TAR Campania (NA) Sez. III n. 140 del 13 gennaio 2016
Urbanistica.DIA e verifica sulla completezza della documentazione

Presupposti indefettibili perché la d.i.a. possa essere produttiva di effetti sono la completezza e la veridicità delle dichiarazioni contenute nell'autocertificazione, per cui il decorso del termine di trenta giorni non legittima l'intervento edilizio se la dichiarazione non corrisponde al modello legale prescritto dalla legge, o comunque risulti inesatta o incompleta, sicché l'Amministrazione, in tale ipotesi, non decade dal potere di inibire l'attività o di sospendere i lavori. Tuttavia, avuto riguardo all’espressa delimitazione del potere rimesso all’Autorità amministrativa (“entro il termine indicato al comma 1”), deve affermarsi che l’inutile decorso del termine preclude al Comune di intervenire per paralizzare l’intervento, se ravvisi unicamente la necessità di integrare la documentazione accessoria da allegare alla denuncia, senza evidenziare ragioni sostanziali e concludenti che attengano al divieto di esecuzione dell’opera.

N. 00140/2016 REG.PROV.COLL.

N. 02235/2011 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2235 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Fortunata D'Avino, rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Palladino, con domicilio ex art. 25 c.p.a. in Napoli presso la Segreteria T.A.R.;

contro

Comune di Somma Vesuviana, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

(quanto al ricorso)

del provvedimento del Responsabile della P.O. n. 3 - Settore Servizi Tecnici ed Urbanistica prot. n. 1631 del 25 gennaio 2011, con cui si ordina di non effettuare l'intervento richiesto con la D.I.A. prot. n. 23292 del 26/11/2010; di ogni altro atto preordinato, connesso o conseguente, se e in quanto lesivo degli interessi della ricorrente, ivi compresa l'informativa di reato del Comando Polizia Municipale prot. D-374-11 del 4/2/2011;

(quanto ai motivi aggiunti)

dell'ordinanza del Responsabile della P.O. n. 3 n. 57 del 19 aprile 2011, con cui è ordinata la sospensione dei lavori ed ingiunta l'eliminazione o rimozione di tutte le opere realizzate con ripristino dello stato dei luoghi; di ogni altro atto preordinato, connesso o conseguente, se e in quanto lesivo degli interessi della ricorrente, ivi compresa l'informativa di reato del Comando Polizia Municipale prot. D-374-11 del 7/2/2011 e la relazione tecnica dell'U.T.C. prot. 302 del 4/2/2011.

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore per l'udienza pubblica del giorno 19 novembre 2015 il dott. Giuseppe Esposito e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con D.I.A. prot. 23292 del 26/11/2010 la ricorrente comunicava di dar luogo ai lavori di ripristino dello stato dei luoghi per l’immobile di via Marigliano n. 89, consistenti nella “parziale demolizione di muratura di tufo di recinzione al cortile esclusivo e apposizione di nuovo cancello elettrico scorrevole e uno pedonale di ingresso” (doc. 5 della produzione del 22/4/2011).

Con il ricorso (notificato il 25/3/2011) insorge avverso il provvedimento (notificato ex art. 140 c.p.c. il 28/1/2011) con cui le è stato ordinato di non eseguire l’intervento, poiché:

“a. Manca la documentazione fotografica dettagliata con coni ottici;

b. Manca la dichiarazione congiunta del proprietario e del tecnico circa l’assenza di opere abusive e gli estremi autorizzativi a dimostrazione della legittimità dei fabbricati esistenti in quanto l’accesso ne è pertinenza;

c. Manca l’assenso da parte dei comproprietari del cortile comune”.

Con distinti motivi è denunciata la violazione dell’art. 23, sesto comma, del D.P.R. n. 380/01 e dell’art. 3 della legge n. 241/90, oltre all’eccesso di potere per difetto di istruttoria procedimentale e di motivazione ed illogicità manifesta, nonché la nullità del provvedimento per mancanza di elementi essenziali.

