TAR Lazio (RM) Sez. III n.10936 del 2 novembre 2017
Ambiente in genere.procedimento di VIA

Nel rendere il giudizio di valutazione di impatto ambientale, l'amministrazione esercita una amplissima discrezionalità che non si esaurisce in un mero giudizio tecnico, in quanto tale suscettibile di verificazione tout court sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa e istituzionale in relazione all'apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti; la natura schiettamente discrezionale della decisione finale risente dunque dei suoi presupposti sia sul versante tecnico che amministrativo. Tale atto è pur sempre soggetto al sindacato del giudice, ma negli stretti limiti che riguardano l’esistenza di eventuali vizi di legittimità per eccesso di potere, secondo le figure sintomatiche dell’errore di fatto, della illogicità, contraddittorietà, dell’ingiustizia manifesta o dell’irragionevolezza della determinazione.


Pubblicato il 02/11/2017

N. 10936/2017 REG.PROV.COLL.

N. 13601/2016 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 13601 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Comune di Mortegliano, Comune di San Vito al Torre, Comune di Trivignano Udinese, Comune di Lestizza, Comune di Palmanova, Comune di Basiliano e del Comune di Pavia di Udine, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato Matteo Ceruti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Alessio Petretti in Roma, via degli Scipioni, 268/A;

contro

Il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Regione Friuli Venezia Giulia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati dell’Avvocatura Generale dello Stato, Ettore Volpe e Daniela Iuri, con domicilio eletto presso lo studio Ufficio Rappresentanza Regione Friuli Venezia Giulia in Roma, piazza Colonna, 355;

nei confronti di

Terna Rete Elettrica Nazionale S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Mario Esposito, Elena Buson, Francesca Covone e Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Lattanzio, 66;
Terna Rete Italia S.p.a., Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e Ministero dello Sviluppo Economico non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

- del decreto del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare prot. DVA-DEC- 0000241 del 06.09.2016 recante compatibilità ambientale del progetto denominato “Elettrodotto a 380 kV in doppia terna Udine Ovest —S.E. Redipuglia ed opere connesse presentato dalla società Terna S.p.a.” a condizione che si ottemperi alle prescrizioni impartite con D.M, n. 411 del 21 luglio 2011, così come aggiornate ed integrate con il parere della Commissione Tecnica VIA/VAS n. 2136 del 02 agosto 2016;

- di ogni altro atto presupposto, collegato, inerente, conseguente e derivato, ivi compresi: la delibera della Giunta regionale del Friuli Venezia Giulia n. 1389 del 22.07.2016 recante parere favorevole al rilascio della VIA sul progetto, il parere favorevole espresso dalla Commissione tecnica VIA-VAS n. 2136 del 02.08.2016, il verbale e l'esito della riunione istruttoria tenutasi presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri in data 04.08.2016, la delibera del Consiglio dei Ministri del 10.08.2016 ex art. 5, comma 2, lettera c-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400;

e sul ricorso con motivi aggiunti depositati il 13.3.2017,

per l’annullamento

- del decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, 14.2.2017 n. 239/EL-146bis/245/2017 recante approvazione del progetto definitivo per la costruzione ed esercizio da parte della società Tema S.p.a. dell'elettrodotto a 380 kV in doppia tema "S.E. Udine Ovest- S.E. Redipuglia, pubblicato in Gazz. Uff. il 22.02.2017;

- della delibera della Giunta della Regione Friuli Venezia Giulia n. 2392 del 9.12.2016 e relativo Allegato (trasmessa con nota del Pres. della Regione 29.7.2016) recante l'intesa ai fini del rilascio, a favore di Terna s.p.a., dell'autorizzazione unica ministeriale alla costruzione e all'esercizio dell'elettrodotto a 380 kV in doppia terna "S.E. Udine Ovest- S.E. Redipuglia", ai sensi dell'art. 1-sexies DL n. 239/2003;

- di ogni altro atto presupposto, collegato, inerente, conseguente e derivato ivi compresi: i verbale delle riunioni e gli esiti della conferenza di servizi, ivi compresa la conferenza del 18.10.2016, oltre che i pareri e gli atti di assenso espressi in quella sede;

- della nota della Regione Friuli Venezia Giulia del 23.01.2017 prot.n. 0002353 recante la comunicazione dell'esito positivo della verifica dell'ottemperanza alle prescrizioni di cui al punto 2) dell'Allegato alla Delibera di Giunta regionale n. 2392 del 09.12.2016;

- della nota della Regione Friuli Venezia Giulia in data 06.12.2016 prot. n. 63524/P recante espressione della conformità urbanistica delle opere nonché la nota prot. n. 0011532 del 12.12.2016 della Direzione Generale per lo sviluppo del territorio, la programmazione e i progetti internazionali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti recante la trasmissione della predetta nota regionale, nonché l'atto di "generalità" n. 3333 del 28.12.2007 della Giunta regionale del Friuli Venezia Giulia e il conseguente protocollo d'intesa sottoscritto con Terna S.p.a.-;

e sui motivi aggiunti depositati il 2 maggio 2017

per l’annullamento

dei medesimi atti impugnati con i precedenti motivi aggiunti;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, della Regione Friuli Venezia Giulia, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e della Terna Rete Elettrica Nazionale S.p.a.-;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 ottobre 2017 il dott. Vincenzo Blanda e uditi per la parte ricorrente l'Avv. Fecatelli in sostituzione dell'Avv. M. Ceruti, per le Amministrazioni resistenti l'Avvocato dello Stato Guida (solo nella chiamata preliminare), per la Regione Friuli Venezia Giulia l'Avv. D. Iuri e per Terna Rete Elettrica Nazionale S.p.a., gli avvocati A. Clarizia e M. Esposito.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso in esame i Comuni in epigrafe, interessati dal tracciato del grande elettrodotto aereo a 380 kV in doppia terna "S.E. Udine Ovest- S.E. Redipuglia", hanno impugnato innanzi a questo Tribunale il decreto di VIA - valutazione di impatto ambientale del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (anche M.A.T.T.M.) prot. DVA-DEC- 0000241 del 6.9.2016 relativo al progetto in questione e la delibera del Consiglio dei Ministri del 10.8.2016 (ex art. 5, comma 2, lettera c-bis, della Legge 400/1988).

Il suddetto provvedimento VIA n. 241/2016 è stato adottato all’esito del procedimento VIA, rinnovato in esecuzione della decisione del 23 luglio 2015, n. 3652, con la quale il Consiglio di Stato aveva annullato il precedente decreto VIA DVA-DEC-2011-000411 del 21 luglio 2011 che aveva dichiarato la compatibilità ambientale dell’opera.

