TAR Campania (NA), Sez. IV, n. 2649, del 22 maggio 2013
Urbanistica.Differente tipologia di soppalchi e norma applicabile

La distinzione tra i soppalchi la cui realizzazione sia "rivolta a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili" (art. 31, I comma, lettera C L. 457\78, e, oggi, art. 3, comma I, lettera C del DPR 380\2001) e soppalchi che, invece, per le loro caratteristiche (soprattutto dimensionali) rientrano a pieno titolo nel novero degli interventi di ristrutturazione edilizia, di cui all'art. 10, I comma, lettera C del medesimo Testo unico, che viene in considerazione allorché la loro posa in opera determini una modifica della superficie utile dell'appartamento, con conseguente aggravio del carico urbanistico. (Segnalazione e massima a cura di F. albanese)

N. 02649/2013 REG.PROV.COLL.

N. 05628/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso R.G. n. 5628 del 2011 proposto da COVINO GIANLUCA, rappresentati e difesi dall’Avv. Amerigo Russo, nel cui studio è elettivamente domiciliato in Napoli, via Ugo Niutta n. 22 presso lo Studio Fides, come da procura in calce al ricorso;

contro

- Il Comune di Napoli in persona del Sindaco pro tempore, autorizzato a stare in giudizio come da deliberazione della Giunta Municipale n. 1061 del 3 novembre 2011, rappresentato e difeso dagli Avvocati Giuseppe Tarallo, Barbara Accattatis Chalons d’Oranges, Antonio Andreottola, Eleonora Carpentieri, Bruno Crimaldi, Annalisa Cuomo, Anna Ivana Furnari, Giacomo Pizza, Anna Pulcini, Bruno Ricci, Gabriele Romano, con i quali è elettivamente domiciliato in Napoli, piazza Municipio - Palazzo S. Giacomo, presso l’Avvocatura Municipale, come da procura a margine dell’atto di costituzione in giudizio;

per l'annullamento

- della determinazione dirigenziale n. 246 del 1° agosto 2011, con cui si è ordinato il ripristino dello stato dei luoghi in vico Neve a Materdei n. 21;

- di ogni altro atto connesso o consequenziale.



Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio e la memorie del Comune di Napoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 febbraio 2013 il consigliere Achille Sinatra e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. - Con ricorso spedito per notifica il 14 ottobre 2011 e depositato l successivo 8 di novembre il sig. Gianluca Covino ha impugnato, chiedendone l’annullamento, la determinazione dirigenziale n. 246 del 1° agosto 2011, con cui il Comune di Napoli gli ha ordinato il ripristino dello stato dei luoghi in un’unità immobiliare sita in vico Neve a Materdei n. 21, dove il ricorrente ha edificato, senza munirsi di permesso di costruire, due soppalchi estesi, rispettivamente, 30 e 10 metri quadrati, posti ad una altezza pari a due metri e trenta dal suolo e a due metri e dieci dal soffitto dei locali in cui essi sono stati realizzati (living e cucina).

2. – Espone il ricorrente che, a seguito del sopralluogo da parte della Polizia Municipale (in forza del quale è stato poi assunto l’atto impugnato), era stato richiesto il sequestro dei due manufatti, che però era stata negato dal GIP competente, il quale aveva osservato che i detti soppalchi non creerebbero volumetria, essendo peraltro soggetti a d.i.a.

3. – Tanto premesso, il dott. Covino censura la disposizione impugnata attraverso i seguenti motivi:

1) Violazione del DPR n. 380\2010 sotto svariati profili e travisamento dei fatti, in quanto, per la realizzazione dei soppalchi in questione, non sarebbe necessario munirsi di permesso di costruire, trattandosi di opere interne che non determinano aumento di volume e, quindi, non integrerebbero ristrutturazione edilizia, così da essere sufficiente una d.i.a., con la conseguente sola applicabilità di una sanzione pecuniaria, e non di quella reale;

