Cons. Stato, Sez. IV  n. 5189 del 3 ottobre 2012.
Ambiente in genere. Restituzione fondi a seguito di annullamento procedimento di esproprio.

L’intervenuta realizzazione dell’opera pubblica non fa venir meno l’obbligo di restituire al privato il bene illegittimamente appreso e ciò superando l’interpretazione che riconnetteva alla costruzione dell’opera pubblica e all’irreversibile trasformazione dello stato dei luoghi effetti preclusivi o limitativi della tutela in forma specifica del privato. La Corte Costituzionale con la sentenza 4 ottobre 2010 n.293 recante declaratoria della illegittimità costituzionale dell’art.43 del Testo unico sulle espropriazioni ha ritenuto che la realizzazione dell’opera pubblica non costituisca impedimento alla restituzione dell’area illegittimamente espropriata e ciò indipendentemente dalle modalità occupazione acquisitiva o usurpativa, di acquisizione del terreno.  La presenza di un’opera pubblica sull’area illegittimamente occupata costituisce in sè un mero fatto, non in grado di assurgere a titolo di acquisto, come tale inidoneo a determinare il trasferimento della proprietà per cui solo il formale atto di acquisizione può essere in grado di limitare il diritto alla restituzione, non potendo rinvenirsi atti estintivi della proprietà in altri comportamenti, fatto o contegni. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 05189/2012REG.PROV.COLL.

N. 00422/2011 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 422 del 2011, proposto da:

Consorzio Nucleo Sviluppo Industriale de L'Aquila, rappresentato e difeso dall'avv. Vincenzo Cerulli Irelli, con domicilio eletto presso il medesimo, in Roma, via Dora,1;

contro

Giovanni Guetti, Gino Guetti, Antonella Guetti, Paolo Guetti, rappresentati e difesi dall'avv. Cesidio Gualtieri, con domicilio eletto presso Carlo Cecchi in Roma, via Augusto Riboty, 23;

nei confronti di

U.T.G. - Prefettura di L'Aquila; Ministero dell'Interno, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

Regione Abruzzo;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. ABRUZZO - L'AQUILA: SEZIONE I n. 00724/2010, resa tra le parti, concernente RESTITUZIONE FONDI A SEGUITO DI ANNULLAMENTO PROCEDIMENTO DI ESPROPRIO - RIS. DANNI.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Giovanni Guetti , Gino Guetti Antonella Guetti e Paolo Guetti e della Prefettura di L'Aquila e Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 maggio 2012 il Cons. Andrea Migliozzi e uditi per le parti gli avvocati Vincenzo Cerulli Irelli, Cesidio Gualtieri e Melania Nicoli (avv.St.);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

Con decreto del Prefetto della provincia de l’Aquila del 25/2/1986 veniva disposta nell’ambito di un progetto di realizzazione di opere pubbliche, in favore del Consorzio per lo Sviluppo Industriale de L’Aquila, l’occupazione d’urgenza di un fondo di mq 6.043 sito in frazione Bazzano del Comune di L’aquila di proprietà dei sigg.ri Guetti meglio specificati in epigrafe.

A seguito di detta occupazione avvenuta in data 8 maggio 1986 il suolo in questione subiva profonde trasformazioni in ragione della realizzazione di immobili, venendo, in particolare , dette aree utilizzate in parte per la realizzazione della sede doganale di L’Aquila e a sede dell’ufficio di redazione di una TV locale e per la restante parte alienate alla Società G. Papola e figli s.a.s. per ospitare attività commerciale di ristorazione e pernottamento.

I sigg.ri Giovanni, Gino, Antonella e Paolo Guetti proponevano innanzi al Tar per l’Abruzzo, sede de L’Aquila, ricorso volto ad ottenere in relazione alla procedura ablatoria che aveva interessato i terreni di loro proprietà, nei confronti del Consorzio ASI e della Prefettura de L’Aquila la condanna delle Amministrazioni alla restituzione dei suoli già oggetto di occupazione da ritenersi illegittima o, in subordine, la condanna delle stesse alla corresponsione del valore venale delle aree e al risarcimento dei danni per il mancato godimento dei fondi.

