TAR Lombardia (MI) Sez. II n. 2757 del 14 novembre 2012
Urbanistica. Ingiunzione demolizione e diritti dei terzi.

E’ legittima l’ingiunzione alla demolizione di lavori eseguiti su parti immobile in comproprietà con altri soggetti. Infatti, qualora i lavori edilizi siano da eseguirsi su parti comuni e si tratti di opere non connesse all'uso normale della cosa comune, essi abbisognano del previo assenso dei comproprietari anche in relazione agli aspetti pubblicistici dell'attività edificatoria, in sede di rilascio del titolo autorizzativo. Il fatto che i titoli abilitativi edilizi vengano rilasciati ex lege con salvezza dei diritti dei terzi significa che i diritti dei terzi non possono venire lesi dal provvedimento finale amministrativo ma non già che l’ente locale non li debba considerare, nell’ambito della fase istruttoria di rilascio del titolo. In tale fase, infatti, sussiste l’obbligo per il Comune di verificare il rispetto da parte dell’istante dei limiti privatistici, a condizione che tali limiti siano effettivamente conosciuti o immediatamente conoscibili o non contestati, di modo che il controllo da parte del Comune si traduca in una semplice presa d’atto dei limiti medesimi, senza necessità di procedere ad un’accurata ed approfondita disamina dei rapporti tra i privati . (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

 

N. 02757/2012 REG.PROV.COLL.

N. 02713/2011 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2713 del 2011, proposto da: 
Carlo Rodi, rappresentato e difeso dall'avv. Micaela Chiesa, presso il cui studio, in Milano, corso di Porta Vittoria, 47, è elettivamente domiciliato;

contro

Comune di Cantù, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Franco Giuseppe Ferrari, presso il cui studio, in Milano, via Larga, 23, è elettivamente domiciliato;

per l'annullamento,

previa sospensione dell’efficacia,

- dell'ordinanza n. 4315 del 31.5.2011, notificata il 7.6.2011, a firma del dirigente del settore urbanistica ed edilizia privata, avente ad oggetto "ingiunzione di demolizione/ripristino dello stato dei luoghi per opere eseguite in difformità dal progetto di cui al permesso di costruire n. 239/08 rilasciato in data 06.03.2009 e successiva variante, in via Bolzano n. 2";

- del provvedimento n. 20692 del 27.7.2011, in particolare nella parte in cui afferma che la commissione edilizia ha espresso parere "contrario al mantenimento della pensilina realizzata lungo il mappale 12135 che risulta in comproprietà con altri" nonché di ogni atto presupposto, connesso e consequenziale.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Cantù;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2012 la dott.ssa Silvia Cattaneo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Il sig. Carlo Rodi impugna l’ordinanza di demolizione n. 4315 del 31.5.2011 ed il provvedimento prot. n. 20692 del 27.7.2011 nella parte in cui comunica che la Commissione edilizia ha espresso parere contrario al mantenimento della pensilina realizzata lungo il mappale 12135, in quanto lo stesso risulta in comproprietà con altri soggetti.

2. Questi i motivi di ricorso:

I. violazione degli art. 10, 10 bis, l. n. 241/1990 e 97 Cost.;

II. eccesso di potere per violazione del principio di nominatività e tipicità degli atti amministrativi; violazione del principio di legalità;

III. violazione dell’art. 41, l. Regione Lombardia n. 12/2005 e dell’art. 38, l. Regione Lombardia n. 12/2005;

IV. eccesso di potere per sviamento della causa tipica; carenza di potere; carenza di istruttoria; difetto di motivazione; violazione dell’art. 38, l. Regione Lombardia n. 12/2005;

V. violazione dell’art. 3, l. n. 241/1990; difetto di motivazione; carenza di istruttoria; violazione dell’art. 97 Cost.;

VI. violazione dell’art. 31, d.P.R. n. 380/2001; eccesso di potere per difetto di istruttoria; violazione dell’art. 38, l. Regione Lombardia n. 12/2005.

3. L’amministrazione comunale intimata si è costituita in giudizio deducendo, oltre all'infondatezza nel merito delle censure, l’inammissibilità del ricorso per omessa notifica ai controinteressati e l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del terzo e del sesto motivo di ricorso a seguito della presentazione, da parte dei ricorrenti, in data 23.7.2012 di un’istanza di sanatoria delle opere interne eseguite in difformità dal titolo abilitativo.

