TAR Lazio (RM), Sez. II-Bis, n. 6580, del 3 luglio 2013
Urbanistica.Perfezionamento del silenzio-assenso sulle domande di rilascio del certificato di agibilità

Il trascorrere del termine di cui all’art. 25 comma 3 del d.P.R. n. 380 del 2001 T.U. edilizia, in presenza di una domanda completa della documentazione prevista dalla medesima norma ed in assenza, di contro, di una richiesta istruttoria formulata dall’Amministrazione nell’ambito della prescritta modalità procedimentale, determina il maturare del silenzio assenso. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 06580/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00520/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 520 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
S.r.l. Nelson, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Antonio Lirosi e Cinzia Guglielmello, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via Quattro Fontane, 20;

contro

Roma Capitale, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso per legge dall'avv. Rodolfo Murra, dell’Avvocatura comunale e presso la stessa domiciliata in Roma, in via Tempio di Giove, 21;

per l'accertamento

dell’avvenuto perfezionamento del silenzio - assenso sulle domande di rilascio del certificato di agibilità presentate dalla ricorrente il 30 luglio 2012 (prot. nn. 57918 e 57914);

in via subordinata, per accertamento

del silenzio - inadempimento serbato sulle predette domande;

e per la condanna

di Roma Capitale al risarcimento dei danni da ritardo per la definizione del procedimento ed il rilascio del certificato di agibilità;

e per il contestuale ordine

a Roma Capitale di provvedere entro il termini di cui all’art. 117 co. 2, c.p.a., anche previa nomina di un Commissario ad acta;

e con i motivi aggiunti notificati in data 3 maggio 2013

per l’annullamento

della nota prot. n. 16520 del 5 marzo 2013 dell’U.C.E. di Roma Capitale all’Avvocatura comunale avente ad oggetto di ricorso in esame e depositata da Roma capitale in giudizio il 6 marzo 2013;

della richiesta inoltrata all’indirizzo e mail del Geom. Iozzo in data 27 marzo 2013 avente ad oggetto “richiesta Certificato di agibilità pratica n. 57914 e 57918 del 30/7/12” con cui si richiede la

rinnovazione delle Domande presentate per il rilascio del certificato di agibilità;

ove occorrer possa, dell’Ordine di Servizio n. 983 del 5 marzo 2013 in parte qua e ove interpretabile nel senso di incidere sui procedimenti per il rilascio del certificato di agibilità già definiti in forza del silenzio assenso o in corso di definizione;

di ogni altro atto connesso, consequenziale o presupposto;



Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 maggio 2013 il Consigliere Solveig Cogliani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

Con il ricorso indicato in epigrafe, la Società istante, premesso di essere proprietaria di due distinte unità immobiliari site rispettivamente in via Pietro Cavallini n. 19, piani T-S1 e in via Marianna Dionigi nn. 9/11 e via Pietro Cavallini n. 17, piani T-1, oggetto di richieste di concessioni edilizia in sanatoria presentate nel 2005, esponeva che il rilascio del titolo era avvenuto solo a seguito della proposizione di un precedente ricorso (RG. N. 2953/2012) con cui la stessa aveva chiesto l’accertamento del silenzio-assenso sulle predette domande.

La parte ricorrente precisava che, al fine di conseguire rapidamente il certificato di agibilità degli immobili sanati, aveva presentato per ciascuno degli immobili una domanda corredata dalla documentazione (perizia tecnica giurata per agibilità, ricevuta diritti di istruttoria e segreteria, planimetria catastale, visura catastale, visura ordinaria della Nelson s.r.l., copia del legale rappresentante della stessa). Tuttavia, l’Amministrazione rimaneva inerte.

Pertanto, la Società proponeva ricorso, in via preliminare deducendo la formazione del silenzio-assenso sulle richieste di rilascio del certificato di agibilità ai sensi dell’art. 25 comma 3, d.P.R. n. 380 del 2001, essendo state presentate le domande complete della documentazione richiesta a corredo.

In via subordinata, censurava l’illegittimità del silenzio per violazione e falsa applicazione dell’art. 24, d.P.R. n. 380 del 2001, dell’art. 2, l. n. 241 del 1990, dell’art. 35, l. n. 47 del 1985, dell’art. 97 Cost., nonché violazione del principio di buon andamento.

