TAR Emilia Romagna (BO) Sez. I n. 1019 del 12 dicembre 2016
Urbanistica. Lottizzazione abusiva e successive alienazioni dei suoli

Va escluso che da una situazione di abusivismo edilizio e, tanto meno, da un’accertata lottizzazione abusiva, possa derivare, in capo ai successivi acquirenti della res una situazione di affidamento circa la legittimità delle pregresse alienazioni della stessa. Anzi, va sostenuto non solo che una pregressa attività di “lottizzazione abusiva” non possa ingenerare alcun tipo di affidamento giuridicamente tutelato circa la non sanzionabilità di tale condotta illecita nel caso di successive alienazioni dei suoli, ma anche che tale grave tipologia di abuso non consenta di sanare i singoli interventi realizzati in ciascuna area oggetto di illecito frazionamento.



Pubblicato il 12/12/2016

N. 01019/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00985/2013 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 985 del 2013, proposto da:
Geanina Elena Ciucanu, rappresentata e difesa dall'avvocato Luigino Biagini C.F. BGNLGN57D04H274Z, con domicilio eletto presso l’avv. Luciana Petrella, con studio in Bologna, viale XII Giugno n. 7;

contro

Comune di Rimini, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Maria Assunta Fontemaggi C.F. FNTMSS56M55H294L, con domicilio eletto presso l’avv. Francesco Bragagni, con studio in Bologna, Strada Maggiore n. 31;

per l'annullamento

a)dell'ordinanza di sospensione di lottizzazione abusiva emessa dal Comune di Rimini nei confronti dell’odierna ricorrente in data 13/08/2013; b)dell'ordinanza di ingiunzione di demolizione di opere abusive adottata in pari data dal Comune di Rimini sempre nei confronti dell’odierna ricorrente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Rimini;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 5 ottobre 2016, il dott. Umberto Giovannini e uditi, per le parti, i difensori avv. Luigino Biagini e avv. Francesco Bragagni;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il presente gravame, la proprietaria di un’area con soprastante fabbricato residenziale sita in comune di Rimini, via Faleto, chiede l’annullamento di n. 2 ordinanze adottate entrambe dalla locale civica amministrazione in data 13 agosto 2013, con le quali le si ingiunge, rispettivamente, di sospendere ogni attività connessa alla lottizzazione abusiva c.d. “lottizzazione Salvini” nell’area di proprietà e di demolire le opere abusive realizzate in detta area in esecuzione di tale pregressa lottizzazione. A sostegno del ricorso, l’interessata deduce motivi in diritto rilevanti, per quanto concerne l’ordinanza di sospensione: violazione dell’art. 30 D.P.R. n. 380 del 2001 ed art. 12 L.R. Emilia – Romagna n. 23 del 2004; violazione del principio del giusto procedimento e del principio che tutela il legittimo affidamento dei cittadini; violazione dell’art. 7 C.E.D.U.. Avverso l’ingiunzione di demolizione di opere abusive, la ricorrente deduce: violazione ed errtata applicazione dell’art. 31 D.P.R. n. 380 del 2001 e dell’art. 13 L.R. n. 23 del 2004; eccesso di potere per travisamento dei fatti, carenza di istruttoria e di motivazione.

L’amministrazione comunale di Rimini, costituitasi in giudizio, ritenendo infondato il ricorso, ne chiede la reiezione.

Alla pubblica udienza del giorno 5 ottobre 2016, la causa è stata chiamata ed è stata quindi trattenuta per la decisione come indicato nel verbale.

