TAR ABruzzo (PE) SEz. I sent. 580 del 6 ottobre 2009
Urbanistica. Cessata efficacia di piano attuativo

La cessata efficacia di un piano attuativo non eseguito non rende l'area interessata priva di disciplina urbanistica, alla stregua delle c.d. «zone bianche», per le quali risultano dettate le rigide prescrizioni di cui all'art. 4, comma ult., della legge 28 gennaio 1977 n. 10 - poi, confluito nell'art. 9 del d.P.R. n. 380 del 2001. Dette prescrizioni, infatti, appaiono giustificate per le zone nelle quali si riscontri la mancanza di qualsiasi programmazione d'uso del territorio. Ciò nella considerazione che, in assenza di disciplina, in tali zone si riespanderebbe illimitatamente lo "ius aedificandi" insito nel diritto di proprietà e, quindi, senza alcuna tutela dell'interesse pubblico ad uno sviluppo edificatorio organico.
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO



N. 00580/2009 REG.SEN.
N. 00355/2008 REG.RIC.



Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo

sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA



Sul ricorso numero di registro generale 355 del 2008, proposto da:
Umberto Di Santo, Ermanno Di Santo e Maria Lucia Di Santo, rappresentati e difesi dall'avv.to Guglielmo Marchionno, con domicilio eletto presso il suo studio, in Pescara, via Marco Polo, n.92;



contro


Il Comune di Chieti, rappresentato e difeso dagli avv.ti Marco Morgione, Patrizia Tracanna e Giuliano Trifone, con domicilio eletto presso la Segreteria del TAR, in Pescara, via Lo Feudo n. 1;

per l'annullamento
del provvedimento n. 19620/2505 del 5 maggio 2008 con cui il Comune di Chieti ha comunicato il mancato accoglimento delle osservazioni e il diniego alla richiesta di permesso a costruire;

di ogni atto connesso, ivi compreso il preavviso di rigetto di cui alla nota 7909/984 del 3 marzo 2008.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Chieti;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;


Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 settembre 2009 il presidente Umberto Zuballi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO


Il ricorrente è proprietario di un terreno ricadente nel Piano particolareggiato “Tricalle” del 1977, reiterato nel 1990. Decorso il termine decennale l’area divenne edificabile. Il Comune di Chieti nel 2005 adottava una variante che confermava il vincolo. Con nota del 2006 il Comune disponeva l’applicazione della misura di salvaguardia; scaduto il triennio il ricorrente con apposita istanza del 4 febbraio 2008 chiedeva la conclusione del procedimento.

Il Comune con nota del 3 marzo 2008 comunicava il preavviso di rigetto, e infine adottava il provvedimento di diniego qui gravato, che il ricorrente considera illegittimo per i motivi di seguito compendiati:

1. Violazione dell’articolo 17 della legge n. 1150 del 1942, violazione dell’articolo 9 del dPR n. 380 del 2001, carenza dei presupposti, difetto di istruttoria e di motivazione.

L’area, contrariamente a quanto sostiene il Comune, non può essere considerata “bianca” per cui va applicata la disciplina di cui agli articoli 17 e 41 quinquies della legge 1150/42. Cita a favore copiosa giurisprudenza.

2. Violazione dell’articolo 10 bis della legge n. 241 del 1990, difetto di presupposti e violazione dell’articolo 12 del dPR n. 380 del 2001, difetto di istruttoria e di motivazione. La sussistenza o meno degli standard non è stata preceduta da adeguata istruttoria e inoltre di per sé non costituisce ostacolo al rilascio del permesso a costruire.

Resiste in giudizio il Comune.

Nel corso della pubblica udienza del 24 settembre 2009 la causa è stata trattenuta per la decisione.


DIRITTO


Oggetto del presente gravame è il provvedimento n. 19620/2505 del 5 maggio 2008 con cui il Comune di Chieti ha comunicato il mancato accoglimento delle osservazioni e il diniego alla richiesta di permesso a costruire.

Il presente ricorso merita accoglimento.

Invero risulta pacifico in causa che la misura di salvaguardia apposta dal Comune con atto prot. 17321/2440 del 29 maggio 2006 ha perso efficacia per decorrenza dei termini per l’approvazione, decorrenti dalla data di adozione della variante tecnica, di data 19 gennaio 2005 e pubblicata sul BURA n 23 del 4 maggio 2005.

A questo punto la questione – invero nodale nel presente ricorso – concerne la sorte della zona già interessata dal Piano particolareggiato non attuato nei termini di legge.

