TAR Lazio (RM), Sez. II-Quater, n. 2412, del 6 marzo 2013
Acque.Domanda di autorizzazione ex art. 124 D.Lgs. 152/06 in assenza dei dati relativi alla presenza di scarichi industriali recapitanti nella pubblica fognatura e applicazione Principio di precauzione.

La Provincia non potendo escludere la presenza di immissioni di acque reflue industriali per mancanza dei dati necessari e dunque in situazione di incertezza, ha legittimamente applicato le prescrizioni più restrittive previste dalla legge (tab. 3 dell’All. 5 alla Parte Terza del D.Lgs. 152/2006), facendo corretta applicazione del principio di precauzione, che è un principio generale ormai codificato in ambito europeo e riconosciuto dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale, che fa obbligo alle autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire i rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l'ambiente. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 02412/2013 REG.PROV.COLL.

N. 10906/2008 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10906 del 2008, proposto da: 
Soc Acea Ato2 Spa, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Toscano, con domicilio eletto presso Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;

contro

Provincia di Roma, rappresentato e difeso per legge dagli avv. Giovanna De Maio, Massimiliano Sieni, domiciliata in Roma, via IV Novembre, 119/A; Comune di Segni, Prov Roma - Dipart 04 Serv 02 Tutela Acque Suolo Risorse Idr;

per l'annullamento

det.dirig. n.4729 dell' 1/8/08: autorizzazione allo scarico di acque reflue urbane -depuratore pubblico Acea ato2 spa " valle Macerina "- comune di segni

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Provincia di Roma;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 novembre 2012 il dott. Maria Laura Maddalena e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

La società ACEA ATO 2 è la società del gruppo ACEA che gestisce il servizio idrico integrato nell’ambito territoriale ottimale Lazio Centrale Roma.

Tale servizio comprende “la captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, la fognatura e la depurazione delle acque reflue”(art. 4, comma 1, lett. f) L. 36/94).

Il gestore, tra l’altro, ha in concessione tutti i beni demaniali, afferenti strutture e impianti funzionali e strumentali al servizio di smaltimento delle acque reflue, avendone la responsabilità di gestione.

In qualità di gestore, con istanza del 3.3.2007 la società ricorrente ha chiesto alla Provincia di Roma il rinnovo dell’autorizzazione ai sensi dell’art. 124 del D.Lgs. 152/06 (che detta norme per la tutela delle acque dall’inquinamento) “per lo scarico delle acque reflue urbane provenienti dal depuratore biologico a fanghi attivi, della capacità massima di trattamento dichiarata di mc/giorno 1.918,07 riferita a n. 12.000 A.E., ubicato nel Comune di Segni, località Valle Macerina, scarico che si riversa nel corpo idrico superficiale denominato “fosso Pisso”.

Con la determinazione dirigenziale impugnata la Provincia di Roma ha rilasciato l’autorizzazione ex art. 124 D.Lgs. 152/06 imponendo però le seguenti prescrizioni ritenute lesive dall’ACEA ATO 2:

___1. relativamente allo scarico di acque reflue provenienti dal depuratore, la ricorrente è obbligata a scaricare nel rispetto dei limiti di cui al D.M. 185/03, nel caso di assenza per più di centoventi giorni l’anno di portata naturale del corpo idrico ricettore, rilevata nella relazione di cui al punto 5.b) del provvedimento (prescrizione a.1.b.); tale punto 5.b) impone, a sua volta, ad ACEA di predisporre una relazione idrogeologica in duplice copia con indicazione del periodo di portata nulla, nel corso dell’anno, del corpo idrico ricettore; si precisa, inoltre che i limiti della tabella dovranno essere rispettati previa realizzazione di opportuna sezione di abbattimenti dei carichi inquinanti, da realizzarsi solo nel caso in cui la portata del corpo idrico ricettore, all’esito della relazione, avesse una portata naturale nulla per più di centoventi giorni in un anno (prescrizione c.4);

__2. ACEA ATO 2 è obbligata a scaricare nel rispetto dei limiti della tab. 1 e 3 di cui all’All. 5, parte III, del D.Lgs. 152/06, nel caso di scarichi di acque reflue in corpo idrico superficiale con portata regolare (prescrizione a.1.a e a.2.).

___3. ACEA ATO 2 è obbligata a scaricare nel rispetto dei limiti della tab. 4 di cui all’All. 5, parte III, del D.Lgs. 152/06, nel caso di scarichi al suolo (prescrizione a.1.c).

__4. ACEA ATO 2 è obbligata a scaricare nel rispetto dei limiti della tab. 3 di cui all’All. 5, parte III, del D.Lgs. 152/06 relativamente allo scarico di acque provenienti dagli scaricatori di piena.

