Cass. Sez. III n. 39450 del 9 dicembre 2025 (UP 23 ott 2025)
Pres. Ramacci Est. Corbo Ric. Pruiti
Alimenti.Delitto di cui all'art. 516 cod.pen.

La condotta di “porre in commercio” si riferisce ad attività che non implicano il diretto contatto con i consumatori, perché è specificamente prevista in alternativa a quella di “porre in vendita”, atteso l’impiego, nella disposizione di cui all’art. 516 cod. pen., dell’inciso «altrimenti», salvo a non voler ipotizzare la superfluità di questo vocabolo, e quindi postularne una interpretatio abrogans. Sotto altro profilo, poi, la nozione di “atto di commercio”, per il codice di commercio del 1882 (cfr., in particolare gli articoli da 3 a 7), vigente al momento dell’adozione dell’art. 516 cod. pen., includeva tutti gli atti di intermediazione nella circolazione dei beni compiuti nell’esercizio di un’attività economica svolta in modo professionale. D’altro canto, ancora, nell’ordinaria esperienza socio-economica, la messa in commercio si presenta come una procedura complessa, che si svolge mediante un’articolata catena di distribuzione, la quale ha la funzione di assicurare il trasferimento dei beni dal produttore al consumatore.
La condotta di cui all’art. 516 cod. pen. assorbe, se caratterizzata da dolo, quella contravvenzionale prevista dall’art. 5 della legge n. 283 del 1962 

RITENUTO IN FATTO 
1. Con sentenza emessa in data 4 dicembre 2024, la Corte d’appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza del Tribunale di Caltanissetta dell’8 marzo 2024, che aveva dichiarato Andrea Vincenzo Pruiti ed Eros Burcheri colpevoli dei reati di cui agli artt. 5, lett. b), e 6 legge n. 283 del 1962 (capo 1) e di cui all’art. 516 cod.
pen. (capo 2), e, ritenuti gli stessi unificati per la continuazione e più grave il secondo, li aveva condannati ciascuno alla pena di quattro mesi di reclusione.
Secondo quanto ricostruito dai Giudici di merito, gli attuali ricorrenti, Pruiti quale amministratore unico della “Menna s.r.l.”, e Burcheri quale responsabile del rispetto della legislazione alimentare per conto della medesima società, avrebbero detenuto per vendere presso la sede della stessa, tra il 23 gennaio e il 12 febbraio 2020, carne bovina, suina, ovina ed equina la quale: a) versava in cattivo stato di conservazione, in parte perché custodita in una cella frigorifero ad una temperatura troppo alta, pari a +4° C, in luogo di quella corretta di -18° C, e in parte perché custodita in vasche intrise di sporco pregresso, congelate tardivamente, nonché, in alcuni casi, anche con superamento della carica microbica totale, ovvero dei limiti dei coliformi (capo 1); b) era presentata come genuina, sebbene fosse in cattivo stato di conservazione, avesse in parte doppia etichettatura e in parte nessuna etichettatura, e fosse sprovvista della documentazione di tracciabilità (capo 2).
2. Hanno presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello indicata in epigrafe Andrea Vincenzo Pruiti, con atto sottoscritto dall’Avv. Marco Franco, ed Eros Burcheri, con atto sottoscritto dall’Avv. Michele Ambra.
3. Il ricorso di Andrea Vincenzo Pruiti è articolato in un quattro motivi, preceduti da una breve premessa sull’evoluzione del processo.
3.1. Con il primo motivo, si denunciano violazione di legge e vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza dei reati con riferimento al presupposto della immissione in commercio delle carni costituenti oggetto materiale delle condotte contestate.
