Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 2339, del 29 aprile 2013
Ambiente in genere.Riconoscimento dei diritti esclusivi di pesca sul demanio marittimo

Per il riconoscimento dei diritti esclusivi di pesca sul demanio marittimo in base all'art. 23 T.U. sulla pesca (Regio decreto 8 ottobre 1931, n. 1604), è necessaria l’adozione, da parte della competente autorità amministrativa, di un positivo, specifico provvedimento ricognitivo di tali diritti, se ed in quanto “derivanti da antico titolo” ovvero da “lunghissimo possesso”, e che attribuisce al riconoscimento della competente autorità amministrativa efficacia costitutiva ai fini della persistenza dei diritti medesimi; in particolare, non è, all’uopo, sufficiente dimostrare l’avvenuta presentazione di una tempestiva domanda di riconoscimento, se non vi è prova della avvenuta adozione dell’insostituibile provvedimento positivo, di “riconoscimento”, emesso dall’autorità all’epoca competente. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 02339/2013REG.PROV.COLL.

N. 03512/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3512 del 2012, proposto da: 
Società Agricola Solemar di Giancarlo Strizzi & C., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Vincenzo Cerulli Irelli e Maria Athena Lorizio, con domicilio eletto presso il primo, in Roma, via Dora, 1;

contro

Regione Puglia, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dall’avv. Leonilde Francesconi, con domicilio eletto presso la Regione Puglia - Delegazione in Roma, via Barberini, 36; 
Comune di Ischitella, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avv. Girolamo Arciuolo, con domicilio eletto presso Matteo Mazzamurro, in Roma, via di Casalotti 53, B/1;

nei confronti di

Società Cooperativa Marica a r.l., Azienda Agricola Ballarini Benito, non costituite in giudizio nel presente grado;

e con l'intervento di

ad opponendum:
Consorzio Lagunare Pescatori di Ischitella, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Girolamo Arciuolo, con domicilio eletto presso la Segreteria della Sezione VI del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia - Bari, Sezione I, n. 444/2012, resa tra le parti, concernente CONCESSIONE DEMANIALE MARITTIMA;



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Puglia e del Comune di Ischitella;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 gennaio 2013 il Cons. Bernhard Lageder e uditi, per le parti, gli avvocati Francesconi (per se e per delega dell’avvocato Arciuolo) e l’avvocato Cerulli Irelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia respingeva, a spese compensate, il ricorso n. 1344 del 2009 (integrato da motivi aggiunti), proposto in esito a trasposizione di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica dalla Società Agricola Solemar di Giancarlo Strizzi & C. (d’ora in poi: Solemar) – nella qualità di concessionaria di una superficie di circa 156 ettari del lago di Varano (appartenente al demanio marittimo ai sensi dell’art. 28, lett. b), Codice della navigazione), in forza di “contratto di concessione di sfruttamento temporaneo di diritti esclusivi di pesca su acque lacustri” stipulato il 1 ottobre 2008 con la signora Maria Gabriella Sansone, asserita titolare, per successione ereditaria, dei diritti esclusivi di pesca su circa 2.000 ettari (pari ad un terzo della superficie intera) del lago, dove Solemar assumeva di aver realizzato, nell’anno 2008, un impianto di ripopolamento e allevamento di vongole veraci – avverso i seguenti atti:

(i) la concessione n. 399 del 12 luglio 2005, rilasciata dal Settore demanio marittimo della Regione Puglia in favore dell’impresa Benito Ballarini, per la pesca su uno specchio acqueo di 45 ettari del lago in questione (con durata dal 1 luglio 2005 al 30 giugno 2009), secondo l’assunto della ricorrente in parte incidente sulle acque oggetto dei propri diritti esclusivi di pesca;

(ii) il provvedimento n. 11 del 14 febbraio 2007 del Settore demanio e patrimonio della Regione Puglia, con la quale era stato autorizzato il subingresso della Cooperativa Marica a r.l. nella concessione sub (i), in seguito a cessione di ramo d’azienda;

(iii) il provvedimento n. 3 del 5 febbraio 2010 del Comune di Ischitella, avente ad oggetto il rinnovo, in favore della Cooperativa Marica a r.l., della concessione per ulteriori quattro anni e sei mesi (fino al 2013), allo scopo di “mantenere uno specchio acqueo adibito ad impianto di acquacoltura ed allevamento di vongole veraci”.

