Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2255, del 6 maggio 2015
Aria.Legittimità ordinanza del sindaco per la disciplina del controllo telematico e delle deroghe per gli accessi alla zona a traffico limitato (Z.T.L.)

La parziale limitazione della liberta di locomozione e di iniziativa economica è sempre giustificata quando derivi dall’esigenza di tutela rafforzata di patrimoni culturali ed ambientali di assoluto rilievo mondiale o nazionale; la gravosità delle limitazioni si giustifica anche alla luce del valore primario ed assoluto riconosciuto dalla Costituzione all’ambiente, al paesaggio, alla salute. I provvedimenti limitativi della circolazione veicolare all'interno dei centri abitati sono espressione di scelte latamente discrezionali, che coprono un arco molto esteso di soluzioni possibili, incidenti su valori costituzionali spesso contrapposti, che devono essere contemperati, secondo criteri di ragionevolezza la cui scelta è rimessa, però, all’autorità competente. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 02255/2015REG.PROV.COLL.

N. 04786/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4786 del 2006, proposto dal Garage Anglo Americano, dal Garage Centrale, dal Garage Giglio (Cb 512 s.r.l.), dal Garage S. Zanobi e S. Orsola (Autoservizi S.r.l.), dal Garage Excelsior (Pitti Servizi s.r.l.), dal Garage Inferno di Paolini Andrea, dal Garage Duomo (Anmicar s.a.s.), dal Garage S. Antonino di Mercatelli A., dalla s.r.l. International Garage, dalla s.a.s. Garage Fosi di Borgia Antonia & C., dalla s.n.c. Grande Garage Ponte Vecchio, dal Garage Nazionale di Carfora Luigi, ciascuna in persona del legale rappresentate pro tempore, tutte rappresentate e difese dall'avvocato Luca Capecchi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Arturo Antonucci in Roma, corso Trieste, n. 87; 

contro

Il Comune di Firenze, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Andrea Sansoni e Maria Athena Lorizio, con domicilio eletto presso quest’ultima in Roma, via Dora, n. 1; 

nei confronti di

La s.p.a. Firenze Parcheggi, non costituita; 

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Toscana - Sezione III - n. 1603 del 13 aprile 2005.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Vistl l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Firenze;

Viste le memorie difensive depositate dalle ditte appellanti (in data 11 e 24 marzo 2015) e dal Comune di Firenze (in data 13 marzo 2015);

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 aprile 2015 il consigliere Vito Poli e uditi per le parti gli avvocati Capecchi e Lorizio;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. L’oggetto del presente giudizio è costituito dall’ordinanza del sindaco di Firenze n. 2004/M/02701 del 22 aprile 2004, recante la disciplina del controllo telematico e delle deroghe per gli accessi alla zona a traffico limitato (Z.T.L.), specie nella parte in cui ha delimitato la zona a traffico limitato (Z.T.L.), ha individuato le cosiddette staffe di penetrazione veicolare e ha definito l’accesso alla zona tramite il controllo telematico e le relative deroghe.

2. Avverso tale provvedimento, hanno proposto il ricorso di primo grado - davanti al T.a.r. per la Toscana – sedici ditte che gestiscono autorimesse private nel centro di Firenze, proponendo sia una domanda di annullamento, affidata a cinque autonomi motivi, sia una domanda di risarcimento del danno.

3. L’impugnata sentenza - T.a.r. per la Toscana - Sezione III - n. 1603 del 13 aprile 2005 –:

a) ha respinto l’eccezione di improcedibilità del ricorso sollevata dalla difesa comunale (tale capo non è stato impugnato ed è coperto dalla forza del giudicato interno);

b) ha respinto, con dovizia di argomenti, sia la domanda di annullamento che quella di risarcimento del danno;

c) ha compensato integralmente fra le parti costituite le spese di lite.

4. Con ricorso ritualmente notificato (in data 16 maggio 2006) e depositato (in data 1 giugno 2006), 14 delle originarie 16 ricorrenti hanno interposto appello avverso la su menzionata sentenza, riproponendo criticamente le censure articolate in primo grado e sollevando doglianze in parte nuove (in particolare nella memoria depositata l’11 marzo 2015).

