dai CEAG

Cass. Sez. III sent. n. 32847 del 2 settembre 2005 (ud. 8 luglio 2005)
Pres. Vitalone Est. Franco Ric. Germinasi
Acque - Inquinamento

In caso di inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione la sanzione penale di cui all'articolo 59, comma quarto D.Lv. n.152 del 1999 si applica solo nel caso di scarichi di reflui industriali di sostanze pericolose di cui alla tabella 5 allegato 5 e 3A applicandosi, negli altri casi, la sanzione amministrativa di cui all'articolo 54 comma terzo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. VITALONE Claudio - Presidente - del 08/07/2005
Dott. DE MAIO Guido - Consigliere - SENTENZA
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - N. 1536
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. FRANCO Amedeo - rel. Consigliere - N. 012457/2005
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GERMINASI Guido, nato a Modena il 13 novembre 1937;
avverso la sentenza emessa il 9 dicembre 2004 dalla corte d'appello di Roma;
udita nella Pubblica udienza dell'8 luglio 2005 la relazione fatta dal Consigliere Dott. Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MELONI Vittorio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
udito il difensore avv. BONI Emilio Paolo, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso ed in via subordinata ha eccepito la prescrizione del reato.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La corte d'appello di Roma, con sentenza del 9 dicembre 2004, confermò la sentenza emessa il 21 gennaio 2004 dal giudice del tribunale di Latina, sezione distaccata di Gaeta, che aveva dichiarato Germinasi Guido colpevole del reato di cui all'art. 59, comma 4, D.LGS. 11 maggio 1999, n. 152, per avere, quale legale rappresentante della Manuli Taps spa, effettuato scarichi di reflui industriali provenienti dallo stabilimento contenenti solventi organici, senza osservare la prescrizione di eseguire almeno due volte l'anno i campionamenti delle acque di scarico da parte degli enti preposti, e lo aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia. Osservò, tra l'altro, la corte d'appello: a) che la autorizzazione prescriveva alla ditta in questione "di far eseguire periodicamente ... il campionamento delle acque" e di trasmettere al comune i risultati delle analisi eseguite dal P.M.P. della Usi; b) che era quindi onere della società, in assenza di iniziativa del P.M.P., sollecitare alla struttura pubblica la verifica semestrale, sollecitazione che non era stata più effettuata dopo il 1994; c) che pertanto era raffigurabile una inottemperanza alle prescrizioni dell'atto autorizzativo; d) che era configurabile la violazione dell'art. 59, comma 4, D.LGS. 11 maggio 1999, n. 152, e non quella del precedente art. 54, perché l'art. 59, comma 4, punisce chi viola le prescrizioni della autorizzazione nello scaricare acque reflue industriali, indipendentemente dalla eventuale nocività di detti scarichi, mentre l'art. 54, terzo comma, prevede una sanzione amministrativa per la mancata inosservanza delle prescrizioni solo per il caso di scarichi di acque reflue domestiche o di reti fognarie, le cui immissioni sono considerate meno pericolose di quelle di provenienza industriale.
L'imputato propone ricorso per cassazione deducendo:
a) violazione degli artt. 49 e 50 D.LGS. 11 maggio 1999, n. 152, in quanto le prescrizioni contenute nella autorizzazione in questione erano arbitrarie ed illegittime perché contrarie ai detti artt. 49 e 50 che impongono alla autorità competente di effettuare il controllo mentre la società era tenuta soltanto a consentire l'accesso ed a permettere le ispezioni ed i prelievi.
b) erronea interpretazione degli artt. 59, comma 4, e 54 D.LGS. 11 maggio 1999, n. 152.
Mancata applicazione dell'art. 54, terzo comma, e conseguente mancata declaratoria di non doversi procedere ai sensi dell'art. 129 cod. proc. pen. perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. Osserva che erroneamente la corte d'appello ha ritenuto che l'art. 59, quarto comma, si applichi ogni volta che si tratti di scarichi di acque reflue industriali indipendentemente dall'eventuale nocività degli scarichi, mentre l'art. 54, terzo comma, si applicherebbe solo nel caso di scarichi di acque reflue domestiche o di reti fognarie. Infatti, perché sia applicabile l'art. 59, quarto comma, occorre non solo che si tratti di acque reflue industriali, ma anche che queste contengano le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'allegato 5, altrimenti si rientra nell'ipotesi di cui all'art. 54, terzo comma. Nel caso di specie mancava la prova che lo scarico contenesse i solventi organici, di cui parlava il capo di imputazione, ed anche in tal caso non vi era la prova che si trattasse delle sostanze pericolose indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'allegato 5, perché in queste si fa riferimento esclusivamente ai solventi organici aromatici ed ai solventi organici azotati e non semplicemente ai solventi organici.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente osservato che l'eccezione di prescrizione sollevata in udienza è infondata perché il reato risulta accertato il 17 gennaio 2001 sicché il periodo di prescrizione non è ancora decorso.
