Cass. Sez. III n. 8273 del 3 marzo 2010 (CC 25 nov. 2009)
Pres. Grassi Est. Marmo Ric. De Nicolo
Aria. Articolo 674 c.p.

L’art. 674 c.p. non prevede due distinte ed autonome ipotesi di reato ma un reato unico, in quanto la condotta, consistente nel provocare emissioni di gas, vapori o fumo rappresenta una specie del più ampio genere costituito dal gettare o versare cose atte ad offendere, imbrattare o molestare persone. La previsione della condotta di provocare emissioni ha, in sostanza, il solo fine di specificare che, quando si tratta di attività disciplinata dalla legge, la rilevanza penale delle emissioni è subordinata al superamento dei limiti e delle prescrizioni di settore. Ove tali limiti e prescrizioni di settore non vi siano, come nel caso in esame, l’emissione va considerata idonea ad offendere o a molestare le persone anche sulla base del mero dato olfattivo, come del resto riconosciuto anche a livello europeo.
UDIENZA del 25.11.2009

SENTENZA N. 12091

REG. GENERALE N. .22616/2009


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:


Dott. ALDO GRASSI Presidente
1.Dott. MARIO GENTILE Consigliere
2. " MARGHERITA MARMO Cons.Relatore
3. " MARIA SILVIA SENSINI Consigliere
4. " SANTI GAllARRA Consigliere

ha pronunciato la seguente:


SENTENZA



sul ricorso proposto da:

- DE NICOLO MARIO N. il 00/00/0000 avverso la SENTENZA n. 22323/2007 TRIB. SEZ. DIST. di RUVO di PUGLIA del 23/04/2009
- Visti gli atti, la sentenza denunziata e il ricorso, Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere dott. MARMO MARGHERITA
- Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. SINISCALCHI ANTONIO che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con sentenza pronunciata il 23 aprile 2009 il Tribunale di Trani, sezione distaccata Ruvo di Puglia, dichiarava Mario DE NICOLO colpevole del reato di cui agli artt. 81/ 674 c.p., per avere provocato emissione di vapori maleodoranti derivanti dalla cattiva tenuta di prodotti fitosanitari all'interno del suo deposito e nel cortile di sua proprietà sito in Terlizzi via Cortili 3 (il17 gennaio 2005) e, con l'esclusione della contestata recidiva, condannava alla pena di giorni quindici di arresto.


Ha proposto ricorso per cassazione l'imputato chiedendo l'annullamento dell'impugnata sentenza per il motivo che sarà nel prosieguo analizzato.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Con un unico articolato motivo il ricorrente lamenta la violazione della legge penale e di altre norme di cui si deve tenere conto nell'applicazione della legge penale rilevando che non era ipotizzabile la contravvenzione di cui all'art.674 c.p., non essendo stato riscontrato, né essendo stata raggiunta la prova valida del superamento dei limiti imposi dalla legge.


Secondo il ricorrente il problema maggiore che pone la lettura della norma contenuta nell'art. 674 c.p. è quello dell'interpretazione dell'inciso "nei casi non consentiti dalla legge" in quanto la giurisprudenza, nell'interpretare tale norma, ha ravvisato l'esigenza di individuare il rapporto tra la stessa e le discipline specifiche di settore, onde offrire al giudicante elementi in concreto per l'accertamento delle caratteristiche qualitative e quantitative delle emissioni, nonché il rispetto della tollerabilità consentita dai principi ispiranti le leggi di settore.


In tale direzione la giurisprudenza di legittimità aveva affermato che la norma in oggetto trova applicazione nei soli casi in cui l'emissione avvenga in violazione delle norme che regolano l'inquinamento atmosferico, per cui l'inciso darebbe luogo ad una sorta di presunzione di legittimità di quelle emissioni che non superino la soglia fissata dalle leggi speciali in materia. In siffatta ipotesi, ritiene il ricorrente, non è sufficiente, ai fini dell'affermazione della responsabilità penale, che le emissioni siano astrattamente idonee a dare fastidio ma è indispensabile la puntuale e specifica dimostrazione che esse superino gli standards fissati dalla legge.