Si deduce che, nella specie, i reati sono stati ritenuti configurabili nonostante l’assenza del requisito della possibile immissione in commercio delle carni che ne costituiscono l’oggetto materiale. Si rappresenta che “Menna s.r.l.” opera quasi esclusivamente come piattaforma logistica, occupandosi dello stoccaggio temporaneo, del trasporto e della distribuzione di carni fresche, per conto della “Inalca s.p.a.”, e che, precisamente, per il 90% della sua attività, il compito da essa svolto, come chiarito dal consulente tecnico della difesa, è quello di scaricare le merci, pesarle, verificarne la tracciabilità e caricarle su automezzi per avviarla presso la grande distribuzione organizzata, e, per il restante 10%, di congelare i prodotti, di certificare l’avvenuta esecuzione di tali operazioni, apponendo un’etichetta sul prodotto e di restituirli a “Inalca s.p.a.”. Si osserva che dette condotte non attengono alla immissione nel mercato delle carni indicate nelle imputazioni, e che, in ogni caso, non evidenziano la consapevolezza, negli attuali ricorrenti, della destinazione alla vendita dei precisati alimenti. Si segnala, inoltre, che le carni in questione non sono mai entrate in contatto con possibili acquirenti, né si presentavano in condizioni idonee alla vendita, in quanto detenute in locali destinati alla loro lavorazione e selezione. Si aggiunge che, ai fini della configurabilità del delitto di cui all’art. 516 cod. pen., non basta che le sostanze alimentari non siano genuine: occorre anche che le stesse siano presentate come genuine.
Si rimarca che i precedenti citati dalla sentenza impugnata a sostegno dell’affermazione di colpevolezza sono inconferenti, e che, invece, un precedente significativo è costituito da Sez. 3, n. 42503 del 11/11/2010: in quella decisione, è stata esclusa la configurabilità del reato di cui agli artt. 56 e 515 cod. pen. in relazione ad alimenti arbitrariamente congelati e scaduti di validità, custoditi nella dispensa di un albergo, in ragione della mancanza di una concreta offerta al cliente.
3.2. Con il secondo motivo, si denunciano violazione di legge, in riferimento agli artt. 42 e 43 cod. pen. e vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza del dolo del reato di cui all’art. 516 cod. pen.
Si deduce che la sentenza impugnata incorre in contraddizione perché valorizza, ai fini dell’accertamento del dolo, elementi indicativi, al più, della colpa, quali quello della scelta di Andrea Vincenzo Pruiti di risiedere lontano dalla sede sociale e della inidoneità della delega conferita ad Eros Burcheri. Si sottolinea, inoltre, che la Corte d’appello non indica alcun elemento indicativo della conoscenza, da parte di Pruiti, della conoscenza di “segnali dell’evento illecito”.
3.3. Con il terzo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’art. 15 cod. pen., a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta configurabilità del concorso tra il reato di cui agli artt. 5, lett. b), e 6 legge n. 83 del 1962 e quello di cui all’art. 516 cod. pen.
Si deduce che il reato di cui agli artt. 5, lett. b), e 6 legge n. 283 del 1962 e quello di cui all’art. 516 cod. pen. sono tra loro incompatibili, perché, se si ritiene che le condotte siano dolose, sarà configurabile solo la fattispecie delittuosa, con assorbimento di quella contravvenzionale, mentre se si ritiene che le stesse siano colpose, sarà configurabile solo quest’ultima, essendo l’altra non integrata per la mancata del dolo necessario. Si rileva che anche la giurisprudenza è orientata in questo senso (si citano Sez. 3, n. 10237 del 15/02/2024, e Sez. 6, n. 4306 del 07/02/1985, ma anche Sez. 3, n. 31317 del 05/06/2019, Rv. 276595 – 01) 3.4. Con il quarto motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’art. 56 cod. pen., a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., avuto riguardo alla esclusione della configurabilità del tentativo con riferimento al reato di cui all’art. 516 cod. pen.
Si deduce, in subordine ai precedenti motivi, che il delitto di cui al capo 2 avrebbe dovuto al più essere riqualificato in termini di tentativo. Si osserva, in proposito, che il delitto di vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine è configurabile anche in forma tentata, essendo ipotizzabile pure una fase preparatoria (si citano Sez. 5, n. 13767 del 16/01/2024 e Sez. 3, n. 8662 del 05/06/1998), e che, nella specie, la sentenza impugnata ammette come le carni oggetto del reato costituissero «prodotti da vendersi successivamente». Si aggiunge che dette carni non erano destinate ai punti vendita, ma dovevano ritornare al produttore “Inalca s.p.a.” 4. Il ricorso di Eros Burcheri è articolato in cinque motivi.