5. Si è costituito in giudizio il Comune di Firenze, eccependo in rito l’improcedibilità dell’appello e concludendo nel merito per la sua infondatezza.

6. All’udienza pubblica del 10 febbraio 2015, la causa è stata trattenuta in decisione.

7. L’appello è infondato e deve essere respinto.

Preliminarmente il Collegio osserva che:

a) a seguito dell’appello è riemerso l’intero thema decidendum del giudizio di primo grado;

b) il perimetro del giudizio di appello è circoscritto dalle censure ritualmente sollevate in primo grado, sicché non possono essere esaminate le censure nuove proposte per la prima volta dagli appellanti in questa sede, in violazione del divieto dei nova sancito dall’art. 104 c.p.a. e del valore puramente illustrativo delle memorie difensive;

c) pertanto, per comodità espositiva, saranno prese in esame direttamente le censure poste a sostegno del ricorso proposto in prime cure.

8. Prima di esaminare in dettaglio il merito del gravame, va delineato sinteticamente il quadro dei principi elaborati dalla giurisprudenza in ordine alla disciplina della circolazione veicolare, della sosta tariffata e del telecontrollo all’interno dei centri abitati (cfr. da ultimo Cons. Stato, Sez. IV, 4 dicembre 2013, n. 5768; Sez. V, 13 febbraio 2009, n. 859; Sez. V, 13 febbraio 2009, n. 825; Sez. V, 3 febbraio 2009, n. 596; Sez. V, 4 marzo 2008, n. 824; Ad. plen. 6 febbraio 1993, n. 3; Corte cost. 29 gennaio 2005, n. 66; 19 luglio 1996, n. 264, cui si rinvia ai sensi dell’art. 88, co. 2, lett. d), c.p.a.), in forza dei quali:

a) l’art. 16 Cost. non preclude al legislatore la possibilità di adottare, per ragioni di pubblico interesse, misure che influiscano sul movimento della popolazione; è pertanto assodata la legittimità costituzionale di previsioni come quella di cui all’art. 7 del codice della Strada, in quanto l’art. 16 Cost. consente limitazioni giustificate in funzione di altri interessi pubblici egualmente meritevoli di tutela; conseguentemente, non si ritengono utilmente proponibili, nei confronti di provvedimenti amministrativi attuativi del menzionato art. 7, doglianze con cui si lamenta la violazione degli artt. 16 e 41 Cost. quando non sia vietato tout court l’accesso e la circolazione all’intero territorio, ma solo a delimitate, seppur vaste, zone dell’abitato urbano particolarmente esposte alle conseguenze dannose del traffico;

b) la parziale limitazione della liberta di locomozione e di iniziativa economica è sempre giustificata quando derivi dall’esigenza di tutela rafforzata di patrimoni culturali ed ambientali di assoluto rilievo mondiale o nazionale; la gravosità delle limitazioni si giustifica anche alla luce del valore primario ed assoluto riconosciuto dalla Costituzione all’ambiente, al paesaggio, alla salute;

c) si reputa legittima la diversità del regime circolatorio in base al tipo, alla funzione ed alla provenienza dei mezzi di trasporto, specie quando la nuova disciplina sia introdotta gradualmente e senza soluzioni di continuità;

d) il pagamento per la sosta del veicolo o per l’accesso alle zone a traffico limitato non si può accomunare ad un tributo o ad una prestazione patrimoniale imposta, quanto, piuttosto, ad una sorta di corrispettivo, commisurato ai tempi e ai luoghi della sosta, di una utilizzazione particolare della strada, rimessa ad una scelta dell'utente non priva di alternative, con la conseguenza che tale corrispettivo risulta privo di uno dei fondamentali requisiti che sono ritenuti indispensabili affinché possa individuarsi una prestazione patrimoniale imposta, e ciò esclude che si applicano i principi garantistici desumibili dagli artt. 23 e 53 Cost.;

e) i provvedimenti limitativi della circolazione veicolare all'interno dei centri abitati sono espressione di scelte latamente discrezionali, che coprono un arco molto esteso di soluzioni possibili, incidenti su valori costituzionali spesso contrapposti, che devono essere contemperati, secondo criteri di ragionevolezza la cui scelta è rimessa, però, all’autorità competente;