Pertanto quando le emissioni, pur contenute nei limiti di legge, arrechino concretamente fastidio alle persone superando la normale tollerabilità,devono applicarsi soltanto le norme di carattere civilistico contenute nell'art. 844 c.c.
Nel caso in esame, rileva la difesa dell'imputato, lo stesso giudice nella sentenza impugnata aveva rilevato che non esistono normative specifiche in materia di emissioni gassose provenienti da un deposito di prodotti per l'agricoltura, né limiti di emissioni o standars di qualità degli odori dell'aria come per comuni contaminanti atmosferici. Il giudice della sentenza impugnata era quindi caduto in evidente contraddizione in quanto aveva ritenuto sussistente il reato soltanto sulla base di dichiarazioni testimoniali circa l'entità delle esalazioni maleodoranti.
In proposito non poteva essere ritenuta avente valenza probatoria, in ordine all'entità delle esalazioni, la capacità sensoriale e olfattiva della parte lesa, paragonata al criterio di indagine " del naso di un panel di valutatori" e comunque tale da renderla penalmente valutabile.


Rileva il Collegio che il motivo è infondato.


Come ha correttamente rilevato il giudice di merito, l'art. 674 c.p. non prevede due distinte ed autonome ipotesi di reato ma un reato unico, in quanto la condotta, consistente nel provocare emissioni di gas, vapori o fumo rappresenta una specie del più ampio genere costituito dal gettare o versare cose atte ad offendere, imbrattare o molestare persone. La previsione della condotta di provocare emissioni ha, in sostanza, il solo fine di specificare che, quando si tratta di attività disciplinata dalla legge, la rilevanza penale delle emissioni è subordinata al superamento dei limiti e delle prescrizioni di settore. Ove tali limiti e prescrizioni di settore non vi siano, come nel caso in esame, l'emissione va considerata idonea ad offendere o a molestare le persone anche sulla base del mero dato olfattivo, come del resto riconosciuto anche a livello europeo.
La motivazione della Corte di merito è conforme al principio di diritto affermato da consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui non esiste una normativa specifica che preveda un limite di tollerabilità in materia di odori di esercizi di vendita di prodotti fitosanitari, sicchè deve ritenersi integrato il reato di cui all'art. 674 c.p. quando sia stato superato il limite della stretta tollerabilità delle emissioni ( vedi in tal senso Cass. pen. sez. III sent. 9 ottobre 2007, n. 2475).
In proposito questa Corte ha precisato ( vedi per tutte Cass. pen. sez. III sent. 27 marzo 2008, n. 19206, rv 239874) che " in tema di emissioni idonee a creare molestie alle persone, laddove trattandosi di odori, manchi la possibilità di accertare obiettivamente, con adeguati strumenti, l'intensità delle emissioni, il giudizio sull'esistenza e sulla non tollerabilità delle emissioni stesse ben può basarsi sulle dichiarazioni di testi, specie se a diretta conoscenza dei fatti, quando tali dichiarazioni non si risolvano nell'espressione di valutazioni meramente soggettive o in giudizi di natura tecnica, ma consistano nel riferimento a quanto oggettivamente percepito dagli stessi dichiaranti" ( vedi anche Cass. pen. sez. III sent. 21 settembre 2007, n. 38073, rv 237844).


Nel caso in esame la Corte di merito, con congrua ed adeguata motivazione, avente ad oggetto accertamenti di fatto non sindacabili in questa sede di legittimità, ha ritenuto che l'idoneità degli odori provenienti dal deposito dell'imputato a molestare la Maffione, abitante l'appartamento sovrastante, emergeva dalle dichiarazioni rese dalla stessa parte lesa la quale aveva parlato, senza mezzi termini, di "puzza tremenda", da quanto dichiarato dagli altri testi e infine dalla condizioni in cui i prodotti sanitari erano conservati.


Il Tribunale ha in proposito precisato che, come chiarito dal teste La Marca, tecnico per la prevenzione presso l'ASL di Bari, una delle condizioni per la detenzione dei prodotti fitosanitari è che essa avvenga in condizioni tali da evitare rotture e dispersioni e dunque la diffusione di cattivi odori, mentre, nel caso in esame, l'accertata pessima condizione di conservazione dei prodotti aveva causato le emissioni di odori nauseabondi e di puzza insopportabile.
La motivazione del giudice risulta conforme anche alla giurisprudenza di questa Corte ( vedi per tutte Cass. pen. sez. III sent. 1 dicembre 2005, n. 3678, rv 233291) secondo cui " anche le emissioni maleodoranti possono integrare il reato di cui all'art.674 c.p. getto pericoloso di cose, a condizione che presentino un carattere non del tutto momentaneo ed abbiano un impatto negativo, non necessariamente fisico ma anche psichico, sull'esercizio delle normali attività di lavoro e di relazione".


Va quindi respinto il ricorso con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali


P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali


Così deciso in Roma il 25 novembre 2009

DEPOSITATA IN CANCELLERIA 3 MAR. 2010