Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4098, del 6 agosto 2013
Ambiente in genere.Rinnovo concessione demaniale

Il pagamento dei canoni eseguito dopo la scadenza concessione per tenere un manufatto ad uso residenza, non vale a costituire il rinnovo tacito della concessione, infatti, non può ritenersi il legittimo affidamento al rilascio della concessione demaniale in ragione del fatto di aver continuato a pagare i relativi canoni, poiché in mancanza dell'atto formale di rinnovo, l'aspirante concessionario non ha titolo alcuno ad utilizzare il bene demaniale e versa in una situazione di detenzione senza titolo, tanto che la circostanza che l'Amministrazione abbia introitato le somme che il concessionario assume di aver versato a titolo di canone per il periodo successivo alla scadenza della concessione non è, di per sé, idonea a sostituire il formale provvedimento di concessione del bene ed assume il significato di incameramento di quanto dovuto a ristoro (parziale) della persistente occupazione del bene. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)



N. 04098/2013REG.PROV.COLL.

N. 04980/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4980 del 2009, proposto dal signor Ernesti Roberto, rappresentato e difeso dagli avvocati Gennaro Contardi, Luigi Cardamone, Stefania Iorfida, con domicilio eletto presso Gennaro Contardi in Roma, via A. Caroncini, 6;

contro

Comune Di Ardea, rappresentato e difeso dall'avvocato Alfredo Zaza D'Aulisio, con domicilio eletto presso Francesco Cardarelli in Roma, via G.P. Da Palestrina, 47; 
Ministero dell’economia e delle finanze – Agenzia del demanio, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - Capitaneria di Porto di Roma, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Regione Lazio, non costituita nel presente grado del giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II TER n. 1055/2009;



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Ardea e dei Ministeri dell’economia e delle finanze – Agenzia del demanio e delle infrastrutture e dei trasporti - Capitaneria di Porto di Roma;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 giugno 2013 il consigliere Maurizio Meschino e uditi per le parti gli avvocati Contardi, Morrone per delega dell’avvocato Zaza D'Aulisio, e l’avvocato dello Stato Paolo Grasso;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1. Il signor Ernesti Roberto (in seguito, ricorrente), con il ricorso n. 2842 del 2008 proposto al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza n. 2 del 7 gennaio 2008 del Comune di Ardea con cui gli è stata ingiunta la demolizione, in qualità di occupante abusivo, dell’immobile insistente su suolo demaniale marittimo sito sul Lungomare degli Ardeatini attiguo al passo a mare 9, rinvenuto in stato di fatiscenza, con l’obbligo del ripristino dello statu quo ante, nonché di tutti gli atti preparatori, preordinati, presupposti, fra cui la relazione tecnica 14 novembre 2007, prot. MRB 5517, inerente la verifica dello stato dei luoghi nella località suddetta.

2. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda ter, con la sentenza n. 1055 del 2009, dichiarato il difetto di giurisdizione passiva dell’Agenzia del Demanio in quanto gli atti impugnati sono stati adottati dal Comune, ha respinto il ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio liquidate in euro 3.000,00.

3. Con l’appello in epigrafe è chiesto l’annullamento della sentenza di primo grado, con domanda cautelare di sospensione della relativa esecutività.

Alla camera di consiglio del 7 luglio 2009 l’esame della domanda cautelare è stato abbinato alla trattazione della causa nel merito.

4. All’udienza del 25 giugno 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Nella sentenza di primo grado si afferma che il ricorso deve essere respinto vista la legittimità della delibera del Comune in ragione della scadenza della concessione de qua per tenere un manufatto ad uso residenza, intervenuta fin dal 31 dicembre 1997 senza alcun rinnovo, e del fatto di essere la detta delibera atto dovuto, poiché adottata ai sensi dell’art. 54 del codice della navigazione da parte dell’Amministrazione delegata alla tutela dell’assetto paesaggistico e edilizio delle coste, non dovendo perciò essere preceduta da atti di preavviso in quanto, peraltro, consequenziale a provvedimenti del giudice ordinario.

Né l’intervenuta scadenza della concessione avrebbe consentito al ricorrente di avvalersi del regime previsto per le concessioni in corso fino al 16 marzo del 2001, risultando altresì irrilevante il pagamento volontario dei canoni per tre anni, neanche richiesti comunque dall’Amministrazione che non ha mai manifestato, neppure indirettamente, la volontà di rinnovare il titolo.