4. All’udienza del 25 ottobre 2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

5. Si ritiene di poter tralasciare l’esame dell’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dall’amministrazione resistente, stante l’infondatezza nel merito del ricorso che va dunque respinto.

6. Il Collegio, a seguito di un più approfondito esame del ricorso, ritiene, difatti, di doversi discostare dalle valutazioni espresse in sede cautelare.

7. Il primo motivo, con cui il ricorrente lamenta la violazione degli art. 10, 10 bis, l. n. 241/1990 e 97 Cost., è infondato.

La giurisprudenza è difatti concorde nell’affermare che l'obbligo, ex art. 10 l. n. 241 del 1990, di esame delle memorie e dei documenti difensivi presentati dagli interessati nel corso del procedimento amministrativo, non impone all'amministrazione una formale, analitica confutazione in merito ad ogni argomento esposto, essendo sufficientemente adeguata, alla luce dell'art. 3 della stessa legge, un'esternazione motivazionale che renda, nella sostanza, percepibile la ragione del mancato adeguamento dell'azione amministrativa alle loro deduzioni partecipative (cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, sez. VI, 29 maggio 2012, n. 3210).

Ciò è accaduto nel caso di specie, essendo chiara la ragione per la quale l’amministrazione non ha condiviso le argomentazioni formulate dal sig. Rodi, legata alla non sanabilità della pensilina in quanto realizzata su un’area comune in assenza del consenso dei comproprietari.

8. Con il secondo, il quarto ed il quinto motivo - che possono essere trattati congiuntamente perché strettamente connessi sul piano logico e giuridico - il ricorrente deduce i seguenti vizi: eccesso di potere per violazione del principio di nominatività e tipicità degli atti amministrativi e del principio di legalità; eccesso di potere per sviamento della causa tipica; carenza di potere; carenza di istruttoria; difetto di motivazione; violazione dell’art. 38, l. Regione Lombardia n. 12/2005; violazione dell’art. 3, l. n. 241/1990; violazione dell’art. 97 Cost.

Le censure sono infondate.

L’amministrazione non ha esercitato un potere atipico ma il potere attribuitole dal d.P.R. n. 380/2001.

Il diniego del rilascio di un titolo abilitativo (sia esso una variante al permesso di costruire già rilasciato oppure un permesso di costruire in sanatoria) trova fondamento nell’art. 11, d.P.R. n. 380/2001, ai sensi del quale “Il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell'immobile o a chi abbia titolo per richiederlo”.

Il fatto che i titoli abilitativi edilizi vengano rilasciati ex lege con salvezza dei diritti dei terzi significa che i diritti dei terzi non possono venire lesi dal provvedimento finale amministrativo ma non già che l’ente locale non li debba considerare, nell’ambito della fase istruttoria di rilascio del titolo. In tale fase, infatti, sussiste l’obbligo per il Comune di verificare il rispetto - da parte dell’istante - dei limiti privatistici, a condizione che tali limiti siano effettivamente conosciuti o immediatamente conoscibili o non contestati, di modo che il controllo da parte del Comune si traduca in una semplice presa d’atto dei limiti medesimi, senza necessità di procedere ad un’accurata ed approfondita disamina dei rapporti tra i privati (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 4 maggio 2010, n. 2546; Tar Umbria, sez. I, 28 ottobre 2011, n. 333).

Per giurisprudenza costante, quindi, qualora i lavori edilizi siano da eseguirsi su parti comuni e si tratti di opere non connesse all'uso normale della cosa comune, essi abbisognano del previo assenso dei comproprietari anche in relazione agli aspetti pubblicistici dell'attività edificatoria, in sede di rilascio del titolo autorizzativo (Consiglio di Stato sez. VI, 20 dicembre 2011, n. 6731; sez. IV, 10 marzo 2011, n. 1566; sez. VI, 10 ottobre 2006, n. 6017; sez. V, 24 settembre 2003, n. 5445; T.a.r. Campania, Napoli, sez. VII, 5 maggio 2010, n. 2663; T.a.r. Lombardia Brescia, sez. I, 28 maggio 2007, n. 460).

