Cons. Stato Sez. IV n.5986 dell' 11 novembre 2011
Ambiente in genere. Legittimazione ad impugnare

La legittimazione ad impugnare i provvedimenti lesivi di interessi ambientali viene riconosciuta non soltanto alle associazioni (ed ai comitati stabili) cui tale facoltà è stata conferita con legge (art.13 legge n.349 del 1986), ma anche ai soggetti, da questi ultimi diversi, siano essi singoli o collettivi, e ,in quest’ultimo caso, vuoi che si tratti di meri comitati sorti spontaneamente al precipuo scopo di proteggere l’ambiente, la salute e/o la qualità della vita delle popolazioni residenti su un circoscritto territorio, vuoi che si tratti di singole persone fisiche in posizione differenziata sulla base del criterio della vicinitas quale elemento qualificante dell’interesse a ricorrere

N. 05986/2011REG.PROV.COLL.

N. 01228/2011 REG.RIC.

N. 01275/2011 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1228 del 2011, proposto da:
Consorzio San Sosimo, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avv. Paolo Stella Richter, Maria Lucia D'Ettorre, con domicilio eletto presso il primo in Roma, viale Mazzini, n. 11;
e da:
Franco Ripamonti s.r.l., Wood di Cefis Antonio, Helvetia 2 s.r.l., Neohabita s.r.l., W.M.S. s.r.l., Bremi Ascensori s.r.l., Capelli Serramenti s.r.l., Elle-Immobil s.r.l., Locatelli s.p.a., Impresa Malvestiti Daniele, anch’esse rappresentate e difese dagli avv. Maria Lucia D'Ettorre, Paolo Stella Richter, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, viale Mazzini, n.11;

contro

-Comitato dell'Isola per la Difesa dell'Ambiente e della Salute, in persona del
legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avv. Maria Stefania Masini, Paola Brambilla; con domicilio eletto presso la prima in Roma, via della Vite, n.7;
-Italia Nostra Onlus in persona del legale rappresentante, non costituita in giudizio;

nei confronti di

-Comune di Palazzago, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv. Lucilla Nola, Sebastiano Ribaudo, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, P.le Clodio, n. 1;
-Provincia di Bergamo, in persona del Presidente pro-tempore, non costituita;



sul ricorso numero di registro generale 1275 del 2011, proposto da:
Comune di Palazzago, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv. Lucilla Nola, Sebastiano Ribaudo, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, P.le Clodio, 1;

contro

-Comitato dell'Isola per la Difesa dell'Ambiente e della Salute, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avv. Paola Brambilla, Maria Stefania Masini, con domicilio eletto presso quest’ultima in Roma, via della Vite, n. 7;
-Italia Nostra Onlus, in persona del legale rappresentante, non costituita in giudizio;
-Locatelli s.p.a.., Impresa Malvestiti Daniele, in persona dei rispettivi legali rappresentanti, non costituite in giudizio;
-Provincia di Bergamo in persona del legale rappresentante ,non costituita in giudizio;


nei confronti di

-Consorzio di San Sosimo, in persona del legale rappresentante, non costituito in giudizio;

per la riforma,

con entrambi i ricorsi,

della sentenza del T.a.r. Lombardia - Sez. Staccata Di Brescia: Sezione I n. 02411/2010, resa tra le parti, concernente LOCALIZZAZIONE DI IMPIANTI PRODUTTIVI ex art.5 d.p.r. n.447/1998

 

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comitato dell'Isola per la Difesa dell'Ambiente e della Salute (in entrambi i ricorsi) e di Comune di Palazzago nel ricorso del Consorzio;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 ottobre 2011 il Cons. Sandro Aureli e uditi per le parti gli avvocati Pasquale Di Rienzo in sostituzione di Paolo Stella Richter, Giovanni C. Sciacca in sostituzione di Maria Stefania Masini, Sebastiano Ribaudo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Con delibera n. 27 del 28 maggio 2009, il Consiglio comunale di Palazzago ha approvato, ai sensi dell’art.5 del D.P.R. 447/1998 e dell’art. 97 L.R. 12/2005, e quindi con procedura semplificata di variante alle previsioni del P.RG., un progetto di intervento finalizzato alla localizzazione di dieci nuovi impianti produttivi in aree della località San Sosimo.