In proposito sono stati dedotti i seguenti motivi:

Violazione degli artt. 22 e 29 del d.lgs. 152/2006; della sentenza del Consiglio di Stato n. 3652/2015; eccesso di potere per carenza di istruttoria della rinnovata procedura di VIA limitata, parziale ed incompleta;

Violazione e falsa applicazione dell’art. 5 della legge 400/1988; violazione dell’articolo 19 e susseguenti del decreto legislativo 152/2006; violazione della direttiva 2011/92/UE;

ulteriore violazione per falsa applicazione dell’art. 5 della legge 400/1988; violazione per omessa applicazione degli articoli 14 susseguenti della legge 241/1990;

ulteriore violazione dell’art. 5 della legge 400/1988; eccesso di potere per carenza di istruttoria e violazione del procedimento in relazione all’attività svolta dalla presidenza del consiglio dei ministri e al omessa ricerca di soluzioni condivise tra le amministrazioni dissenzienti;

ulteriore violazione dell’art. 5 della legge 400/1988 e dell’art. 3 della legge 241/1990; eccesso di potere per motivazione carente e illogica in relazione al disatteso parere della soprintendenza del MIBACT in ordine all’impatto paesaggistico dell’opera.

Eccesso di potere per travisamento dei fatti è falsità dei presupposti in ordine al preteso miglioramento ambientale del progetto sottoposto a rinnovazione della procedura rispetto a quello assentito col decreto di via annullato dal Consiglio di Stato;

eccesso di potere, carenza di motivazione, travisamento dei fatti, illogicità manifesta sviamento dalla causa tipica in relazione alla presunta strategicità dell’elettrodotto e alle risorse economiche impegnate; violazione dell’art. 3 quater del decreto legislativo 152/2006;

violazione dell’art. 22 del decreto legislativo 152/2006; eccesso di potere per carenza di istruttorie contraddittorietà, travisamento dei fatti di illogicità manifesta in relazione all’omessa valutazione delle alternative di progetto e di tracciato.

Con motivi aggiunti depositati il 13 marzo 2017 i ricorrenti hanno impugnato gli atti indicati in epigrafe, tra cui in particolare, il Decreto del Mi.S.E., emesso di concerto con il M.A.T.T.M., n. 239/EL-146bis/245/2017 del 14.2.2017, che autorizza Terna alla costruzione e all'esercizio del menzionato elettrodotto nonché gli atti presupposti, tra cui l'intesa espressa dalla Regione Friuli Venezia Giulia, deducendo i medesimi motivi dell’atto introduttivo del giudizio.

Con motivi aggiunti depositati il 2 maggio 2017 gli istanti hanno impugnato gli atti già censurati con i precedenti motivi aggiunti deducendo:

Violazione degli artt. 1 sexies del d.l. 239/2003, 52 quater del dpr 327/2001 e 14 ss. della legge 241/1990 —violazione dell'art. 11 della l.r. n. 19/2012 — eccesso di potere per carenza di istruttoria, difetto di motivazione e violazione del procedimento —incompetenza - in ordine alla conformità urbanistica delle opere espressa dalla regione, e non dal competente ministero delle infrastrutture, al di fuori della conferenza di servizi;

ulteriore violazione dell'art. 1 sexies del d.l. 239/2003 e degli artt. 14 ter e 14-quater l. 241/1990 nonché dell'art. 5 l. 400/1988 in relazione alla convocazione, svolgimento e determinazione della conferenza di servizi;

violazione dell'art. 121 del r.d. 1775/1933 nonché dell'art. 11 della l.r. 19/2012 - eccesso di potere per travisamento dei fatti e carenza di istruttoria in relazione alla mancata considerazione delle alternative di progetto e di tracciato nell'ambito del procedimento di rilascio dell'intesa regionale e del procedimento di autorizzazione unica;

incompetenza dei direttori generali all'emissione del decreto interministeriale di autorizzazione unica ex art. 1 sexies del d.l. 239/2003.

Terna Rete Elettrica Nazionale S.p.a. si è costituita in giudizio per resistere al ricorso e ai motivi aggiunti.

Si sono costituiti altresì il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Regione Friuli Venezia Giulia.

Con ordinanza n. 1487 del 24.3.2017 è stata fissata l’udienza di trattazione del merito ai sensi dell’art. 55, comma 10, del d.lgs. 104/2010.

In vista dell’udienza pubblica di trattazione le parti hanno presentato memorie insistendo nelle proprie deduzioni.

All’udienza del 4 ottobre 2017 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso in esame ha ad oggetto il decreto del 6.9.2016, n. 241 con cui il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, all’esito del procedimento di VIA rinnovato in esecuzione della decisione di Consiglio di Stato 23 luglio 2015, n. 3652, ha espresso il giudizio di compatibilità ambientale del progetto denominato “Elettrodotto a 380 kV in doppia terna Udine Ovest —S.E. Redipuglia ed opere connesse presentato dalla società Terna S.p.a.” a condizione che si ottemperi alle prescrizioni impartite con D.M, n. 411 del 21 luglio 2011, così come aggiornate ed integrate con il parere della Commissione Tecnica VIA/VAS n. 2136 del 02 agosto 2016.

2. Con motivi aggiunti notificati il 10 e 21 marzo 2017 i ricorrenti hanno impugnato, altresì, il decreto del Ministero dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministero dell’Ambiente n. 239/EL-146 bis/245/2017, di approvazione del progetto definitivo per la costruzione ed esercizio del predetto elettrodotto.

3. In primo luogo è possibile disattendere l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e da Terna S.p.a., sul presupposto che le censure riguardano la corretta esecuzione della sentenza del Consiglio di Stato di modo che gli istanti avrebbe dovuto proporre un ricorso per ottemperanza dinanzi al Consiglio di Stato, in quanto l’impugnazione ha ad oggetto una complessiva rivisitazione del progetto riguardante l’elettrodotto in questione, che ha implicato nuove valutazioni ed una nuova istruttoria non del tutto riconducibili al piano della mera esecuzione della richiamata decisione del Consiglio di Stato.

4. Con il primo motivo dell’atto introduttivo del giudizio gli enti ricorrenti deducono la violazione della predetta sentenza del Consiglio di Stato, asserendo che la rinnovata procedura di VIA non avrebbe rivalutato il progetto nella sua interezza, ma avrebbe riguardato soltanto le aree sottoposte al vincolo paesaggistico e quelle necessarie per il completamento dell’opera, omettendo di considerare le possibili alternative di progetto.

Al riguardo è necessario un esame preliminare della decisione del Consiglio di Stato e del procedimento di VIA come rinnovato a seguito di tale sentenza.

Con la richiamata sentenza n. 3652/2015 il Consiglio di Stato Sez. VI ha accolto l’appello avverso la sentenza del TAR Lazio n. 6347/2014 “nei limiti di cui in motivazione”. La decisione del Consiglio di Stato, invero, non ha riguardato l’intera procedura VIA, ma la specifica mancata valutazione dei profili paesaggistici attinenti alle aree oggetto di tutela ex artt. 136 e 142, comma 1, lett. c) del D.lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), che riguardava i “tratti di corridoi fluviali di elevato valore paesaggistico del torrente Comor, del fiume Torre, del fiume Isonzo nonché della Roggia di Udine e delle Roggia Mille acque”, interessati dalla “irruzione nel campo visivo di sostegni e di cavi, che costituiscono elementi anomali, per consistenza ed altezza, rispetto alla matrice agricola e naturalistica del paesaggio e che, inoltre, in nove casi, avendo un’altezza superiore a 61 metri, dovrebbero, per rispettare le norme di sicurezza del volo a bassa quota, presentare una verniciatura bianca e arancione nel terzo superiore” e da “un rilevante esbosco di specie arboree di valore paesaggistico, oltre che naturalistico ed ecologico”.