L’adito Tribunale amministrativo regionale, disattese le eccezioni di carenza di giurisdizione e di inammissibilità del ricorso sollevate dalle Amministrazioni resistenti, riteneva che i diritti esclusivi di pesca vantati dalla ricorrente Solemar (in derivazione dai propri danti causa) dovevano ritenersi estinti, con le seguenti motivazioni:

- tali diritti non risultavano riconosciuti con provvedimento espresso della competente autorità amministrativa ai sensi dell’art. 23 r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604 (sostitutivo dell’art. 16 l. 24 marzo 1921, n. 312), disciplinante la revisione dei diritti ex-feudali di pesca basati su “antico titolo” o “lunghissimo possesso”;

- il riconoscimento amministrativo assumeva efficacia costitutiva ai fini della persistenza del diritto;

- infondata era la tesi della ricorrente, secondo cui i diritti esclusivi di pesca fossero stati accertati, con efficacia di giudicata, dalla sentenza della Corte d’Appello di Roma, Sezione speciale usi civici, del 23 giungo - 25 luglio 1941, confermata dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 766/1947, esulando ogni relativo accertamento dai limiti oggettivi dell’invocato giudicato.

Il Tribunale amministrativo regionale respingeva dunque l’azione di annullamento proposta avverso gli atti concessivi delle Amministrazioni resistenti, che secondo l’assunto della ricorrente avrebbero dovuto tener conto dei diritti di Solemar (quanto meno per una più attenta definizione dello specchio acqueo concesso in uso all’impresa Ballarini prima, e alla Cooperativa Marica poi), la cui persistenza era, invece, da escludere per le esposte ragioni, col conseguente venir meno del presupposto dell’intentata azione demolitoria.

2. Avverso tale sentenza interponeva appello l’originaria ricorrente Solemar, deducendo i seguenti motivi:

a) lo sconfinamento dall’ambito di giurisdizione del giudice amministrativo, nella parte in cui il Tribunale amministrativo regionale aveva ritenuto carente di prova la sussistenza dei diritti esclusivi di pesca in capo ai danti causa (diretti e mediati) della ricorrente, rientrando il relativo accertamento nell’ambito di giurisdizione del giudice ordinario, rispettivamente del Tribunale superiore delle acque pubbliche;

b) l’erroneità della sentenza, nella parte in cui aveva disatteso il profilo di censura relativo alla violazione del principio dell’intangibilità del giudicato, sulla base di un’erronea interpretazione della menzionata sentenza della Corte d’Appello di Roma, passata in giudicato;

c) l’erronea interpretazione dell’art. 23 r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604, sotto plurimi profili;

d) l’erronea reiezione delle censure di difetto d’istruttoria e di violazione dell’art. dell’art. 5, comma 1 lett. f), l. reg.-Puglia 23 giungo 2006, n. 17, inficianti gli impugnati provvedimenti concessori.

L’appellante chiedeva dunque, previa sospensione della provvisoria esecutorietà dell’appellata sentenza e in sua riforma, l’accoglimento del ricorso di primo grado.

3. Si costituiva in giudizio l’appellato Comune di Ischitella, resistendo e chiedendo il rigetto dell’avversario appello. Il Comune interponeva, altresì, appello incidentale, basato sui seguenti motivi:

a) l’erronea affermazione, nell’appellata sentenza, che la ricorrente Solemar avrebbe fornito la prova dell’interferenza dell’area oggetto degli impugnati provvedimenti concessori con l’area interessata dagli asseriti diritti esclusivi di pesca, qualora detta affermazione fosse qualificata come statuizione idonea ad assurgere ad autorità di cosa giudicata, mancando invero qualsiasi prova in ordine a siffatta interferenza;

b) l’erronea compensazione delle spese di causa relative al giudizio di primo grado, da accollare alla ricorrente soccombente.

4. Si costituiva nel presente grado di giudizio altresì l’appellata Regione Puglia, chiedendo il rigetto dell’appello principale e proponendo a sua volta appello incidentale, con cui censurava l’erronea affermazione, contenuta nell’impugnata sentenza, che l’originaria ricorrente avrebbe fornito la prova della parziale interferenza dello specchio acqueo oggetto degli impugnati provvedimenti concessori con l’area concessa in godimento dalla signora Sansone a Solemar, nonché l’altrettanto erronea affermazione, secondo cui la Regione non sarebbe stata in grado di produrre una precisa delimitazione delle zone lacuali, tale da smentire l’assunto della ricorrente relativa alla lamentata interferenza, avendo essa Regione per contro provato che l’area ceduta in concessione all’impresa Ballarini e alla Cooperativa Marica era interamente compresa nell’area su cui insistono gli usi civici di pesca in favore della popolazione del Comune di Ischitella, senza incidere sull’area gravata dai diritti esclusivi di pesca vantati dall’appellante principale (in derivazione dai rispettivi danti causa).

5. Con atto ritualmente notificato alle controparti, interveniva nel presente giudizio d’appello il Consorzio Lagunare Pescatori di Ischitella, legato da un contratto di collaborazione consortile con la Cooperativa Marica, chiedendo il rigetto dell’appello principale (e della relativa istanza cautelare).

