TAR Emilia Romagna (BO), Sez. II, n. 239, del 4 marzo 2014
Urbanistica.Piano particolareggiato scaduto, allineamenti e prescrizioni di zona rimangono vigenti

La giurisprudenza amministrativa ha precisato che a norma dell'art. 17 c. 1 L. 17 agosto 1942 n. 1150, il piano particolareggiato, decorso il termine stabilito per l'esecuzione, diventa inefficace relativamente alla parte in cui non ha avuto attuazione, rimanendo però fermo, a tempo indeterminato, l'obbligo di osservare, nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti, gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso. Tali previsioni costituiscono le regole determinative del contenuto della proprietà delle aree incluse nel piano attuativo, diventando inefficaci col decorso del termine unicamente le previsioni che non abbiano avuto concreta attuazione, dovendosi intendere quest'ultimo concetto nel senso che non è più consentita l'ulteriore esecuzione del piano attuativo, salva la possibilità di ulteriori costruzioni sotto il profilo urbanistico coerenti con le vigenti previsioni del piano regolatore generale e con le prescrizioni del suddetto piano (anche sugli allineamenti), che per tale parte ha efficacia ultrattiva. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00239/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00160/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 160 del 2006, proposto da: 
Soc. Mulazzani Costruzioni s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Luigino Biagini, con domicilio eletto presso l’avv. Luciana Petrella, con studio in Bologna, via Marsili n. 15;

contro

Comune di Riccione, in persona del Sindaco p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Enzo Castellani, con domicilio eletto presso l’avv. Cristina Balli, con studio in Bologna, via Altabella n. 3;

nei confronti di

Soc.Galileo s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Alessandro Mantero, con domicilio eletto presso la Segreteteria T.A.R., in Bologna, Strada Maggiore n. 53;

per l'annullamento

del permesso di costruire n. 91 - 2004 del 19.04.2005 relativo alla nuova costruzione di un fabbricato residenziale, della consistenza di quattro piani fuori terra ed un interrato ad uso autorimessa, composto da sei unità immobiliari residenziali da erigersi in Riccione, via Galilei n. 4 su area identificata in catasto al foglio 12 mappale 298, nonché per quanto occorrer possa, del Piano di Recupero, zona Sud, area programma n. 174, approvato con deliberazione del Consiglio comunale di Riccione n.39 del 4.2.1987 e successiva variante al P.R.G. approvata con deliberazione consiliare n.56 del 10.3.1994, nella parte in cui detta prescrizione relativamente alle distanze dal confine e tra costruzioni inferiori a quelle previste dal P.R.G. - art. 37 del Piano di Recupero -.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del comune di Riccione;

Visto, altresì, l’atto di costituzione in giudizio della controinteressata Società Galileo s.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 16 gennaio 2014, il dott. Umberto Giovannini e uditi, per le parti, i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

La presente causa verte sull’impugnazione, da parte di Società Mulazzani Costruzioni s.r.l. – proprietaria di un fabbricato ad uso alberghiero in Riccione – del permesso di costruire rilasciato dalla locale civica amministrazione a Società Galileo s.p.a. – proprietaria di un fondo contiguo a quello della ricorrente – per erigervi un nuovo fabbricato residenziale della consistenza di n. 4 piani f.t., composto da n. 6 unità immobiliari. La ricorrente chiede inoltre l’annullamento – qualora occorra – del Piano di Recupero comunale zona sud, area programma n. 14, approvato dal Consiglio comunale di Riccione con deliberazione n. 39 del 4/2/1987 e della successiva variante di cui alla deliberazione dello stesso Consiglio comunale n. 56 del 1994, nella parte in cui sono prescritte distanze dai confini e tra proprietà inferiori a quelle previste dal Piano regolatore Generale del Comune. La ricorrente ritiene illegittimi gli atti impugnati per: mancata applicazione dell’art. VI – 5.07 punto 3.1) e art. III 2.02 punto D1 lett. c) e punto D3 lett. b) delle n.t.a. del vigente P.R.G. comunale; violazione del Piano di Recupero comunale zona Sud; eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà; in subordine: illegittimità del predetto Piano di Recupero per violazione dell’art. 27 e ss. L. n. 457 del 1978.

Si è costituita in giudizio l’amministrazione comunale di Riccione, in via pregiudiziale eccependo l’irricevibilità del ricorso, limitatamente al motivo dedotto avverso il piano di recupero, in quanto detto piano avrebbe dovuto essere impugnato entro il termine decadenziale di gg. 60 decorrente dalla pubblicazione o dalla piena conoscenza dello stesso e non in epoca successiva, a seguito del rilascio del permesso di costruire alla contro interessata. Nel merito, l’amministrazione comunale chiede la reiezione del ricorso, in ragione della ritenuta infondatezza dello stesso.

