Sull’indefettibile preventiva autorizzazione sismica per l’attività edilizia privata

di Massimo GRISANTI

Sono passati oltre quaranta anni da quando le Regioni, approfittando delle ambiguità contenute nelle disposizioni dell’art. 20 della legge 10 dicembre 1981, n. 741, intitolata « Ulteriori norme per l’accelerazione delle procedure per l’esecuzione delle opere pubbliche », coniarono proprie leggi con le quali semplificarono le procedure finalizzate al rilascio delle preventive autorizzazioni ex art. 18 L. 64/1974 nelle zone sismiche S=12 e S=9 eliminando il provvedimento permissivo e disponendo che il mero deposito del progetto ex art. 17 l.c. abilitasse ad iniziare le opere nelle zone di media ed alta sismicità.

Tali norme regionali furono applicate sin da subito anche all’edilizia privata, contrariamente alla ratio della delega legislativa statale, cosicché le responsabilità connesse all’inesatta, incompleta o errata valutazione di aderenza del progetto alle norme tecniche per le costruzioni rimasero integralmente in testa ai liberi professionisti, salvo il caso dei progetti sottoposti a controllo a campione.

Seppur sia vero che l’interpretazione della legge non risente dell’intitolazione della stessa, non di meno la Suprema Corte di cassazione (cfr. in ultimo ordinanza n. 35064/2021) ha statuito che “ … E’, infatti, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui ai lavori preparatori può riconoscersi un valore unicamente sussidiario nell’interpretazione di una legge, che trova un limite nel fatto che la volontà da essi risultante non può mai sovrapporsi alla volontà obiettiva della legge , quale emerge dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse e dall’intenzione del legislatore, intesa come voluntas legis, ossia come volontà oggettiva della norma, e per ciò distinta dalla voluntas legislatoris, ossia dalla volontà dei singoli partecipanti al processo formativo di essa … ”. Negli stessi termini Cons. Stato, sentenza n. 7618/2021.

Marcello Clarich, nella sua relazione generale “ I materiali della legge nel giudizio amministrativo” preparata per il convegno dal titolo “ I materiali della legge nella teoria delle fonti e nell’interpretazione del diritto ” tenutosi a Roma il 20.4.2022 nella sede del Consiglio di Stato (Palazzo Spada), ha affermato che “ anche i materiali preparatori della legge assumono rilevanza, anche se necessariamente meno decisiva di quello del testo legislativo approvato dal Parlamento. Al riguardo la giurisprudenza amministrativa segue i principi che la Corte di cassazione ha indicato in tema di materiali preparatori. Per la Corte di cassazione vale il principio, più volte enunciato, in forza del quale la volontà emergente dai lavori preparatori non può sovrapporsi a quella obiettivamente espressa dalla legge (quale emerge del suo campo letterale e logico). Pertanto, i lavori parlamentari possono essere utilizzati soltanto quando, unitamente ad altri criteri interpretativi ed elementi di valutazione emergenti dalla norma, sono idonei a chiarire la portata di una disposizione legislativa ambigua. In definitiva, il giudice civile, così come il giudice amministrativo, non usa mai i lavori preparatori come criterio ermeneutico fondamentale, ma per lo più a integrazione di altri criteri più tradizionali, come l’interpretazione letterale e logica ”. Senza far a meno di evidenziare che “ Un maggior uso dei lavori preparatori si ha, come anticipato, in relazione a leggi specifiche, puntuali, d’occasione, specie se di recente emanazione. In relazione ad esse è frequente la ricerca di una ratio delle modifiche proposte e poi approvate negli interventi nei dibattiti parlamentari, in particolare dei relatori del testo, volti a illustrare, prima della votazione, il senso della disposizione proposta, i quali, dunque, acquistano un peso rilevante anche nella fase di interpretazione delle norme ”.

La necessità di scandagliare funditus l’art. 20 L. 741/1981 e le leggi regionali emanate in forza della delega conferita emerge in tutta la sua forza dopo che di recente il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3006 pubblicata il 26.3.2023, ha affermato che ai sensi dell’art. 9 bis d.P.R. 380/2001 lo stato legittimo di un immobile è determinato non solo dai titoli abilitativi edilizi rilasciati dai Comuni – è principio giurisprudenziale quello in base al quale ai fini del rilascio del permesso di costruire l’approvazione del progetto si riferisce solo al grafico architettonico, così Cons. Stato, n. 81/2016 – ma anche da quelli prescritti dalla Parte II TUE fra cui quelli concernenti la disciplina antisismica, sul conglomerato cementizio, sulle barriere architettoniche .