Chiedeva, dunque, la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno ingiusto causato dall’inosservanza colposa del termine di conclusione del procedimento.

Il ricorso era notificato anche alla Corte dei Conti.

Roma Capitale si costituiva, depositando una nota del Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica del 5 marzo 2013 in cui si precisava che ai fini del completamento dell’istruttoria era necessaria l’acquisizione di ulteriore documentazione inerente l’idoneità statica dell’intero fabbricato, la conformità degli impianti scale, degli ascensori, la certificazione di prevenzioni incendi di eventuali autorimesse e copia della DIA prot. 23201 del 19 aprile 2005, legittimante l’attuale situazione catastale.

Conseguentemente, con i motivi aggiunti successivamente notificati, la parte istante impugnava, altresì, la nota prodotta in giudizio ed appena menzionata, nonché la richiesta di nuova documentazione inviata per e mail ed il richiamato ordine di servizio del 5 marzo 2013 ove ritenuto applicabile alla fattispecie. La parte ricorrente deduceva a riguardo i medesimi vizi di violazione di legge, formulato con l’atto introduttivo del giudizio al fine di censurare l’illegittimità del comportamento dell’Amministrazione, essendo la nota e la nuova richiesta state adottate ben oltre il termine di perfezionamento del silenzio assenso, nonché molteplici profili di eccesso di potere.

Resisteva Roma Capitale, controdeducendo quanto già posto in evidenza dall’ufficio.

All’udienza di discussione del 23 maggio 2013 la causa era trattenuta in decisione.

DIRITTO

1 - Osserva il Collegio che con il ricorso in esame, la parte istante ha proposto distinte domande, l’una tesa ad accertare l’avvenuta formazione del silenzio assenso sulle richieste di certificato di agibilità presentate in data 30 luglio 2012 e l’altra, in alternativa e subordine, finalizzata a censurare l’inadempimento dell’Amministrazione all’obbligo di provvedere nei termini legalmente previsti per la conclusione del procedimento.

Di seguito la Società ha svolto anche domanda di risarcimento del danno ove conseguente all’eventuale accertamento del ritardo/inadempimento dell’Amministrazione.

Con i motivi aggiunti, poi, la Società ha contestato le note prodotte in giudizio, aventi asseritamente contenuto lesivo in quanto sostanzialmente supponenti la mancata conclusione del procedimento come conseguenza della carenza della documentazione prodotta dalla parte interessata a corredo delle istanze.

Pertanto - in conformità del resto dei motivi articolati in ricorso - appare necessario verificare se si sia maturato il silenzio assenso sulle istanze presentate.

Di contro, l’Amministrazione è ferma nel sostenere la mancanza del perfezionamento del silenzio significativo in considerazione della incompletezza dell’istruttoria.

L’accertamento del perfezionamento del silenzio significativo assume, infatti, valenza prioritaria al fine di verificare la stessa condizione delle azioni esperite con riguardo ai limiti della richiesta di tutela in riferimento alla sussistenza di “poteri amministrativi ancora non esercitati”, come disposto dall'art. 34, comma 2, c.p.a..

L’azione di accertamento esperita, infatti, è finalizzata alla individuazione del consolidarsi di una situazione a fronte dello spirare del termine previsto per la conclusione del procedimento legalmente previsto e della verifica della persistenza di un dovere o potere della amministrazione di provvedere a riguardo.

Del resto con l’ Adunanza Plenaria n. 15 del 2011, il Consiglio di Stato ha ammesso la generale esperibilità nel processo amministrativo di un’azione di accertamento, non rivelando “la mancata previsione, nel testo finale del codice, di una norma esplicita”, sicchè ove le “ azioni tipizzate non soddisfino in modo efficiente il bisogno di tutela, l'azione di accertamento atipica, ove sorretta da un interesse ad agire concreto ed attuale ex art. 100 c.p.c., risulta praticabile in forza delle coordinate costituzionali e comunitarie richiamate dallo stesso art 1 del codice oltre che dai criteri di delega di cui all'art. 44 della legge n.69/2009”.

