TAR Campania (NA) Sez. VIII sent. 3042 del 2 Aprile 2007
Urbanistica. Aumento superficie utile e modifica della sagome dell'edificio (chiusura vano scale)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CAMPANIA – SEDE DI NAPOLI
- OTTAVA SEZIONE DI NAPOLI -
 


Reg. Sen. n. 3042/07

composto dai Signori Magistrati:


Evasio Speranza Presidente
Luigi Domenico Nappi Consigliere
Diego Sabatino Primo Referendario relatore


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso 6709/2005 proposto da Francesco Di Tella, domiciliato ex lege presso la Segreteria del T.A.R., unitamente al procuratore avv. Ernesto Criscuolo, che lo rappresenta e difende in virtù di mandato a margine del ricorso introduttivo
contro
Comune di Aversa, in persona del sindaco legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Napoli, via Cesario Console 3, presso lo studio del procuratore avv. Giuseppe Nerone, che lo rappresenta e difende in virtù di mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta
nonché
Nicola Marrella, non costituito
per l’annullamento, previa sospensione,
a. dell’ordinanza di demolizione di opere abusive prot. 26709 del 14 lulgio 2005, emessa dal responsabile del settore urbanistica del Comune di Aversa;
b. del precedente verbale della polizia municipale di Aversa n. 26 del giorno 8 giugno 2005;
Letto il ricorso ed i relativi allegati, e tutti gli atti di causa;
Data per letta la relazione del primo referendario Diego Sabatino nella udienza pubblica del 12 marzo 2007;
Uditi altresì i difensori, come da verbale d’udienza;


Ritenuto in fatto


Con ricorso iscritto al n. 6709/2005, la parte ricorrente impugnava i provvedimenti indicati, con i quali era stata disposta la demolizione di alcune opere abusive realizzate, ed in particolare di un capannone con struttura in ferro e di una costruzione in alluminio e vetri. A sostegno delle sue doglianze, evidenziava come i provvedimenti emanati si fondassero su una errata rappresentazione dei fatti e, ritenendo illegittimo il comportamento dell’Amministrazione, instava per l’annullamento degli atti impugnati con vittoria di spese processuali.


Si costituiva la parte resistente, Comune di Aversa, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.


All’udienza del 26 ottobre 2005, l’istanza cautelare veniva parzialmente accolta con ordinanza n. 3051/2005.


All’udienza del 12 marzo 2007, il ricorso è stato discusso ed assunto in decisione, previo deposito di atto di rilascio di concessione in sanatoria.


Considerato in diritto


1. Il ricorso va dichiarato in parte improcedibile ed in parte infondato.


2. In via preliminare, occorre dare conto del profilo fattuale della vicenda, al fine di delimitare l’ambito cognitivo del Collegio.


Nell’atto impugnato, le opere edilizie abusive vengono così descritte: a) “realizzazione di manufatto, “capannone”, struttura in ferro, copertura in lamiera, lungo mt 5,00 largo mt. 5,50 alto mt. 2,20”; b) “da vecchia data, chiusura vano scala, al primo e secondo piano, con struttura in alluminio e vetri, poggiante su muretto alto mt. 0,80, ricavandone, per ciascun piano, un vano di mt. 2,40 x mt. 2,40 alto mt. 2,95”.


L’opera di cui al punto a) appare del tutto conforme con quella descritta nella relazione tecnica allegata alla richiesta di costruire in sanatoria, richiesta accolta con il rilascio del permesso n. 006 del 2007, allegato agli atti.


Deve quindi ritenersi che, in relazione al capannone con struttura in ferro, che nel permesso di costruire viene descritto come “tettoia del tipo aperto”, sia cessata la materia del contendere.


In relazione all’opera di cui al punto b), ossia la chiusura di un vano scala con una struttura in alluminio e vetri, manca l’esibizione di qualsiasi titolo abilitativo, per cui non è possibile ritenere che la questione iniziale sia stata superata dagli eventi maturati nel corso del processo. Viene invero allegato un decreto di rinvio a giudizio, che, non contemplando la detta opera, comporterebbe, a giudizio del ricorrente, la considerazione della liceità dell’opera. Ma, in disparte la considerazione che si tratta di un atto del Pubblico ministero, e non di un giudicato, va sottolineato che la vicenda penale e quella amministrativa sottendono logiche diverse e non possono essere artatamente sovrapposte.


La vicenda della legittimità della chiusura del vano scale è allora questione ancora sotto scrutinio, per cui vanno esaminati i singoli profili del ricorso, limitatamene a tale opera.


3. Con il primo motivo di diritto, viene dedotta inesistenza dell’atto per errata e falsa individuazione sulla quale è destinato a produrre effetti. In disparte le questioni sulla qualificazione del vizio e sulla modalità di individuazione del fatto, la censura si accentra sulla dimostrazione della vetustà dell’opera, la cui realizzazione risalirebbe addirittura ad un progetto di variante del 1971. Si tratterebbe allora di un manufatto considerato in un progetto già autorizzato, con conseguente erroneità della rappresentazione di fatto.


3. 1. L’assunto non ha riscontro in atti.


L’osservazione degli atti progettuali allegati evidenzia, al contrario di quanto asserito in memoria, le difformità tra il progetto presentato e le opere realizzate. Si può osservare come il progetto rappresenti, di fronte, il vano scala come una struttura aperta, unicamente con dei pilastri agli angoli, senza evidenziare alcun tipo di finestratura. Al contrario le foto realizzate ed allegato dallo stesso ricorrente evidenziano non solo la chiusura delle luci con finestre in alluminio anodizzato con stipiti infissi nelle mura, ma anche il restringimento delle stesse luci rispetto al disegno del 1971.