6. Respinta con ordinanza n. 2200/2012 l’istanza di sospensiva, la causa all’udienza pubblica del 15 gennaio 2013 veniva trattenuta in decisione.

7. L’appello principale è infondato.

7.1. Infondato è il motivo d’appello sub 2.a), in quanto:

- il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo si determina sulla base del petitumsostanziale, nella specie da individuarsi nell’azione di annullamento proposta avverso i provvedimenti concessori della Regione e rispettivamente del Comune in favore dell’impresa Ballarini e della Cooperativa Marica, palesemente attratta nell’orbita di giurisdizione del giudice amministrativo;

- la questione relativa alla persistenza, o meno, dei diritti esclusivi di pesca in capo ai danti causa di Solemar costituisce una questione pregiudiziale di merito relativa a diritti decisa dal Tribunale amministrativo regionaleincidenter tantum ai sensi dell’art. 8, coma 1, Cod. proc. amm., secondo cui il giudice amministrativo, nell’ambito della giurisdizione di legittimità (ossia, nelle materie, in cui non ha giurisdizione esclusiva), conosce, senza efficacia di giudicato, di tutte le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti, la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale, senza riflessi sul riparto di giurisdizione, con conseguente inconfigurabiltià, anche sotto tale profilo, della giurisdizione del giudice ordinario;

- deve, altresì, escludersi la giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche ex art. 143, comma 1 lett. c), r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, esulando il caso in esame dalle particolari fattispecie ivi tipizzate.

7.2. Destituiti di fondamento sono, altresì, i motivi d’appello principale sub 2.b), 2.c) e 2.d), tra di loro connessi e da esaminare congiuntamente.

Premesso che l’originaria ricorrente assumeva, quale vizio centrale di legittimità degli impugnati provvedimenti concessori emanati in favore dell’impresa Ballarini e della Cooperativa Marica, che la Regione e il Comune non avrebbero tenuto conto della persistenza dei diritti esclusivi di pesca in capo ai Sansone (o Sanzone), da cui Solemar in via derivativa, con contratto del 1 ottobre 2008, assume di conseguito il titolo per lo sfruttamento dell’area lacuale in oggetto, si osserva che le conclusioni del Tribunale amministrativo regionale, escludenti la persistenza dei menzionati diritti, meritano di essere confermate.

Giova al riguardo premettere che nel caso di specie viene in rilievo la disciplina dettata dall’art. 23 r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604 (Approvazione del testo unico delle leggi sulla pesca), il quale, ai primi due commi, testualmente recita:

“Sono estinti i diritti esclusivi di pesca nelle acque del demanio pubblico marittimo e lagunare e nel mare territoriale, compresi quelli per l'impianto di tonnare e mugginare, che risalgano a data anteriore all'entrata in vigore della legge 4 marzo 1877, n. 3706, e che non siano stati effettivamente esercitati nel trentennio anteriore alla data del 24 marzo 1921.

Sono pure estinti i diritti medesimi, qualora il loro possesso non sia stato già riconosciuto a mente degli artt. 3 e 99 del regolamento 13 novembre 1882, n. 1090 , e dei regi decreti 15 maggio 1884, n. 2503 , e 23 gennaio 1910, n. 75, o quando, entro il 31 dicembre 1921, gli aventi diritto non abbiano presentato domanda di riconoscimento, corredata con i documenti prescritti dall'art. 4 del sopracitato decreto 15 maggio 1884, n. 2503”.

Orbene, le sopra richiamate conclusioni del Tribunale amministrativo regionale sono conformi all’orientamento consolidato della Corte di Cassazione, condiviso da questo Collegio, che afferma la necessità, per il “riconoscimento” dei diritti esclusivi di pesca sul demanio marittimo in base al citato art. 23 T.U. sulla pesca, dell’adozione, da parte della competente autorità amministrativa, di un positivo, specifico provvedimento ricognitivo di tali diritti, se ed in quanto “derivanti da antico titolo” ovvero da “lunghissimo possesso”, e che attribuisce al riconoscimento della competente autorità amministrativa efficacia costitutiva ai fini della persistenza dei diritti medesimi; in particolare, non è, all’uopo, sufficiente dimostrare l’avvenuta presentazione di una tempestiva domanda di riconoscimento, se non vi è prova della avvenuta adozione dell’insostituibile provvedimento positivo, di “riconoscimento”, emesso dall’autorità all’epoca competente (v. in tal senso, per tutte, Cass., Sez. un. civ., 4 dicembre 2009, n. 25493, e gli altri precedenti ivi richiamati).