Ciò comporta l’esigenza di indagare se nelle zone sismiche S=12 e S=9 possa essere considerato legittimo ciò che è stato costruito, quale edilizia privata, in base alla mera denuncia dei lavori ex art. 93 TUE prevista da leggi regionali in asserito esercizio della delega legislativa ex art. 20 L. 741/1981.

Nella sentenza n. 182/2006 la Corte costituzionale, al fine di respingere le argomentazioni della Regione Toscana che difendeva la sua previsione normativa di eliminazione dell’autorizzazione sismica ribadita nell’art. 105 della LRT 1/2005 a fronte dei principi fondamentali espressi dall’art. 94 TUE, ebbe a dire: “ … Né costituisce argomento probante, per avallare la tesi della Regione, la circostanza che la legge n. 741 del 1981 non compaia fra quelle abrogate dall’art. 136 del richiamato d.P.R. n. 380 del 2001, dal momento che non se ne fa espressa menzione neppure nell’elenco delle disposizioni di legge mantenute in vigore (art. 137) … ”. I giudici non potevano che dire così, giacché la legge 741/1981 attiene alla materia degli appalti pubblici: perciò nel TUE non è citata né per un verso né per l’altro.

Oltre alla chiara indicazione dell’ambito a cui le disposizioni della L. 741/1981 si rivolgono - « Ulteriori norme per l’accelerazione delle procedure per l’esecuzione delle opere pubbliche » - nei lavori preparatori parlamentari della proposta di legge n. 2417, presentata il 2.3.1981 d’iniziativa dei parlamentari Sullo + 17, emerge in tutta evidenza lo scopo della delega.

Composta inizialmente da soli 15 articoli terminanti con le disposizioni per l’ANAS, nel corso della seduta di giovedì 24.9.1981 della IX Commissione Lavori Pubblici emerge la preoccupazione – espressa dall’On. Fabio Maria Ciuffini deputato del PCI, ingegnere, eletto nel collegio di Perugia – che la coeva classificazione sismica dell’intero territorio nazionale rallenti le procedure per la realizzazione delle opere pubbliche: “ CIUFFINI. … ma ora il Governo sta dichiarando sismica … tutta l’Italia, per cui le regioni non si trovano più in condizioni di poter usufruire di norme che accelerano le procedure. Basterebbe allora dire che le autorizzazioni preventive si trasformano in controlli successivi, per far salvi gli obiettivi che ci prefiggiamo ”.

Gli obiettivi da far salvi – la ratio legis, per la cui salvezza nell’articolato iniziale fu inserita la delega ex art. 20 L. 741/1981 – sono esplicitati nella proposta di legge laddove è scritto: “ In via generale, il provvedimento tende al conseguimento dei seguenti obiettivi: contemperamento delle esigenze delle Amministrazioni pubbliche e delle imprese appaltatrici che, all’interno di un sistema ormai conosciuto e consolidato, trovano con gli aggiustamenti proposti, lo strumento per superare i ritardi manifestati proprio nelle fasi salienti del rapporto tra i suddetti soggetti; ridurre, allo stesso tempo e con le stesse misure, volte a comprimere i tempi morti, le occasioni di contenzioso da tali ritardi originate e fonte, a loro volta, di ulteriori rallentamenti patologici, con danni incalcolabili per l’efficienza del sistema e con ripercussioni gravissime sui suoi costi; infine, le misure proposte, come si dirà più ampiamente nell’illustrazione dei singoli articoli, sono capaci di sovvenire, almeno in parte, alle esigenze di liquidità delle imprese, specialmente meritevoli di considerazione a seguito della stretta creditizia resasi necessaria per le note vicende nazionali e internazionali ”.

Alcun obiettivo riguarda l’edilizia privata, cosicché è arduo sostenere che attraverso la delega ex art. 20 L. 741/1981 lo Stato abbia autorizzato le regioni ad eliminare anche per essa la preventiva autorizzazione ex art. 18 L. 64/1974 per costruire nelle zone sismiche S=12 e S=9.