4.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’art.
516 cod. pen., a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza del delitto di vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine.
Si deduce che il delitto di cui all’art. 516 cod. pen., nella specie, non è configurabile perché le carni costituenti oggetto del reato, secondo la stessa sentenza impugnata, erano prodotti da vendersi successivamente, e, però, la fattispecie incriminatrice richiede una messa in commercio, e, quindi, un “contatto” della merce con il pubblico. Si indica, a sostegno di questa conclusione, Sez. 3, n. 42503 del 11/11/2010, la quale ha escluso la configurabilità del reato di cui agli artt. 56 e 515 cod. pen. in relazione ad alimenti arbitrariamente congelati e scaduti di validità, custoditi nella dispensa di un albergo, in ragione della mancanza di una concreta offerta al cliente.
4.2. Con il secondo motivo, si denuncia vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza della colpa in relazione alla contravvenzione in materia di alimenti di cui al capo 1.
Si deduce che l’affermazione della sussistenza della colpa in relazione alla contravvenzione in materia di alimenti si pone in manifesta contraddizione con l’osservazione secondo cui la delega conferita all’attuale ricorrente, Eros Burcheri, non era valida perché non attributiva di poteri autonomi di spesa.
4.3. Con il terzo motivo, si denuncia vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza del dolo in relazione al delitto di vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine di cui al capo 2.
Le censure, formulate in subordine a quelle esposte nel primo e nel secondo motivo, sono esattamente corrispondenti a quelle enunciate nel secondo motivo del ricorso del coimputato Andrea Vincenzo Pruiti.
4.4. Con il quarto motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’art.
15 cod. pen., a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta configurabilità del concorso tra il reato di cui agli artt. 5, lett. b), e 6 legge n. 83 del 1962 e quello di cui all’art. 516 cod. pen.
Le censure, anch’esse formulate in subordine a quelle esposte nel primo e nel secondo motivo, sono esattamente corrispondenti a quelle enunciate nel terzo motivo del ricorso del coimputato Andrea Vincenzo Pruiti.
4.5. Con il quinto motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’art.
56 cod. pen., a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., avuto riguardo alla esclusione della configurabilità del tentativo con riferimento al reato di cui all’art. 516 cod. pen.
Le censure, sempre formulate in subordine a quelle esposte nel primo e nel secondo motivo, sono sostanzialmente corrispondenti a quelle enunciate nel quarto motivo del ricorso del coimputato Andrea Vincenzo Pruiti, salvo ad affermare che l’ipotesi del tentativo deve essere apprezzata al fine di pervenire ad una derubricazione del fatto nell’ipotesi contravvenzionale.

CONSIDERATO IN DIRITTO 
1. I ricorsi, per le ragioni di seguito indicate, sono fondati limitatamente alle censure relative alla ritenuta configurabilità del concorso tra il reato di cui agli artt. 5, lett. b), e 6 legge n. 283 del 1962 e quello di cui all’art. 516 cod. pen., esposte nel terzo motivo dell’atto di impugnazione di Andrea Vincenzo Pruiti e nel quarto motivo dell’atto di impugnazione di Eros Burcheri, mentre sono infondati nel resto, con conseguente necessità di rideterminare il trattamento sanzionatorio.