Nel caso di specie, la pensilina realizzata dal ricorrente, sebbene ancorata sul suo fabbricato, aggetta - per una lunghezza di 5,60 m. e la profondità di 1,40 m. - su di un’area che è, pacificamente, di proprietà comune di più soggetti.

L’occupazione dello spazio aereo sovrastante tale area – in considerazione delle dimensioni della pensilina e del suo carattere permanente, in quanto stabilmente ancorata al fabbricato - va ad incidere sul diritto di comproprietà degli altri soggetti e non è riconducibile a quell'utilizzo della cosa comune ed alle modifiche della stessa funzionali a detto utilizzo, ammessi ai sensi degli artt. 1102 e 1120 c.c. (cfr. Cassazione civile sez. II, 20 agosto 2002, n. 12258, secondo cui la colonna d'aria sovrastante un'area appartiene anch'essa al proprietario e, a norma del comma 2 dell'art. 840 c.c., l'immissione degli sporti nello spazio aereo sovrastante il fondo del vicino è consentita solo quando costui non abbia interesse ad escludere l'immissione stessa, ossia quando questa intervenga ad un'altezza dal suolo tale da non pregiudicare un qualche concreto, legittimo interesse del proprietario del fondo, in relazione alle concrete possibilità di utilizzazione dello spazio).

A fronte dell’assenza del consenso degli altri comproprietari - e anzi di un dissenso espressamente manifestato - legittimamente l’amministrazione ha negato il rilascio del titolo, adottando un provvedimento adeguatamente motivato e supportato da coerenti risultanze istruttorie.

Né assume rilievo la proposizione del giudizio di divisione dell’immobile innanzi al Tribunale di Como, sez. di Cantù, poiché esso è stato attivato successivamente all’adozione del provvedimento impugnato.

L’amministrazione ha quindi legittimamente ordinato la demolizione dell’opera in questione, realizzata in assenza di titolo abilitativo, nell’esercizio del potere pubblicistico di repressione degli abusi edilizi. A ciò è difatti legittimata dalla previsione di cui all’art. 31, d.P.R. n. 380/2001, norma che sanziona gli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire.

9. Sono, infine, infondati anche il terzo ed il sesto motivo di ricorso.

La qualificazione dell’abuso quale intervento eseguito in assenza di permesso di costruire ed il richiamo all’art. 31, d.P.R. n. 380/2001 sono corretti.

La pensilina, di ampie dimensioni e stabilmente ancorata al fabbricato, non può, difatti, essere considerata di natura pertinenziale, dando invece luogo ad una modificazione della sagoma e del prospetto dell'edificio comportante il previo rilascio di titolo abilitativo espresso (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 29 aprile 2011, n. 2549).

10. Come eccepito dalla difesa dell’amministrazione resistente, le censure, nella parte in cui contestano la difformità dal permesso di costruire con riferimento alle altezze dei piani sottotetto, sono divenute improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse.

In data 23.7.2012, il ricorrente ha difatti presentato al Comune di Cantù un’istanza di permesso di costruire in sanatoria concernente le opere interne.

L’accoglimento della predetta istanza, invero, legittimerebbe le opere in questione e renderebbe non più applicabile la sanzione demolitoria; nell'opposto caso di rigetto della domanda, invece, il Comune sarebbe chiamato a rinnovare il procedimento ripristinatorio sulla base dell'accertata non sanabilità dei manufatti, e l'interesse dell'istante si concentrerebbe nel contestare, con apposito gravame, il diniego di sanatoria (Cons. Stato, V, 21/11/2006, n. 6789; TAR Lazio, Roma, II, 4/5/2007, n. 3873; TAR Campania, Napoli, VI, 3/5/2007, n. 4659; TAR Puglia, Lecce, I, 3/4/2007, n. 1499; TAR Piemonte, I, 13/12/2006, n. 4654).

11. Per le ragioni esposte il ricorso è, dunque, infondato e va respinto.

12. In considerazione della peculiarità della vicenda il Collegio ritiene equo compensare integralmente tra le parti le spese di causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 25 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Angelo De Zotti, Presidente

Concetta Plantamura, Primo Referendario

Silvia Cattaneo, Primo Referendario, Estensore

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 14/11/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)