TAR Umbria Sez. I n. 609 del 9 settembre 2016
Ambiente in genere.Provvedimento di esclusione dalla VIA

Il provvedimento di esclusione dalla VIA, pur essendo connotato da un amplissimo margine di discrezionalità, è comunque sindacabile, tra l’altro, sotto il profilo della palese assenza o insufficienza della motivazione o della manifesta carenza dei presupposti


Pubblicato il 09/09/2016

N. 00609/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00442/2014 REG.RIC.

logo

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 442 del 2014, proposto da:
Marcella Marini in Galassi Sconocchia, rappresentata e difesa dall'avvocato Umberto Segarelli C.F. SGRMRT45E23H282S, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Maurizio Mariani in Perugia, Via Podiani n. 17;

contro

Regione Umbria, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Paola Manuali C.F. MNLPLA53H68G478X, con domicilio eletto presso gli Uffici della Avvocatura Regionale in Perugia, corso Vannucci n. 30;

nei confronti di

V.U.S. - Valle Umbra Sud S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Nadia Americcioni C.F. MRCNDA66M69D653A, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Gerardo Gatti in Perugia, corso Vannucci n. 63;
Ati 3 Umbria, non costituita in giudizio;

per l'annullamento

delle determinazioni dirigenziali regionali n. 3120 del 13 maggio 2013 e n. 1143 del 17 febbraio 2014, entrambe riguardanti procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Umbria e di V.U.S. - Valle Umbra Sud S.p.A.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 giugno 2016 il dott. Massimo Santini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La ricorrente, almeno al momento della proposizione del gravame, risultava comproprietaria di un’area ove sorge una discarica di rifiuti.

Il restante 50% del sito appartiene alla Regione Umbria, la quale ha acquisito detta porzione per effetto di procedura acquisitiva sanante ai sensi del DPR n. 327 del 2001.

Per la precisione anche la quota di comproprietà della ricorrente era stata in un primo momento acquisita con analogo meccanismo dalla amministrazione regionale resistente ma, in esito al contenzioso a suo tempo avviato avverso i relativi provvedimenti di acquisizione coattiva (contenzioso definitosi in favore della ricorrente stessa), la suddetta quota era poi rientrata nella piena disponibilità di quest’ultima.

La ricorrente è altresì proprietaria di diverse aree che confinano con l’area ove sorge l’impianto in questione.

2. A seguito di specifica istanza di accesso la stessa veniva a conoscenza della adozione di due provvedimenti regionali, entrambi aventi ad oggetto la modifica delle condizioni di esercizio della predetta discarica. Più in particolare:

a) con determinazione n. 3120 del 13 maggio 2013 era stato escluso dalla VIA il progetto di consolidamento della discarica, con diversa tecnica di copertura finale (da materiale vegetale a materiale sintetico) e conferimento di ulteriori rifiuti rispetto a quanto originariamente previsto con autorizzazione AIA del 2008, ampliamento questo dovuto al minore ingombro costituito dalla nuova modalità di copertura finale dell’impianto (in questo caso, gli ulteriori conferimenti di rifiuti avrebbero potuto essere avviati soltanto “a conclusione” delle suddette opere di consolidamento strutturale);

b) con determinazione n. 1143 del 17 febbraio 2014 veniva modificato il precedente provvedimento del 2013 nel senso di prevedere la possibilità, nel rispetto di talune condizioni, di conferire nuovi rifiuti anche contestualmente (e non più successivamente) all’avvio delle previste opere di consolidamento.

3. I due provvedimenti venivano impugnati per i motivi di seguito sintetizzati:

a) violazione delle garanzie partecipative;

b) difetto integrale o comunque insufficienza di motivazione;

c) violazione della disposizione di cui all’art. 20 del decreto legislativo n. 152 del 2006 per difetto dei presupposti (assenza di potenziali impatti per l’ambiente) per escludere dalla VIA il ridetto progetto di consolidamento e sostanziale ampliamento della discarica;

d) con particolare riferimento al provvedimento n. 1143, violazione delle regole procedimentali cui l’amministrazione si era autovincolata in occasione del primo dei due provvedimenti e violazione, più in generale, dei principi in materia di autotutela;

e) sempre con riguardo al provvedimento n. 1143, violazione degli obblighi di pubblicazione a tal fine previsti dal citato art. 20 del codice dell’ambiente.