Con la citata decisione il giudice di appello, in particolare, ha accolto le censure relative ai profili di sviamento di potere, osservando che “alla funzione di tutela del paesaggio (che il MIBAC qui esercita attraverso esprimendo il suo obbligatorio parere nell’ambito del procedimento di compatibilità ambientale) è estranea ogni forma di attenuazione della tutela paesaggistica determinata dal bilanciamento o dalla comparazione con altri interessi, ancorché pubblici, che di volta in volta possono venire in considerazione: tale attenuazione, nella traduzione provvedimentale, condurrebbe illegittimamente, e paradossalmente, a dare minor tutela, malgrado l’intensità del valore paesaggistico del bene, quanto più intenso e forte sia o possa essere l’interesse pubblico alla trasformazione del territorio”.

Sulla base di tale premessa il Consiglio di Stato ha osservato, inoltre, che “nell’esercizio della funzione di tutela spettante al MIBAC, l’interesse che va preso in considerazione è solo quello circa la tutela paesaggistica, il quale non può essere aprioristicamente sacrificato dal MIBAC stesso, nella formulazione del suo parere, in considerazione di altri interessi pubblici la cui cura esula dalle sue attribuzioni”.

Per tale ragione è stato ritenuto che “il Ministero invero, anziché occuparsi, come debito suo compito, di curare l’interesse paesaggistico (e di valutare, quindi, in termini non relativi ad altri interessi l’impatto paesaggistico dell’intervento), ha illegittimamente compiuto una non consentita attività di comparazione e di bilanciamento dell’interesse affidato alla sue cura (la tutela del paesaggio) con interessi pubblici di altra natura e spettanza (essenzialmente quelli sottesi alla realizzazione dell’elettrodotto e, dunque, al trasporto dell’energia elettrica). Non ad esso, ma ad altre Amministrazioni competeva esprimere, nel confronto dialettico proprio della conferenza di servizi, quelle valutazioni, indicandone le rispettive ragioni”.

Conclude la menzionata decisione osservando che nel parere favorevole con la nota n. 38241 del 20 dicembre 2010, “il MIBAC, disattendendo la precedente posizione negativa espressa con il parere della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Friuli - Venezia Giulia con nota prot.n. 10889 del 24 novembre 2010, fonda il mutamento di giudizio esclusivamente sulla “considerata impossibilità di realizzare l’elettrodotto in cavo [sotterraneo]”: con ciò muovendo dalla considerazione non già dello stretto interesse paesaggistico, ma dall’interesse, da esso stesso fatto superiore, alla realizzazione dell’opera: cosa che non è di sua cura”.

5. Venendo all’esame del presente ricorso la società Terna, in esecuzione della predetta decisione, in data 25 novembre 2015, ha presentato istanza di rinnovazione del procedimento di VIA.

La Commissione di verifica dell'impatto ambientale VIA/VAS del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, al termine della istruttoria, ha espresso un parere positivo sul progetto, con prescrizioni (n. 2136 del 2 agosto 2016).

Con nota prot. 3320 del 17 giugno 2016 il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha espresso parere negativo, ritenendo “che l'esame del progetto presentato non apporta elementi di novità sostanziali rispetto a quello esaminato in occasione del procedimento di cui al decreto autorizzativo DVA¬DEC-2011-0000411 del 21/07/2011” e che “la valutazione dell'impatto paesaggistico negativo resta confermata ed anzi ulteriormente argomentata e precisata nel richiamato parere della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia, la quale - in sintesi - evidenzia come il corridoio infrastrutturale in questione, per come progettato, superi le capacità di assorbimento nel contesto paesaggistico, almeno nelle parti oggetto di formale tutela paesaggistica, e come lo stesso non appaia essere significativamente mitigabile stanti le incomprimibili e non modificabili caratteristiche tecnico-realizzative dell'opera”.

La regione Friuli Venezia Giulia, intervenuta nel procedimento, con D.G.R. n. 1389 del 22 luglio 2016, ha espresso, invece, parere positivo sulla nuova richiesta, con prescrizioni.

Atteso il parere negativo del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, che ha impedito la conclusione positiva del procedimento di valutazione di compatibilità ambientale, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con nota prot. 16687 del 3 agosto 2016, ha chiesto alla Presidenza del Consiglio dei ministri di attivare la procedura prevista dall’articolo 5, comma 2, lettera c-bis), della legge n. 400 del 1988, per il contrasto emerso con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, in ordine alla verifica dell’impatto ambientale relativa al predetto progetto.

Nella riunione istruttoria presso la Presidenza del Consiglio dei ministri del 4 agosto 2016, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ha rappresentato:

che la proponente Terna Rete Italia S.p.a., dopo aver avviato e per buona parte concluso le attività necessarie per ottemperare alle ulteriori prescrizioni del decreto VIA e del decreto di autorizzazione unica, ha dato inizio ai lavori in conformità al progetto definitivo, autorizzato con il decreto del Ministero dello sviluppo economico n. 239/EL-146/181/2013, con le ottimizzazioni introdotte in ottemperanza alle relative prescrizioni sia del decreto VIA, sia del decreto autorizzatorio;

che l’infrastruttura risultava già realizzata per oltre l’80%;

che la Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA/VAS, con il parere n. 2136 del 2 agosto 2016, ha valutato che, “…le prescrizioni del decreto VIA 411/2011 hanno consentito di prevenire e ridurre i potenziali impatti del progetto in oggetto, il quale proprio grazie all’attuazione di queste prescrizioni risulta migliorativo, in termini di compatibilità ambientale, rispetto al progetto oggetto del precedente procedimento VIA”.

Il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, invece, ha confermato il parere contrario espresso nella nota della Direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio del 17 giugno 2016, prot. n. 3320, rinviando alle valutazioni del Consiglio dei ministri.

Il Consiglio dei ministri, ai sensi dell’art. 5, comma 2, lettera c-bis, della legge n. 400 del 1988, in data 10 agosto 2016, ha deliberato “di fare propria la posizione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in merito alla compatibilità ambientale del progetto presentato dalla società Terna Rete Italia S.p.A., denominato “Elettrodotto a 380 kV in doppia terna S.E. Udine Ovest - S.E. Redipuglia ed opere connesse”, da realizzare nella Regione Friuli Venezia Giulia, a condizione che siano rispettate le prescrizioni espresse dalle amministrazioni favorevoli al progetto, contenute nel parere n. 2136 del 2 agosto 2016 della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA/VAS”.

6. Dalla sopra richiamata sequenza di atti e dall’esame della documentazione è possibile ritenere che la nuova procedura di VIA all’esame del collegio, abbia interessato le parti del procedimento originario censurate dalla sopra richiamata decisione del Consiglio di Stato.