2 – E’ noto come, in generale, il meccanismo che presiede alla formazione del silenzio assenso, in forza del quale è consentito, a fini di semplificazione, che si possa prescindere dall’adozione di un atto espresso e motivato, postula che la domanda di avvio del procedimento sia completa (cfr. da ultimo, Consiglio di Stato , sez. VI, sentenza 01 febbraio 2013 n. 612).

Tuttavia, il silenzio assenso, come introdotto dall’ intervento semplificatore, contenuto d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, pare debba collocarsi in una posizione particolare, rispetto a quanto disciplinato dal medesimo Testo unico in relazione al rilascio del titolo. Infatti, esso consiste in un documento che non riveste una funzione urbanistica d'interesse generale, come quella di attestare la regolarità urbanistica del bene, ma esso è posto a presidio dell'interesse particolare del privato acquirente, poiché attesta la capacità del bene di assolvere alla funzione economico-sociale cui è destinato, assicurandone il legittimo godimento e la commerciabilità.

Secondo quanto disposto dalla normativa vigente, il certificato di agibilità viene rilasciato dal Comune e ha la funzione di certificare la “sussistenza delle condizioni di sicurezza, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi istallati” (art. 24, 1° comma, T.U. n. 380 cit.).

Dispone l’art. 25 del medesimo T.U. che l'onere della richiesta gravi sul soggetto che ha ottenuto il permesso di costruire o su colui che ha presentato la denuncia di inizio attività, e dei suoi successori o aventi causa, entro quindici giorni “dall'ultimazione dei lavori di finitura”.

La domanda deve essere “corredata dalla seguente documentazione:

a) richiesta di accatastamento dell'edificio, sottoscritta dallo stesso richiedente il certificato di agibilità, che lo sportello unico provvede a trasmettere al catasto;

b) dichiarazione sottoscritta dallo stesso richiedente il certificato di agibilità di conformità dell'opera rispetto al progetto approvato, nonché in ordine alla avvenuta prosciugatura dei muri e della salubrità degli ambienti;

c) dichiarazione dell'impresa installatrice che attesta la conformità degli impianti installati negli edifici adibiti ad uso civile alle prescrizioni di cui agli articoli 113 e 127, nonché all'articolo 1 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, ovvero certificato di collaudo degli stessi, ove previsto, ovvero ancora certificazione di conformità degli impianti prevista dagli articoli 111 e 126 del presente testo unico”.

Quanto alla procedura per il rilascio, la norma prevede che la domanda sia presentata allo Sportello Unico del Comune che provvederà ad inoltrarla al catasto. Peraltro, la disciplina contenuta nell’art. 25 cit. prevede una precisa scansione temporale secondo cui:

- entro trenta giorni dalla ricezione della domanda, il dirigente o responsabile del competente ufficio comunale, previa un’eventuale ispezione dell'ufficio, è tenuto a verificare la completezza e la regolarità della documentazione prescritta, oltre alla sussistenza del certificato di collaudo di cui all'art. 53 del T.U. Edilizia;

- dopo di che il certificato deve essere rilasciato.

Il comma 3 del menzionato articolo, infatti, espressamente dispone “il dirigente…rilascia”.

Inoltre, la norma ha espressamente previsto il provvedimento tacito al comma 4 trascorso il termine di trenta giorni purché sia intervenuto il parere dell'Azienda Sanitaria Locale dichiarante la conformità delle opere alle prescrizioni igienico-sanitarie o di sessanta in caso di autodichiarazione.

La disposizione ha, dunque, voluto porre termine ai dubbi che si erano formati sotto la vigenza della disciplina del 1994, per il mancato utilizzo dell’espressione “silenzio-assenso”.

Il termine può essere interrotto dalla pubblica amministrazione per una sola volta, ed entro quindici giorni dal ricevimento della domanda e solamente al fine di richiedere documentazione integrativa, qualora risultasse mancante ai fini dell'istruttoria e non possa essere acquisita autonomamente. Dunque, da tale interruzione, il termine di trenta giorni comincia nuovamente a decorrere a partire dal deposito della documentazione integrativa richiesta.