Nel caso di specie, alla luce delle risultanze della documentazione acquisita al giudizio, deve ritenersi comprovato che i Sansone avevano presentato istanza di riconoscimento dei diritti esclusivi di pesca, in base ad antico titolo (per acquisto, con atti di compravendita del 18 maggio 1821 e 28 agosto 1873, dagli antichi feudatari, principi di Ischitella e Tarsia, i quali avevano posseduto, ciascuno per metà, il lago per secoli) e da susseguente correlativo lunghissimo possesso, ma che non era intervenuto alcun atto di riconoscimento da parte del competente Ministero.

Né l’intervenuto riconoscimento è desumibile, in via indiretta ed inferenziale, dagli atti amministrativi e negoziali prodotti in giudizio dall’odierna appellante (v., in particolare, agli atti sub doc. 9 e 11 del relativo fascicolo di parte). Come, invero, puntualmente messo in rilievo nell’appellata sentenza, tali atti hanno ad oggetto questioni diverse da quelle concernenti il riconoscimento dei diritti esclusivi di pesca, senza che vi fosse riscontrabile richiamo alcuno ad un eventuale atto ministeriale di riconoscimento (che, per quanto sopra esposto, assume valenza costitutiva).

Altrettanto correttamente, nell’appellata sentenza è stato escluso che i diritti esclusivi di pesca in capo ai danti causa dell’odierna appellante fossero stati accertati, con efficacia di giudicato, dalle citate sentenze della Corte d’appello di Roma del 23 giungo - 25 luglio 1941 della Corte di Cassazione (sentenza n. 766/1947), in quanto:

- le richiamate sentenze si limitano a confermare la divisione effettuata, in sede di confinazione tra i Sansone, i Comuni rivieraschi e i pescatori locali, nel 1811 in applicazione delle leggi sulla eversione delle feudalità, e dunque con riguardo alla disciplina precedente alla l. 24 marzo 1921, n. 312 (recepita dal T.U. n. 1604/1931), e non affrontano la questione del riconoscimento dei diritti esclusivi di pesca vantati dai Sansone, ai sensi della normativa sopravvenuta;

- la sentenza della Corte d’appello rileva espressamente che i diritti dei Sansone “consistono oggi nel godimento del totale prodotto della pesca nello specchio d’acqua riservato ai loro danti causa nel 1811, diventato nel 1914 proprietà demaniale dello Stato e attualmente soggetto ad un particolare regime amministrativo” (v. così testualmente, p. 46 della sentenza), in tal modo ponendo fuori dal decisum ogni questione relativa al riconoscimento dei diritti esclusivi di pesca secondo il regime amministrativo introdotto in materia dalla legislazione postunitaria, peraltro in piena coerenza con i passaggi contenuti a pp. 24 e 25 della sentenza, dove si dà atto della mancata adozione di un provvedimento di riconoscimento da parte del competente Ministero.

Le esposte ragioni sono sufficienti ad escludere la fondatezza dell’esperita azione di annullamento, per la carenza di prova attorno all’intervenuto riconoscimento dei diritti esclusivi di pesca in favore dei danti causa (mediati) dell’odierna appellante, costituente il presupposto legittimante l’azione medesima, con assorbimento di ogni altra correlativa questione (risultando, invero, l’azione esperita da soggetto privo di titolo).

8. Inammissibili sono i motivi d’appello incidentale sub 3.a) e sub 4., dedotti dal Comune di Ischitella e dalla Regione Puglia.

Infatti, la censurata affermazione, contenuta nell’appellata sentenza, secondo cui Solemar avrebbe fornito la prova della parziale interferenza dell’area oggetto degli impugnati provvedimenti concessori con l’area interessata dagli asseriti diritti esclusivi di pesca, si risolve in un’affermazione di mero fatto, causalmente ininfluente sull’esito del giudizio e dunque inidonea ad assurgere ad autorità di cosa giudicata (in futuri processi tra le stesse parti), sicché viene meno ogni interesse alla relativa impugnazione.

9. Infondato è il motivo di appello incidentale sub 3.b), essendo la statuizione di compensazione delle spese del giudizio di primo grado giustificata dalla peculiarità delle vicende dedotte in giudizio, con conseguente corretta mancata applicazione del criterio regolatore della soccombenza.

10. Considerazioni sostanzialmente identiche giustificano la compensazione delle spese di causa relative al presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto (ricorso n. 3512 del 2012), respinge sia l’appello principale sia gli appelli incidentali, nei sensi di cui in motivazione, e, per l’effetto, conferma l’appellata sentenza; dichiara le spese di causa relative al presente grado di giudizio interamente compensate tra tutte le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.



Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini, Presidente

Aldo Scola, Consigliere

Maurizio Meschino, Consigliere

Gabriella De Michele, Consigliere

Bernhard Lageder, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 29/04/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)