4. Si costituiva in giudizio l’amministrazione regionale intimata la quale, nel chiedere il rigetto del gravame, sollevava eccezione di tardività della impugnativa.

5. Si costituiva altresì la Valle Umbria Servizi s.p.a., soggetto gestore della discarica, in qualità di controinteressata.

6. Alla pubblica udienza del 22 giugno 2016 la causa veniva infine trattenuta in decisione.

7. Tutto ciò premesso si affronta innanzitutto l’eccezione di tardività sollevata dalla difesa dell’amministrazione regionale.

7.1. Quest’ultima afferma infatti che il ricorso sarebbe stato presentato soltanto successivamente alla scadenza del termine di 60 giorni, termine decorrente – nella prospettiva della difesa regionale – dal momento della pubblicazione di entrambi i provvedimenti sul Bollettino Ufficiale Regionale (rispettivamente in data 22 maggio 2013 e in data 17 febbraio 2014) e non da quello della loro piena conoscenza, avvenuta in data 8 maggio 2014 a seguito di specifica istanza di accesso (il ricorso, in effetti, è stato notificato in data 7 luglio 2014, ossia allo scadere esatto del sessantesimo giorno successivo alla suddetta ostensione documentale).

Secondo la difesa dell’amministrazione regionale, infatti, la ricorrente non avrebbe alcun diritto alla comunicazione personale dei provvedimenti sia nella qualità di comproprietaria del sito, sia nella qualità di proprietaria confinante con il sito stesso. E ciò dal momento che “i soggetti chiamati a partecipare al procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA ed al procedimento di AIA sono esclusivamente le Autorità competenti in materia ambientale” (memoria in data 20 maggio 2016, pag. 14). A ciò si aggiunga, sempre secondo la tesi regionale, che nel mese di dicembre 2014 la Regione è nuovamente divenuta proprietaria della quota di spettanza della ricorrente per effetto di ulteriore provvedimento acquisitivo sanante: di qui la sopravvenuta carenza di interesse a ricorrere della ricorrente, data la perdita in capo ad essa della qualità di comproprietaria.

7.2. Le argomentazioni sopra riportate non possono essere condivise per le ragioni di seguito sintetizzate:

a) non si tratta di prendere parte al “procedimento” (almeno a questi fini processuali) ma, piuttosto, di essere informati circa la adozione di “provvedimenti” che, in linea di massima, direttamente incidono sulla sfera giuridica soggettiva della ricorrente sia nella qualità di comproprietaria, sia nella qualità di proprietaria confinante (e non semplicemente viciniore) con il sito ove sorge l’impianto;

b) di qui l’applicazione di quel pacifico orientamento secondo il quale per i soggetti direttamente contemplati dall’atto amministrativo o che siano direttamente incisi dai suoi effetti, anche se non contemplati, il termine di impugnazione decorre dall’effettiva conoscenza, che si perfeziona con la notificazione o con la comunicazione individuale; la pubblicazione dell’atto è invece rilevante per la decorrenza dei termini di impugnazione da parte dei soggetti non direttamente contemplati né immediatamente incisi dai suoi effetti (cfr. Cons. Stato, sez. V, 30 novembre 2015, n. 5398);

c) né si potrebbe ipotizzare, quand’anche si ritenga che la qualifica di soggetto “direttamente inciso” valga soltanto per il ruolo di comproprietaria, che il venire meno di quest’ultima qualità (per effetto del provvedimento acquisitivo del dicembre 2014) possa determinare per la qualità di confinante la sopravvenienza postuma di un onere (di tempestiva impugnazione) i cui contorni debbono essere tuttavia delineati soltanto al momento della proposizione del ricorso e non in un momento ad esso successivo;

d) con ciò si vuole dire che, qualora si ritenga che la notifica individuale sia dovuta soltanto per la qualità di comproprietaria e non anche per quella di proprietaria confinante (soggetta in quanto tale all’onere di reagire dal momento della pubblicazione), si stabilirebbe comunque, in siffatte ipotesi, un rapporto di continenza tra le due posizioni tale per cui la qualità di proprietaria confinante sarebbe automaticamente assorbita da quella di comproprietaria, con ogni conseguenza in ordine all’originaria assenza di un particolare (e piuttosto gravoso, per la verità) onere di monitoraggio e di informazione circa i provvedimenti di volta in volta pubblicati attraverso i mezzi legalmente previsti;