Per motivi di economia e chiarezza espositiva, saranno esaminate nell’ordine: a) le censure formulate nel primo e nel quarto motivo del ricorso di Andrea Vincenzo Pruiti e nel primo e nel quinto motivo del ricorso di Eros Burcheri, tra loro connesse, tutte relative alla configurabilità, sotto il profilo oggettivo, del delitto di vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine; b) le censure enunciate nel secondo motivo del ricorso di Andrea Vincenzo Pruiti e nel terzo motivo del ricorso di Eros Burcheri, tra loro connesse, entrambe riferite alla ritenuta sussistenza del dolo richiesto per l’integrazione del delitto appena indicato; c) le censure proposte con il terzo motivo del ricorso di Andrea Vincenzo Pruiti e con il quarto motivo del ricorso di Eros Burcheri, tra loro connesse, tutte e due afferenti alla configurabilità del concorso tra il reato di cui agli artt. 5, lett. b), e 6 legge n. 283 del 1962 e quello di cui all’art. 516 cod. pen.; d) le censure esposte nel secondo motivo del ricorso di Eros Burcheri, concernenti la ritenuta sussistenza, in capo al medesimo, della colpa necessaria per la integrazione del reato di cui agli artt. 5, lett. b), e 6 legge n. 283 del 1962.
2. Infondate sono le censure esposte nel primo e nel quarto motivo del ricorso di Andrea Vincenzo Pruiti e nel primo e nel quinto motivo del ricorso di Eros Burcheri, le quali contestano la configurabilità, sotto il profilo oggettivo, del delitto di vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine, deducendo l’insussistenza della condotta di messa in commercio, in quanto i prodotti ritenuti non genuini erano ancora nella fase dello stoccaggio temporaneo, anteriore all’inoltro ai soggetti incaricati della distribuzione, e senza alcun contatto con possibili clienti, nonché ammettendo, al più, l’ipotizzabilità del tentativo del reato di cui all’art. 516 cod. pen.
2.1. Ai fini dell’esame delle censure, profilo decisivo è quello attinente alla individuazione del significato della locuzione «[c]hiunque pone in vendita o altrimenti in commercio», impiegata dall’art. 516 cod. pen.
Ad avviso del Collegio, la condotta di “porre in commercio” attiene a qualunque attività sia di immissione delle sostanze alimentari non genuine nel circuito della distribuzione, sia di gestione delle stesse all’interno di questo circuito e a tale fine.
Invero, da un lato, la condotta di “porre in commercio” si riferisce ad attività che non implicano il diretto contatto con i consumatori, perché è specificamente prevista in alternativa a quella di “porre in vendita”, atteso l’impiego, nella disposizione di cui all’art. 516 cod. pen., dell’inciso «altrimenti», salvo a non voler ipotizzare la superfluità di questo vocabolo, e quindi postularne una interpretatio abrogans. Sotto altro profilo, poi, la nozione di “atto di commercio”, per il codice di commercio del 1882 (cfr., in particolare gli articoli da 3 a 7), vigente al momento dell’adozione dell’art. 516 cod. pen., includeva tutti gli atti di intermediazione nella circolazione dei beni compiuti nell’esercizio di un’attività economica svolta in modo professionale.
D’altro canto, ancora, nell’ordinaria esperienza socio-economica, la messa in commercio si presenta come una procedura complessa, che si svolge mediante un’articolata catena di distribuzione, la quale ha la funzione di assicurare il trasferimento dei beni dal produttore al consumatore.
In questo senso, inoltre, risulta orientata la giurisprudenza di legittimità.
Si è infatti affermato che la commercializzazione, al cui verificarsi si consuma il reato di cui all’art. 516 cod. pen., coincide con il momento in cui la merce esce dalla disponibilità del produttore per entrare nel mercato (così Sez. 3, n. 8662 del 05/06/1998, Fusello, Rv. 212039 – 01).
E, muovendo da questa prospettiva, si è precisato che il tentativo del reato di cui all’art. 516 cod. pen. è configurabile solo quando ancora la merce non è uscita dalla disponibilità del produttore, ma questi abbia compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco alla commercializzazione effettiva del prodotto (così, ancora, Sez. 3, n. 8662 del 05/06/1998, cit.).
2.2. In applicazione del principio appena indicato, la decisione impugnata, laddove ha ritenuto configurabile sotto il profilo oggettivo la condotta di messa in commercio, è immune da vizi.