L’adito Tribunale territoriale con sentenza n,724/2010 accoglieva il ricorso nei sensi e limiti esplicitati in motivazione e, per l’effetto, condannava il Consorzio per lo Sviluppo del Nucleo Industriale alle “restituzioni e al risarcimento dei danni subiti dai ricorrenti ai sensi dell’art.35 comma 2 del dlgs n.80/98, con i criteri e le modalità stabiliti in motivazione “.

Avverso tale decisum, ritenuto errato ed ingiusto, è insorto il suindicato Consorzio, deducendo a sostegno del proposto gravame i seguenti motivi:

1) Erroneità della sentenza per grave errore di fatto a carattere revocatorio. Travisamento ed erronea valutazione dei presupposti di fatto;

2) Erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto automaticamente caducato il decreto di esproprio mai impugnato dai sigg.ri Guetti;

3) Erroneità della sentenza nella parte in cui richiama la disciplina dell’accessione ordinaria ( artt.935 c.c.): erroneità della sentenza nella parte in cui dispone la restituzione della aree espropriate;

4) Erroneità della sentenza nella parte in cui ha disposto il risarcimento del danno e la restituzione dei frutti civili;

Si sono costituiti i sigg. ri Guetti che hanno contestato la fondatezza dell’appello, chiedendone la reiezione.

Anche l’Amministrazione statale dell’Interno si è costituita per resistere .

All’udienza pubblica del 6 dicembre 2011 la Sezione, con sentenza n.6624/2011, interlocutoriamente pronunziando, disponeva l’espletamento di una verificazione ai sensi dell’art.44 T.U. di cui al R.D. n.1054 del 1924 ( ora art.66 c.p.a.), volta, in particolare ad accertare quanto segue:

“ a) lo stato dei luoghi;

“b) quali siano le aree di proprietà dei ricorrenti interessate dalla procedura ablatoria per cui è causa, quali quelle occupate e trasformate per effetto dell’attività dell’Amministrazione;

“c) l’individuazione, con l’indicazione della superficie e degli estremi catastali, dell’area su cui insiste lì immobile del Consorzio locato in parte a sede della dogana e in parte alla redazione della TV locale, con l’indicazione della titolarità e della provenienza delle relative particelle;

“d) l’identificazione della particella n.855 e delle ex particelle nn.67 e 463 con l’indicazione degli immobili ivi insistenti nonché l’appartenenza delle aree così censite”

La verificazione veniva espletata e in particolare, con nota depositata il 16 marzo 2012 il Direttore dell’Agenzia del Territorio de L’Aquila ha fatto pervenire la chiesta relazione in ordine all’esito della verifica effettuata dall’Ufficio, con i relativi allegati.

All’odierna udienza pubblica la causa è stata trattenuta per la definitiva decisione.

DIRITTO

Oggetto dell’impugnativa all’esame è la sentenza , meglio indicata in epigrafe con cui il Tar per l’Abruzzo ha accolto il ricorso proposto dagli interessati sigg. Guetti, attuali appellati, volto ad ottenere, in relazione all’occupazione di suoli di loro proprietà effettuata nell’ambito di un procedura ablatoria che ha interessato la relativa area ( occupazione già dichiarata illegittima da questo Consiglio di Stato) la condanna del Consorzio Nucleo di Sviluppo Industriale de L’Aquila alla restituzione dei suoli stessi e al risarcimento dei danni subiti ex art.35 del dlgs n.80/98.

L’appellante Consorzio contesta la fondatezza delle osservazioni e statuizioni rese dal suindicato tribunale territoriale assumendo in sostanza la insussistenza in capo al Consorzio degli obblighi restitutori e risarcitori sanciti, a suo dire erroneamente, dal primo giudice.

Il proposto gravame si appalesa infondato e va respinto sia pure con le precisazioni e correzioni di seguito indicate..

Col primo motivo d’impugnazione viene denunciato un errore di fatto a carattere revocatorio in cui sarebbe incorso il Tar che nella ricostruzione fattuale relativa allo stato dei luoghi avrebbe omesso di rilevare che l’area facente parte della particella 855 e ospitante l’edificio locato in parte alla dogana e in parte ad una TV locale in realtà sarebbe situata al di fuori della proprietà Guetti.e quindi estranea al procedimento espropriativo.