La società ricorrente ha quindi provveduto ad impugnare la determinazione dirigenziale n. 4729/08 della Provincia nella parte in cui impone le suddette prescrizioni, deducendo i seguenti motivi di impugnazione:

__1. Sulle prescrizioni a.1.b, b.5: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8 del Piano di Tutela delle acque regionali per il Lazio, approvato con del. C.R. 42/2007 – Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2 e dell’all. 1 d.m. 131/2008 - Eccesso di potere sotto il profilo dell’errore sui presupposti e dell’illogicità manifesta, in quanto il rispetto dei limiti indicati dal DM 185/2003 è subordinato alla condizione che il corpo idrico recettore abbia una portata per più di 120 giorni all’anno, cosicché per l’osservanza dei limiti in questione è necessario un monitoraggio che però la Provincia impone alla stessa ACEA, anziché all’ARPA-Lazio, come previsto dal Piano delle acque regionali per il Lazio; inoltre perché nelle more delle procedure di monitoraggio, la prescrizione è impossibile da rispettare, difettando il presupposto di fatto;

___ 2. Sulla prescrizione a.2: violazione e/o falsa applicazione dell’All. 5 al D.Lgs. 152/06, carenza di motivazione – Eccesso di potere sotto il profilo dell’errore sui presupposti, del travisamento dei fatti e dell’illogicità manifesta – Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8 del Piano di Tutela delle acque regionali per il Lazio, approvato con C.R. 42/2007 – Violazione e/o falsa applicazione art. 2 e all. 1 D.M. 131/2008. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della L.R. 6 ottobre 2008.

Deduce la ricorrente che la prescrizione sarebbe illegittima, imponendo relativamente allo scarico delle acque reflue provenienti dal depuratore il rispetto dei limiti non soltanto della tab. 1, ma anche della tab. 3 nel caso in cui la fognatura afferente allo stesso depuratore convogli anche reflui industriali.

Nel caso di specie il depuratore sarebbe deputato al solo scarico di reflui urbani e non di quelli industriali, si tratterebbe di un impianto biologico a fanghi attivi progettato per il trattamento dei reflui urbani: la prescrizione sarebbe quindi illegittima.

I reflui industriali non potrebbero essere trattati in un depuratore biologico dovendo essere trattati a monte, presso gli impianti industriali; inoltre le autorizzazioni per gli scarichi industriali in fognatura sono rilasciati dalle Amministrazioni comunali che devono verificare il rispetto dei parametri previsti dalla legge.

Il depuratore in oggetto è un depuratore biologico a fanghi attivi, non è dunque idoneo a rimuovere le altre sostanze indicate nella tab. 3, fatta eccezione degli effetti della normale diluizione con le acque che si trovano in fognatura.

Pertanto se il liquame entra in fognatura fuori norma, lo scarico non può rispettare i parametri della tab. 3, la responsabilità quindi non può gravare sul gestore del depuratore.

Inoltre, la prescrizione è subordinata alla condizione che il corpo idrico abbia una portata regolare, il che comporta l’obbligo del monitoraggio che non spetta all’ACEA. La prescrizione sarebbe quindi illegittima anche per violazione dell’art. 8 del Piano di tutela delle acque regionali per il Lazio e degli artt. 2 e all. 1 del D.M. 131/08.

___ 3. Sulla prescrizione a.1.c., violazione dell’art. 8 del Piano di tutela delle acque per il Lazio, violazione dell’art. 2 e dell’all1 d.m. 131/2008, eccesso di potere per errore nei presupposti e illogicità manifesta, in quanto l’imposizione del rispetto della prescrizione della tabella 4 è inconferente rispetto al dato di fatto (non contestato) che il depuratore scarica in un corpo idrico superficiale (il fosso del Pisso) e non su suolo; inoltre, anche qualora volesse intendersi la prescrizione con riferimento ai periodi dell’anno in cui il fosso si trova in secca, essa sarebbe ugualmente illegittima perché per sapere se e quando il fosso sarà in secca è necessaria un’attività di monitoraggio che spetta all’ATAP Lazio e non all’ACEA; infine, perché nelle more delle procedure di monitoraggio, la prescrizione è impossibile da rispettare, difettando il presupposto di fatto su cui essa si fonda;

____4. Sulla prescrizione a.4: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 100, 101, 103 D.lgs. 152/2006, dell’allegato 5 parte III, eccesso di potere per errore sui presupposti e illogicità manifesta, perché gli scaricatori per la loro stessa funzione sono posti prima dell’ingresso nel depuratore e non possono in alcun modo trattare il liquame che vi entra: la Provincia inoltre avrebbe esercitato competenza spettanti alla Regione.