In particolare, come emerge dal parere della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale (anche CTVA) n. 2136 del 2 agosto 2016, l’organo tecnico da atto di avere esaminato le alternative e varianti valutate nel corso del precedente procedimento di VIA o SIA 2008 (cfr. pag. 21 del parere): “Alternativa Lestizza, Alternativa Pozzuolo, Alternativa Mortegliano ovest, Alternativa Pavia di Udine, Alternativa Tapogliano est e Alternativa Tapogliano ovest che riguardavano essenzialmente quattro punti del tracciato originario (2008) del nuovo elettrodotto 380 kV Udine Ovest-Redipuglia (l’area Tapogliano-Villesse, l’area Santa Maria la Longa-Pavia di Udine, l’area Mortegliano e l’area Lestizza-Pozzuolo)…”.

Nella stessa pagina del verbale la Commissione evidenzia, altresì, che “in diversi documenti prodotti nell’ambito del precedente procedimento di VIA, sono state analizzate le problematiche legate all’interramento dell’elettrodotto 380 kV Udine Ovest-Redipuglia. Tali problematiche, (riportate anche nella documentazione fornita nel rinnovato procedimento), sono principalmente le seguenti: - “Il nuovo elettrodotto Udine Ovest - Redipuglia ha il compito di rafforzare la magliatura della rete elettrica friulana, garantendo la continuità di alimentazione anche nel caso in cui si verifichino interruzioni di alimentazione su altri elettrodotti. I cavi interrati, in caso di guasto, richiedono tempi di riparazione dell’ordine di settimane, durante le quali la rete elettrica circostante deve assolvere ai compiti della linea in cavo non più in servizio. In questa situazione, la rete elettrica Friulana, poco magliata e strutturalmente fragile, sarebbe soggetta a sovraccarichi con conseguenti pericolosi blackout.

- La posa dei cavi di un elettrodotto a 380 kV in doppia terna comporta l'asservimento, per tutto il loro percorso senza soluzione di continuità, di una fascia di terreno larga più di 20 m sulla quale sono interdette le pratiche edilizie o agricole che potrebbero mettere in pericolo il funzionamento dell'impianto così come tutte le attività che prevedano arature profonde, sbancamenti, sistemi d’irrigazione sotterranei e canalizzazioni; l’ipotesi di interramento dell’elettrodotto comporterebbe l’inibizione all’uso di oltre 80 ettari di superficie agricola rispetto a circa 2 ettari della soluzione in aereo.

- In zone forestale si prevede il taglio delle piante nella fascia di asservimento.

- Per lo scavo della trincea potrebbe rendersi necessario un abbassamento della falda freatica in determinate zone, con ripercussioni temporanee sulle condizioni idriche del sottosuolo e, conseguentemente, sull'agricoltura dell'area interessata.

- A parità di potenza trasmissibile, una linea aerea a 380 kV equivale a due teme in cavo, quindi, nel caso dell’elettrodotto Udine Ovest - Redipuglia, a 4 terne di cavo. Ne consegue che, in termini di costo, un collegamento a 380 kV in cavo è circa 10-13 volte quello di una linea aerea e può anche aumentare per collegamenti oltre i 15-20 km di lunghezza, nei quali si rende indispensabile la compensazione reattiva”.

La medesima Commissione rileva che “il tracciato nel nuovo elettrodotto è stato definito a seguito dell’analisi della fascia di fattibilità e delle alternative proposte da alcuni dei comuni interessati e si sviluppa all’interno del corridoio preferenziale condiviso con la Regione FVG” (cfr. pag.30).

6. Da quanto appena riportato e dall’esame più generale del testo del parere reso dalla Commissione Tecnica di Verifica dell'Impatto Ambientale n. 2136/2016, del parere (questa volta) negativo formulato dal MIBACT con nota prot. 3280 del 17.6.2016 e del parere (questa volta) positivo con prescrizioni espresso dalla Regione Friuli Venezia Giulia con Deliberazione di Giunta n. 1389 del 22.7.2016, si evince che sono stati riesaminati gli aspetti inerenti alla tutela dei valori ambientali e paesaggistici, toccati dalla decisione del Consiglio di Stato.

7. Non può condividersi, pertanto, l’assunto dei ricorrenti secondo cui il procedimento in esame si sarebbe limitato ad un mera ripetizione del parere del MIBACT annullato dal Consiglio di Stato.

Risultano, infatti, essere stati considerati tutti gli interessi degli enti esponenziali, i pareri già espressi, con una nuova verifica contestualizzata, sono state considerate le possibili alternative tecniche e di tracciato, anche in relazione alla cd. “opzione zero”, rispetto alla necessità di realizzare l'opera.

7.1. L’esame complessivamente svolto dalla Commissione consente di superare anche lo specifico profilo di censura dedotto con riferimento alla decisione del Consiglio di Stato Sez. VI, 20.12.2013, n. 6162: nel caso di specie l’Amministrazione non si è limitata a sostituire il parere (originariamente favorevole) espresso dal MIBACT nella procedura VIA del 2011, ma ha riesaminato l’intero progetto soffermandosi - come era logico avvenisse - su quelle parti del tracciato che erano state interessate dal parere del MIBACT oggetto delle censure del giudice di appello.

Non può ritenersi, quindi, che nell’avversato procedimento VIA siano state fatte salve le valutazioni ambientali già effettuate sul progetto relativo alla precedente procedura di VIA, come sostengono gli istanti.

8. Con il secondo motivo è dedotta la violazione dell'art. 5 della legge n. 400/1988, dell’art. 19 ss. del d.lgs. n. 152/2006 e della dir. 2011/92/UE, sul presupposto che la delibera del Consiglio dei Ministri del 10.8.2016 non potrebbe intervenire nell'ambito del sub-procedimento di VIA condizionandone l'esito, ma eventualmente nella successiva fase autorizzatoria della costruzione dell'opera ai sensi dell’art. 1-sexies del d.l. n. 239/2003, atteso inoltre che il d.lgs. n. 152/2006 prevederebbe tale intervento soltanto nell'ipotesi in cui MATTM e MIBACT non abbiano concluso il subprocedimento nei termini di legge e non in funzione sostitutiva del concerto tra tali Ministeri.

La tesi non convince.

8.1. Nel caso di specie, atteso il parere negativo espresso dal MIBACT sulla realizzabilità dell’opera che avrebbe impedito di concludere la (rinnovata) procedura VIA, occorre far riferimento all’art. 5, comma 2, lett. c-bis), 1. n. 400/1988, secondo il quale “il Presidente del Consiglio dei ministri può deferire al Consiglio dei Ministri, ai fini di una complessiva valutazione ed armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti, la decisione di questioni sulle quali siano emerse valutazioni contrastanti tra amministrazioni a diverso titolo competenti in ordine alla definizione di atti e provvedimenti”.

La norma richiamata individua una disciplina generale e ordinaria che, quindi, può essere applicata anche alle ipotesi di contrasto tra Amministrazioni statali, senza che sia necessario alcun espresso richiamo normativo, in questo caso del d.lgs. 152/2006, come preteso da parte ricorrente (cfr. pag. 22 del ricorso).

