TAR Emilia Romagna (BO) Sez.I n. 463 del 29 giugno 2012
Urbanistica.Ristrutturazione con demolizione e ricostruzione e rispetto della sagoma iniziale

Per quel che concerne, in particolare, la «ristrutturazione edilizia con demolizione e ricostruzione», ne costituisce elemento identificativo essenziale il rispetto della sagoma iniziale – da intendere come la conformazione planivolumetrica della costruzione e il suo perimetro considerato in senso verticale e orizzontale –, sicché un intervento di demolizione e ricostruzione che non si attenesse a tale vincolo si configurerebbe come una «nuova costruzione» e non come una «ristrutturazione edilizia»

N. 00463/2012 REG.PROV.COLL.

N. 00861/2011 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 861 del 2011 proposto da Soc. San Gregorio S.r.l., in persona del legale rappresentante in carica Sandrina Bottega, difesa e rappresentata dall’avv. Luigino Biagini ed elettivamente domiciliata in Bologna, via Marsili n. 15, presso lo studio dell’avv. Luciana Petrella;

contro

il Comune di Rimini, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Maria Assunta Fontemaggi ed elettivamente domiciliato in Bologna, Strada Maggiore n. 31, presso lo studio dell’avv. Francesco Bragagni;

per l'annullamento

del provvedimento prot. n. 53144 dell’8 aprile 2011, con cui il Dirigente del Settore “Sportello unico per l’edilizia” del Comune di Rimini ha ingiunto alla società ricorrente di non effettuare l’intervento edilizio previsto dalla d.i.a. depositata il 14 marzo 2011;

……………….per la condanna………………

dell’Amministrazione comunale al risarcimento dei danni derivanti dal ritardo nella realizzazione delle opere.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Rimini;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Nominato relatore il dott. Italo Caso;

Uditi, per le parti, alla pubblica udienza del 14 giugno 2012 i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO e DIRITTO

Presentata dalla società ricorrente, in data 14 marzo 2011, una denuncia di inizio attività per l’esecuzione, previa demolizione e ricostruzione, di opere di ristrutturazione edilizia di un fabbricato ad uso civile abitazione, successivamente il Comune di Rimini ingiungeva all’interessata, ai sensi dell’art. 11, comma 2, della legge reg. n. 31 del 2002, di non effettuare l’intervento in ragione dell’asserita inammissibilità della d.i.a. (v. provvedimento prot. n. 53144 dell’8 aprile 2011, a firma del Dirigente del Settore “Sportello unico per l’edilizia”). In particolare, a fronte della prevista realizzazione di nuovi locali interrati e di nuovi balconi, l’Amministrazione comunale opponeva la diversa qualificazione dell’intervento come «nuova costruzione» e la conseguente necessità di un permesso di costruire oltre che il contrasto con la disciplina di piano in tema di distanze minime tra fabbricati e dai confini di proprietà.

Avverso tale provvedimento ha proposto impugnativa la ricorrente. Adduce erronee le conclusioni dell’Amministrazione, in quanto la circostanza che le previste autorimesse siano complessivamente interrate sarebbe di per sé sufficiente ad escluderne una qualsiasi incidenza sulla sagoma, sul volume e sull’area di sedime del fabbricato preesistente, tanto più che la normativa urbanistica locale negherebbe rilevanza urbanistica a simili opere, legittimate da una disciplina speciale (art. 9 della legge n. 122/89) ad essere realizzate anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi; né, poi, assumerebbero valore ostativo i nuovi balconi, in quanto la modificazione dei prospetti esterni degli edifici, attenendo al profilo estetico/architettonico, non riguarderebbe la sagoma degli stessi. Di qui la richiesta di annullamento dell’atto impugnato e di condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni conseguenti al ritardo nella realizzazione delle opere.

Si è costituito in giudizio il Comune di Rimini, resistendo al gravame.

L’istanza cautelare della ricorrente veniva respinta dalla Sezione alla Camera di Consiglio del 28 luglio 2011 (ord. n. 652/2011), ma poi accolta dal giudice d’appello ai soli fini della sollecita fissazione dell’udienza di merito ex art. 55, comma 10, cod.proc.amm. (Cons. Stato, Sez. IV, ord. 6 marzo 2012 n. 915/2012).

All’udienza del 14 giugno 2012, ascoltati i rappresentanti delle parti, la causa è passata in decisione.