Il Collegio osserva innanzitutto che l’ordinanza di sospensione della lottizzazione abusiva è immune dai vizi di legittimità evidenziati in ricorso. L’area ed il soprastante fabbricato (particella 426 nuovo catasto terreni del comune di Rimini), divenuti di proprietà dell’odierna ricorrente con decreto del Tribunale di Rimini in data 20/9/2001, in esito a procedura esecutiva immobiliare nei confronti del precedente proprietario, fa parte di una più vasta area oggetto di precedente procedimento sanzionatorio di un frazionamento abusivo di fondi denominato “lottizzazione Salvini”. L’abusività della c.d. “lottizzazione Salvini” è stata già accertata in diverse pronunce sia di questo T.A.R.: sentenza sez. II n. 3457 del 2008; sentenze sez. I n. 1018 del 2014; 1049 del 2014 e 1048 del 2014 sia del Consiglio di Stato, le cui pronunce hanno pienamente confermato gli esiti delle decisioni di prime cure: Cons. Stato sez. IV: n. 3721 del 2016; n. 3739 del 2016; n. 3747 del 2016 n. 3750 del 2016 (v. docc. 13 – 16 del Comune). Le suddette sentenze hanno peraltro seguito il solco già tracciato dalle prime due originarie sentenze con le quali il T.A.R. Emilia – Romagna in primo grado (T.A.R. Bologna sez. II n. 3642 del 2004) e il Consiglio di Stato in sede di appello (Cons. Stato sez. IV, n. 3531 del 2005), riguardo alla c.d. “lottizzazione Salvini”, è stato accertato che: “… a) vi è stata la suddivisione delle aree, mediante frazionamento di numerosissimi lotti; b) la suddivisione in lotti è incompatibile con la destinazione del P.R.G. vigente a "zona agricola"; c) sono state realizzate numerose opere abusive delle quali è dato atto anche negli atti di compravendita; d) dai frazionamenti stessi è indotta una viabilità interna con sedi stradali di accesso ai lotti in gran parte recintati, e con sovrastanti manufatti; e) è stata accertata la tombinatura della fossa di scolo consorziale trasformata in sede carrabile; f) la superficie media di lotti è di circa mq. 1000, mentre la destinazione di zona agricola prevista dal P. R. G. prevede una superficie minima di mq. 10.000 quale minima unità culturale; g) le numerose opere edilizie abusive e le dimensioni delle singole unità poderali, ampiamente al dì sotto di quelle previste e consentite, hanno indotto una suddivisione del territorio non più idoneo alla destinazione urbanistica agricola;...”. E’ stato inoltre accertato, nelle suddette sentenze che “…i frazionamenti sono stati eseguiti in modo da assicurare (probabilmente attraverso la previsione dell’obbligo a carico dell’acquirente del lotto di lasciare libera una striscia di terreno al confine) la presenza della strada di penetrazione alla lottizzazione, e delle strade di collegamento ai singoli lotti, laddove non ha alcuna influenza ai fini in discorso, che esse non siano ancora state asfaltate, siano prive di segnaletica e di fossati di raccolta acque, o che non vi sia prova che la “tombinatura” del fosso, in sé abusiva e certamente utilizzata come strada dai lottizzanti, sia stata da essi anche realizzata. Non si può quindi sostenere che la lottizzazione abusiva de quo sia stata dal Comune ipotizzata ma non dimostrata, e che le trasformazioni sopra descritte, unite al frazionamento ed alla vendita di un terreno agricolo in lotti di dimensioni inferiori a quelli stabiliti dalle previsioni urbanistiche, non denuncino in modo non equivoco quanto meno la predisposizione dei terreni per destinarli a scopo edificatorio, così attivando la condizione prevista dall’art.18 della legge n.47…” (v. Cons. Stato, sez. IV, n. 3531del 2005). Nel caso di specie, risulta inoltre incontestato che l’area attualmente di proprietà dei ricorrenti facesse parte delle aree incluse nel perimetro della c.d. “lottizzazione Salvini”, poiché la particella catastale 426 del nuovo catasto terreni del comune di Rimini in cui detta area è sita, deriva anch’essa dall’originario frazionamento di un più ampio lotto identificato nel mappale 297 foglio n. 47 del nuovo catasto terreni del comune di Rimini, operato dal sig. Alberto Salvini a scopo lottizzatorio. Il predetto originario proprietario e committente della lottizzazione abusiva ha alienato l’area di cui alla suddetta particella catastale al sig. Massimiliano Bastianini, che, a sua volta, l’ha venduta al sig. Giancone Maurizio, che ha successivamente alienato l’area al sig. Boccia Antonio. Quest’ultimo è stato assoggettato a procedura esecutiva immobiliare, dalla quale l’odierna ricorrente ha acquisito l’area con annesso fabbricato ad uso residenziale con decreto di trasferimento del Tribunale di Rimini in data 20/9/2011 (v. ricorso pag. n. 2). Sulla base di tale situazione di fatto, il Collegio ritiene legittima la gravata ordinanza comunale, costituendo, l’accertata lottizzazione abusiva operata sull’area di proprietà dell’odierna ricorrente, un illecito permanente, con la conseguenza che, data anche la natura ripristinatoria della misura sanzionatoria adottata, legittimamente il Comune ha perseguito la repressione dell’abuso anche nei confronti dell’attuale proprietaria dell’area a suo tempo illecitamente frazionata ed alienata a terzi.