8.2. Né assume rilievo la circostanza che l’art. 26, comma 2, del d.lgs. n. 152/2006 preveda il potere sostitutivo della Presidenza del Consiglio dei Ministri solo nel caso di mancata conclusione del procedimento nei termini prescritti. Tale disposizione ha come presupposto il ritardo nell’attività procedimentale, ma non sostituisce affatto (né può impedire l’applicazione del) la disciplina generale della legge n. 400/1988.

La censura (ribadita a pag. 11 della memoria depositata il 18.9.2017), peraltro, è contraddittoria anche rispetto a quanto dedotto dai ricorrenti nel terzo mezzo, in cui affermano che a fronte del dissenso del MIBACT, si sarebbe dovuto richiedere l’intervento del Consiglio dei Ministri nell’ambito della conferenza di servizi ex art. 14 ss e della l. 241/1990.

Invero, mentre nel secondo mezzo gli istanti sostengono che nessuna disposizione del d.lgs. 152/2006 preveda che il C. di M. possa intervenire in funzione sostitutiva del concerto tra MATTM e MIBACT quando uno dei due dicasteri si sia espresso negativamente, nel motivo successivo deducono (contraddittoriamente) che il Consiglio dei Ministri sarebbe dovuto eventualmente intervenire nell’ambito della conferenza di servizi ai sensi degli art. 14 e ss della legge n. 241/1990, smentendo quanto asserito poco prima in relazione al secondo mezzo (circa l’inammissibilità dell’intervento sostitutivo del Consiglio dei ministri).

8.3. Nel vicenda in esame trova, quindi, applicazione la disciplina individuata dall’art. 14 quater, comma 5, della legge n. 241/90 [applicabile ai procedimenti, come quello in esame, avviati prima delle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 127/2016: la disposizione transitoria di cui all’art. 7 precisa infatti che “1. Le disposizioni del presente decreto trovano applicazione ai procedimenti avviati successivamente alla data della sua entrata in vigore (28.7.2016)], il quale “nell'ipotesi in cui l'opera sia sottoposta a VIA e in caso di provvedimento negativo” fa espresso rinvio all'art. 5, comma 2, lettera c-bis), della legge 23 agosto 1988, n. 400”, che - come già osservato - rimette alla PCM la risoluzione dei conflitti insorti tra le Amministrazioni.

8.4. La deliberazione del Consiglio dei ministri del 10.8.2016, come previsto dal richiamato art. 5, ha permesso di superare il contrasto fra il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, individuando, a seguito di un esame delle posizioni espresse dalle competenti amministrazioni contrapposte, le ragioni per le quali in un quadro di complessiva valutazione ed armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti, ha ritenuto di condividere il parere espresso dalla Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA/VAS del 2.8.2016.

9. In senso contrario non vale nemmeno il dedotto contrasto con la direttiva 2011/92/UE, atteso che la procedura VIA in argomento risulta in linea con gli adempimenti previsti, in particolare, dall’art. 6 della medesima direttiva.

Infatti, il paragrafo 1 del citato art. 6 dispone che “gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le autorità che possono essere interessate al progetto, per la loro specifica responsabilità in materia di ambiente o in virtù delle loro competenze locali o regionali, abbiano la possibilità di esprimere il loro parere sulle informazioni fornite dal committente e sulla domanda di autorizzazione, tenendo conto, ove opportuno, dei casi di cui all'articolo 8 bis, paragrafo 3. A tal fine, gli Stati membri designano le autorità da consultare, in generale o caso per caso. Queste autorità ricevono le informazioni raccolte a norma dell'articolo 5. Le modalità della consultazione sono fissate dagli Stati membri”.

La norma si limita a stabilire la possibilità che le autorità che possono essere interessate al progetto, per la loro specifica responsabilità in materia di ambiente o in virtù delle loro competenze locali o regionali, possano esprimere il loro parere sulla domanda di autorizzazione, ma da tale disciplina non può essere desumersi (come pretendono i ricorrenti) l’impossibilità di superare lo stato di inerzia conseguente al parere contrastante espresso da una delle autorità pubbliche partecipanti.

La norma comunitaria, pertanto, per la sua genericità non può essere considerata ostativa ad una disposizione nazionale come l’art. 5, comma 2, lettera c-bis), della legge 23 agosto 1988, n. 400, che consenta di superare il dissenso tra le amministrazioni, né rende necessaria una “interpretazione europeisticamente orientata” della stessa in combinato con gli artt. 19 e ss del d.lgs. 152/2006, come preteso dagli interessati.

10. Per le ragioni esposte deve essere respinto anche il terzo mezzo con il quale è dedotta la violazione per falsa applicazione dell'art. 5 della legge n. 400/1988 e l’omessa applicazione degli artt. 14 ss. della legge n. 241/1990.

10.1. In primo luogo, come poco sopra osservato, al procedimento in esame trova applicazione l’art. 14 quater della legge n. 241/1990.

In secondo luogo, quanto alla contestata omessa applicazione dell’art. 14 quinquies (nel testo in vigore dal 28.7.2016) si osserva che tale disposizione attribuisce alle Amministrazioni “preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o alla tutela alla salute e della pubblica incolumità dei cittadini” la possibilità di opporsi alla determinazione conclusiva della conferenza di servizi, rivolgendosi al Presidente del Consiglio dei Ministri (comma 1). Nel caso in cui al termine delle riunioni indette dalla Presidenza del Consiglio dei ministri non sia possibile raggiungere una intesa tra le amministrazioni, il comma 6 prevede la possibilità di rimettere la questione al Consiglio dei Ministri.

La norma appena richiamata, tuttavia, non è conferente al caso di specie posto che nell’impugnato procedimento di VIA, il Presidente del Consiglio dei Ministri non è stato interessato da alcuna opposizione da parte delle Amministrazioni interessate, ma è stato coinvolto dal MATTM ai sensi dell'art. 5 della legge n. 400/1988, al fine di risolvere il contrasto insorto con il MIBACT.

10.2 Peraltro, l’art. 1 sexies del d.l. 239/2003 stabilisce che l’autorizzazione unica per le opere elettriche facenti parte della RTN giunga al termine di un procedimento unico svolto “nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241.”

Il generico richiamo ai principi espressi dalla legge 241/1990 non implica quindi che nel caso di specie dovesse applicarsi l’articolata disciplina individuata dall’art. 14 quinquies, piuttosto che quella tracciata dal precedente art. 14 quater, comma 5, della legge n. 241/90 (nel testo vigente prima delle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 127/2016), come già chiarito in precedenza.

10.3. Ad ogni modo, anche a voler accedere alla tesi degli istanti, si osserva che secondo un ormai prevalente orientamento della dottrina e della giurisprudenza, la disciplina del modulo procedurale considerato (art. 14-quinquies della l. 241/1990) risponde, specie a seguito della ridefinizione delle competenze amministrative delle autonomie locali conseguente alla riforma del Titolo V della parte II della Costituzione, ad un’esigenza di bilanciamento fra la necessità di garantire a ciascuna amministrazione di potere curare nel modo più efficace l’interesse di cui è portatrice, e la non meno rilevante necessità che il mancato raggiungimento di un consenso unanime determini lo stallo dell’attività amministrativa.