Di conseguenza, sempre secondo parte appellante erronea è la statuizione del Tar di sancire l’obbligo per il Consorzio di restituzione e di risarcire i Guetti dei frutti civili ( canoni di affitto o locazione ) sul fondo in questione utilizzato.

In ordine a quanto prospettato dalla difesa dell’appellante Consorzio, la Sezione, al fine di acquisire compiuti elementi di fatto e di veder chiarita con maggiore specificità la situazione dello stato dei luoghi per il vero alquanto complicata in ragione dei frazionamenti ed accorpamenti catastali nel tempo succedutisi ha ritenuto di dover far espletare un’apposita verificazione tecnica che è stata puntualmente eseguita dall’Ufficio del Territorio incaricato dell’incombente istruttorio e alle relative risultanze ritiene il Collegio debba farsi ragionevolmente riferimento.

Ebbene , i dati tecnici e gli esiti della verificazione depongono per la insussistenza della censura di carattere revocatorio dedotta, sia pur dovendosi procedere ad un doveroso distinguo sul punto della entità degli immobili coinvolti dalla procedura ablatoria..

La tesi dell’appellante è che l’area oggetto di trasformazione su cui è stato realizzato l’immobile adibito a sede di dogana e della tv locale insisterebbe su un vecchio tratturo di proprietà pubblica, sicchè tale area, già particella ex 463 confluita nella particella n.855, sarebbe estranea al procedimento ablatorio che ha interessato la proprietà Guetti.

Così non è.

La documentazione descrittiva delle operazioni e degli esiti della verificazione mette ben in evidenza che “ la consistenza dell’area insistente sulla attuale particella 855 che rileva ai fini della domanda restitutoria dei ricorrenti di cui alla sentenza del TAR risulta pari a 4966 mq aggiungendosi la superficie di 235mq di cui alla particella n.857 per un totale di 5201 mq”.

Tale conclusivo accertamento è preceduto per il vero, da una analitica e compiuta ricostruzione storica delle vicende che hanno interessato i suoli ricadenti nella “famosa” particella 855, venendo accertata la circostanza secondo cui l’area oggetto di trasformazione su cui insorge il fabbricato adibito a sede doganale e a tv locale per una superficie avente la consistenza ammontante a mq 4966 e iscritta sotto la particella 855 come in essa confluita, ex particella n.67, risulta “di proprietà dei ricorrenti interessata dalla procedura ablatoria”.

Nella relazione descrittiva degli esiti della verificazione si ha cura al riguardo di specificare che quanto al fabbricato in questione ( quello adibito a sede doganale e tv locale ) “le consistenze rilevate dall’ufficio sono così ripartite : “mq 853 quale ingombro del fabbricato, 90mq + 90 mq quale proiezione a terra delle pensiline , 119 mq quale area recintata occupata dall’antenna telefonica e 3841 mq quale restante area di pertinenza per un consistenza totale della superficie di proprietà dei ricorrenti di 4966mq”

Gli accertamenti in questione, inoltre, sempre secondo i dati tecnici sviluppati a seguito delle operazioni peritali svolte in contraddittorio tra le parti del giudizio e che hanno riguardato, appare utile precisarlo, “esclusivamente le aree sulle quali insiste l’immobile del Consorzio locate in parte in sede dell’Agenzia delle dogane, in parte alla redazione della TV locale” distinguono nettamente , quanto all’identificazione, l’area costituita dall’ex tratturo già sub particella 463 di proprietà demaniale pure confluita nella particella 855 e l’area inclusa nelle particelle nn.860 e 861 poi inserita nella particella n.1374 oggetto di cessione in favore della Società Giovanni Papola e figli s.a.s , tenendosi distinti i confini delle aree complessivamente qui in contestazione.