In riferimento all’argomentazione della ricorrente diretta a reclamare la buona fede e la sua completa estraneità all’abuso rilevato dal Comune, avendo ella acquistato i suoli solo a valle del frazionamento dell’area, con conseguente impossibilità, per la stessa, di essere partecipe di qualsivoglia disegno lottizzatorio, il Collegio ne deve rilevare l’inconsistenza. Sul punto, il predominante orientamento della giurisprudenza amministrativa (che il Collegio appieno condivide) stabilisce che la lottizzazione abusiva opera in modo oggettivo e indipendentemente dall’animus dei proprietari interessati, i quali, se del caso, potranno far valere la propria buona fede nei rapporti interni con i propri danti causa (cfr. Cons. Stato, sez. IV, nr. 3115/2014, cit.; id., 3 aprile 2014, nr. 1589). Nel caso in esame, inoltre, risultano essere state legittimamente applicate le necessarie garanzie partecipative nei riguardi dei destinatari dell’ordine di sospensione, avendo il Comune provveduto a comunicare agli odierni ricorrenti l’avvio del relativo procedimento sanzionatorio, nonché mediante allegazione all’ordinanza impugnata dell’originaria ordinanza di sospensione di lottizzazione abusiva, all’epoca notificata al sig. Alberto Salvini, committente della stessa. Il Collegio ritiene, infine, che non sia persuasiva neppure l’ulteriore argomentazione della ricorrente, incentrata sull’affidamento dalla medesima riposto nella legittimità dei precedenti atti di compravendita, attraverso i quali l’area in questione è divenuta di loro proprietà. Sul punto, il consolidato indirizzo della giurisprudenza amministrativa esclude che da una situazione di abusivismo edilizio e, tanto meno, da un’accertata lottizzazione abusiva, possa derivare, in capo ai successivi acquirenti della res una situazione di affidamento circa la legittimità delle pregresse alienazioni della stessa. Anzi, all’opposto della tesi esposta dalla ricorrente, la giurisprudenza amministrativa largamente prevalente ha sostenuto non solo che una pregressa attività di “lottizzazione abusiva” non possa ingenerare alcun tipo di affidamento giuridicamente tutelato circa la non sanzionabilità di tale condotta illecita nel caso di successive alienazioni dei suoli, ma anche che tale grave tipologia di abuso non consenta di sanare i singoli interventi realizzati in ciascuna area oggetto di illecito frazionamento. Il suddetto indirizzo giurisprudenziale qualifica infatti la lottizzazione abusiva come un illecito permanente e insanabile, poiché produce una deviazione dagli scopi stabiliti con la pianificazione urbanistica e lede perciò l’essenziale prerogativa comunale della programmazione in materia, alla cui protezione tende l’art. 30 del D.P.R. n. 380 del 2001 (e in precedenza l’art. 18 della L. n. 47 del 1985); essa ha dunque una potenzialità lesiva più estesa di quella del singolo abuso edilizio poiché incide sull’interesse pubblico primario alla corretta urbanizzazione del territorio, condizionando indebitamente le scelte pianificatorie future della p.a. (Cons. Stato, IV: 12/2/2013, n. 834 e 15/9/2010, n. 6870; T.A.R. Campania –NA- sez. VI, 4/2/2016 n. 624). Dalle considerazioni che precedono discende ulteriormente che la fattispecie della lottizzazione abusiva è distinta da quella delle singole costruzioni prive di titolo abilitativo, e non può essere applicata alla prima la disciplina sul condono edilizio e non possono essere sanate le seconde, quando realizzate nell’ambito di una lottizzazione abusiva, se non previa valutazione globale dell’attività lottizzatoria secondo lo speciale meccanismo di cui agli articoli 29 e 35, comma 13, della legge n. 47 del 1985, cioè previa adozione di una variante dello strumento urbanistico (v. Cons. Stato, IV, 7 giugno 2012, n. 3381); così come, in ragione della differenza fra le due fattispecie, non è prevista per la prima la possibilità del ripristino da parte del privato come invece espressamente consentito al responsabile del singolo abuso ai sensi dell’art. 31, c. 3, del D.P.R. n. 380 del 2001. Per quanto concerne le censure con le quali la ricorrente aggredisce l’ingiunzione comunale di demolizione di opere edilizie, il Collegio ne deve parimenti rilevare l’infondatezza.