e) di qui, pertanto, la correlata assenza di un onere di impugnativa dei due provvedimenti in occasione della loro rispettiva pubblicazione, atteso che in entrambi i momenti – o meglio fino al sessantesimo giorno ad essi successivo (16 aprile 2014, al più tardi, per effetto della pubblicazione della determinazione n. 1143) – la ricorrente rivestiva pacificamente la duplice veste di comproprietaria del sito (titolo posseduto sino al mese di dicembre 2014, come si evince dalla memoria della difesa regionale in data 20 maggio 2016, pag. 15) e di proprietaria confinante, con rilievo assorbente e dirimente della prima di esse ai fini della individuazione degli oneri processuali di cui si discute.

7.3. Da quanto complessivamente detto deriva il rigetto della relativa eccezione di rito.

8. Nel merito il ricorso è peraltro fondato per le ragioni di seguito indicate.

8.1. Con il motivo sub 3a) della parte in fatto si lamenta la violazione delle garanzie partecipative.

La difesa dell’amministrazione regionale ritiene al riguardo che la pubblicazione di cui all’art. 20, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006 – pubblicazione poi in effetti avvenuta per entrambi i provvedimenti sul Bollettino Ufficiale della Regione – assolverebbe o meglio assorbirebbe anche l’obbligo di comunicazione di avvio del provvedimento di cui agli artt. 7 ed 8 della legge n. 241 del 1990.

Osserva il collegio che, a ben vedere, la versione attuale del citato art. 20, comma 2, del codice dell’ambiente prevede espressamente che “Tale forma di pubblicità tiene luogo delle comunicazioni di cui all'articolo 7 e ai commi 3 e 4 dell'articolo 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241”.

Questa disposizione è stata così modificata, tuttavia, soltanto in seguito alla entrata in vigore dell’art. 15, comma 1, lett. g), del decreto legge 24 giugno 2014, n. 91. Dunque in un momento in cui entrambi i provvedimenti qui impugnati erano senz’altro già stati adottati.

Di qui l’inapplicabilità della richiamata disposizione contenuta nel decreto legge n. 91 del 2014 al caso di specie, in ossequio al principio tempus regit actum, e la conseguente validità del meccanismo di coinvolgimento procedimentale, di carattere più generale, di cui agli artt. 7 ed 8 della legge n. 241 del 1990.

Obbligo procedimentale che, pur in presenza di un soggetto come l’odierna ricorrente nei confronti della quale i provvedimenti finali erano destinati a produrre effetti diretti, non è stato pacificamente assolto dall’amministrazione regionale intimata, con ogni conseguenza in ordine all’accoglimento di tale specifica censura.

8.2. Con il motivo sub 3b) si lamenta il difetto integrale o comunque la insufficienza della motivazione.

Tale vizio risulta vieppiù riscontrabile per il primo dei due provvedimenti impugnati e riguarda, in particolare, le valutazioni circa l’assenza o meno di potenziali impatti per l’ambiente.

Si osserva al riguardo che il provvedimento 3120 del 2013, recependo sul punto l’avviso di alcuni servizi interni all’amministrazione regionale nonché di ARPA, aveva rilevato che il sito in questione rientra tra quelli “oggetto di procedura di bonifica” e che una parte della discarica (rilevato arginale), nella sua attuale conformazione, si ritrova in uno stato di “precario assetto morfologico”.

Ebbene pur in presenza di siffatte criticità di chiara matrice ambientale e territoriale il provvedimento si limita ellitticamente ad affermare che “dalle risultanze istruttorie del procedimento è emerso che il progetto in argomento non comporta impatti negativi e significativi sull’ambiente”.

Né una più articolata ed approfondita motivazione può ritenersi rinvenibile nei richiamati pareri istruttori ove soltanto si consideri, a titolo riepilogativo ed esemplificativo, che: a) il Servizio risorse idriche della Regione Umbria (nota 13 marzo 2013) “dichiara il progetto non assoggettabile”; b) la nota ARPA del 21 marzo 2013, pur avendo presente la “potenziale contaminazione” del sito e le “possibili implicazioni del progetto in questione con l’inquinamento presente”, in modo alquanto generico “non ritiene necessario … assoggettare il progetto a Valutazione di Impatto Ambientale”; c) il Servizio geologico e sismico, pur avendo ben presente il “precario assetto morfologico”, con nota in data 11 marzo 2013 “ritiene che si possa escludere l’assoggettabilità del progetto”; d) infine il Servizio qualità dell’ambiente e gestione rifiuti che con nota in data 27 marzo 2013, pur avendo dato atto del possibile “verificarsi di eventuali problemi di instabilità” del rilevato arginale (ove sono abbancati i rifiuti sinora conferiti, per intenderci), ritiene in conclusione che “gli interventi previsti non possano determinare ulteriori significativi effetti negativi sull’ambiente”.