Im tal senso è stato condivisibilmente affermato (cfr. TAR Palermo Sez. II, n. 1539/2009) che “la non facile sintesi fra coordinamento e semplificazione, di fronte alla difficoltà di rinvenire un ordine gerarchico degli interessi normativamente pre-definito, si esprime dunque in un percorso procedimentale dalla cui disciplina la dottrina ha ricavato, sul piano teorico, la prefigurazione di un peculiare modo di esplicarsi della funzione amministrativa (la c.d. funzione amministrativa conferenziale), che caratterizza l’esercizio del potere amministrativo in un sistema a pluralismo maturo”.

In quest’ottica, anche in considerazioni dei limiti costituzionali alla semplificazione procedimentale evidenziati dalle sentenze n. 206/2001 e n. 376/2002 della Corte costituzionale, accanto alla regola che assegna all’amministrazione procedente la possibilità di superare eventuali dissensi tenendo conto della posizione prevalente emersa in conferenza, è prevista una speciale disciplina derogatoria per le ipotesi di dissenso manifestato da amministrazioni portatrici di interessi ritenuti “sensibili” (art. 14-quinquies, comma 1, 4 e 6).

La norma in questione, che individua nel vertice dell’apparato amministrativo (nazionale) la figura chiamata a comporre il dissenso, attribuisce ad esso una ponderazione comparativa degli interessi coinvolti, resa possibile dalla collocazione istituzionale dell’organo decidente, il cui orizzonte è tale da poter considerare, in un’ottica di sintesi, tutte le diverse posizioni di interesse (quelle ambientali, paesaggistiche, energetiche, urbanistiche, industriali, ecc.).

La disposizione, in altri termini, esprime una tipica regola di sussidiarietà verticale, realizzando un allocazione del meccanismo di coordinamento che coniuga il profilo dell’attività con quello dell’organizzazione. Ciò tuttavia implica, per il vertice dell’amministrazione, di svolgere una tipica attività della funzione amministrativa, quale è l’individuazione - alla luce delle norme e della situazione di fatto - della gerarchia degli interessi che in concreto emergono nel procedimento.

Ne consegue, che gli atti adottati nell’esercizio di tale competenza, in quanto espressione di una funzione amministrativa, sono comunque soggetti all’ordinario sindacato giurisdizionale.

10.4. Del tutto inconferente a tal riguardo è il richiamo di parte ricorrente (cfr. pag. 26 del ricorso) alla decisione del Consiglio di Stato n. 3652/2015, nella parte in cui fa riferimento al “confronto dialettico proprio della conferenza di servizi”, in quanto con tale inciso il giudice di appello ha inteso specificamente riferirsi al parere del MIBACT, reso nel precedente procedimento di VIA, che aveva illegittimamente “compiuto una non consentita comparazione e bilanciamento dell’interesse affidati alla sua cura… con interessi pubblici di altra natura” affidati ad altri soggetti pubblici.

Nel rinnovato procedimento di VIA in esame il MISE, peraltro, ha coinvolto le amministrazioni interessate, come risulta dalla comunicazione di avvio del procedimento effettuata di cui alla nota prot. n. 0027551 del 6.11.2015 ed ha convocato la riunione della conferenza di servizi per l’esame del progetto approvato dal MATTM in ambito VIA, per cui sotto tale profilo risultano rispettati i principi generali di partecipazione individuati dalla legge 241/1990 e richiamati dall’art. 14 quinquies.

11. Con il quarto motivo si sostiene che la decisione del Consiglio dei Ministri sarebbe stata assunta in violazione dell'art. 5 della legge n. 400/1988, per carenza di istruttoria e per omesso tentativo di conciliazione.

La censura non coglie nel segno.

Dalla documentazione agli atti emerge che la determinazione favorevole all’impianto è stata adottata dopo aver svolto una adeguata istruttoria.

Tali rilievi non possono essere superati nemmeno con il riferimento alla Convenzione di Aahrus del 25 giugno 1998: è noto infatti che l’ordinamento italiano consente di impugnare anche “per motivi sostanziali” le delibere del Consiglio dei Ministri, che si esprimono in termini favorevoli al rilascio di una pronuncia VIA, proprio come è avvenuto nel caso di specie, per cui non sussiste alcuna lesione delle garanzie previste nella richiamata convenzione.

11.1. Ad ogni modo occorre tener conto del fatto che la delibera del Consiglio dei ministri rientra nella categoria degli atti amministrativi altamente discrezionali.

Con tale determinazione, infatti, il Governo ha valutato non solo la compatibilità del progetto in esame con i principali temi che riguardano la tutela ambientale, ma ha anche comparato tali aspetti con l’esigenza di realizzare opere infrastrutturali adeguate per l’approvvigionamento e la distribuzione di energia elettrica, evidenziandone il “carattere di interesse strategico dell’opera” (cfr. delibera del 10.8.2016).

Nel rendere il giudizio di valutazione di impatto ambientale, l'amministrazione, infatti, esercita una amplissima discrezionalità che non si esaurisce in un mero giudizio tecnico, in quanto tale suscettibile di verificazione tout court sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa e istituzionale in relazione all'apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti; la natura schiettamente discrezionale della decisione finale risente dunque dei suoi presupposti sia sul versante tecnico che amministrativo (cfr., ex multis, Cons. Stato n.1640/2012; idem, n.3561/2011, idem, n. 4246/2010, n. 3770/2009; Corte Giustizia CE 25 luglio 2008, in casa c142/07).

Tale atto – come anticipato - è pur sempre soggetto al sindacato di questo giudice, ma negli stretti limiti che riguardano l’esistenza di eventuali vizi di legittimità per eccesso di potere, secondo le figure sintomatiche dell’errore di fatto, della illogicità, contraddittorietà, dell’ingiustizia manifesta o dell’irragionevolezza della determinazione.

11.2. Nella vicenda in esame il Consiglio dei ministri, dopo aver preso atto dei pareri espressi dalle Amministrazioni coinvolte, ha ritenuto di condividere le considerazioni del Ministero dell’Ambiente riportate nella medesima delibera.

Per tale ragione non può assumere rilievo il censurato mancato tentativo di ricerca di una “soluzione condivisa” in base al principio di “leale collaborazione” da parte della Presidenza del Consiglio. Dalla ricostruzione in punto di fatto è emerso come tale tentativo fosse stato già compiuto dal MATTM nell’ambito della istruttoria tecnica affidata al dicastero, senza che si fosse potuti giungere ad un accordo, per cui l’intervento del Consiglio dei Ministri si era reso necessario proprio per superare la situazione di stallo venutasi a determinare.

12. Deve essere disatteso anche il quinto mezzo che riproduce considerazioni già espresse nel motivo precedente ribadendo il difetto di motivazione della delibera del Consiglio dei ministri.

E’ noto il principio secondo il quale è consentita anche una motivazione per relationem, di modo che le ragioni della determinazione possano ricavarsi da atti (pareri, relazioni…) che fanno parte del procedimento che ha proceduto la deliberazione finale e che sono dalla stessa richiamati.