Società Galileo s.r.l., anch’essa costituitasi in resistenza quale contro interessata, parimenti chiede che il ricorso sia respinto per infondatezza.

Alla pubblica udienza del 16 gennaio 2014, la causa è stata chiamata ed è stata quindi trattenuta per la decisione come da verbale.

Va innanzitutto respinta l’eccezione di parziale irricevibilità del ricorso sollevata dal resistente Comune, posto che, all’evidenza, per la società ricorrente la diretta lesività del Piano di Recupero impugnato si è attuata solo all’atto della verifica che il permesso di costruire alla controinteressata era stato rilasciato (anche) in applicazione della normativa e delle prescrizioni in esso contenute, con conseguente tempestività del ricorso in riferimento a tutti gli atti impugnati.

Nel merito, il Collegio deve però osservare che il ricorso è infondato.

Con il primo mezzo d’impugnazione, si asserisce che il Comune, nel rilasciare il permesso di costruire alla controinteressata non avrebbe applicato, come dovuto, l’art. VI – 5.07 punto 3.1 e art. III 2.02 punto D1 lett. c) e punto D3 lett. b) delle n.t.a. dell’allora vigente Piano regolatore comunale. Riferisce la ricorrente che le indicate disposizioni delle N.T.A. prevedono, innanzitutto, che nella zona in questione (zona turistica T5 zona D) i nuovi fabbricati possano essere realizzati sulla base di un indice di utilizzazione fondiaria (UF) pari a 0,5 mq./mq.; parametro che nella specie, non risulta essere stato rispettato nel progetto della controinteressata assentito dal Comune, avendo utilizzato l’indice SU del precedente fabbricato esistente, ora completamente demolito.

Parimenti illegittimo – secondo la prospettazione della ricorrente – è il permesso di costruire nella parte in cui consente che le pareti finestrate del nuovo fabbricato distino dalle pareti finestrate del fronteggiante edificio di cui essa è proprietaria, meno di ml. 10, vale a dire meno della distanza prevista dal P.R.G. comunale, che rimanda alle prescrizioni di cui al D.M. n. 1444 del 1968. Secondo la ricorrente il permesso di costruire risulta illegittimo anche perché il nuovo fabbricato non rispetta la distanza dal confine della proprietà previsto dal P.R.G. in ml. 5 alla stregua di quanto stabilito nello stesso D.M. n. 1444 del 1968.

Le suesposte considerazioni non possono essere condivise.

Nella specie, infatti, riguardo all’ultrattività del Piano di recupero in parola risulta dirimente l’enunciato di cui all’art. 17 della L. n. 1150 del 1942, ove in concreto stabilisce che valgono a tempo indeterminato le prescrizioni e gli azzonamenti previsti nel piano attuativo, con conseguente perdurante validità – al tempo del rilascio del permesso edilizio – nella stessa Zona di realizzazione del Piano di recupero, del regime delle distanze, degli allineamenti e degli altri parametri edilizi in base ai quali fu attuata la predetta pianificazione urbanistica secondaria.

La giurisprudenza amministrativa ha precisato, sulla questione, che a norma dell'art. 17 comma 1 L. 17 agosto 1942 n. 1150, il piano particolareggiato, decorso il termine stabilito per l'esecuzione, diventa inefficace relativamente alla parte in cui non ha avuto attuazione, rimanendo però fermo, a tempo indeterminato, l'obbligo di osservare, nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti, gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso; pertanto, tali previsioni costituiscono le regole determinative del contenuto della proprietà delle aree incluse nel piano attuativo, diventando inefficaci col decorso del termine unicamente le previsioni che non abbiano avuto concreta attuazione, dovendosi intendere quest'ultimo concetto nel senso che non è più consentita l'ulteriore esecuzione del piano attuativo, salva la possibilità di ulteriori costruzioni sotto il profilo urbanistico coerenti con le vigenti previsioni del piano regolatore generale e con le prescrizioni del suddetto piano (anche sugli allineamenti), che per tale parte ha efficacia ultrattiva (v. in termini T.A.R. Lazio –LT- 13/1/2011 n. 8).