Da quanto detto deriva proprio l’applicazione di quel dato orientamento giurisprudenziale, pure puntualmente richiamato dalla difesa dell’amministrazione regionale intimata, secondo il quale il provvedimento di esclusione dalla VIA, pur essendo connotato da un amplissimo margine di discrezionalità, è comunque sindacabile, tra l’altro, sotto il profilo della palese assenza o insufficienza della motivazione o della manifesta carenza dei presupposti (cfr. TAR Veneto, sez. III, 20 gennaio 2016, n. 52; TAR FVG, sez. I, 15 dicembre 2011, n. 560).

Motivazione che, come ampiamente dimostrato in questa sede, nel caso di specie è stata del tutto obliterata o comunque formulata in modo alquanto lacunoso rispetto a taluni individuati presupposti.

Motivazione che – è bene sottolineare – nel caso di specie era tanto più necessaria ove soltanto si consideri non solo la presenza delle ridette criticità ambientali (sito inquinato soggetto a bonifica ed in stato di precario assetto morfologico) ma anche la circostanza che si tratta pur sempre di una discarica, ossia di un particolare sistema di smaltimento collocato all’ultimo posto della scala gerarchica prevista dal legislatore interno per la gestione dei rifiuti (art. 170 codice ambiente) e che dunque non gode certamente di un particolare favor normativo.

Di qui l’accoglimento della specifica censura sotto l’evidenziato profilo di difetto di motivazione.

8.3. Con la censura sub 3c) ci si duole circa la violazione della disposizione di cui all’art. 20 del decreto legislativo n. 152 del 2006 per difetto dei presupposti (assenza di potenziali impatti per l’ambiente) al fine di escludere dalla VIA il ridetto progetto di consolidamento e sostanziale ampliamento della discarica.

Va premesso al riguardo che l’art. 20, comma 5, del codice dell’ambiente, prevede che si possa disporre l’esclusione dalla VIA “se il progetto non ha impatti negativi e significativi sull’ambiente”. Il successivo comma 6 prescrive invece il ricorso alla VIA “Se il progetto ha possibili impatti negativi e significativi sull’ambiente”.

Dunque l’esclusione dalla VIA richiede un determinato grado di certezza circa l’assenza di impatti negativi. In caso di incertezza o di impatto anche solo potenziale si ricorre sempre e comunque alla VIA. E ciò in ossequio al principio di matrice comunitaria di massima precauzione in materia di tutela dell’ambiente (art. 191, par. 2, TFUE).

Ebbene i provvedimenti qui impugnati non consentono di ravvisare quel richiesto grado di certezza circa l’assenza di qualsivoglia impatto sulle matrici ambientali interessate dal progettato intervento.