Vi è peraltro da osservare che il prospetto allegato pare addirittura riferirsi ad una opera diversa (o quanto meno ad un angolo progettuale diverso), tant’è che nel grafico la rampa di scale è posta a fianco alle finestre preesistenti, mentre le foto allegate evidenziano come la rampa di scale sia posta a fianco di balconi.


In complesso, la produzione di parte, tra foto e grafici, non solo non è in grado di dimostrare che l’opera fosse stata già realizzata sin dal 1971 con progetto regolarmente assentito, ma pare postulare l’esistenza di una rappresentazione dei fatti quanto meno confusa.


La prova della congruenza delle opere con il progetto autorizzato è allora del tutto mancata. Deve quindi ritenersi da un lato, che le dette opere non siano stata previste nella variante alla concessione edilizia data con provvedimento n. 61 del 14 giugno 1971; dall’altro, che le opere siano sicuramente successive a detta data. È allora legittima la pretesa della pubblica amministrazione di procedere agli accertamenti sanzionatori de qua, poichè, va affermato incidentalmente, la circostanza che l’illecito penale si sia eventualmente prescritto per il decorso del termine triennale o comunque non sia stato perseguito non rende improcedibile l’azione sanzionatoria amministrativa, che è imprescrittibile ed ha riguardo alla fattispecie oggettivamente realizzata.


4. Con il secondo motivo di diritto, si evidenzia nullità ed invalidità dell’atto per mancanza della comunicazione del procedimento nonché di motivazione ed errata individuazione dell’illecito consequenziale. Anche in questo caso messe in disparte le questioni sulla qualificazione dell’atto e del suo vizio, le censure prodotte possono essere sintetizzate nella mancanza dell’atto di avvio procedimentale, da un lato, e sull’affidamento creatosi nel ricorrente per il lungo tempo trascorso, dall’altro.


4. 1. Entrambe le censure non hanno pregio.


4. 2. Nel primo caso, si osservi come l’emissione dell’ordinanza, peraltro atto dovuto, è stata preceduta da accertamenti tecnici operati anche tramite la polizia giudiziaria e sfociati addirittura in un sequestro penale. Appare pertanto del tutto palese che il ricorrente abbia avuto la concreta conoscenza dell’azione amministrativa in corso, congiunta a quella penale.


4. 3. In relazione al secondo profilo, va osservato che la tutela dell’affidamento è concepibile quando coesistono, da un lato, un comportamento inerte dell’amministrazione, e dall’altro, e soprattutto, una aspettativa legittima del privato. Nel caso in esame, nessuno dei due presupposti è sussistente: da un lato, l’amministrazione non può dirsi inerte o tollerante, atteso che, come si è sopra visto, non aveva alcuna conoscenza dell’intervenuta chiusura di una area che, in sede progettuale, era rappresentata come aperta; dall’altro, il ricorrente aveva invece espressamente dato vita ad una opera abusiva, per cui, in presenza di un fatto doloso, deve sicuramente escludersi la presenza di un affidamento tutelabile.


5. Con il terzo motivo di ricorso, si duole di nullità ed invalidità dell’atto per inesistenza dei presupposti. Sempre con la solita cautela sulla qualificazione del vizio, il ricorrente evidenzia come la fattispecie in questione non necessiti di concessione edilizia, non comportando aumento di volumetria.


5. 1. La censura non ha alcun fondamento.


L’opera realizzata, ossia la chiusura di un vano scale con strutture in alluminio anodizzato e vetri infissi stabilmente nei muri portanti, non rientra nell'ambito delle opere interne, in quanto siffatta chiusura comporta la modifica della sagoma dell'edificio e l'aumento delle superfici utili (conforme T.A.R. Lazio, sez. II, 17 luglio 1986 , n. 1156). Infatti, normalmente, l'installazione di pannelli in vetro ed alluminio, quando comporta un trasformazione non limitata nel tempo e la realizzazione di un nuovo locale autonomamente utilizzabile, determina l’aumento della superficie utile e la modifica della sagoma dell'edificio stesso. La regolarità di tale manufatto è subordinata allora al previo rilascio del titolo concessorio (T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 28 febbraio 2006, n. 2451).


La censura va quindi respinta.


6. Con il quarto motivo di diritto, viene infine evidenziata la natura precaria delle opere, ritenute non inamovibili, e quindi non soggette a concessione.


6. 1. La censura non ha pregio.


Dalla documentazione fotografica, si evince espressamente come gli infissi siano stati saldamente ancorati alla struttura e, peraltro, i vani in cui le finestre sono posti sono notevolmente diversi, e più piccoli, rispetto a quelli indicati nel progetto di variante del 1971. La prospettazione della parte è quindi sfornita, in fatto, di qualsiasi elemento di supporto.


7. Il ricorso va quindi respinto in relazione alla chiusura del vano scala, al primo e secondo piano, con struttura in alluminio e vetri, per il quale deve ritenersi correttamente esercitato il potere sanzionatorio amministrativo.


8. Le spese processuali vanno poste a carico della parte soccombente e si liquidano come in dispositivo.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, ottava sezione di Napoli, definitivamente pronunciando, disattesa e respinta ogni diversa istanza, domanda, deduzione ed eccezione, così provvede:
1. Dichiara in parte improcedibile il ricorso n. 6709/2005 per cessazione della materia del contendere ed in parte lo respinge;
2. Condanna Francesco Di Tella a rifondere al Comune di Aversa le spese del presente giudizio, che liquida in complessivi €. 1.500,00 (euro millecinquecento) oltre I.V.A., C.N.A.P. e rimborso spese generali, come per legge.


Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.


Così deciso in Napoli, nella camera di consiglio del 12 marzo 2007.