E’ stato invero rilevato che nei casi in cui - come nella fattispecie - sia venuta meno soltanto la pianificazione attuativa di dettaglio, si deve in primo luogo farsi riferimento al p.r.g. per verificare i limiti della pur sempre vigente disciplina d'uso del territorio. Peraltro, l'applicazione indiscriminata, nelle aree già vincolate da piani attuativi, della normativa paralizzatrice di qualsiasi nuova edificazione, non soltanto non appare rispondente, in linea di principio, alla "ratio" cui si conforma la disciplina delle c.d. zone bianche (assenza di programmazione urbanistica di rango primario), ma verrebbe a reintrodurre un vincolo di inedificabilità senza motivazione ed a tempo indeterminato, in contrasto con i principi consolidati e con evidenti profili di incostituzionalità (Consiglio di Stato, sez. IV, 14 ottobre 2005, n. 5801).

In altri termini, la cessata efficacia di un piano attuativo non eseguito non rende l'area interessata priva di disciplina urbanistica, alla stregua delle c.d. «zone bianche», per le quali risultano dettate le rigide prescrizioni di cui all'art. 4, comma ult., della legge 28 gennaio 1977 n. 10 - poi, confluito nell'art. 9 del d.P.R. n. 380 del 2001. Dette prescrizioni, infatti, appaiono giustificate per le zone nelle quali si riscontri la mancanza di qualsiasi programmazione d'uso del territorio. Ciò nella considerazione che, in assenza di disciplina, in tali zone si riespanderebbe illimitatamente lo "ius aedificandi" insito nel diritto di proprietà e, quindi, senza alcuna tutela dell'interesse pubblico ad uno sviluppo edificatorio organico.

Proprio a tale rischio pone rimedio la citata normativa di salvaguardia di cui all'art. 4, ultimo comma della legge n. 10 del 1977, che interviene appunto ove non sia altrimenti desumibile la volontà degli organi pubblici preposti alla pianificazione urbanistica. Quando, invece, come nella situazione in esame, sia venuta meno soltanto la pianificazione attuativa, deve in primo luogo farsi riferimento al p.r.g. per individuare i limiti della sempre vigente disciplina di uso del territorio. Pertanto, soltanto un piano regolatore generale privo dei contenuti essenziali di cui all'art. 7 della legge n. 1150 del 1942, nel testo sostituito dall'art. 1 della legge n. 1187 del 1968, potrebbe rendere l'area - nell'ipotesi di sopravvenuta inefficacia delle norme del piano attuativo - assimilabile ad una c.d. zona bianca, disciplinata alla stregua delle aree prive di regolamentazione urbanistica. Nella normalità dei casi, una volta scadute le norme attuative, permane invece la disciplina d'uso del territorio disposta a livello di p.r.g., con sopravvenienza o meno della sola necessità di ulteriore pianificazione attuativa (T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 06 ottobre 2006 , n. 8498; Consiglio di Stato, sez. IV, 14 ottobre 2005 , n. 5801).

Ne consegue che, a fronte di una domanda di permesso a costruire spettava all’amministrazione comunale verificare se le disposizioni del vigente PRG consentivano o meno l’edificazione diretta della zona, sulla base della regolamentazione prevista.

Il riferimento contenuto nel provvedimento gravato datato 5 maggio 2008 al Piano particolareggiato ormai inefficacie risulta quindi scorretto, in quanto non si può considerare ultraattivo il Piano particolareggiato medesimo né si può applicare acriticamente la disciplina delle cosiddette zone bianche, contenuta nelle delibere del Consiglio comunale n 25 del 17 giugno 2005 e n. 222 del 12 maggio 2006.

Quanto testé indicato comporta l’annullamento dell’impugnato diniego n. 19620/2505 del 5 maggio 2008 (mentre appare ictu oculi inammissibile l’impugnazione del preavviso di rigetto di cui alla nota 7909/984 del 3 marzo 2008, atto prodromico e non lesivo), laddove il Comune dovrà tempestivamente rideterminarsi sulla domanda del permesso a costruire proposta dal ricorrente tenendo a riferimento non già il Piano particolareggiato ormai inefficace e nemmeno le disposizioni sulle cosiddette zone bianche, ma il Piano regolatore generale vigente.

Le spese del presente giudizio, secondo la nota regola, fanno carico al Comune e sono liquidate in dispositivo.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, Sezione di Pescara, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa, lo accoglie come da motivazione.
Condanna il Comune di Chieti alla rifusione a favore della parte ricorrente delle spese ed onorari di giudizio, che liquida in complessivi euro 3.000 (tre mila) oltre agli oneri accessori ove dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del giorno 24 settembre 2009 con l'intervento dei Magistrati:

Umberto Zuballi, Presidente, Estensore
Michele Eliantonio, Consigliere
Dino Nazzaro, Consigliere

IL PRESIDENTE, ESTENSORE



DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/10/2009