2) Eccesso di potere sotto svariati profili, difetto di istruttoria e di motivazione, poichè il provvedimento impugnato non avrebbe qualificato il tipo di abuso perpetrato nel caso in esame, in quanto, pur menzionando l’assenza del permesso di costruire, non avrebbe specificato il perché della scelta della sanzione reale invece che di quella pecuniaria, previa applicazione dell’art. 34 del DPR n. 380\2001, o constatazione che l’intervento era assoggettato a semplice d.i.a.;

3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 31 DPR n. 380\2001, eccesso di potere per erroneità dei presupposti, non avendo il Comune valutato che ai sensi dell’art. 37 del T.U. n. 380 del 2001 l’intervento sarebbe stato assoggettato a d.i.a., e dunque a sanzione pecuniaria e non reale;

4) Ancora violazione del DPR n. 380\2001 sotto il profilo della necessità della sola d.i.a. per il carattere asseritamente pertinenziale degli abusi;

5) Violazione dell’art. 3 L. 241\1990, insufficienti motivazione ed istruttoria, contraddittorietà, travisamento dei fatti e omessa comparazione tra interesse pubblico alla demolizione ed inteersse privato, specie in relazione al lungo tempo trascorso dalla commissione dell’abuso;

6) Violazione dell’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento sanzionatorio.

4. – Il Comune di Napoli, costituitosi in giudizio, ha chiesto il rigetto del ricorso con memoria.

Alla pubblica udienza del 27 febbraio 2013 il ricorso è stato posto in decisione.

4. –Il ricorso è infondato, e va respinto.

4.1 – Vanno congiuntamente esaminati i motivi con cui il ricorrente contesta la necessità del permesso di costruire –postulato dal provvedimento impugnato- per i due soppalchi in questione, assumendo la necessità di una mera d.i.a. per la relativa costruzione, la congruenza di una sanzione pecuniaria per la mancata richiesta ed il carattere pertinenziale di tali opere: si tratta dei motivi primo, terzo e quarto.

Questa sezione ha avuto modo di affermare –con orientamento che non appare meritevole di ripensamenti- la distinzione (presente anche nell’art. 15 del regolamento edilizio comunale di Napoli) tra i soppalchi la cui realizzazione sia "rivolta a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili" (art. 31, I comma, lettera C L. 457\78, e, oggi, art. 3, comma I, lettera C del DPR 380\2001) e soppalchi che, invece, per le loro caratteristiche (soprattutto dimensionali) rientrano a pieno titolo nel novero degli interventi di ristrutturazione edilizia, di cui all'art. 10, I comma, lettera C del medesimo Testo unico, che viene in considerazione allorché la loro posa in opera determini una modifica della superficie utile dell'appartamento, con conseguente aggravio del carico urbanistico (T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 28 novembre 2008 , n. 20563; 12 giugno 2012 n. 2776 ).

Nel caso in esame le dimensioni del soppalco, pari a trenta metri quadrati su complessivi sessantacinque circa, comportano, nella sostanza, l'introduzione nell'appartamento in questione di due ambienti in più rispetto al passato (che, infatti, in ricorso sono qualificati, rispettivamente, come camera munita di bagno e come studio), e, pertanto, di nuove superfici utili.

Dette opere, allora, ben lungi dal potere essere qualificate pertinenziali, integrano un caso di ristrutturazione edilizia, tale da richiedere il preventivo permesso di costruire; e ledono senz’altro l’interesse tutelato dalla normativa edilizia che il Comune assume violata, palesando la legittimità della conseguente sanzione.

4.2 – Nè può rilevare in senso favorevole al ricorrente –che invoca l’applicabilità della sanzione pecuniaria in luogo di quella reale- il fatto che gli interventi di ristrutturazione edilizia quali quello in esame, ai sensi dell’art. 22 del T.U. dell’edilizia, possano essere realizzati, in alternativa al permesso di costruire, anche previa d.i.a.

Al riguardo, infatti, è sufficiente ricordare che l’art. 37 comma VI del medesimo testo unico, nel descrivere le conseguenze della mancata presentazione della d.i.a. nei casi stabiliti, prevede che “Resta comunque salva, ove ne ricorrano i presupposti in relazione all'intervento realizzato, l'applicazione delle sanzioni di cui agli articoli 31, 33, 34, 35 e 44 e dell'accertamento di conformità di cui all'articolo 36”; e, nel caso in esame, necessitando –come detto- l’intervento di di ristrutturazione edilizia del permesso di costruire, correttamente il Comune ha irrogato la sanzione prevista dell’art. 33.