È dedotto che:

- il provvedimento inibitorio è stato notificato dopo 63 giorni dal deposito della D.I.A., allorquando era decorso il termine di trenta giorni fissato dall’art. 23, sesto comma, del D.P.R. n. 380/01 (oltre il quale possono essere emanati soltanto provvedimenti di autotutela e sanzionatori);

- alla D.I.A. era stata allegata tutta la documentazione richiesta ed ulteriori atti venivano prodotti il 3/2/2011 (tenendo conto che lo stesso provvedimento conteneva la riserva di revoca nei successivi quindici giorni, per l’ipotesi di presentazione entro 10 giorni di osservazioni e documenti pertinenti), cosicché difetta un’adeguata istruttoria precedente e susseguente all’emanazione del provvedimento;

- la motivazione basata sulle enunciate ragioni non assolve all’esigenza di assicurare l’imparzialità e trasparenza dei pubblici poteri (trascurando circostanze rilevanti, dando indebito peso ad alcuni profili e richiamando fatti non certi), ed è stato inoltre eluso l’apporto partecipativo del privato, pur richiesto ai fini della possibile revoca;

- la mancanza di assenso dei comproprietari del cortile comune non può fondare il provvedimento, non configurandosi alcun significativo pregiudizio alla normale continuazione del godimento del bene e restando integri i loro diritti, stante la salvezza dei diritti dei terzi connaturata alle autorizzazioni edilizie;

- il provvedimento è privo di un elemento essenziale, non potendosi qualificare (in ragione della riserva di revoca) quale atto definitivo contenente la manifestazione di volontà della P.A.

Il Comune non si è costituito in giudizio.

Con motivi aggiunti (notificati il 17/6/2011) è stata impugnata l’ordinanza del 19/4/2001 di sospensione dei lavori ed eliminazione delle opere abusive.

Con l’atto “si richiama tutto quanto esposto nel ricorso introduttivo in riferimento al precedente provvedimento impugnato” (pag. 6 dei motivi aggiunti), articolando altresì autonome censure avverso l’ordinanza (denunciando gli errori materiali nel corpo del provvedimento, la necessità del previo annullamento della D.I.A., trascorsi 30 giorni dalla sua presentazione, ed infine la sproporzione della sanzione, dovendosi applicare l’art. 37 del D.P.R. n. 380/01).

L’istanza cautelare è stata respinta con ordinanza del 20 aprile 2012 n. 584.

All’udienza pubblica del 19 novembre 2015 il ricorso è stato assegnato in decisione.

DIRITTO

Il ricorso ed i motivi aggiunti sono meritevoli di accoglimento, alla stregua delle seguenti considerazioni.

Nella fattispecie in esame, il Comune ha ordinato di non effettuare i lavori, di cui alla D.I.A. presentata, non già per contrasto dell’intervento con le prescrizioni urbanistico-edilizie, bensì per incompletezza della documentazione, riguardante la rappresentazione dei luoghi (documentazione fotografica con coni ottici), ovvero le condizioni dei contigui beni immobili (dichiarazione congiunta del proprietario e del tecnico sulla legittimità urbanistica e assenso dei comproprietari del cortile comune).

L’inibizione è stata adottata oltre il termine di 30 giorni stabilito dall’art. 23, sesto comma, del D.P.R. n. 380/01 (alla D.I.A. presentata il 26/11/2010 ha fatto seguito il provvedimento emesso il 25/1/2011 e notificato il 28/1/2011).

Ciò posto, il primo comma dell’art. 23 stabilisce che l’avente titolo deve presentare la denuncia di inizio attività “almeno trenta giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori”, mentre il successivo sesto comma dispone che:

“Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, ove entro il termine indicato al comma 1 sia riscontrata l'assenza di una o più delle condizioni stabilite, notifica all'interessato l'ordine motivato di non effettuare il previsto intervento e, in caso di falsa attestazione del professionista abilitato, informa l'autorità giudiziaria e il consiglio dell'ordine di appartenenza. E' comunque salva la facoltà di ripresentare la denuncia di inizio attività, con le modifiche o le integrazioni necessarie per renderla conforme alla normativa urbanistica ed edilizia”.

Giova premettere che presupposti indefettibili perché la d.i.a. possa essere produttiva di effetti sono la completezza e la veridicità delle dichiarazioni contenute nell'autocertificazione, per cui il decorso del termine di trenta giorni non legittima l'intervento edilizio se la dichiarazione non corrisponde al modello legale prescritto dalla legge, o comunque risulti inesatta o incompleta, sicché l'Amministrazione, in tale ipotesi, non decade dal potere di inibire l'attività o di sospendere i lavori (cfr. TAR Lazio, sez. I, 5/4/2013, n. 3506).

