezzature , in riferimento ai lavori da realizzare”.

Anche nell’ambito di numerose sentenze della Corte di Cassazione si ribadisce il ruolo centrale del Committente che ha l’obbligo di qualificare i fornitori non solo attraverso la verifica di alcuni documenti (es. DURC o Visura Camerale) ma anche attraverso un processo di selezione che tiene in considerazione parametri fondamentali quali:

  • Capacità organizzative (visionabili attraverso DVR, organigrammi, Camerale, ecc.)

  • Esperienza pregressa in lavori equivalenti (portfolio aziendale, importo commesse, tipologia di lavori svolti in passato)

  • Disponibilità di forza lavoro e mezzi (visionabili attraverso autocertificazioni sull’organico medio annuo, parco mezzi e attrezzature, ecc.)

Competenze e organizzazione in materia di sicurezza (qualifica referenti, conoscenza delle tematiche di sicurezza, livello di formazione del personale).

Questo vuol dire che la verifica non è solo una formalità, ma un momento in cui il datore di lavoro può valutare se il proprio fornitore è in grado , almeno sulla carta, di eseguire l’attività che gli vuole affidare.

Operando in un cantiere (temporaneo e/o mobile) si richiedono i documenti previsti dall’ Allegato XVII del Testo Unico Sicurezza, che sono diversi a seconda che si tratti di verificare l’idoneità tecnico- professionale di un’impresa o di un lavoratore autonomo.

La circostanza che la normativa parli di obbligo in carico al datore di lavoro (committente o responsabile dei lavori per i cantieri) non significa che debba essere lui in prima persona a dover richiedere la documentazione e a verificarne la correttezza e la completezza , ma che la responsabilità della verifica è a suo carico per il tramite del coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione. Quindi, in caso di mancata esecuzione della verifica o dell’affidamento delle attività nonostante l’assenza dei requisiti necessari, la sanzione è a suo carico. E si parla di arresto da 2 a 4 mesi o ammenda da € 1.228,50 a € 5.896,84.

Va comunque sottolineato come la verifica dell'idoneità tecnico-professionale non si esaurisca nella mera acquisizione dei documenti sopraindicati: occorre infatti svolgere un’attenta valutazione del loro contenuto in relazione alla tipologia e complessità dei lavori da svolgere al fine di non incorrere nelle responsabilità connesse alla “culpa in eligendo”. Si sottolinea inoltre che tale verifica non si conclude al momento della scelta dell’impresa chiamata a svolgere il lavoro, ma prosegue durante tutto l’iter di realizzazione dell’opera al fine di non incorrere nelle responsabilità connesse alla "culpa in vigilando”. La Suprema Corte è perentoria nell'affermare la necessità di una verifica dell'idoneità tecnico professionale non limitata al solo aspetto documentale ( e quindi ciò prima dell’inoltro della C.I.L.A.) : “in materia di responsabilità colposa , il committente di lavori dati in appalto deve adeguare la sua condotta a due fondamentali regole di diligenza e prudenza: a) scegliere l' appaltatore e più in genere il soggetto al quale affidare l'incarico, accertando che la persona, alla quale si rivolge, sia non soltanto munita dei titoli di idoneità prescritti dalla legge [formali], ma anche della capacità tecnica e professionale [sostanziale], proporzionata al tipo astratto di attività commissionata e dalle concrete modalità di espletamento della stessa(...)” [Cassazione Penale, Sez.4,19 aprile 2010,n.15081]. Ed ancora, "in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il contratto d' appalto determina il trasferimento dal committente all'appaltatore della responsabilità nell'esecuzione dei lavori, salvo che lo stesso committente assuma una partecipazione attiva nella conduzione e realizzazione dell'opera, nel qual caso anch'egli rimane destinatario degli obblighi assunti dall'appaltatore” ... “nel caso di omissione da parte dell'appaltatore delle misure di sicurezza prescritte, quando tale omissione sia immediatamente percepibile (consistendo essa nella palese violazione delle norme edilizie ed antinfortunistiche), “il committente, che è in grado di accorgersi senza particolari indagini dell'inadeguatezza delle misure di sicurezza, risponde anch'egli delle conseguenze dell'infortunio eventualmente determinatosi”.

Occorre ribadire che la verifica dell’idoneità tecnico-professionale non si esaurisce al momento della scelta dell'impresa esecutrice ma prosegue lungo tutto l’iter dei lavori come testimonia la sentenza di Cassazione del 24 gennaio 2007, n. 2298,che ha condannato il Responsabile dei Lavori poiché aveva affidato l'esecuzione delle opere ad una ditta che, come rilevato in seguito, impiegava procedure non conformi al DPR 380/2001 ed al dec, lgs. 81/2008, con conseguenti gravissime violazioni della normativa antinfortunistica.

Analogo discorso vale per la CILAS (Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata Superbonus) introdotto dal Decreto Legge 77/2021 (Semplificazioni bis) che dispone all’art. 13-ter che gli interventi di cui al predetto articolo, con esclusione di quelli comportanti la demolizione e la ricostruzione degli edifici, costituiscono manutenzione straordinaria e sono realizzabili mediante Comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA).

L’iter prevede la compilazione di un nuovo modulo standard pensato ad hoc per i lavori di Superbonus, approvato nella conferenza unificata Stato Regioni il 4 agosto 2021 ed entrato in vigore dal 5 agosto. Il modello, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 201 del 23 agosto 2021, è valido su tutto il territorio nazionale e non può essere modificato dalle singole Regioni, come avviene con la modulistica standard per l’edilizia.

Nel modello standardizzato approvato dal legislatore sono attestati gli estremi del titolo abilitativo che ha previsto la costruzione dell’immobile oggetto d’intervento o del provvedimento che ne ha consentito la legittimazione ovvero è attestato che la costruzione è stata completata in data antecedente al 1° settembre 1967.

La presentazione della CILAS non richiede l’attestazione dello stato legittimo di cui all’ articolo 9-bis, comma 1-bis, del DPR n. 380/2001.

Eventuali varianti in corso d’opera possono essere comunicate al termine dei lavori come integrazione della stessa CILA Superbonus. Normalmente, invece, non esiste CILA in variante e, se si decide di apportare modifiche al progetto, è necessario presentare una nuova pratica.

Un’ulteriore particolarità della C.I.L.A. Superbonus è rappresentata dal fatto che gli elaborati grafici sono facoltativi.