Del resto dal momento che, come ha affermato lo Stato nel ricorso n. 95/2012 alla Corte costituzionale, “ solo l’intervento di un’Amministrazione pubblica, che vigila e controlla quanto rappresentato dai privati , può fornire idonee garanzie sull’effettiva tutela di interessi pubblici di fondamentale importanza quali la sicurezza, il rispetto della normativa in materia igienico - sanitaria, il risparmio energetico ”, ove sarebbe stata la logica che su di un progetto redatto da una pubblica amministrazione dovesse esprimersi nuovamente la PA per garantire ciò che era già garantito dallo Stato?

Ne consegue, ad avviso di chi scrive, che l’interpretazione delle leggi regionali emanate in esercizio della delega ex art. 20 L. 741/1981 non può che essere effettuata alla luce della ratio legis emergente dai lavori parlamentari, cosicché mai è venuto meno, per le opere private, l’obbligo di munirsi della preventiva autorizzazione sismica.

Autorizzazione sismica preventiva che pare ancor oggi necessaria per l’edilizia privata in tutte le zone sismiche, compreso quelle a basso rischio, indipendentemente dalla loro rilevanza, nonostante le modifiche apportate al TUE variando l’art. 94 e inserendo l’art. 94 bis con la L. 120/2020.

Infatti, occorre ricordare come la Corte costituzionale, nella sentenza n. 182/2006, ebbe a statuire che il deposito del progetto ex art. 93 TUE altro non è una denuncia di inizio attività e che all’indomani delle modifiche apportate alle discipline della DIA, oggi SCIA, e silenzio assenso per effetto della L. 80/2005, si è avuto conferma che il legislatore ha optato per una deroga ai sistemi di controllo semplificato quando viene in rilievo la pubblica incolumità perché non consente che gli atti delle amministrazioni pubbliche preposte alla sua tutela vengano sostituiti con DIA/SCIA o silenzio assenso.

Nell’affermare che le modifiche apportate agli artt. 19 e 20 L. 241/1990 dalla L. 80/2005 confermavano come l’autorizzazione preventiva necessitasse (e necessiti, v. infra) anche per iniziare i lavori nelle zone di bassa sismicità, i giudici della Corte costituzionale ritennero che esse causarono l’abrogazione implicita dell’inciso “ ad eccezione delle zone a bassa sismicità ecc.” contenuto nel primo comma dell’art. 94 TUE.

In parole semplici i giudici della Corte costituzionale ritennero, in conformità alle proprie statuizioni in tema di successione di una legge generale posteriore rispetto a quella speciale anteriore, che i principi generali contenuti negli istituti di semplificazione procedimentale della DIA/SCIA e del silenzio assenso abrogarono le disposizioni speciali dell’inciso dell’art. 94 TUE perché “ non è vera in assoluto la massima che lex posterior generalis non derogat priori speciali: giacché i limiti del detto principio vanno, in effetti, di volta in volta, sempre verificati alla stregua dell’intenzione del legislatore. E non è escluso che in concreto l’interpretazione della voluntas legis, da cui dipende la soluzione dell’indicato problema di successione di norme, evidenzia una latitudine della legge generale posteriore, tale da non tollerare eccezioni, neppure da parte di leggi speciali: che restano, in tal modo, tacitamente abrogate ” (così la Consulta nella sentenza n. 29/1976).

La conferma arrivò nella successiva sentenza n. 101/2013 – il caso volle ancora una volta nel giudizio di legittimità di una legge della Regione Toscana – ove nel richiamare il testo normativo dell’art. 94 TUE nell’estensione della pronuncia il giudice relatore On. Sergio Mattarella espunse l’inciso tacitamente abrogato dalla L. 80/2005: “ … Inoltre, l’art. 94, comma 1, del d.P.R. n. 380 del 2001, dispone che «Fermo restando l’obbligo del titolo abilitativo all’intervento edilizio, nelle località sismiche […] non si possono iniziare i lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione», e questa Corte ha ritenuto illegittima la sostituzione dell’autorizzazione con un semplice preavviso (sentenza n. 182 del 2006) … ”.