Risulta infatti precisato nella sentenza impugnata, e sostanzialmente confermato nel ricorso, che la società per conto della quale agivano gli attuali ricorrenti, la “Menna s.r.l.”, provvedeva al congelamento, alla conservazione e allo smistamento di ingenti quantità di carni di proprietà di altri, nella specie della “Inalca s.p.a.”, nel contesto di una catena logistica già attivata dal produttore e finalizzata alla vendita delle stesse per il consumo. Nel ricorso, anzi, si ammette anche che la “Menna s.r.l.”, per il 90 % dei prodotti, dopo averli ricevuti, provvedeva, tra l’altro, a verificarne la tracciabilità e a caricarli su automezzi per avviarli presso la grande distribuzione organizzata.
Di conseguenza, deve ritenersi che correttamente i Giudici di merito hanno concluso che le condotte realizzate dai due attuali ricorrenti, quali soggetti preposti alla gestione della “Menna s.r.l.”, sono consistite in attività di immissione delle sostanze alimentari non genuine nel circuito della distribuzione.
3. Infondate sono anche le censure enunciate nel secondo motivo del ricorso di Andrea Vincenzo Pruiti e nel terzo motivo del ricorso di Eros Burcheri, le quali contestano l’affermazione della sentenza impugnata in ordine alla sussistenza del dolo richiesto per l’integrazione del delitto di cui all’art. 516 cod. pen.
E' utile premettere che il dolo necessario per l’integrazione del delitto di vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine è il dolo generico.
Ciò posto, nella specie, la sentenza impugnata rappresenta che: a) Andrea Vincenzo Pruiti era l’amministratore sia della “Menna s.r.l.”, sia della “DMC s.r.l.”, società controllante la “Menna s.r.l.”, mentre Eros Burcheri era preposto alla gestione dello stabilimento della “Menna s.r.l.” in cui sono stati rinvenuti i prodotti alimentari non genuini oggetto delle imputazioni; b) la “Menna s.r.l.” aveva un unico stabilimento aziendale, precisamente quello in cui sono stati rinvenuti i prodotti oggetto delle imputazioni, e svolgeva esclusivamente l’attività di lavorazione per conto terzi, di congelamento della merce e di trasformazione dei prodotti alimentari, sicché non vi erano oggettive giustificazioni per una delega di funzioni; c) la delega di funzioni rilasciata da Andrea Vincenzo Pruiti ad Eros Burcheri non solo non ha data certa, ma contiene indicazioni per macroarea e non prevede autonomi poteri di spesa in capo al delegato; d) il quantitativo di sostanze alimentari non genuine rinvenuto è «enorme», perché superiore ad otto tonnellate di carne custodite in cattivo stato di conservazione; e) lo «stato di pessima conservazione e di non genuinità della carne» era evidente perché parte di essa era conservata in tre vasche di materiale plastico, intrise di grasso e di sporco pregresso, peraltro anche prive di etichettatura; f) per altri 130 kg. circa di prodotto era stata interrotta la catena del freddo, perché tali sostanze erano state “congelate” e tenute ad una temperatura di +4 °C in luogo di quella corretta di -18 °C; g) imballaggi di varie sezioni di carne provenienti da “Inalca s.p.a.” risultavano congelate nell’imminenza della scadenza, e, in un caso, dopo il superamento della data di scadenza; h) le carni conservate nelle vasche di plastica intrise di grasso e sporco pregresso, come quelle congelate dopo la scadenza, presentavano un rilevante superamento dei limiti della carica microbica totale, ed alcuni campioni facevano rilevare anche un notevole superamento dei limiti dei coliformi, ossia di batteri determinativi di disturbi gastrointestinali.
Gli elementi segnalati sono precisi e congrui rispetto all’affermazione della sussistenza del dolo in capo ai due attuali ricorrenti: le ridotte dimensioni dell’impresa, strutturata su un unico stabilimento aziendale, l’ingente quantitativo di prodotti non genuini detenuti e le palesi condizioni di non genuinità degli stessi, quale conseguenza diretta delle illegali modalità di conservazione dei medesimi, rendono non manifestamente illogica la conclusione dei Giudici di merito secondo cui entrambi gli imputati erano consapevoli di mettere in commercio come genuine sostanze alimentari non genuine, e, quindi, di realizzare la condotta sanzionata dall’art. 516 cod. pen.