Con ricorso collettivo proprosto da Italia Nostra Onlus e dal Comitato dell’Isola per la Difesa dell’Ambiente e della Salute detta delibera consiliare è stata impugnata e, ad esito del giudizio di primo grado, annullata con la sentenza in epigrafe.

Con appelli proposti separatamente sia dal Comune di Palazzago che dal Consorzio San Sosimo costituito tra le ditte interessate all’approvazione del detta variante, viene chiesta la riforma della sentenza sulla base di argomentazioni di contenuto sostanzialmente analogo, deducendosi, in particolare, e preliminarmente, il difetto di legittimazione degli enti ricorrenti, e nel merito la violazione degli artt.. 5 del D.P.R. n.447/1998 e 97 della legge regionale n.12/2005, avendo il primo giudice erroneamente ritenuto l’assenza di motivazione circa l’insufficienza di aree situate nella zona destinata dal P.R.G. ad insediamenti produttivi, con conseguente illegittima approvazione della variante semplificata oggetto di contestazione.

Le parti appellanti hanno riproposto in questa sede anche le contestazioni già articolate in primo grado, per chiedere il rigetto dei motivi di ricorso che il primo giudice ha dichiarato “assorbiti”, e che il Comitato intimato, a sua volta, ha riproposto in questa fase attraverso le memorie di costituzione, di identico contenuto, depositate in entrambi gli appelli con le quali ha chiesto la conferma della sentenza impugnata.

Il Comune di Palazzago, si è costituito nel giudizio promosso dal Consorzio San Sosimo (n.1228/2011) e ha qui depositato due memorie, con le quali, oltre ad illustrare le proprie argomentazioni critiche alla sentenza impugnata, da un lato, ha chiesto che i due giudizi vengano riuniti e, dall’altro, ha eccepito la tardività della costituzione del Comitato intimato, essendosi esso costituito tardivamente per violazione del termine decadenziale previsto dall’art.46 c.p.a..

Anche il Consorzio San Sosimo ha presentato memorie, eseguendone, però, il deposito soltanto nel giudizio da esso stesso promosso.

All’udienza del 18 ottobre 2011, i ricorsi in epigrafe sono stati insieme chiamati e trattenuti in decisione.

I due gravami in epigrafe vanno riuniti ex art.96 c.p.a., essendo stati proposti per la riforma della medesima sentenza.

La questione che la Sezione viene chiamata ad esaminare e decidere riguarda una proposta di intervento finalizzata alla realizzazione di un “polo produttivo multifunzionale”, con un’estensione di mq. 17.427,00 di superficie coperta e di mq. 33.191,47 di superficie complessiva.

Si deve in particolare stabilire se tale intervento sia compatibile con gli artt. 5 del D.P.R. n.447/1998 e 97 della legge regionale Lombardia n.12 del 2005; norme alle quali la deliberazione consiliare di approvazione impugnata si è voluta riferire in modo esplicito.

La soluzione della questione di merito sopra succintamente anticipata deve essere preceduta dall’esame dell’eccezione di inammissibilità per difetto di legittimazione a ricorrere che gli enti appellanti hanno in questa sede riproposto, dopo il suo rigetto ad opera del giudice di prime cure, giunto alla relativa affermazione contraria tanto per Italia Nostra Onlus, che per il Comitato dell’Isola per la Tutela dell’Ambiente e della Salute.

Al riguardo la Sezione ritiene di dover confermare il capo dell’impugnata decisione reiettivo dell’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado (appunto per carenza di legittimazione attiva in capo alle parti appellate).

Per meglio inquadrare l’ambito di valutazione che l’eccezione in esame comporta, va chiarito che le parti appellanti non contestano, quanto meno rispetto ad Italia Nostra Onlus, la legittimazione a ricorrere se ed in quanto fosse stata prospettata la lesione di interessi di natura ambientale . Ritengono, però, che nella controversia in esame la lesione rappresentata dalle parti ricorrenti attenga ad interessi di natura prettamente urbanistica, essendo contestata una variante al P.R.G. finalizzata al mutamento dell’azzonamento di una parte del territorio comunale , denominata “San Sosimo”, che né è gravata da vincoli ambientali , né è stata riconosciuta di pregio ambientale.