Ritiene il Collegio di dover preliminarmente rilevare che dalla disciplina in materia, contenuta nell’art. 3, comma 1, del t.u. n. 380 del 2001 (“…si intendono per: a) …; b) …; c) …; d) «interventi di ristrutturazione edilizia», gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’àmbito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica; e)… ; f) …”) e nell’art. 10, comma 1, del t.u. n. 380 del 2001 (“Costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire: a) …; b) …; c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso”), si evince l’esistenza di due distinte tipologie di «ristrutturazione edilizia», l’una “con demolizione e ricostruzione” e l’altra “con ampliamento”; la prima si connota per la conservazione di sagoma e volumi dell’edificio originario, la seconda presenta carattere innovativo pur entro limiti tali da non alterare gli elementi strutturali che qualificano il fabbricato preesistente (per la distinzione tra le due figure di «ristrutturazione edilizia» v., tra le altre, TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 28 gennaio 2011 n. 260; Cons. giust. amm. Reg. Sic. 25 maggio 2009 n. 481). Per quel che concerne, in particolare, la «ristrutturazione edilizia con demolizione e ricostruzione», ne costituisce elemento identificativo essenziale il rispetto della sagoma iniziale – da intendere come la conformazione planivolumetrica della costruzione e il suo perimetro considerato in senso verticale e orizzontale –, sicché un intervento di demolizione e ricostruzione che non si attenesse a tale vincolo si configurerebbe come una «nuova costruzione» e non come una «ristrutturazione edilizia» (v. Corte cost. 23 novembre 2011 n. 309).

Ciò posto, la circostanza che i lavori oggetto della controversia comportino la realizzazione di un nuovo corpo di fabbrica, seppure interrato, induce a condividere le conclusioni dell’Amministrazione comunale circa l’indebita qualificazione come «ristrutturazione edilizia» di un intervento in realtà ascrivibile alla categoria delle «nuove costruzioni», e per questo soggetto a permesso di costruire e non a d.i.a. Come si è visto, la «ristrutturazione edilizia con demolizione e ricostruzione» ha finalità conservativa e, in questa prospettiva, esclude ogni intervento che, attraverso un maggiore ingombro del manufatto, comporti l’occupazione di aree e spazi ulteriori rispetto a quelli già interessati dal precedente fabbricato, valendo ciò anche nel caso in cui il manufatto aggiuntivo sia collocato sotto il piano di campagna, per essere oramai codificata nell’art. 3, comma 1, lett. e), del t.u. n. 380 del 2001 la generale regola per cui gli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio assoggettati a titolo abilitativo comprendono anche le opere interrate, in quanto suscettibili di incidere comunque sul regolare assetto e sviluppo del territorio. Né rileva che nella fattispecie le opere addizionali riguardino locali adibiti ad autorimesse, atteso che l’impegno di nuove aree o spazi si presenta di per sé incompatibile con la figura della «ristrutturazione edilizia con demolizione e ricostruzione», anche ove si tratti di strutture di carattere pertinenziale, e indipendentemente dal regime urbanistico-edilizio che la disciplina locale assegna alle relative opere, stante oltretutto la prevalenza in parte qua della normativa statale di principio (dispone l’art. 3, comma 2, del t.u. n. 380 del 2001 che “le definizioni di cui al comma 1 prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi …”).

Condivisibili, invece, sono le obiezioni della ricorrente nella parte che attiene al rilievo assegnato dall’Amministrazione comunale alla realizzazione di nuovi balconi. In proposito, va richiamato quell’orientamento giurisprudenziale che considera ricomprese nella «ristrutturazione edilizia» le modificazioni relative ai prospetti esterni dei fabbricati oggetto dei lavori, per trattarsi di variazioni che incidono unicamente sul profilo estetico/architettonico del manufatto, tanto che l’art. 10 del t.u. n. 380 del 2001 tiene distinti i prospetti dalla sagoma (v. Cons. Stato, Sez. V, 8 agosto 2003 n. 4593; TAR Puglia, Bari, Sez. III, 22 luglio 2004 n. 3210).

In conclusione, il ricorso va respinto, giacché la sola circostanza che si prevedano opere interrate aggiuntive è sufficiente ad escludere la configurazione dell’intervento come «ristrutturazione edilizia con demolizione e ricostruzione», con conseguente inammissibilità della d.i.a. presentata dalla ricorrente.

La peculiarità delle questioni dedotte giustifica la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna, Bologna, Sez. I, pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Bologna, nella Camera di Consiglio del 14 giugno 2012, con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Calvo, Presidente

Ugo Di Benedetto, Consigliere

Italo Caso, Consigliere, Estensore





L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE










DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 29/06/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)