f) in particolare l'uso delle strade, specie con mezzi di trasporto, può essere regolato sulla base di esigenze che, sebbene trascendano il campo della sicurezza e della sanità, attengono al buon regime della cosa pubblica, alla sua conservazione, alla disciplina che gli utenti debbono osservare ed alle eventuali prestazioni che essi sono tenuti a compiere;

g) la tipologia dei limiti (divieti, diversità temporali o di utilizzazioni, subordinazione a certe condizioni) viene articolata dalla pubblica autorità tenendo conto dei vari elementi rilevanti: diversità dei mezzi impiegati, impatto ambientale, situazione topografica o dei servizi pubblici, conseguenze pregiudizievoli derivanti dall'uso indiscriminato del mezzo privato; si tratta pur sempre, però, di una disciplina funzionale alla pluralità degli interessi pubblici meritevoli di tutela ed alle diverse esigenze, e sempre che queste rispondano a criteri di ragionevolezza il cui sindacato deve essere compiuto dal giudice amministrativo, in ossequio al principio di separazione dei poteri ed alla tassatività dei casi di giurisdizione di merito, ab externo nei limiti della abnormità;

h) con particolare riguarda alla sosta tariffata, anche all’interno di autorimesse, si ritiene che tale metodo possa costituire ormai in tutti i centri densamente abitati del mondo uno degli strumenti essenziali per la limitazione della circolazione, al fine di superare le enormi criticità ambientali dell’inquinamento acustico ed atmosferico per i centri storici e le aree immediatamente adiacenti; si ritiene pertanto legittima la delibera con la quale si istituiscono zone di parcheggio a pagamento pur senza la contemporanea realizzazione nelle immediate vicinanze di zone di parcheggio gratuite.

8.1. Con il primo motivo del ricorso di primo grado (pagine 13 – 20), si lamenta, sotto plurimi profili, il diverso e ingiustificato trattamento di favore che sarebbe stato riservato dal Comune ai parcheggi gestiti dalla s.p.a. mista Firenze Parcheggi, rispetto a quello ‘discriminatorio’ subito dai ricorrenti; si contesta: la singolarità della conformazione della Z.T.L. che sarebbe stata disegnata intenzionalmente per lasciare fuori, attraverso le c.d. staffe di penetrazione veicolare, proprio i parcheggi pubblici; la gravosità degli adempimenti imposti ai titolari delle rimesse private ed ai loro clienti; la disparità di trattamento in relazione agli accorgimenti posti in essere in favore dei clienti degli alberghi ubicati nel centro; la lesione della libera concorrenza a cagione della creazione di un monopolio di fatto; la concorrenza sleale e lo sviamento commerciale conseguenti alla possibilità che la società Firenze Parcheggi utilizzi, al fine di elaborare una ‘strategia commerciale predatoria’, i dati acquisiti in virtù del monitoraggio telematico in quanto gestore del servizio di segnalazione alla Direzione Mobilità del comune.

8.1.1. Il motivo è sia inammissibile che infondato e deve essere respinto nella sua globalità.

8.1.2. Sono inammissibili le censure che impingono il merito delle valutazioni riservate all’amministrazione e che introducono mere congetture.

Sono infondate tutte le altre doglianze, in quanto sono rimaste prive di adeguati riscontri probatori. La disparità di trattamento, inoltre, non è configurabile in considerazione della diversità di situazioni messe a confronto (anche a livello di ubicazione e capienza delle autorimesse pubbliche e private nonché di vicinanza alla stazione ferroviaria ed al mercato centrale), nonché in relazione alla scelta degli itinerari di penetrazione veicolare nel centro storico (pure finalizzata alla gestione della rete della mobilità urbana).

Sul punto il Collegio rinvia al parere della II Sezione del Consiglio di Stato (26 gennaio 2011, n. 191/2006) – reso in sede di decisione sul ricorso straordinario proposto anche da alcuni degli odierni appellanti avverso l’ordinanza sindacale del Comune di Firenze 27 gennaio 2005, n. 2005/M/500, che aveva modificato alcuni aspetti della disciplina recata dalla precedente ordinanza 22 aprile 2004 oggetto di questo giudizio – che ha respinto doglianze del tutto analoghe a quelle poste a base del presente gravame; in particolare il parere ha escluso ogni forma di discriminazione in favore della società mista e a danno delle autorimesse private.