Né può valere a concludere altrimenti, ad avviso del Collegio, l’argomentazione della ricorrente facente leva sull’intervenuta modificazione della disciplina urbanistica ed edilizia della zona in questione (e di tutte le altre zone turistiche del territorio comunale) ad opera della specifica disciplina di cui alla variante al P.R.G., che all’art. 1.01 stabilisce che “…rimangono in vigore altresì per tutto il periodo della loro validità ai sensi di legge – il Piano di recupero della Zona di san Martino, approvato con delibera n. 56 del 10/03/1994; una volta venuta meno nel tempo la loro validità si applicano nelle medesime zone le prescrizioni del presente P.R.G../V./S. per le zone di afferenza.” (v. doc. n. 5 della ricorrente). Al riguardo, il Collegio ritiene che, in concreto, la variante ribadisca le stesse prescrizioni dell’art. 17 della Legge Urbanistica del 1942, da un lato prevedendo l’applicazione delle nuove norme di carattere urbanistico concernenti la zonizzazione delle aree de quibus contenute nel Piano regolatore generale, ma dall’altro lato nulla specificamente prevedendo quale modificazione della parte del piano contenente la disciplina edilizia relativa agli allineamenti ed alle prescrizioni di zona, con la conseguenza che, per quanto sopra detto, tale disciplina del piano attuativo deve ritenersi vigente anche dopo l’approvazione della variante, e, per quanto interessa in questa sede, al procedimento relativo al permesso di costruire impugnato.

Nemmeno può dirsi persuasiva, infine, l’argomentazione riferita alla presunta contraddittorietà del comportamento comunale; contraddizione consistente nell’avere, la civica amministrazione, in esito a precedente richiesta di permesso di costruire proveniente dalla stessa ricorrente, rifiutato il permesso proprio sul presupposto della inapplicabilità della disciplina del Piano di recupero per decorso del periodo decennale di vigenza del piano. Al riguardo, il Collegio non può che rilevare la palese diversità delle situazioni dei soggetti richiedenti i due permessi di costruire, soprattutto in riferimento al fatto che – a differenza del permesso di costruire rilasciato all’odierna controinteressata, il progetto precedentemente presentato dalla ricorrente prevedeva il mutamento di destinazione d’uso dell’edificio da realizzare (da struttura alberghiera a fabbricato ad uso residenziale), con conseguente contrasto dell’istanza rispetto alla nuova disciplina urbanistica della zona dettata dal P.R.G.; questa sì effettivamente subentrata a quella non più vigente del Piano di Recupero. Dalle considerazioni che precedono deriva, ulteriormente, l’infondatezza del secondo mezzo d’impugnazione, ove in concreto si sostiene l’illegittima applicazione, da parte del Comune, della disciplina derogatoria di cui al piano di recupero della Zona Sud, approvato con le deliberazioni consiliari già citate in epigrafe. A dire della ricorrente, la disciplina del Piano non era nella specie applicabile, “… stante il decorso del periodo decennale di validità ed efficacia previsto per legge..”, così come peraltro prevede il PRG, ove si precisa che, una volta venuta meno nel tempo la validità del piano, “…si applicano nelle medesime zone le prescrizioni del presente PRG/V/S per le zone di afferenza (art. 1.01 n.t.a. del P.R.G.)”.

Come si è visto, infatti, l’art. 17 della L. n. 1150 del 1942 fa salve le disposizioni dei piani attuativi scaduti concernenti i parametri edilizi di cui la ricorrente denuncia il contrasto rispetto alla normativa contenuta al P.R.G., con conseguente infondatezza della censura, risultando tuttora applicabile in parte qua detta disciplina del Piano di recupero. In subordine, con il terzo e ultimo mezzo d’impugnazione, la ricorrente aggredisce la normativa del suddetto Piano di Recupero zona Sud ritenendo la stessa illegittima in quanto in contrasto con l’art. 27 e ss. della L. n. 457 del 1978, ove è previsto che sia le zone di recupero che il relativo piano debbano essere inseriti nell’alveo della pianificazione urbanistica e, quindi, del piano regolatore generale, cui restano vincolati, stante la necessità di coordinamento con detto strumento urbanistico e l’esigenza del rispetto delle norme in esso contenute, quali norme di grado superiore. Anche in riferimento a tali considerazioni, occorre ribadire la predetta ultrattività ex lege della normativa del piano di recupero riguardante i citati parametri edilizi, con la conseguenza che – in assenza di espressa modificazione della stessa e non versandosi, come si è detto, in situazione che possa mascherare surrettizi tentativi di attuare ex post piani attuativi ormai scaduti - detto regime derogatorio non si pone in contrasto con la normativa del vigente Piano regolatore Comunale.

Per i suesposti motivi il ricorso è respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato in dispositivo.



P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia – Romagna, Bologna (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la ricorrente, quale parte soccombente, al pagamento, in favore delle controparti resistenti, delle spese relative al presente giudizio, che liquida per l’importo onnicomprensivo di €. 12.000,00 oltre accessori di legge, di cui €. 6.000,00 oltre accessori di legge in favore di comune di Riccione ed €. 6.0000,00 oltre accessori di legge in favore di Galileo s.r.l..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Bologna, nella camera di consiglio del giorno 16 gennaio 2014, con l'intervento dei magistrati:

Giancarlo Mozzarelli, Presidente

Sergio Fina, Consigliere

Umberto Giovannini, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 04/03/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)