TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, n. 229, del 27 maggio 2014
Aria.Legittimità diniego rilascio modifica autorizzazione alle emissioni in atmosfera ex art. 269 D.Lgs. n. 152/2006, stabilimento dotato di 115.000 posti/pollo

Non è condivisibile la tesi secondo cui lo stabilimento anche se dotato di 115.000 posti/pollo, i polli allevati per ciclo produttivo sono meno di 40.000, per cui l’attività va soggetta non ad A.I.A., ma ad autorizzazione alle emissioni. Va tenuto presente che ai sensi dell’articolo 269, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006, «L’autorizzazione è rilasciata con riferimento allo stabilimento. I singoli impianti e le singole attività presenti nello stabilimento non sono oggetto di distinte autorizzazioni». Questo significa che è totalmente irrilevante che nel caso di specie due delle quattro linee produttive non siano messe in funzione, perché l’autorizzazione non viene rilasciata alle linee produttive operative, bensì all’intero stabilimento, e l’intero stabilimento ha una capacità produttiva di 115.000 polli per ciclo produttivo. Inoltre, vanno considerate le finalità perseguite dal cd. Codice dell’Ambiente così come esplicitate negli articoli iniziali, e segnatamente la conservazione ed il miglioramento dell’ambiente ottenuti, tra l’altro, tramite la precauzione, l’azione preventiva e la correzione in via prioritaria alla fonte dei danni da inquinamento. Essendo dunque questa la ratio dell’intero Testo Unico, ne discende che le singole disposizioni devono essere interpretate nel senso che maggiormente consente il raggiungimento di quegli obiettivi. Sicché chiedere la A.I.A., in luogo della autorizzazione alle emissioni, per uno stabilimento potenzialmente capace di produrre più di 40.000 polli a ciclo produttivo, anche se poi non venga sfruttato appieno, risulta opzione ermeneutica più rispondente alle finalità perseguite dall’intero corpo normativo. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00229/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00247/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 247 del 2013, proposto da: 
Società Agricola Castello S.S. di Marco Palù & C., rappresentato e difeso dall'avv. Paola Bologna, con domicilio eletto presso la Segreteria Generale del T.A.R., in Trieste, Piazza Unità d'Italia n. 7;

contro

Provincia di Pordenone, rappresentata e difesa dagli avv.ti Andrea De Col e Mirta Samengo, con domicilio eletto presso lo studio della seconda, in Trieste, Via Donota n. 3;

nei confronti di

Regione Friuli-Venezia Giulia,
Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) - Friuli Venezia Giulia, 
Comune di Caneva,
Comitato Salvaguardia Dietro Castello;

per l'annullamento, previa sospensione cautelare dell’efficacia

- della determina n. 1163 dd. 15 maggio 2013 emessa dalla Provincia di Pordenone - Settore Ecologia- Qualità dell'aria, con cui l'Ente dispone il diniego della modifica all'autorizzazione in atmosfera richiesta, disponendo l'archiviazione della pratica,

- di tutti gli atti presupposti, connessi e collegati



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Provincia di Pordenone;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 maggio 2014 la dott.ssa Alessandra Tagliasacchi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

La società Agricola Castello s.s. di Marco Palù & C. (nel prosieguo, breviter, società Agricola Castello s.s.) impugna la determina n. 1163 del 15.05.2013 con la quale la Provincia di Pordenone ha denegato il rilascio dell’autorizzazione alle emissioni in atmosfera ex articolo 269 D.Lgs. n. 152/2006, archiviando il relativo procedimento per difetto di competenza, nonché – con formula di stile – tutti gli atti presupposti, connessi e collegati ad essa.

La società ricorrente gestisce nel relativo stabilimento, composto di quattro capannoni con circa 115.000 posti animale per ciclo produttivo nell’intero complesso, l’attività di allevamento di polli da carne. Conseguentemente, essa formulava alla regione Friuli Venezia Giulia istanza per il rilascio di Autorizzazione Integrata Ambientale (d’ora in poi, A.I.A.).