Ciò che è rinvenibile sulla base degli elementi di seguito indicati (e in parte già ampiamente richiamati nel punto 8.2.): a) il testo del provvedimento 3120 del 2013, anche a seguito di istruttoria, rileva che il sito in questione deve essere sottoposto a “procedura di bonifica” e che almeno una parte della discarica si ritrova in uno stato di “precario assetto morfologico”; b) la nota in data 21 marzo 2013 dell’unità organizzativa Bonifica siti ed aree inquinate afferma espressamente la sussistenza di “potenziale contaminazione” dell’area in questione; c) la nota ARPA in data 21 marzo 2013 parla di “potenziale contaminazione” del sito e, soprattutto, delle “possibili implicazioni del progetto in questione con l’inquinamento presente”, tanto da subordinare il conferimento dei volumi aggiuntivi di rifiuti soltanto all’esito dei lavori di consolidamento e di bonifica del sito stesso; d) il Servizio geologico e sismico richiama espressamente il “precario assetto morfologico” del sito; e) il Servizio qualità dell’ambiente e gestione rifiuti, con nota in data 27 marzo 2013, rileva il possibile “verificarsi di eventuali problemi di instabilità” del rilevato arginale (ove sono abbancati i rifiuti sinora conferiti); f) con specifico riguardo, poi, al successivo provvedimento n. 1143 in data 17 febbraio 2014, si consideri altresì la Relazione Generale al progetto di adeguamento del 9 dicembre 2013 (consolidamento e diversa tecnica di copertura, con ampliamento del volume dei rifiuti conferibili) ove espressamente si afferma che: “Nel corso dei sopralluoghi effettuati si è potuta riscontrare una condizione dell’argine attuale caratterizzata da evidente degrado” (pag. 18); l’area in questione è interessata da “fenomeni di dissesto superficiale che … potrebbero compromettere la funzionalità del manufatto” (pag. 18); “L’argine esistente manifesta deformazioni … e, nella fascia più superficiale, presenta segni evidenti di fenomeni di degradazione ed alterazione legati essenzialmente all’opera degli agenti atmosferici, all’assenza di una idonea soluzione di tutela dell’erosione ed alla scarsa compattazione del rilevato, soprattutto nella parte marginale di valle” (pag. 42); quanto alla configurazione dell’argine (ove sono abbancati i rifiuti, si ripete) “è emersa … una condizione leggermente al di sotto della soglia di accettabilità nel caso sismico”; “L’aspetto di maggior interesse resta … l’opera erosiva delle acque meteoriche … con il duplice effetto negativo legato a locali incrementi delle pendenze (e quindi aumento del potere erosivo delle acque di ruscellamento) ed alla asportazione di materiale dall’argine, con riduzione dell’effetto stabilizzante dell’opera legato al peso proprio. Per tale motivo è stato previsto un intervento che comprende la bonifica della fascia allentata superficiale”.

Emerge da tali elementi uno stato di conclamato inquinamento dell’area (non a caso da sottoporre a bonifica) nonché uno stato di fatto dei rifiuti sino ad ora abbancati che, in ragione del loro precario assetto, potrebbe seriamente dare luogo ad ulteriori problemi di inquinamento ambientale. In estrema sintesi: una situazione sicuramente tutt’altro che scevra da possibili e significativi impatti sull’ambiente (atmosferico e geologico) circostante.

Ora, è ben vero come afferma la difesa dell’amministrazione regionale che tali opere di consolidamento siano proprio orientate ad evitare la precaria stabilità dell’abbancamento di rifiuti ma è anche vero che, proprio per la delicatezza del contesto entro cui occorre operare (discarica con talune criticità di assetto), a maggior ragione occorre procedere secondo massima cautela e rispetto, dunque, delle procedure che più di tutte garantiscano la più ampia precauzione possibile in termini ambientali.

Da quanto detto deriva dunque, ancora una volta, l’applicazione del richiamato orientamento secondo cui, pur in presenza di poteri ampiamente discrezionali, i provvedimenti di esclusione dalla VIA sono comunque sindacabili in caso di evidente assenza dei presupposti previsti dalla legge (più in particolare, assenza di certezze circa inesistenza di impatti negativi e significativi sull’ambiente).

Emerge altresì, dai provvedimenti in questa sede oggetto di gravame, una sostanziale presa d’atto di effetti potenzialmente negativi sull’ambiente (area già inquinata che potrebbe ulteriormente peggiorare per via dei rifiuti sinora abbancati) che verrebbero poi affrontati e risolti mediante un complesso e nutrito sistema di prescrizioni tecniche di una certa delicatezza ed importanza (in sintesi: prima bonifica e consolidamento dell’argine marginale, poi conferimento di ulteriori rifiuti): il che costituisce, in concreto, una anticipazione del provvedimento VIA senza tuttavia osservarne il relativo procedimento puntualmente previsto dagli artt. 21-28 del codice dell’ambiente (presentazione di un approfondito studio di impatto ambientale, fase della consultazioni, conferenza di servizi ad ampio raggio, etc.).

In altre parole viene di fatto implementata una VIA semplificata o accelerata (una sorta di SuperVIA) di cui non v’è tuttavia traccia alcuna nell’attuale ordinamento di settore: di qui un ulteriore fattore di violazione di legge (art. 20 codice ambiente) e di eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento.