La Provincia si è costituita in giudizio e con una prima memoria ha replicato alle censure proposte chiedendone il rigetto, con una seconda memoria ha chiesto la declaratoria di improcedibilità del ricorso, essendo nel frattempo stata adottata una nuova autorizzazione, in sostituzione di quella impugnata e venuta a scadenza, che non è stata impugnata pur contenendo identiche prescrizioni. Quanto alla questione relativa agli scolmatori di piena, la Provincia ha sostenuto che deve ritenersi cessata la materia del contendere poiché la Provincia, con nota prot. 66969 del 12.5.2009 (in atti) ha, in autotutela, stabilito che “nelle autorizzazioni agli scarichi di acque reflue urbane , dove si autorizzano anche gli scarichi provenienti dagli scolmatori di piena è da considerarsi annullata la prescrizione secondo cui deve essere rispettata la prescrizione del rispetto della tabella 3 (all. 5, parte terza, d.lgs. 15272006). Resta forma la condizione che gli scarichi possono essere autorizzati solo nei casi in cui sia garantito un rapporto di diluizione di almeno 1/3.

In relazione alla questione del rispetto del rispetto della tabella allegata al DM 183/2003 e all’obbligo di presentare la relazione idrogeologica, la Provincia ha riferito che la ricorrente ha provveduto – in ottemperanza alla prescrizione 5 b – a consegnare la necessaria relazione idrogeologica, dalla quale risulta che il corpo recettore si presenta in secca per meno di 120 giorni l’anno, cosicché nella nuova autorizzazione (n. 6098/2012) non si prescrive più il rispetto dei limiti d cui al DM 185/2003 ma solo quelli delle tabelle 1 e 3 dell’allegato 5, parte III del d.gls. 152/2006. Ritiene pertanto sulla questione ritiene che sia intervenuta la cessazione della materia del contendere e acquiescenza.

Con memoria di replica, l’ACEA ha sostenuto che non sarebbe venuto meno l’interesse al ricorso per effetto del rilascio della nuova autorizzazione in sostituzione di quella oggetto del presente giudizio ed ormai scaduta, in quanto essa si riserverebbe di impugnarla (v. memoria del 23.10.2012).

All’odierna udienza, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Va in primo luogo dichiarata la cessazione della materia del contendere in relazione alle censure con cui la ricorrente si duole della imposizione della prescrizione del rispetto della tabella 3 per le acque reflue derivanti dagli scolmatori di piena (quarto motivo di ricorso). Infatti, con la nota n. 66969/2009 – come è stato rilevato – la Provincia ha provveduto in autotutela ad annullare in tutte le autorizzazioni già rilasciate, le prescrizioni nelle quali era stato imposto il rispetto della tabella 3 per le acque reflue provenienti dagli scolmatori di piena, fermo restando l’obbligo di garantire il rapporto di diluizione dell’1:3, già prescritto dalla autorizzazione impugnata.

2. Con riferimento alla prescrizione di cui al primo motivo di ricorso, concernente l’imposizione dei limiti di cui al DM 185/2003, va rilevato dopo la presentazione del ricorso, in ottemperanza a detta prescrizione, l’ACEA ha provveduto a consegnare alla Provincia la relazione idrogeologica (che è stata versata in atti dalla Provincia stessa).

La spontanea esecuzione dell’ordine contenuto nella suddetta prescrizione, comporta l’intervenuta acquiescenza rispetto alla dedotta illegittimità della imposizione in capo all’ACEA ATO dell’attività di monitoraggio della portata del corpo idrico e dunque l’improcedibilità della censura.

L’esito degli accertamenti, dimostra - peraltro – che la portata del fosso non fosse nulla per più di 120 giorni l’anno, il che comporta che la prescrizione ritenuta lesiva non debba essere applicata.

Non sussiste quindi più alcun interesse all’annullamento di detta prescrizione, condizionata all’accertamento della assenza per più di 120 giorni l’anno di portata naturale del corpo idrico.

A riprova di ciò deve essere rilevato che nella nuova autorizzazione (n. 6098/2012) che non risulta impugnata, non è più prevista l’imposizione del rispetto della tabella allegata al DM 185/2003, salvo il caso in cui – nell’aggiornamento della relazione idrogeologica – non risulti che il corpo idrico ricettore abbia portata nulla per più di 120 giorni l’anno. In questo caso, l’autorizzazione dovrebbe essere modificata mediante la previsione del rispetto dei più gravosi limiti di cui al DM 185/2003.