E che i principi generali contenuti negli artt. 19 e 20 L. 241/1990 non tollerano eccezioni per l’edilizia privata quando si verte in tema di pubblica incolumità – invero le norme sul procedimento amministrativo attengono al rapporto tra il cittadino e la pubblica amministrazione, giammai a quelli che nascono, si esauriscono e hanno effetti diretti solo tra pubbliche amministrazioni – emerge con nitidezza nelle disposizioni del successivo art. 29 L. 241/1990, intitolato “ Ambito di applicazione della legge”, al cui comma 2-ter, espressione della potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di livelli essenziali delle prestazioni, è fatto divieto che con leggi successive alla L. 80/2005 sia inciso l’ambito per materie sottratto alla facoltà per il privato di avvalersi della DIA/SCIA o del silenzio assenso : “ … 2-ter. Attengono altresì ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’ articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione le disposizioni della presente legge concernenti la presentazione di istanze, segnalazioni e comunicazioni, la segnalazione certificata di inizio attività e il silenzio assenso e la conferenza di servizi, salva la possibilità di individuare , con intese in sede di Conferenza unificata di cui all’ articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 , e successive modificazioni, casi ulteriori in cui tali disposizioni non si applicano ”.

Ecco, quindi, che delle disposizioni degli artt. 94 e 94-bis TUE ne deve essere data un’interpretazione conforme alle ulteriori norme vigenti contenute nell’art. 20 L. 741/1981 e negli artt. 19, 20 e 29 L. 241/1990: un’interpretazione che torna ad essere quella dello spirito della L. 741/1981 ovverosia accelerare l’esecuzione delle sole opere pubbliche, mentre per quelle private l’idonea garanzia sull’effettiva tutela di interessi pubblici di fondamentale importanza quali la sicurezza può esservi soltanto con il controllo operato dalla pubblica amministrazione regionale mediante il rilascio delle preventiva autorizzazione sismica.

Del resto non è una novità nel panorama legislativo che il legislatore – per tutelare valori costituzionali o interessi pubblici autoevidenti – possa coniare norme di auto limite nel proprio successivo esercizio del potere, come ad esempio sono quelle dell’art. 1, comma 4, d.lgs. 267/2000 approvante il testo unico degli enti locali oppure l’art. 3-bis, comma 3, d.lgs. 152/2006 approvante il codice dell’ambiente, ove è scritto che le norme “ possono essere derogate, modificate o abrogate solo per dichiarazione espressa da successive leggi della Repubblica ”.

Concludendo, dal momento:

  • che il deposito del progetto ex art. 93 TUE è una denuncia di inizio attività, oggi SCIA (v. Corte costituzionale, n. 182/2006);

  • che il silenzio assenso e la SCIA non sono istituti di semplificazione utilizzabili da parte del cittadino per le proprie attività economiche o l’esercizio dello ius aedificandi per espressa previsione contenuta negli artt. 19 e 20 L. 241/1990;

  • che attraverso le intese in Conferenza unificata Stato-Regioni-Enti locali è consentito ex art. 29 L. 241/1990 solo ampliare il novero degli atti da sottrarre alle procedure di semplificazione;

  • che lo Stato si è auto limitato al fine di dare un’idonea garanzia ai cittadini in ordine all’effettiva tutela della pubblica incolumità riguardo all’edilizia privata ovverosia ad “ un ambito, quale quello del comparto costruttivo privatistico, che ha evidenziato maggiori criticità riguardo a controlli e verifiche sia sulla progettazione che in corso di esecuzione ” (ipse dixit il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti nella circolare 5 agosto 2009 “ Nuove norme tecniche per le costruzioni approvate con decreto del Ministro delle infrastrutture 14 gennaio 2008 ”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 187 del 13.8.2009);

  • che la Corte costituzionale, con le sentenze n. 182/2006 e n. 101/2013, ha già affermato che l’inciso “ ad eccezione di quelle a bassa sismicità all’uopo indicate nei decreti di cui all’articolo 83 ” dell’art. 94 TUE è stato implicitamente abrogato dalla L. 80/2005;

ecco che le semplificazioni procedurali apportate al TUE con la L. 120/2020 non possono essere applicate all’edilizia privata.

Solo così la Legge è applicata nella sua interezza stante il fatto che alle disposizioni della L. 120/2020 non può essere attribuito alcun effetto abrogativo implicito dell’art. 29, comma 2-ter, L. 241/1990, le cui disposizioni, assieme a quelle degli artt. 19 e 20 l.c., sono state già riconosciute esprimenti principi generali dell’ordinamento, capaci sinanche di abrogare la legge speciale anteriore, che devono orientare l’interpretazione delle leggi successive con essi apparentemente confliggenti.