Deriva da quanto complessivamente detto l’ulteriore violazione del citato art. 20 del codice dell’ambiente sotto i profili evidenziati ed il conseguente accoglimento della specifica censura.

8.4. Con la censura sub 3d), ossia con particolare riguardo al provvedimento n. 1143, si lamenta la violazione delle regole procedimentali cui l’amministrazione si era autovincolata in occasione del primo dei due provvedimenti.

Va innanzitutto rammentato al riguardo che: con il provvedimento n. 3120 del 2013, nell’escludere il progetto dalla VIA, si è comunque deciso – a seguito di specifica conferenza di servizi – di subordinare l’ulteriore conferimento di rifiuti al previo espletamento dei lavori di bonifica e di consolidamento dell’argine marginale ove sono abbancati i rifiuti; con il successivo provvedimento n. 1143 del 2014, a seguito di specifica istanza del soggetto gestore, si è modificata tale fondamentale prescrizione autorizzando il nuovo conferimento anche in concomitanza dei suddetti lavori di bonifica e consolidamento. Il tutto senza riconvocare la conferenza di servizi ed acquisendo il solo parere del servizio geologico e di ARPA.

Da quanto sopra detto emerge in sintesi che:

a) il provvedimento 1143, nel recare tale modifica sostanziale al provvedimento 3120 (conferimento contestuale a lavori di bonifica/consolidamento e non successivo), costituisce in concreto atto di autotutela, ossia un provvedimento di secondo grado di riesame recante parziale autoannullamento del precedente atto;

b) di qui una serie di violazioni dei principi in materia di autotutela e, tra questi, della valutazione del preminente interesse pubblico alla parziale rimozione nonché del criterio del contrarius actus (in base al quale un provvedimento può essere sì sottoposto a riforma, anche parziale, ma soltanto nel rispetto delle medesime forme e del medesimo procedimento seguito, anche in forma di autovincolo come nel caso di specie, per la sua emanazione). E ciò dal momento che, in occasione del secondo dei provvedimenti, non è stata nuovamente riconvocata la stessa conferenza di servizi che già si era sostanzialmente espressa sulla bontà della prima soluzione (conferimento post bonifica/consolidamento);

c) né potrebbe obiettarsi che possa a tal fine risultare sufficiente la acquisizione del solo parere del servizio geologico, atteso che è stato in ogni caso omesso l’avviso di altre fondamentali strutture organizzative regionali quali l’Unità Bonifica Siti ed Aree Inquinate nonché il Servizio Qualità dell’Ambiente e gestione dei Rifiuti.

Da quanto detto deriva l’accoglimento della specifica censura di cui al punto 3d.

8.5. Con la censura sub 3e), e sempre con riguardo al provvedimento n. 1143, ci si duole della violazione degli obblighi di pubblicazione a tal fine previsti dal citato art. 20 del codice dell’ambiente.

La pubblicazione non è pacificamente avvenuta pur a fronte di una modificazione sostanziale del progetto (conferimento contestuale e non più successivo ai lavori di bonifica/consolidamento).

Con ciò impedendo quella partecipazione del pubblico ai processi decisionali la quale consente, tra l’altro, che le osservazioni pervenute vengano acquisite agli atti ufficiali del procedimento affinché possano essere adeguatamente considerate nell’ambito della istruttoria tecnica ai fini della espressione del provvedimento finale (cfr. “nota di chiarimento” sul sito web del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare).

Di qui la violazione, anche sotto tale profilo, dell’art. 20, comma 2, del codice dell’ambiente, ed il conseguente accoglimento di tale specifico motivo di gravame.

9. In conclusione il ricorso è fondato e deve essere integralmente accolto, con ogni conseguenza in ordine all’annullamento dei due provvedimenti recanti esclusione dalla VIA.

È fatto in ogni caso salvo, data la natura dei vizi in questa sede riscontrati, il potere di riesame della PA.

10. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla entrambe le determinazioni regionali in epigrafe citate.

Condanna l’amministrazione regionale soccombente alla liquidazione delle spese di lite, da quantificare nella complessiva somma di euro 2.000 (duemila), oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 22 giugno 2016 con l'intervento dei magistrati:

Raffaele Potenza, Presidente

Stefano Fantini, Consigliere

Massimo Santini, Primo Referendario, Estensore

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Massimo Santini        Raffaele Potenza
         
         
         
         
         

IL SEGRETARIO