8.2. Con il secondo motivo del ricorso di primo grado (pagine 20 – 25), si deduce il contrasto dell’impugnato provvedimento con i parametri rappresentati dagli artt. 16, 23 e 53 della Costituzione; si tratterebbe di prestazioni patrimoniali e personali imposte, prive di copertura legislativa; si contesta l’esiguità dei contrassegni e telepass rilasciati alle autorimesse private, la farraginosità e l’onerosità del meccanismo di controllo, la mancata indicazione dei costi effettivi sostenuti dal Comune.

8.2.1. Il motivo è infondato.

8.2.2. Sulla inconsistenza dei richiami agli artt. 16, 23 e 53 della Costituzione, va rinviato a quanto osservato al precedente § 8 ed al richiamato parere della II Sezione di questo Consiglio.

Per il resto, le affermazioni dei ricorrenti risultano inaccoglibili, perché:

a) il comune ha posto in essere una adeguata attività istruttoria confluita in un provvedimento che, in considerazione della sua natura di atto generale, non richiede una motivazione dettagliata con riferimento alle singole posizioni individuali;

b) le situazioni messe a confronto sono totalmente disomogenee, sicché non può configurarsi alcun profilo di disparità di trattamento;

c) l’individuazione del punto di equilibrio fra le varie esigenze ed i contrapposti interessi appartiene al merito dell’azione amministrativa.

8.3. Con il terzo motivo del ricorso di primo grado (pagine 25 -30), si deduce la violazione degli artt. 16 e 120 della Costituzione; lo squilibrio irrazionale fra la tutela dell’ambiente e della salute, da un lato, e la libertà di circolazione e di impresa, dall’altro; l’inidoneità delle misure prescelte a garantire la fluidificazione della circolazione.

8.3.1. Il motivo è sia inammissibile che infondato e deve essere respinto nella sua globalità.

8.3.2. Sono inammissibili le censure che impingono il merito delle valutazioni riservate all’amministrazione.

Sono infondate, alla luce dei principi esposti al § 8, le doglianze incentrate sulla lesione della libertà di circolazione garantita dall’art. 16 Cost.

E’ del tutto inconferente il richiamo all’art. 120 Cost., che introduce limiti al potere legislativo delle Regioni in materia di dazi, libera circolazione delle cose, delle persone e dei lavoratori e che disciplina i poteri sostitutivi del Governo nei confronti degli enti territoriali.

8.4. Con il quarto motivo del ricorso di primo grado (pagine 30 – 31), si sostiene che il provvedimento comunale contrasterebbe con le circolari del Ministero dell’interno in data 2 ottobre 2002 e 8 aprile 2003 – attuative dell’art. 4, l. n. 168 del 2002, nella parte in cui ammettono l’uso di sistemi di telecontrollo in presenza di determinati presupposti – non essendo stata svolta dall’ente una adeguata istruttoria per accertare la sussistenza di tali presupposti.

8.4.1. Il motivo è infondato.

8.4.2. Sul punto, va richiamato il più volte menzionato parere n. 191/2011, che – con considerazioni rilevanti anche in questa sede - ha espressamente escluso ogni inadeguatezza istruttoria, evidenziando la circostanza che il Ministero competente ha autorizzato il Comune di Firenze all’utilizzo di sistemi di controllo elettronico degli accessi alle Z.T.L. (autorizzazione n. 897 del 19 giugno 2003). Inoltre, come esattamente rilevato dal T.a.r. la determinazione del Comune di avvalersi del telecontrollo è stata effettuata con la delibera giuntale n. 995/867 del 28 novembre 2002, non impugnata.

8.5. Con il quinto motivo del ricorso di primo grado (pagine 31 – 34), è stata dedotta la violazione della disciplina sulla tutela della riservatezza di cui alla l. n. 675 del 1996; in particolare si contesta la violazione delle disposizioni impartite dal Garante in data 20 novembre 2000, sotto il profilo della sproporzione dei dati raccolti dal Comune rispetto alle effettive necessità del sistema.