4.4 – I motivi in esame vanno, in conclusione, respinti.

5. – Medesima sorte di rigetto tocca ai motivi secondo e quinto, anch’essi da scrutinare congiuntamente perché riferiti, entrambi, ad un preteso difetto di motivazione dell’atto impugnato.

Va rilevato, infatti, che la motivazione dell'atto gravato è sufficiente a sorreggere il medesimo, poiché l'abusività costituisce di per sé motivazione sufficiente per l'adozione della misura repressiva in argomento.

Ne consegue che, in presenza di un'opera abusiva, l'autorità amministrativa è tenuta ad intervenire affinché sia ripristinato lo stato dei luoghi, non sussistendo alcuna discrezionalità dell'Amministrazione in relazione al provvedere.

Infatti, l'ordinanza di demolizione di opere edilizie abusive è atto dovuto e vincolato e non necessita di motivazione ulteriore rispetto all'indicazione dei presupposti di fatto e all'individuazione e qualificazione degli abusi edilizi (T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 25 febbraio 2009 , n. 1100; sez. III, 23 gennaio 2009 , n. 315).

Trattandosi di attività doverosa e vincolata, certamente non occorre, per giustificare l'adozione dell'ordine di demolizione, una motivazione ulteriore rispetto all'indicazione delle norme violate e al riferimento per relationem ai presupposti di fatto contenuti nei verbali accertativi (T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 03 marzo 2009 , n. 1209).

Anche questa Sezione ha avuto modo di precisare che l'Amministrazione non dispone - a fronte degli illeciti edilizi - di alcun margine di discrezionalità e ha quindi l'obbligo di intervenire con un atto repressivo, dovuto nell'an e vincolato nel suo contenuto, senza che su di esso possa influire alcuna comparazione tra interessi pubblici ed interessi privati (T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 13 maggio 2008 , n. 4256; 3 gennaio 2013 n. 61).

Nè si comprende per quale ragione il Comune avrebbe dovuto motivare il provvedimento in relazione ad un asserito lungo lasso di tempo che sarebbe trascorso dalla commissione dell’abuso alla sua repressione, circostanza di fatto di cui non v’è traccia agli atti di causa.

6. - Va altresì respinta la censura di mancata comunicazione dell'avvio del procedimento, poiché, per consolidata regola giurisprudenziale, ampiamente condivisa da questo TAR, i provvedimenti repressivi degli abusi edilizi non devono essere preceduti dal suddetto avviso, trattandosi di provvedimenti tipici e vincolati emessi all'esito di un mero accertamento tecnico della consistenza delle opere realizzate e del carattere abusivo delle medesime (Cons. Stato, sez. IV, 30 marzo 2000, n. 1814; T.A.R. Campania, sez. IV, 28 marzo 2001, n. 1404, 14 giugno 2002, n. 3499, 12 febbraio 2003, n. 797).

È poi stato precisato che la violazione dell'obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento non costituisce un motivo idoneo a determinare l'annullabilità dei provvedimenti sanzionatori in materia di abusi edilizi, in quanto è palese, attesa l'assenza di qualsivoglia titolo abilitativo all'edificazione, che il contenuto dispositivo del provvedimento "non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato", sicché sussiste la condizione prevista dall'art. 21 octies, comma 2, della L.n. 241 del 1990 per determinare la non annullabilità del provvedimento impugnato (Consiglio di stato, sez. IV, 15 maggio 2009 , n. 3029).

7. - In conclusione, il ricorso deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nella misura di cui al dispositivo.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione Quarta, respinge il ricorso in epigrafe.

Condanna il ricorrenti al pagamento delle spese di lite in favore del Comune di Napoli, che si liquidano complessivamente in euro 1.000,00 (mille\00) oltre IVA e CPA se dovute.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 27 febbraio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Domenico Nappi, Presidente

Guglielmo Passarelli Di Napoli, Consigliere

Achille Sinatra, Primo Referendario, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 22/05/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)