Al riguardo, in primo luogo, il Collegio non ritiene di discostarsi dall’orientamento secondo il quale, nel nostro ordinamento, la legittimazione ad impugnare i provvedimenti lesivi di interessi ambientali viene riconosciuta non soltanto alle associazioni (ed ai comitati stabili) cui tale facoltà è stata conferita con legge (art.13 legge n.349 del 1986), ma anche ai soggetti, da questi ultimi diversi, siano essi singoli o collettivi, e ,in quest’ultimo caso, vuoi che si tratti di meri comitati sorti spontaneamente al precipuo scopo di proteggere l’ambiente, la salute e/o la qualità della vita delle popolazioni residenti su un circoscritto territorio, vuoi che si tratti di singole persone fisiche in posizione differenziata sulla base del criterio della vicinitas quale elemento qualificante dell’interesse a ricorrere (C.d.S. Sez. VI, 13 settembre 2010, n. 6554).

Nella controversia in esame, va, dunque, riconosciuta la legittimazione a ricorrere, in relazione all’aspetto fin qui in considerazione, non solo ad Italia Nostra Onlus in base alla menzionata norma, ma anche al Comitato dell’Isola per la Difesa dell’Ambiente e della Salute, quest’ultimo essendo un’aggregazione di cittadini che agisce nell’area dell’ “Isola” bergamasca, di cui fa parte il Comune di Palazzago, costituitosi in forma strutturata e “comitale” (anno 1998) al fine specifico di tutelare i territori che ne fanno parte dai danni al peculiare ambiente che li caratterizza.

In secondo luogo, quanto alla lesività della deliberazione consiliare impugnata (n.27 del 28 maggio 2009) nei riguardi degli interessi ambientali per la cui tutela i soggetti anzidetti hanno promosso il presente giudizio, è utile ricordare che “la materia ambientale per le peculiari caratteristiche del bene protetto, si atteggia in modo particolare: la tutela dell’ambiente, infatti, lungi dal costituire un autonomo settore d’intervento dei pubblici poteri, assume il ruolo unificante e finalizzante di distinte tutele giuridiche predisposte a favore dei diversi beni della vita che nell’ambiente si collocano (assumendo un carattere per così dire trasversale rispetto alle ordinarie materie e competenze amministrative, che connotano anche le distinzioni fra ministeri” (v. sentenza da ultimo citata).

Ora, non occorre spendere molte parole per convincersi della stretta relazione che sempre più spesso corre tra l’urbanistica e l’ambiente e di quanto frequentemente, quindi, i contenuti della pianificazione urbanistica vengano inscindibilmente intrecciati con quelli della tutela ambientale, non foss’altro per il fatto che il territorio, inteso in tutte le sue accezioni, è un bene fondamentale avente carattere costitutivo dello stesso bene “ambiente”.

Ma anche se di ciò non si volesse tener conto, dovendosi evitare generalizzazioni che potrebbero ampliare gli spazi della tutela giurisdizionale fino a raggiungere i confini dell’azione popolare, che, come noto, non è consentita dal nostro ordinamento(salvi i limitati casi espressamente previsti), va comunque rilevato che nella fattispecie in esame va richiamato l’orientamento di questo Consesso al quale ha fatto appello anche la sentenza impugnata.

In quest’ultima, invero, seguendosi in particolare un orientamento che questa Sezione ha già condiviso anche recentemente (v. CdS , Sez. IV, 14 aprile 2011, n. 2329, e sentenze in essa richiamate) è stato valorizzato, ai fini della verifica della legittimazione a ricorrere, il metodo di procedere ad un esame caso per caso, con l’obiettivo di stabilire se l’impugnazione del provvedimento di cui si chiede l’annullamento, sia pure per violazione della norma urbanistica, non riguardi , in realtà, la lesione dell’interesse ambientale, essendo piuttosto la tutela di quest’ultimo a rappresentare la vera ragione dell’azione giurisdizionale promossa.

Sotto tale prospettiva, l’indagine nella fattispecie in esame conduce ad un risultato di contenuto positivo, poiché la medesima fattispecie consente di evidenziare, in linea con quanto ritenuto dal giudice di prime cure, che tutto il territorio del Comune di Palazzago nel piano territoriale paesistico regionale ( P.R.T) è stato qualificato come “ambito ad elevata valenza naturale”(art.17); ditalché non pare si possa dubitare della legittimazione a ricorrere dei soggetti anzidetti sol che si osservi che, con l’intervento in variante al P.R.G. per cui è causa, viene in sostanza quasi raddoppiata la dotazione delle aree fin qui destinate nel territorio comunale ad impianti produttivi, oltretutto mutandosi l’originaria destinazione di zona agricola a bassa densità edilizia della località San Sosimo che ne viene interessata.