3. Gli accertamenti idrogeologici in atti consentono anche di ritenere venuto meno l’interesse all’esame del terzo motivo di ricorso, concernente l’imposizione del rispetto della prescrizione della tabella 4. Infatti, detta prescrizione è subordinata all’ipotesi di recapito dello scarico sul suolo mentre il depuratore scarica in un corpo idrico superficiale (il fosso del Pisso) e non su suolo; inoltre, anche qualora volesse intendersi la prescrizione con riferimento ai periodi dell’anno in cui il fosso si trova in secca, essa sarebbe ugualmente inapplicabile perché gli accertamenti effettuati hanno dimostrato che il corpo idrico a una portata regolare.

4. In relazione invece alla censura concernenti l’imposizione del rispetto della tabella 3 per le acque reflue provenienti dal depuratore, il collegio ritiene di dover poter prescindere dall’esame della eccezione di improcedibilità sopravvenuta formulata dalla Provincia, in quanto essa risulta infondata nel merito.

Come già riferito nella parte in fatto, la ricorrente deduce, con particolare riferimento alla questione della prescrizione del rispetto della tabella 3, la violazione dell’allegato 5 del d.lgs. 152/2006, in quanto il depuratore in questione è un impianto biologico che tratta solo “reflui urbani”, in relazione ai quali è la tabella 1 che deve essere rispettata.

L’allegato V del d.lgs. 152/2006 sul punto prevede che gli scarichi provenienti da impianti di trattamento delle acque reflue urbane devono essere conformi alle norme di emissione riportate nelle tabelle 1 e 2 (….)”. “Devono inoltre essere rispettati nel caso di fognature che convogliano anche scarichi di acque reflue industriali i valori limite di tabella 3 ovvero quelli stabiliti dalle Regioni (…)”.

Nel caso di specie, la Provincia ha prescritto il rispetto dei limiti della tabella 1 e della tabella 3 dell’All. 5, parte terza al D.Lgs. 152/2006.

Secondo la ricorrente detta prescrizione sarebbe illegittima sia perché gli scarichi di reflui urbani devono conformarsi ai valori limite indicati nelle tab. 1 e 2 (e non di tab. 3 che riguarda i soli scarichi industriali), sia perché l’impianto di depurazione in questione è di natura biologica, essendo stato progettato per il trattamento dei soli reflui provenienti dal metabolismo urbano, da attività urbane e da acque meteoriche, e non è in grado di depurare liquami industriali dai quali può essere danneggiato.

La Provincia ha replicato che nel concetto di acque reflue urbane per espressa disposizione normativa rientrano non soltanto le acque reflue domestiche, ma anche il miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali, ovvero meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, provenienti da agglomerato.

Ha poi ricordato la Provincia che il concetto di acque reflue industriali comprende anche quelle provenienti da insediamenti commerciali (e quindi di negozi, ipermercati, lavanderie, autolavaggi), attività presenti nell’agglomerato di riferimento.

Gli scarichi urbani presentano quindi natura mista, poiché in essi confluiscono non soltanto i reflui domestici, ma anche quelli meteorici di dilavamento, e quelli derivanti da attività industriali.

Ha poi aggiunto che l’obbligo del rispetto dei parametri di cui alla tab. 3 deriva dalla specifica prescrizione contenuta nel punto 1.1. dell’All. 5 al D.Lgs. 152/2006, secondo cui devono essere rispettati i valori limite di tab. 3 nel caso di fognature che raccolgono anche scarichi di acque reflue industriali.

La censura non può trovare accoglimento.

Come emerge dalla lettura delle norme in questione, è lo stesso Legislatore ad aver previsto nel caso di reflui urbani – che per loro stessa natura possono contenere anche reflui industriali, essendo misti – l’assoggettamento al rispetto della tab. 3 nel caso in cui vi siano scarichi di acque reflue industriali.

La ratio della disposizione è chiara: si vuole evitare che vengano immessi nei corpi idrici superficiali reflui non adeguatamente trattati e dunque potenzialmente pericolosi per la salubrità dell’ambiente; pertanto, quando vi sia la presenza all’interno dei reflui urbani di acque reflue industriali, devono essere rispettati i più stringenti parametri di sicurezza previsti dalla tab. 3.

Il punto è a chi competa la dichiarazione inerente gli scarichi industriali e la connessa responsabilità, posto che è presumibile che nell’ambito dei reflui urbani di una città come Roma possano esservi anche scarichi industriali, così come ha rilevato la provincia.