Tuttavia, avuto riguardo all’espressa delimitazione del potere rimesso all’Autorità amministrativa (“entro il termine indicato al comma 1”), deve affermarsi che l’inutile decorso del termine preclude al Comune di intervenire per paralizzare l’intervento, se ravvisi unicamente la necessità di integrare la documentazione accessoria da allegare alla denuncia, senza evidenziare ragioni sostanziali e concludenti che attengano al divieto di esecuzione dell’opera.

In altri termini, la verifica sulla completezza della documentazione deve essere effettuata entro il termine assegnato dalla legge (che altrimenti non avrebbe ragion d’essere vero), il cui decorso consolida in capo all’interessato la facoltà di eseguire l’intervento (cfr., di recente, Cons. Stato – Sez. IV, 12 novembre 2015 n. 5161: <<Secondo un noto orientamento giurisprudenziale, qui pienamente condiviso, intervenuto in ordine alla natura giuridica dell'istituto della D.I.A. , la denuncia di inizio attività è un atto soggettivamente e oggettivamente privato, alla cui presentazione può seguire da parte della P.A. un silenzio di tipo significativo che produce l'effetto di precludere all'Amministrazione l'esercizio del potere inibitorio (Ad. Pl. sent 29 febbraio 2011 n.15)>>.

In diversa ipotesi si versa allorquando le ragioni del divieto di eseguire l’intervento poggino sulla difformità rispetto al titolo edilizio necessario o alle norme che presiedono all’attività edilizia e all’assetto urbanistico.

In tal caso, l’intervento della P.A. ha il suo fondamento nel generale ed inconsumabile potere di repressione dell’attività edilizia contrastante con la normativa, al quale fa riferimento la giurisprudenza per la quale, anche dopo la scadenza del termine fissato dall’art. 23, sesto comma, citato, <<l'amministrazione conserva il potere di verificare se le opere possono essere realizzate sulla base della d.i.a. e può esercitare i poteri di vigilanza e sanzionatori previsti dall'ordinamento" (sez. IV, sent. 12 febbraio 2010 n. 781)>> (Cons. Stato – Sez. IV, 27 gennaio 2015 n. 365; conforme per tali ipotesi la giurisprudenza di questa Sezione: cfr. la sentenza del 6 febbraio 2015 n. 937: <<Non occorreva il previo annullamento della DIA, stante la diversità dei lavori rispetto alla denuncia (per cui non v’è colleganza tra l’intento manifestato e la differente attività posta in essere) ed atteso il mantenimento in capo al Comune del potere di repressione degli abusi edilizi, pur dopo la scadenza del termine stabilito nell’art. 23 del DPR 380/01>>).

Sennonché, come innanzi precisato, non è rinvenibile nella specie l’esercizio da parte del Comune del potere repressivo dell’attività edilizia non consentita (che avrebbe dovuto comportare l’accertamento della difformità dell’intervento rispetto alle prescrizioni e la verifica delle altre condizioni occorrenti per eseguirlo), essendosi l’Ente limitato ad addurre la mancanza di documentazione, inibendo per tale aspetto l’attività intrapresa, sebbene fosse scaduto il termine fissato dalla legge per compiere tale attività.

In ragione di ciò, è fondata ed assorbente la censura articolata sul punto e vanno pertanto annullati il provvedimento impugnato con il ricorso ed, altresì, per la denunciata illegittimità derivata l’ordinanza gravata con motivi aggiunti, che su quel provvedimento si fonda.

Le spese processuali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li accoglie e, per l'effetto, annulla gli impugnati provvedimenti prot. n. 1631 del 25 gennaio 2011 e n. 57 del 19 aprile 2011.

Condanna il Comune di Somma Vesuviana, in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento in favore della ricorrente degli onorari e delle spese di giudizio, che liquida in complessivi € 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre al rimborso del contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 19 novembre 2015 con l'intervento dei magistrati:

 

Fabio Donadono, Presidente

Vincenzo Cernese, Consigliere

Giuseppe Esposito, Primo Referendario, Estensore

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 13/01/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)