Venendo al merito della controversia, la Sezione osserva che il giudice di prime cure ha accolto il ricorso ravvisando la violazione dell’art 5 d.p.r. 447/1998, sotto il profilo dell’assenza di motivazione in ordine all’esigenza di reperire aree produttive per dar spazio ad esigenze di sviluppo della comunità locale oltre quelle già previste dal P.R.G., ma ritenute insufficienti dal Comune per consentire l’intervento proposto dal Consorzio San Sosimo, al punto da ricorrere alla variante urbanistica semplificata di cui alla menzionata norma.

A tal proposito, la Sezione deve anzitutto segnalare che l’orientamento di questo Consesso nella materia in esame è sempre stato nel senso di affermare la centralità della pianificazione, cercando di assicurarne l’effettività, con la conseguenza che è stata sempre fornita una lettura particolarmente restrittiva delle disposizioni legislative concernenti modelli che in qualche modo incidono profondamente sulle logiche pianificatorie.

E’ per tale ragione che è stato avversato l’eccessivo utilizzo di strumenti pesantemente derogatori, quali quello ex art. 5 d.P.R. n. 447/’98 (c.d. regolamento sullo sportello unico delle attività produttive; per la semplificazione ed il riordino della disciplina sullo sportello unico è stato di recente approvato il d.P.R. 7 settembre 2010, n. 160).

In proposito va subito affermato che il citato art. 5 concerne l’ipotesi della presentazione di uno specifico progetto di insediamento produttivo la cui realizzazione comporta la variazione dello strumento urbanistico comunale vigente.

La fattispecie deve essere letta in correlazione con il precedente art. 2, il quale regola invece l’ipotesi, di portata più generale ed astratta, in cui l’Amministrazione comunale intenda individuare talune aree del proprio territorio da destinare agli impianti produttivi, anche in variante alla strumentazione urbanistica di cui essa sia dotata.

Si tratta in quest’ultimo caso di un’azione amministrativa che si svolge a un livello macrourbanistico ed è finalizzata alla provvista generale di aree su cui poter localizzare gli impianti produttivi: mediante questo procedimento la P.A. comunale può predisporre le infrastrutture necessarie ad ospitare gli insediamenti industriali il cui assenso alla realizzazione le venga poi domandato.

L’ipotesi regolata dall’art. 5 configura invece una procedura di variazione puntuale dello strumento urbanistico, cui la P.A. comunale può addivenire in presenza di una domanda di realizzazione di un determinato insediamento produttivo.

È chiara allora la differenza tra la procedura ex art. 5 e quindi anche ex art.97 L.R. n.12/2005, e quella ex art. 2, a proposito delle quali, nella deliberazione consiliare impugnata, si propugna erroneamente un’equivalenza del tutto insussistente; mentre la seconda opera infatti ad un livello macrourbanistico; la prima interviene ha natura microurbanistica ed è finalizzata all’insediamento di un singolo impianto produttivo (Cons. Stato, 21 giugno 2005, n. 3243; Cons. Stato, 19 giugno 2006, n. 3606; Cons. Stato, 12 settembre 2007, n. 4821).

Il “polo produttivo multifunzionale” che il Comune intende realizzare è quindi certamente fuori scala rispetto allo strumento procedimentale utilizzato per favorirne l’insediamento, essendo esso finalizzato non già all’approvazione in variante di un unico progetto, bensì di ben dieci impianti produttivi, tra i quali, peraltro, non vi è alcuna omogeneità né funzionale, né dimensionale , né produttiva, essendo essi intesi a produrre beni tra loro affatto diversi; diversità che la creazione di un “Consorzio” tra le aziende future titolari, ai fini della corretta applicazione delle norme citate, non vale certo ad obliterare.

Del tutto strumentale appare quindi la pretesa di considerare l’intervento in parola, artificiosamente denominato “progetto”, come un progetto unico ed unitario.

Ciò premesso e venendo quindi al giudizio d’insufficienza delle aree produttivi individuate dal PRG., la Sezione ritiene, replicando alle critiche mosse dalle parti appellanti alla sentenza gravata, che gli argomenti del primo giudice siano pienamente condivisibili ;anzi dagli atti di causa emergono aspetti che illustrano ulteriormente il difetto di motivazione in primo grado rilevato.