Ritiene il collegio che tale onere non possa che gravare l’istante-gestore dellìimpianto, il quale in sede di domanda di autorizzazione non può esimersi dall’essere a conoscenza della presenza o meno di scarichi industriali, acquisendo – se del caso - le relative informazioni dall’Amministrazione comunale che li ha autorizzati.

A conforto di tale convincimento operano considerazioni di ordine logico - essendo il gestore del Servizio idrico integrato coinvolto nella procedura di autorizzazione degli scarichi industriali – che proprio nel caso di specie risultano confermate dai successivi sviluppi della vicenda.

Infatti, detta autorizzazione è – nelle more del giudizio - venuta a scadenza; la società ricorrente ha presentato una nuova domanda di autorizzazione nella quale ha dichiarato di non disporre dei dati relativi alla presenza di scarichi industriali recapitanti nella pubblica fognatura afferente al depuratore “”; sulla scorta di tale dichiarazione, nella nuova autorizzazione, oggi vigente, n. 6098 del 2012, è previsto sulla base del principio di precauzione l’obbligo del rispetto della tabella 3, (all. 5, parte terza del d.lgs. 152/2006, nel frattempo entrato in vigore). Tale nuova autorizzazione – peraltro - non risulta impugnata dalla ricorrente e quindi da tale comportamento deve desumersi l’acquiescenza della ricorrente alla prescrizione dell’assoggettamento dell’impianto al rispetto dei limiti di cui alla tabella 3.

Va inoltre rilevato che vi è stata il giorno 26/5/2006 una riunione alla quale hanno partecipato varie amministrazioni (tra le quali la Regione Lazio, la Provincia di Roma, l’ACEA stessa, l’ARPA Lazio) all’esito della quale la società ricorrente aveva trasmesso alla Provincia l’elenco delle attività autorizzate che immettevano gli scarichi industriali nella fognatura, ad ulteriore conferma che tale onere gravasse proprio sulla ACEA ATO 2.

Deve desumersi pertanto che la stessa ricorrente fosse conscia che le spettasse, quale gestore del depuratore, la comunicazione circa la presenza (o l’assenza) di allacci di scarichi industriali.

Naturalmente deve trattarsi di scarichi industriali autorizzati, poiché eventuali illegalità – quali ad esempio la presenza di scarichi industriali abusivi - , una volta accertate, devono essere sanzionate, ma non possono evidentemente costituire il presupposto di fatto per l’assoggettamento del gestore a parametri più gravosi quale il rispetto della tab. 3.

Nel caso di specie, il provvedimento si limita ad applicare la specifica disposizione normativa che impone il rispetto della tab. 3 dell’All. 5 alla Parte Terza del D.Lgs. 152/2006, sulla scorta della istruttoria effettuata.

Non risulta, né è stato mai allegato dalla ricorrente, che vi sia stata alcuna dichiarazione da parte della ACEA ATO 2 circa l’assenza di scarichi industriali, pertanto legittimamente la Provincia – applicando il principio di precauzione -, ha imposto i limiti più stringenti, non potendo escludere la presenza di immissioni di acque reflue industriali.

Ne consegue che la prescrizione ritenuta lesiva è derivata dalla condotta della stessa ricorrente, che non si è resa parte diligente nel fornire i dati necessari alla Provincia, la quale nella situazione di incertezza, ha applicato le prescrizioni più restrittive previste dalla legge, facendo corretta applicazione del principio di precauzione, che è un principio generale ormai codificato in ambito europeo e riconosciuto dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale, che fa obbligo alle autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire i rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l'ambiente (sul principio di precauzione, cfr. T.A.R. Roma Lazio sez. II 20 gennaio 2012 n. 663; T.A.R. Trento Trentino Alto Adige sez. I 14 gennaio 2012 n. 18; Cons. Stato sez. IV, 15 dicembre 2011 n. 6612).

Né può ritenersi che la natura dell’impianto di depurazione possa condizionare il contenuto dell’autorizzazione, come pretenderebbe la ricorrente, in quanto il gestore deve dimensionare e strutturare l’impianto in modo da poter trattare correttamente tutte le tipologie di reflui immessi, in modo da riportare ai livelli previsti in tabella ogni tipo di sostanza inquinante.

Il secondo motivo di gravame deve essere pertanto respinto.

5. In conclusione, il ricorso va in parte respinto e in parte va dichiarata la cessazione della materia del contendere e l’improcedibilità per carenza di interesse.

Le spese possono essere compensate, sussistendo giusti motivi.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo respinge, in parte lo dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse ed in parte dichiara la cessazione della materia del contendere.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 novembre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Angelo Scafuri, Presidente

Stefania Santoleri, Consigliere

Maria Laura Maddalena, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 06/03/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)