2. Nell’appello si deduce l’erroneità della sentenza impugnata, poiché:

- l’Agenzia del Demanio è legittimata passiva nella presente controversia avendo il ricorrente versato ad essa i canoni demaniali dopo il 31 dicembre 1997, a seguito di atti di sollecitazione della stessa sui quali il ricorrente ha riposto affidamento che sono perciò presupposti di quelli impugnati;

- sia l’Agenzia del Demanio che l’Ufficio del demanio marittimo di Ardea hanno continuato a riscuotere dal ricorrente i canoni concessori (sempre così qualificati e mai quale indennità di occupazione) anche dopo la pretesa scadenza della concessione con il 1997, allegandone ricevuta l’Ufficio comunale il 14 agosto 2002 né mai venendo dichiarata la detta scadenza; la concessione risulta perciò rinnovata tacitamente di sei anni in sei anni ai sensi dell’art. 10 della legge 16 marzo 2001, n. 88;

- il canone è stato pagato in misura figurativa dal ricorrente a partire dal 2003 (un euro l’anno) essendo stato sottoposto l’immobile a sequestro preventivo dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Velletri, con revoca del sequestro dopo che, con sentenza n. 4 del 2007, il detto Tribunale ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti del ricorrente per prescrizione del reato, derivando da ciò lo stato di abbandono, nel frattempo, del manufatto;

- è errato, infine, il riferimento fatto dal primo giudice all’art. 54 del codice della navigazione essendo non a caso motivato diversamente il provvedimento impugnato nella memoria di costituzione dell’Amministrazione comunale resistente.

3. L’appello è infondato per i motivi che seguono.

3.1. Non sono state dedotte dall’appellante ragioni sufficienti per ritenere la legittimazione passiva dell’Agenzia del Demanio essendo stato emanato il provvedimento impugnato dal Comune di Ardea, né essendo esso basato su atti della detta Agenzia.

3.2. Riguardo alla concessione per cui è causa, rilasciata al ricorrente con provvedimento della Capitaneria di Porto di Roma n. 70 del 1995, per il periodo dal 1° gennaio 1994 al 31 dicembre 1997, non risulta in atti alcun provvedimento di rinnovo; essa deve quindi ritenersi scaduta alla prevista data del 31 dicembre 1997;

- il pagamento dei canoni eseguito dal ricorrente dopo la scadenza (in misura simbolica dal 2003) non vale a costituire il rinnovo tacito della concessione, condividendo il Collegio quanto chiarito al riguardo in giurisprudenza, per cui non può ritenersi il legittimo affidamento al rilascio della concessione demaniale in ragione del fatto di aver continuato a pagare i relativi canoni, poiché in mancanza dell'atto formale di rinnovo, l'aspirante concessionario non ha titolo alcuno ad utilizzare il bene demaniale e versa in una situazione di detenzione senza titolo “tanto che la circostanza che l'Amministrazione abbia introitato le somme che il concessionario assume di aver versato a titolo di canone per il periodo successivo alla scadenza della concessione non è, di per sé, idonea a sostituire il formale provvedimento di concessione del bene ed assume il significato di incameramento di quanto dovuto a ristoro (parziale) della persistente occupazione del bene” (T.a.r. Lazio, sezione seconda ter, 4 novembre 2008, n. 9569);

- non vale perciò in contrario la sollecitazione al pagamento del canone indirizzata al ricorrente dalla Capitaneria di Porto di Roma con la nota n. 573/DEM del 5 marzo 1999, costituendo in ogni caso il pagamento il ristoro dell’illegittima occupazione del bene;

- né si applica nella specie l’art. 10 della legge 16 marzo 2001, n. 88 (Nuove disposizioni in materia di investimenti nelle imprese marittime), che ha disposto la durata delle concessioni per sei anni con il loro rinnovo tacito per lo stesso periodo a seguire; la norma riguarda infatti le sole concessioni marittime per finalità turistico – ricreative (come da interpretazione autentica resa con l’art. 13 della legge n. 172 del 2003) e, comunque, la giurisprudenza ha chiarito che “la norma predetta si applica anche alle concessioni rilasciate anteriormente, e però efficaci alla data di entrata in vigore dell’art. 10 della legge n. 88/2001, sia quanto alla durata complessiva, sia in ordine al rinnovo alla scadenza” (Cons. Stato, Sez. VI: 20 gennaio 2009, n. 257; 28 febbraio 2006, n. 881).;

3.3. Le funzioni amministrative sul demanio marittimo sono esercitate dai Comuni della Regione Lazio a far data dalla pubblicazione del d.P.C.M. 22 dicembre 2000 (recante il trasferimento dei beni e delle risorse per l’esercizio delle funzioni delegate ai sensi del d.lgs. n. 112 del 1998), restando perciò ai detti enti locali, da quella data, l’applicazione anche dell’art. 54 del codice della navigazione, essendo il detto codice richiamato, invero, nelle premesse del provvedimento impugnato pur senza la precisa indicazione del citato articolo, non necessaria dato il palese contesto del procedimento attivato nella specie.

4. Per le ragioni che precedono l’appello è infondato e deve essere perciò respinto.

Le spese seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) respinge l’appello in epigrafe n. 4980 del 2009.

Condanna il signor Ernesti Roberto, appellante, al pagamento delle spese del secondo grado del giudizio, che liquida nel complesso in euro 5,000,00 (cinquemila/00), di cui euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00) a favore del Comune di Ardea e euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00), a favore, nel complesso, delle Amministrazioni statali appellate, oltre gli accessori di legge se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 25 giugno 2013, con l'intervento dei magistrati:

Luciano Barra Caracciolo, Presidente

Maurizio Meschino, Consigliere, Estensore

Claudio Contessa, Consigliere

Gabriella De Michele, Consigliere

Antonio Malaschini, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 06/08/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)