Sulla premessa, sopra evidenziata, cioè che la pianificazione urbanistica non può essere utilizzata per determinare un consumo ingiustificato di territorio, obiettivo del resto accolto dal Piano Territoriale Comprensoriale Provinciale, appare doveroso osservare che la valutazione d’insufficienza delle aree produttivi affermata nella deliberazione impugnata deve essere sottoposta a severa critica.

In tale prospettiva va anzitutto premesso che l’insufficienza delle aree nel P.R.G. - che l’art.5 del d.p.r. n.447 del 1998 richiede come conditio sine qua non per procedere all’approvazione della variante semplificata - va intesa in senso rigoroso, non essendo il Comune tenuto ad assecondare l’approvazione di iniziative genericamente volte all’incremento dell’attività produttiva nel territorio il che, come tale, non rientra certamente tra gli obiettivi che la norma in commento si propone.

Merita allora d’essere evidenziato che nella delibera consiliare impugnata si afferma l’insufficienza delle aree a destinazione produttiva presenti nel Comune, ma in realtà esse sono ritenute tali solo nella misura in cui non consentono di realizzare il “polo produttivo multifunzionale” in parola; questo viene dunque configurato come intervento vincolante ed inscindibile, senza, però, che di tale caratterizzazione emergano in alcun modo le ragioni, tanto più che queste ad una prima valutazione, appaiono, come già accennato, del tutto insussistenti.

Non può in tale ambito essere allora trascurato di rilevare che, nel settore D1 della zona produttiva esistente, sono pacificamente disponibili, senza che se ne sia tenuto conto, 2.700 mq, che, seppure insufficienti ad allocare l’intero “polo produttivo multimediale” sono però sufficienti, per quanto emerge dall’istanza presentata al SUAP dalle ditte che ne fanno parte, all’insediamento di almeno due degli impianti che si intendono realizzare.

Allo stesso modo, nella zona D3 sono sicuramente presenti aree libere la cui insufficienza viene fatta discendere dall’essere “destinate agli ampliamenti” degli impianti produttivi esistenti.

Senonché, di tale implicita indisponibilità si è fatto carico aprioristicamente il Comune, quando era sulle ditte del partecipanti al Consorzio che doveva ricadere invece l’onere di dimostrare l’impossibilità di acquisirle dai rispettivi proprietari; mentre il Comune stesso, piuttosto che affermare apoditticamente l’insufficienza delle aree del P.R.G., non avrebbe dovuto sottrarsi all’obbligo di motivare in ordine alla sostenibilità territoriale di tutti gli interventi ricompresi nel “polo”, quando quegli ampliamenti, nella vigenza del Piano, fossero stati finalizzati.

Vero è, in conclusione, che, quando si pretende di realizzare un intervento per impianti produttivi con dimensioni vaste come quelle in argomento, l’insufficienza delle aree del P.r.g. è, per così dire, in re ipsa, con il risultato di far emergere l’insostenibilità della pretesa di invocare a tal fine l’art. 5 del D.P.R. n.447 del 1998; rilievo quest’ultimo che vale anche rispetto all’art. 97 della legge regionale lombarda n.12 del 2005 , dove il riferimento testuale ai “progetti presentati” non dà spazio ad ipotesi come quella qui discussa, bensì va intesa nel solo significato di non costituire discriminazione aprioristica verso alcuna tipologia di “progetto”, trovando la norma applicazione, ferma la sua innegabile portata derogatoria, per qualunque struttura dell’impianto produttivo e per qualunque bene in esso prodotto.

Per le considerazioni esposte gli appelli qui riuniti vanno, in conclusione, respinti

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti , li riunisce e li respinge.

Condanna le parti appellanti al pagamento delle spese di causa, che, per il presente grado, vanno poste a carico di ciascuna della parti appellanti nella misura di euro 5.000,00 (cinquemila/00) oltre accessori.in favore del Comitato costituito.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 ottobre 2011 con l'intervento dei magistrati:

Paolo Numerico, Presidente

Sandro Aureli, Consigliere, Estensore

Raffaele Greco, Consigliere

Silvia La Guardia, Consigliere

Umberto Realfonzo, Consigliere





L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE










DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 11/11/2011