In definitiva ,dagli accertamenti peritali risulta che le aree interessate alla procedura espropriativa comprensive del fabbricato di che trattasi sono ascrivibili alla proprietà dei sigg. Guetti ed hanno una consistenza di mq 4966 mq ( cui vano aggiunti 235mq relativi alla strada di accesso della cui proprietà però non si fa cenno ).

Se così è , nella specie non è ravvisabile a carico delle statuizioni rese dal Tar l’errore di fatto di tipo revocatorio invocato dall’appellante: l’individuazione dei suoli oggetto di procedimento ablatorio è avvenuta da parte del primo giudice correttamente sia pure con l’indicazione della superficie di detti suoli della consistenza di mq 6043 (questa sì errata ) che deve essere limitata invece, a mq 4966, sicchè, a parte la precisazione sulla quantificazione dell’area dei ricorrenti interessata dall’ablazione, alcun “abbaglio dei sensi” in ordine agli elementi di fatto è dato cogliere.

Col secondo mezzo di gravame parte l’appellante Consorzio critica la sentenza nella parte in cui ha ritenuto automaticamente caducato il decreto di esproprio.

Tale statuizione sarebbe errata sia perché il decreto espropriativo non è stato mai impugnato dagli interessati sia perché in ogni caso nella specie non si è verificato un effetto caducante ma solo di tipo viziante.

L’assunto difensivo non è condivisibile.

Relativamente al rapporto giuridico in rilievo oltre alla dichiarazione dell’illegittimità del provvedimento di occupazione dei suoli, è altresì stata giudizialmente accertata precedentemente alla controversia specificatamente qui instaurata la inefficacia degli atti posti a monte della procedura espropriativa di che trattasi, costituiti dalla dichiarazione di pubblica utilità delle opere e dalla previsione urbanistica appositiva del vincolo espropriativo.

Ora, la rimozione delle determinazioni che ab origine hanno dato l’abbrivio alla procedura ablatoria oltre a comportare, come statuito da questa Sezione ( sentenza n.5781/2001 ), la illegittimità dell’occupazione dei suoli avvenuta sine titulo produce un effetto “domino”, con l’invalidazione dei successivi atti del procedimento espropriativo ivi compreso quello conclusivo, rappresentato dal decreto finale di esproprio che viene anch’esso travolto.

Si invera, allora, un effetto automaticamente caducante, derivante dalla invalidità degli atti presupposti, senza che si possa configurare a carico della parte interessata un onere di impugnazione del decreto finale di esproprio, secondo un ben preciso orientamento dei questa Sezione da cui il Collegio non ha motivo di discostarsi ( Cons. Stato Sez. IV 29 gennaio 2008 n.258; idem 30 dicembre 2003 n.9155 e 30 giugno 2003 n.3896).

Col terzo motivo d’impugnazione viene contestata la decisione del TAR nella parte in cui la fatti -specie all’esame è stata fatta rientrare nell’ipotesi dell’accessione ordinaria di cui all’art.935 codice civile e non in quella contemplata dall’art.940 c.c.: secondo parte appellante per effetto della specificazione operata, la proprietà degli immobili insistenti sull’area de qua viene acquistata a titolo originario dal Consorzio specificatore, con conseguente preclusione di ogni restituzione e risarcimento danni per mancato godimento dei terreni

La tesi non ha pregio.

Nel caso de quo si è decisamente in presenza di una fattispecie di un’occupazione illegittima, avvenuta sine titulo, prodottasi a seguito dell’annullamento del decreto di occupazione d’urgenza e della intervenuta inefficacia del decreto di esproprio, con la conseguenza che il Consorzio ha nella sua disponibilità, sine titulo parte dei terreni di proprietà dei Guetti che, come correttamente statuito dal primo giudice devono essere restituiti.

Occorre invero dare atto della intervenuta espunzione dal nostro ordinamento dell’istituto dell’acquisizione de facto della proprietà in mano pubblica a seguito della realizzazione dell’opera.

Questa Sezione ha già avuto modo di precisare ( Cons. Stato Sez. IV 30 gennaio 2006 n.290; idem 7 aprile 2010 n.1983) che l’intervenuta realizzazione dell’opera pubblica non fa venir meno l’obbligo di restituire al privato il bene illegittimamente appreso e ciò superando l’interpretazione che riconnetteva alla costruzione dell’opera pubblica e all’irreversibile trasformazione dello stato dei luoghi effetti preclusivi o limitativi della tutela in forma specifica del privato.