Sulla base di quanto chiaramente dispone l’art. 31 del D.P.R. n. 31 del D. P.R. n. 380 del 2001 e del consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa in merito all’ambito di applicazione della suddetta disposizione, è legittima l’ordinanza di demolizione di opere abusive emessa non solo nei confronti del responsabile dell’abuso edilizio ma anche dell’attuale proprietà dell’immobile, in quanto, come si è già detto, tale abuso dà luogo ad un illecito avente carattere permanente, con la conseguenza che il provvedimento amministrativo che lo sanziona produce validi effetti anche sui successivi proprietari dell’immobile (v. ex multis: Cons. Stato, sez. VI, 4/9/2015 n. 4125).

Non coglie nel segno, infine, la censura con la quale si ritiene carente la motivazione che sorregge la gravata ordinanza di demolizione, stante che, sulla base di un consolidato indirizzo giurisprudenziale, costantemente condiviso da questo Tribunale, “…il tempo intercorso non elide, né aggrava, quanto a motivazione, il doveroso e imprescrittibile esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’amministrazione pubblica: invero, l’ordine di demolizione, come tutti i provvedimenti sanzionatori edilizi, è un atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni d’interesse pubblico, né una comparazione di questo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla demolizione, non potendo ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può legittimare…” (v. da ultima: Cons. Stato, Sez. IV, 31/8/2016 n. 3747; T.A.R. Sicilia –PA- Sez. II, 5/10/2015 n. 2420). Pertanto, nel caso di specie, l’ordinanza del comune di Rimini risulta sufficientemente motivata, contenendo essa l’indicazione dell’abuso effettivamente realizzato, delle norme edilizie e/o urbanistiche violate, nonché delle norme sanzionatorie applicate a tale violazione.

Per le suesposte ragioni, il ricorso è respinto.

Le spese seguono la soccombenza ed esse sono liquidate come indicato nel dispositivo.


P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia – Romagna, Bologna (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la ricorrente, quale parte soccombente, al pagamento, in favore del comune di Rimini, delle spese relative al presente giudizio, che si liquidano per l’importo onnicomprensivo di €. 4.000,00 (Euro quattromila/00) oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Bologna, nella camera di consiglio del giorno 5 ottobre 2016, con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Di Nunzio, Presidente

Umberto Giovannini, Consigliere, Estensore

Ugo De Carlo, Consigliere