Lo spirare del termine non fa venir meno l’obbligo della p.a. di provvedere sull’istanza con un provvedimento espresso. Tuttavia, stante il tenore letterale dell’art. 25 – come sopra richiamato – che espressamente parla di “silenzio-assenso”, a seguito della sua formazione, il successivo intervento dell’Autorità comunale non può concernere la domanda originariamente presentata, ma ai sensi dell’art. 222 T.U. sanitario, l’attestazione formatasi in via silenziosa. Del resto, il successivo art. 26 del T.U. significativamente dispone che “Il rilascio del certificato di agibilità non impedisce l’esercizio del potere di dichiarazione di inagibilità di un edificio o di parte di esso ai sensi dell’articolo 222 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265”.

3 – Nella specie, va rilevato che non appare contraddetto in atti che la parte ricorrente avesse prodotto al momento delle richieste di agibilità la documentazione prevista dalla legge e in conformità, peraltro, al facsimile predisposto da Roma Capitale.

Deve, conseguentemente, affermarsi in primo luogo che il trascorrere del termine, di cui al richiamato art. 25 T.U. edilizia, in presenza di una domanda completa della documentazione prevista dalla medesima norma ed in assenza, di contro, di una richiesta istruttoria formulata dall’Amministrazione nell’ambito della prescritta modalità procedimentale, si sia maturato il silenzio assenso.

A fronte di ciò, l’Amministrazione mantiene pur sempre la facoltà di provvedere favorevolmente con un provvedimento espresso che sia di maggior tutela per il privato, ma ove ritenga di dover procedere negativamente, non può che provvedere secondo i principi dell’esercizio dell’autotutela, posti a garanzia dei principi di certezza dell’ordinamento e del buon andamento della pubblica amministrazione, secondo quanto sopra già evidenziato e specificamente disposto dalla legge con la norma di ‘chiusura’ di cui all’art. 26 del T.U..

Siffatta disposizione, infatti, espressamente prevede lo strumento attraverso il quale l’Amministrazione – anche eventualmente rimasta inerte – può sempre intervenire a tutela dei fini igienico-sanitari sottesi. Mentre altresì potrebbe pur sempre procedere in autotutela in caso di illegittimità del titolo o in caso di dichiarazioni mendaci (in disparte le ulteriori responsabilità).

4 – Svolte siffatte considerazioni, deve essere accolto il primo capo di domanda del ricorso introduttivo e, per l’effetto, deve dichiararsi perfezionato il silenzio assenso sulle domande presentate dalla Società ricorrente.

Conseguentemente nulla deve disporsi in ordine alla domanda proposta in via meramente subordinata, né in ordine alla richiesta di condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno, che chiaramente è connessa all’ipotesi del ritardo procedimentale lamentato in via gradata.

Né ancora sussiste – stante l’accertamento della formazione del provvedimento secondo la previsione legale di cui all’art. 25 , comma 4, d.P.R. n. 380 del 2001, la necessità di ordinare l’emissione di un provvedimento espresso, non potendosi individuare - a fronte della fattispecie legalmente qualificata come assenso – un obbligo della p.a. di provvedere.

5 – Per quanto concerne la domanda impugnatoria svolta con i motivi aggiunti, per i profili sopra evidenziati, deve essere accolta con riferimento alla nota n. 16520 del 2013 e alla richiesta indirizzata per via telematica, in quanto atti viziati, per violazione dei principi di cui agli artt. 24 e 25 T.U. dell’edilizia e che caratterizzano il procedimento di autotutela.

Nulla deve disporsi con riguardo all’Ordine di servizio n. 983, altresì gravato, in quanto non riferibile alla fattispecie in esame, essendo i procedimenti già conclusisi per il decorso del termine legalmente previsto.

6 – In ragione della complessità della fattispecie sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis)

definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposto, li accoglie – nei limiti indicati in motivazione – e per l’effetto, così dispone:

- dichiara perfezionato il silenzio assenso sulle domande di agibilità presentate dalla Società ricorrente, come sopra specificate;

- annulla la nota n. 16520 del 5 marzo 213, nonché la richiesta on line in data 27 marzo 2013.

Compensa le spese di lite tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Eduardo Pugliese, Presidente

Antonio Vinciguerra, Consigliere

Solveig Cogliani, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 03/07/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)