La delibera del Consiglio dei Ministri in esame ha - come osservato - individuato le ragioni che hanno condotto il Consiglio dei Ministri a condividere la posizione del MATTM, facendo riferimento alle valutazioni compiute dalla Commissione tecnica di VIA, e alle prescrizioni imposte a Terna al fine di mitigare l’impatto ambientale dell'opera progettata e in corso di realizzazione (cfr. Cons. Stato, VI, n. 1779/2016; Idem, Sez. IV, n. 6169/2013 e n. 4896/2013).

Nel caso di specie, il Consiglio dei ministri ha preso atto dei pareri espressi dalle Amministrazioni coinvolte per poi allinearsi alle considerazioni del Ministero dell’Ambiente ampiamente citate nelle premesse della delibera.

In definitiva il Consiglio dei Ministri si è avvalso del potere conferitogli dalla legge quale organo di ultima istanza, in un quadro di semplificazione e coordinamento, tra Amministrazioni svolgendo un apprezzamento di tipo discrezionale, che è riservato dalla legge a tale organo.

In tale quadro la deliberazione impugnata ha riesaminato il progetto tenendo conto delle valutazioni compiute dalla Commissione tecnica di VIA, alle prescrizioni che Terna si è impegnata al fine di ridurre l’impatto ambientale dell'opera progettata e in corso di realizzazione.

13. Con il sesto motivo e settimo motivo i ricorrenti deducono travisamento dei fatti e falsità dei presupposti in ordine al preteso miglioramento ambientale del progetto approvato nel 2017 rispetto a quello originario.

Le censure sono prive di base.

13.1. Il parere della Commissione tecnica VIA, in relazione all'aspetto paesaggistico (cfr. pagg. 17, 18, 22, 44 e 53) indica precise prescrizioni per Terna e individua varianti e ottimizzazioni con funzioni mitigative dell’impatto paesaggistico.

Lo stesso parere da atto del recepimento delle prescrizioni A5 e B1 del decreto VIA del 2011 (cfr. 55, n. 5) confermando che, in relazione alla percorrenza del torrente Torre, la proposta Alternativa Ovest era ritenuta maggiormente compatibile in termini paesaggistici.

Nel medesimo parere sono individuate ulteriori prescrizioni volte a ridurre l’impatto dell'opera sui prati stabili tutelati dalla legge regionale n. 9/2005.

Altre prescrizioni riguardano: l'area tutelata del fiume Isonzo per effetto dell'allungamento del tratto in cavo della variante 132kV Schiavetti-Redipuglia, l’utilizzo di pali tubolari monostelo che dovrebbe comportare l’ottimizzazione e la riduzione dell'altezza dei sostegni (pag. 30 del parere CTVIA), la riduzione del taglio della vegetazione, il mascheramento della nuova stazione elettrica, un progetto di compensazione e riqualificazione del SIC “Confluenza Fiumi Torre e Natisone”.

13.2. In tale quadro assumono particolare rilievo le considerazioni espresse dal perito dell’Università Sapienza di Roma (ing. Iliceto) alla quale l’ARPA – FVG aveva commissionato una apposita relazione per verificare il progetto per cui la causa.

L’esperto, infatti, in primo luogo, con riferimento alla valutazione della necessità di realizzare il nuovo elettrodotto in funzione delle esigenze di esercizio del sistema elettrico nazionale regionale, afferma che tale infrastruttura è ampiamente giustificata per consentire, fra l'altro, l'alimentazione in condizioni di sicurezza agli utenti della regione F.V.G. senza che si debbano applicare le limitazioni della generazione locale e dell'importazione di energia elettrica attualmente imposte dall'esercizio della rete di trasmissione, pertanto, conclude osserva la necessità “di realizzare l 'elettrodotto a doppia terna a 380 kV tra le esistenti stazioni elettriche di Redipuglia e Udine Ovest” per le ragioni indicate a pagina 7, 8 e 9 della relazione;

in secondo luogo, in relazione alla valutazione dell'alternativa “elettrodotto interrato”, dopo un approfondita disamina, conclude che “anche se le leggi dell'elettrotecnica non escludono la possibilità di progettare un elettrodotto a 380 kV interamente in cavo interrato della lunghezza e prestazioni richieste per la linea Redipuglia —Udine Ovest, l'opera stessa non è un progetto praticamente realizzabile”, per una serie di motivi che includono anche importanti difficoltà organizzative per la posa della linea lungo le autostrade esternamente ai guard rail, esposti nel terzo capitolo della relazione (cfr. pagg. 4 e 20 della relazione).

Lo stesso esperto poi, in relazione al quesito riguardante alla valutazione di alternative progettuali equivalenti, ma di minor importo ambientale, osserva che la modifica progettuale può essere presa in considerazione solo “se approvabile in tempi brevi come variante non significativa del progetto già approvato in sede ministeriale” e conclude sul punto precisando che se l'adozione di tale variante dovesse comportare il riavvio della procedura di VIA ed i conseguenti ritardi del progetto, sarebbe conveniente per le autorità locali optare per la definitiva approvazione del progetto come proposto da Terna (riferendosi al decreto VIA del 2011 che era stato già emesso).

14. Deve, infine, essere disatteso l’ultimo e ottavo motivo dell’atto introduttivo del giudizio, con il quale si contesta la violazione dell'art. 22 d.lgs. n. 152/2006 e l’eccesso di potere in relazione all'omessa valutazione delle alternative di progetto e di tracciato è del tutto priva di fondamento per diversi ordini di ragioni.

La relazione redatta dalla Commissione tecnica VIA menziona le alternative e le varianti di progetto (cfr. pag. 21) e le ragioni per cui le stesse sono state ritenute non praticabili, le novità rispetto al precedente procedimento di VIA del 2011 (cfr. pag. 22) e la questione relativa alla cd. “Opzione zero”, per la quale si rinvia alle osservazioni rese nella relazione peritale svolta per conto dell’ARPA – FVG, sopra richiamate.

15. Per le ragioni esposte il ricorso introduttivo deve essere respinto, devono essere, altresì, respinti i motivi aggiunti depositati il 13 marzo 2017 con i quali gli sitanti hanno impugnato il Decreto del Mi.S.E., emesso di concerto con il M.A.T.T.M., n. 239/EL-146bis/245/2017 del 14.2.2017, deducendo le stesse censure dell’atto introduttivo del giudizio.

16. E’ possibile procedere ora all’esame dei motivi aggiunti depositati il 2.5.2017.

Con il primo ordine di censure gli istanti deducono la violazione dell'art. 1-sexies del d. lg. 239/2003 e dell'art. 14 della legge n. 241/1990, sostenendo che il Ministero dei Trasporti non si sarebbe espresso in merito alla conformità urbanistica e territoriale dell'elettrodotto, nonostante la Regione FVG avesse ritenuto l'opera non conforme alle prescrizioni dei piani urbanistici ed edilizi di alcuni Comuni.