4. Fondate, invece, sono le censure proposte con il terzo motivo del ricorso di Andrea Vincenzo Pruiti e con il quarto motivo del ricorso di Eros Burcheri, le quali contestano l’ammissibilità del concorso tra il reato di cui agli artt. 5, lett. b), e 6 legge n. 283 del 1962 e quello di cui all’art. 516 cod. pen.
In effetti, l’art. 6 della legge 30 aprile 1962, n. 283, che commina la sanzione penale anche per la violazione del divieto di preparare, detenere per la vendita o distribuire per il consumo sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione, di cui al precedente art. 5, lett. b), statuisce: «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, i contravventori alle disposizioni del presente articolo e dell’articolo 5 sono puniti […]».
In altri termini, la locuzione «[s]alvo che il fatto costituisca più grave reato» costituisce clausola di sussidiarietà, la quale implica l’assorbimento della fattispecie di cui al combinato disposto degli artt. 5 e 6 legge n. 283 del 1962 in quella più grave, ove le stesse coincidano negli elementi costitutivi. E, per la riferita clausola di sussidiarietà, è irrilevante l’identità o meno del bene giuridico tutelato nelle diverse fattispecie che “convergono” con quella di cui agli artt. 5 e 6 legge n. 283 del 1962, in quanto la stessa dà rilievo esclusivamente al «fatto».
Sulla base di queste coordinate, del resto, la giurisprudenza ha ripetutamente affermato che la condotta di cui all’art. 516 cod. pen. assorbe, se caratterizzata da dolo, quella contravvenzionale prevista dall’art. 5 della legge n. 283 del 1962 (cfr.: Sez. 3, n. 10237 del 15/02/2024, Fissore, Rv. 286037 – 01; Sez. 3, n. 38671 del 06/07/2004, Ciotola, Rv. 229627 – 01; Sez. 3, n. 11090 del 18/10/1995, Pittarello, Rv. 202935 – 01; Sez. 3, n. 4306 del 07/02/1985, Matrisciano, Rv. 169045 – 01).
5. Le censure esposte nel secondo motivo del ricorso di Eros Burcheri, le quali contestano l’affermazione della sentenza impugnata in ordine alla sussistenza della colpa richiesto per l’integrazione di quest’ultimo reato, sono assorbite.
Invero, l’affermazione della sussistenza del dolo in ordine al fatto di cui all’art. 516 cod. pen., e l’esclusione della configurabilità della contravvenzione di cui agli artt. 5, lett. b), e 6 legge n. 283 del 1962 determinano la superfluità dell’esame delle precisate doglianze.
6. All’accoglimento delle censure relative alla ritenuta configurabilità del concorso tra il reato di cui agli artt. 5, lett. b), e 6 legge n. 283 del 1962 e quello di cui all’art.
516 cod. pen., e all’infondatezza, ovvero all’assorbimento, delle ulteriori censure, seguono l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla fattispecie contravvenzionale, il rigetto del ricorso nel resto, con conseguente irrevocabilità della dichiarazione di colpevolezza di entrambi gli imputati per il delitto di vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine, e la rideterminazione della pena.
La rideterminazione può essere effettuata in questa sede, perché, come si evince dalla sentenza di primo grado, la stessa era stata fissata in complessivi quattro mesi di reclusione, individuando come pena base quella di tre mesi per il delitto di cui all’art. 516 cod. pen., e computando un aumento di un mese per la continuazione. Di conseguenza, eliminando quest’ultimo segmento del trattamento sanzionatorio, perché inflitto per il reato di cui agli artt. 5, lett. b), e 6 legge n. 283 del 1962, in questa sede ritenuto assorbito in quello di cui all’art. 516 cod. pen., la pena finale, per ciascun ricorrente, rimane quella di tre mesi di reclusione.

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui agli artt.
5, lett. b), e 6 legge n. 283 del 1962 assorbito nel delitto di cui all’art. 516 cod. pen.
Rigetta nel resto i ricorsi e ridetermina a pena per ciascun ricorrente in tre mesi di reclusione.
Così deciso il 23/10/2025.