Il primo motivo è infondato perché risulta sorretta da congrua ed adeguata motivazione l'interpretazione data dal giudice del merito al contenuto del provvedimento amministrativo di autorizzazione nel senso che le prescrizioni ivi contenute imponevano alla società l'obbligo non solo di consentire le ispezioni ed i controlli periodici da parte dell'ente pubblico, ma anche di sollecitare quest'ultimo nel caso questo non si fosse attivato di sua iniziativa. È invece fondato il secondo motivo in quanto erroneamente la corte d'appello ha ritenuto che, nel caso di inosservanza delle prescrizioni contenute nel provvedimento di autorizzazione, il criterio distintivo tra le due disposizioni invocate risiederebbe esclusivamente nella natura degli scarichi, quale che sia il loro contenuto, nel senso che l'art. 59, quarto comma, D.LGS. 11 maggio 1999, n. 152, si applicherebbe in ogni caso si tratti di scarichi di acque reflue industriali, indipendentemente dalla eventuale nocività di detti scarichi, mentre l'art. 54, terzo comma, si applicherebbe solo in caso di scarichi di acque reflue domestiche o di reti fognarie.
Ed infatti, l'art. 59, quarto comma, D.LGS. 11 maggio 1999, n. 152, dispone che "Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al comma 5, effettua uno scarico di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze nelle tabelle 5 e 3/A dell'allegato 5, senza osservare le prescrizioni dell'autorizzazione, ovvero le altre prescrizioni dell'autorità competente a norma degli articoli 33, comma 1 e 34 comma 3 è punito con l'arresto fino a due anni". Pertanto, affinché sia configurarle il reato previsto da questa disposizione, occorre la presenza di tre condizioni: 1) che non siano osservate le prescrizioni della autorizzazione o le altre prescrizioni della autorità competente; 2) che si tratti di scarico di acque reflue industriali; 3) che le acque contengano le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'allegato 5.
Altrimenti, in mancanza della ricorrenza di queste tre condizioni, si rientra nella ipotesi più generale prevista dall'art. 54, terzo comma, il quale dispone che "Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato e al di fuori delle ipotesi di cui al comma 1, effettua o mantiene uno scarico senza osservare le prescrizioni indicate nel provvedimento di autorizzazione ovvero fissate ai sensi dell'articolo 33, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire due milioni a lire venticinque milioni".
Nella ipotesi di inosservanza delle prescrizioni nel caso di acque reflue industriali che non contengano le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'allegato 5, il fatto non costituisce reato, perché non rientra nella fattispecie di cui all'art. 59, quarto comma, è quindi l'ipotesi integra l'illecito amministrativo previsto dall'art. 54, terzo comma.
Il coordinamento tra le varie disposizioni, del resto, rispecchia chiaramente lo spirito della legge, che è quello di graduare vari tipi di sanzioni, penali ed amministrative, a seconda della gravità delle fattispecie contemplate, dalla mera inosservanza di prescrizioni amministrative (art. 54, terzo comma) allo scarico oltre i limiti di sostanze pericolose (art. 59, comma quarto). Ritiene il Collegio che non possa però procedersi ad un proscioglimento perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, ai sensi dell'art. 129 cod. proc. pen., come richiesto dal ricorrente.
E ciò perché con il capo di imputazione si è contestato al Germinasi che le acque reflue industriali in questione contenevano solventi organici, senza però specificare di quali solventi si trattasse. Ora, la tabella 5 dell'allegato 5 ai nn. 13 e 14 indica rispettivamente i solventi organici aromatici ed i solventi organici azotati. I giudici del merito, avendo erroneamente ritenuto che l'art. 59, quarto comma, si applicava sol perché si trattava di acque reflue industriali a prescindere dalla loro nocività, hanno omesso di accertare se dagli atti e dalle risultanze processuali emergesse o meno che effettivamente le acque reflue in questione contenevano solventi organici, così come contestato, ed in tal caso se si trattasse o meno di solventi organici aromatici o azotati ovvero di solventi organici di tipo diverso. Se infatti fosse provato, sulla base delle risultanze processuali, che le acque reflue industriali in questione contenevano solventi organici aromatici o azotati, ne conseguirebbe che sarebbe stato esattamente ravvisato il reato previsto dall'art. 59, quarto comma.
Questo accertamento di fatto, risolutivo ai fini del decidere, non è stato però compiuto dai giudici del merito sicché la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della corte d'appello di Roma, che dovrà compiere il detto accertamento e quindi attenersi ai principi di diritto dianzi indicati. PER QUESTI MOTIVI
La Corte Suprema di Cassazione annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della corte d'appello di Roma. Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 8 luglio 2005.
Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2005