La censura non considera che secondo l'art. 1 sexies, comma 1, del d.l. n. 239/2003, come modificato dall’art. 1, comma 26, della Legge 23 agosto 2004, n. 239, in tema di “Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia”, “la costruzione ed esercizio degli elettrodotti facenti parte della rete nazionale di trasporto dell’energia elettrica... sono soggetti ad un’autorizzazione unica, rilasciata dal Ministero delle attività produttive di concerto con il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e previa intesa con la regione o le regioni interessate, la quale sostituisce autorizzazioni, concessioni, nulla osta e atti di assenso comunque denominati previsti dalle norme vigenti, costituendo titolo a costruire e ad esercire tali infrastrutture in conformità al progetto approvato”.

Il successivo comma 2, lett. b) del citato art. 1 sexies dispone che “L'autorizzazione di cui al comma 1: (…) b) comprende la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dell'opera, l'eventuale dichiarazione di inamovibilità e l'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio dei beni in essa compresi, conformemente al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, recante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità. Qualora le opere di cui al comma 1 comportino variazione degli strumenti urbanistici, il rilascio dell'autorizzazione ha effetto di variante urbanistica”.

Prosegue ancora il comma 3 precisando che “... Per il rilascio dell'autorizzazione, ai fini della verifica della conformità urbanistica dell'opera, è fatto obbligo di richiedere il parere motivato degli enti locali nel cui territorio ricadano le opere di cui al comma 1. Il rilascio del parere non può incidere sul rispetto del termine entro il quale è prevista la conclusione del procedimento”.

Dal quadro normativo precedente si evince, in primo luogo, che l’autorizzazione unica assume ex lege “effetto di variante urbanistica”;

in secondo luogo che il parere di conformità urbanistica degli enti locali riveste natura meramente consultiva e non vincolante, atteso che lo stesso “non può incidere sul rispetto del termine entro il quale è prevista la conclusione del procedimento (180 giorni)”.

Sulla base di tali premesse devono ritenersi adempiute le prescrizione imposte dalla disciplina normativa atteso che: il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti è intervenuto nel procedimento occupandosi dell’accertamento di conformità urbanistica delle opere (chiedendo alla Regione e agli Enti locali interessati di esprimersi in merito alla conformità urbanistica dell’opera proposta alle indicazioni delle norme tecniche di settore e dei piani urbanistici ed edilizi vigenti), che tali pareri sono stati trasmessi al Ministero dello Sviluppo Economico e al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, per la prosecuzione della procedura unica; che, come si evince dal verbale della conferenza di servizi del 18.10.2016 (doc. 4 pagg. 9 e 10 dei dicasteri intimati), tutti i Comuni ivi presenti, tra i quali i ricorrenti, hanno espresso il proprio parere in merito alla compatibilità urbanistica; che alla medesima riunione ha partecipato anche la regione Friuli Venezia Giulia in cui ha dato conto del proprio parere favorevole espresso con delibera di Giunta 1389 del 22.7.2016.

I predetti dicasteri, quindi, hanno svolto le loro attribuzioni all’interno della conferenza di servizi di cui al procedimento unico di autorizzazione di cui al d.l. 239/2003, senza sostituirsi agli enti locali, chiamati a pronunciarsi esclusivamente sulla conformità del progetto alle prescrizioni urbanistiche e non sulla realizzabilità dell’opera.

Pertanto è possibile ritenere che il MIT non abbia esorbitato dalle attribuzioni conferitegli dal citato art. 1 sexies, comma 1, del d.l. n. 239/2003, che si limita ad una mera raccolta dei pareri degli enti interessati.

17. Con il secondo mezzo si contesta nuovamente la violazione della disciplina della conferenza di servizi sotto il profilo del mancato rispetto della scansione temporale e procedimentale che sarebbe dettata dall’art. 1 sexies del d.l. n. 239/2003 e dagli artt. 14 e ss della legge n. 241/1990.

La censura non coglie nel segno.

Come già osservato in precedenza l’art. 1 sexies del d.l. 239/2003 prevede che l’autorizzazione unica delle opere elettriche facenti parte della RTN si svolga a seguito di un procedimento unico entro il termine di centottanta giorni “nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241.”

Le norme di settore, pertanto, impongono il rispetto dei principi semplificatori della L. n. 241/1990 preoccupandosi soltanto che vengano acquisiti i pareri delle amministrazioni interessate, senza dettare regole specifiche sulla sequenza delle riunioni.

In altri termini, la disciplina si preoccupa di garantire l’effettiva partecipazione di tutti i soggetti portatori di interessi e il loro pieno coinvolgimento nel procedimento, al fine di assicurare il confronto contestuale degli interessi, ma ciò a prescindere dagli esiti del confronto dialettico, che può anche non essere sufficiente ad una composizione di tutte le contrapposte esigenze.

Ciò premesso, come sopra osservato, il MISE ha coinvolto tutte le amministrazioni interessate, ha convocato la riunione della conferenza di servizi per l’esame del progetto approvato dal MATTM in ambito VIA, di modo che l'istruttoria per l’approvazione del progetto risulta conforme alla richiamata normativa.

18. Non merita adesione anche il terzo motivo aggiunto con cui si denuncia la violazione dell’art. 121 del r.d. 1775/1933 per mancato contemperamento degli interessi privati coinvolti nel progetto. In proposito possono essere richiamate le considerazioni svolte nell’esame dell’ottavo motivo dell’atto introduttivo del giudizio.

19. Quanto infine all'ultima censura dei motivi aggiunti con cui è dedotta l'incompetenza dei direttori generali dei Ministeri all'emissione del decreto interministeriale di autorizzazione unica ex art. 1 sexies d.l. 239/2003, atteso che le valutazioni nel caso di specie sulla realizzabilità dell’opera, dovevano essere rimesse agli organi politici di vertice (i Ministri dei rispettivi dicasteri), è sufficiente richiamare l'art. 1 sexies del d.l. n. 239/2003 che attribuisce al Ministero dello Sviluppo Economico, di concerto con quello dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, e non ai singoli Ministri, il potere di autorizzare la costruzione e l'esercizio degli elettrodotti previsti. Allo stesso modo la norma attribuisce ai Ministeri, e non ai Ministri, i poteri relativi alla verifica della conformità urbanistica e alla valutazione di impatto ambientale.

20. In conclusione il ricorso e i motivi aggiuntivi, per le ragioni esposte, devono ritersi infondati.

21. Le spese di lite, in relazione alla complessità della controversia, seguono la regola della soccombenza nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando, dispone quanto segue:

respinge il ricorso introduttivo R.G. n. 13601/2016;

respinge i motivi aggiunti depositati 13 marzo 2017;

respinge i motivi aggiunti depositati il 2 maggio 2017;

Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di lite che, complessivamente, liquida in € 10.000,00 (diecimila/00) oltre IVA, CPA e oneri dovuti per legge oltre IVA, CPA e oneri dovuti per legge, di cui € 5.000,00 (cinquemila/00) in favore delle resistenti amministrazioni statali ed € 5.000,00 (cinquemila/00) in favore di Terna, Rete elettrica Nazionale S.p.a.-.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 ottobre 2017 con l'intervento dei magistrati:

Gabriella De Michele, Presidente

Vincenzo Blanda, Consigliere, Estensore

Achille Sinatra, Consigliere

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Vincenzo Blanda        Gabriella De Michele