8.5.1. Il motivo è inammissibile e infondato e deve essere respinto nella sua globalità.

8.5.2. Un primo profilo di inammissibilità si coglie nel fatto che i ricorrenti, in sede di appello, si sono limitati a reiterare il corrispondete motivo di primo grado senza muovere alcuna critica al correlato capo della sentenza che aveva dichiarato le censure inammissibili (per difetto di giurisdizione e di interesse ad agire) e comunque tardive.

Nel merito della doglianza, vanno richiamati i principi elaborati dalla Corte di Cassazione - in punto di cautele e precauzioni esigibili dalle pubbliche autorità antecedentemente al provvedimento generale del garante in data 8 aprile 2010 in materia di video sorveglianza finalizzata all’accesso alle Z.T.L. - secondo cui gli unici obblighi effettivamente rinvenibili nell’ordinamento di settore erano quelli relativi all’acquisizione dell’autorizzazione ministeriale all’uso di congegni elettronici omologati e la segnalazione tramite apposita cartellonistica (cfr. ex plurimis Cass. civ., Sez. II, 2 febbraio 2012, n. 1479).

9. In conclusione l’appello deve essere respinto.

10. Le spese del secondo grado di giudizio, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza, sono liquidate in dispositivo tenuto conto dei parametri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014, n. 55.

11. Il Collegio rileva, inoltre, che la pronuncia di infondatezza del ricorso si fonda, come dianzi illustrato, su ragioni manifeste che integrano i presupposti applicativi dell’art. 26, co. 1, c.p.a. secondo l’interpretazione che ne è stata data dalla giurisprudenza di questo Consiglio (cfr., Sez. V, 21 novembre 2014, n. 5757; 11 giugno 2013, n. 3210; Sez. V, 31 maggio 2011, n. 3252; Sez. V, 26 marzo 2012, n. 1733, cui si rinvia ai sensi degli artt. 74 e 88, co. 2, lett. d), c.p.a. anche in ordine alle modalità applicative ed alla determinazione della misura indennitaria).

Le conclusioni cui è pervenuta la giurisprudenza del Consiglio di Stato sul punto in esame sono state, nella sostanza, recepite dalla novella recata dal d.l. n. 90 del 2014 all’art. 26 c.p.a.

Invero:

a) l’art. 26, comma 1, che rinviava (e rinvia) all’art. 96 c.p.c., prevedeva la condanna, su istanza di parte, al risarcimento del danno se la parte ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave (art. 96, comma 1, c.p.c.), nonché la condanna anche d’ufficio in favore dell’altra parte, di una somma equitativamente determinata;

b) il d.l. n. 90 del 2014 ha inciso sia sull’art. 26, co. 1, c.p.a., in termini generali applicabile per tutti i riti davanti al giudice amministrativo, sia sull’art. 26, comma 2, c.p.a., in termini specifici applicabile solo per il rito appalti;

c) sebbene l’art. 26, co. 1, continui a richiamare l’art. 96 c.p.c. in tema di lite temeraria, esso detta ora una regola più specifica, stabilendo che in ogni caso il giudice, anche d'ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, in favore della controparte, di una somma equitativamente determinata, comunque non superiore al doppio delle spese liquidate, in presenza di motivi manifestamente infondati.

La condanna della parte ricorrente ai sensi dell’art. 26 c.p.a. rileva, infine, anche agli effetti di cui all’art. 2, co. 2-quinquies, lett. a) e f), l. n. 89 del 2001.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

a) respinge l’appello proposto dalle ditte indicate in epigrafe e, per l'effetto, conferma l’impugnata sentenza;

b) condanna le ditte appellanti, in solido fra loro, a rifondere in favore del Comune di Firenze le spese e gli onorari del presente grado di giudizio che liquida in complessivi euro 12.000,00 (dodicimila/00), oltre accessori come per legge (I.V.A., C.P.A. e 15% a titolo di rimborso di spese generali);

c) condanna le ditte appellanti, in solido fra loro, al pagamento in favore del Comune di Firenze della somma di euro 12.000,00 (dodicimila/00) ai sensi dell’art. 26, co. 1, c.p.a.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 aprile 2015 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Vito Poli, Consigliere, Estensore

Antonio Amicuzzi, Consigliere

Nicola Gaviano, Consigliere

Raffaele Prosperi, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 06/05/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)