La Corte Costituzionale con la sentenza 4 ottobre 2010 n.293 recante declaratoria della illegittimità costituzionale dell’art.43 del Testo unico sulle espropriazioni ha ritenuto che la realizzazione dell’opera pubblica non costituisca impedimento alla restituzione dell’area illegittimamente espropriata e ciò indipendentemente dalle modalità - occupazione acquisitiva o usurpativa - di acquisizione del terreno ( in tal senso anche Cons. Stato Sez. V 2 novembre 2011 n.5844)

La presenza di un’opera pubblica sull’area illegittimamente occupata costituisce in sè un mero fatto, non in grado di assurgere a titolo di acquisto , come tale inidoneo a determinare il trasferimento della proprietà per cui solo il formale atto di acquisizione può essere in grado di limitare il diritto alla restituzione , non potendo rinvenirsi atti estintivi della proprietà in altri comportamenti, fatto o contegni..

Quanto esposto comporta la infondatezza della tesi giuridica avanzata dalla parte appellante, non potendo alla luce delle statuizioni giurisprudenziali e delle novità legislative intervenute darsi usbergo ad una ipotesi di acquisizione dell’area e degli immobili ivi realizzati per via dell’istituto civilistico della specificazione.

Con il quarto ed ultimo mezzo di gravame parte appellante critica la sentenza laddove il primo giudice ha accolto la domanda risarcitoria avanzata dagli attuali appellati, senza che nella specie sussistesse a carico delle pubbliche amministrazioni il requisito della colpa quale condizione indispensabile per farsi luogo alla dichiarazione di una responsabilità risarcibile ai sensi dell’art.2043 del codice civile.

Il motivo è destituito di giuridico fondamento.

In proposito è sufficiente far rilevare che la illegittimità dell’avvenuta occupazione sine titulo e la natura di illecito permanente della disponibilità del bene da parte dell’Amministrazione pubblica senza che ciò sia sostenuto da un idoneo titolo integra gli estremi della sussistenza dell’elemento soggettivo della colpa intesa come consapevolezza da parte di un organo competente di violazione della norma comportamentale di buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art.97 Cost., dandosi così luogo ad una fattispecie di responsabilità che fa insorgere in capo all’Amministrazione un’obbligazione risarcitoria.

In particolare, la gestione da parte del Consorzio dei suoli in questione in relazione alla alterata fisionomia e funzione dei terreni e alla non giustificata fruizione degli stessi costituisce condotta in cui sono ravvisabili i caratteri dell’illecito secondo il modello della responsabilità aquiliana in termini di colpa oltrechè di evento dannoso e di nesso di causalità ( Cons. Stato Sez. IV 10 dicembre 2009 n.7744).

In forza delle suestese annotazioni l’appello si appalesa infondato e va respinto , con conseguente conferma delle statuizioni rese con l’impugnata sentenza, fermo restando, ai fini per cui è causa , le precisazioni e i distinguo sopra evidenziati da questo giudicante, in sede di definizione del primo motivo d’appello recante la denuncia di un errore di fatto di carattere revocatorio.

Quanto alle spese e competenze del presente grado del giudizio, sussistono giusti motivi, avuto riguardo alla peculiarità della vicenda all’esame per compensarle tra le parti, fermo restando quanto già statuito in sede di sentenza interlocutoria n. 6624/2011 e cioè che le spese relative alla verificazione vanno poste a carico della parte soccombente e liquidate come da nota giustificativa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando sull’appello in epigrafe indicato , lo Rigetta con le precisazioni di cui in motivazione.

Condanna la parte soccombente al pagamento relative alle spese della espletata verificazione e compensa tra le parti le restanti spese e competenze del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 maggio 2012 con l'intervento dei magistrati:

Sergio De Felice, Presidente FF

Diego Sabatino, Consigliere

Guido Romano, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere, Estensore

Fulvio Rocco, Consigliere

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 03/10/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)