Ricevuto un diniego, nelle more della definizione del giudizio avverso il provvedimento negativo, la società Agricola Castello S.s., assumendo di aver ridotto la produzione al di sotto del limite dei 40.000 capi per ciclo produttivo (ponendo in funzione solamente due dei quattro capannoni di cui si compone il relativo stabilimento), chiedeva alla Provincia di Pordenone il rilascio del titolo autorizzatorio previsto dal cd. Codice ambientale per siffatta tipologia di attività economica produttiva di emissioni in atmosfera.

L’Amministrazione provinciale, tuttavia, ritenendo che il discrimine, nella determinazione del regime applicabile alla fattispecie concreta, fosse rappresentato dalla potenziale capacità produttiva (ovverosia, in questo caso circa 115.000 animali per ciclo produttivo), e non quella in concreto sfruttata (ossia, in questo caso – secondo la dichiarazione dell’interessata - meno di 40.000 polli per ciclo produttivo), concludeva che l’attività svolta dalla società istante dovesse essere comunque assoggettata ad A.I.A. e non ad autorizzazione ex articolo 269 D.Lgs. n. 152/2006. Considerato, peraltro, che rispetto alla A.I.A. la Provincia non è l’Autorità competente all’emissione del provvedimento finale (che, infatti, è di spettanza della Regione), il procedimento veniva concluso con una decisione di archiviazione.

Avverso tale provvedimento insorge la società Agricola Castello s.s., deducendo i seguenti motivi di ricorso.

I^) Violazione degli articoli 267, 268, 269, 272 comma 2, e della parte II, numero 1, lettera nn) dell’Allegato IV alla parte V, D.Lgs. n. 152/2006, del principio generale del buon andamento e dell’imparzialità dell’attività della P.A. (articolo 97 Cost.), violazione dell’articolo 3 L. n. 241/1990 per motivazione apparente.

Secondo la ricorrente la Provincia di Pordenone ha risposto come se l’interessata avesse chiesto di essere autorizzata, ai sensi della normativa ambientale, ad esercitare l’attività di allevamento di circa 115.000 polli da carne per ciclo produttivo, mentre la domanda presentata riguardava al diversa attività di allevamento di meno di 40.000 capi per ciclo produttivo.

II^) Violazione degli articoli 5, commi 1 quater e 1 quinquies, 6, comma 13, allegato VIII parte II n. 2 e n. 6.6. lettera a, D.Lgs. n. 152/2006, e del principio generale del buon andamento e dell’imparzialità dell’attività della P.A. (articolo 97 Cost.), violazione dell’articolo 3 L. n. 241/1990 per motivazione apparente.

Lamenta la società Agricola Castello s.s. che l’atto impugnato trovi fondamento nel parere rilasciato dal MATTM in data 27.03.2013 e nella circolare ministeriale di data 13.07.2004 con riferimento alla disciplina che qui viene in rilievo: atti che, nella prospettiva della ricorrente, sono viziati perché non tengono in debito conto la distinzione, rinveniente nelle citate disposizioni, tra capacità di produzione e resa dell’impianto oggetto di autorizzazione alle emissioni.

III^) Eccesso di potere per il sintomo della contraddittorietà tra gli atti. Vizio dell’iter logico di formazione dell’atto, difetto di ragionevolezza. Violazione degli articoli 3 e 97 Cost., e dell’articolo 269, comma 3, D.Lgs. n. 152/2006.

Si duole la ricorrente che l’Amministrazione procedente, dopo aver convocato la Conferenza di servizi chiamata a pronunciarsi sulla istanza di rilascio di autorizzazione alle emissioni in atmosfera ex articolo 269 D.Lgs. n. 152/2006, abbia poi revocato la relativa riunione in uno con la comunicazione dei motivi ostativi al rilascio del provvedimento ampliativo, di cui all’articolo 10 bis L. n. 241/1990.

IV^) Eccesso di potere per il sintomo della contraddittorietà tra gli atti. Violazione degli articoli 3 e 97 Cost., e dell’articolo 272, comma 2 – parte II numero 1 lettera nn. Dell’allegato IV alla parte V, D.Lgs. n. 152/2006.

Deduce la ricorrente come l’attività che essa aspira ad esercitare (allevamento di polli per carne in numero inferiore ai 40.000 per ciclo produttivo) rientri nella autorizzazione generale (segnatamente, n. 1559 del 5.07.2012) rilasciata dalla Provincia di Pordenone ai sensi dell’articolo 272, comma 2, D.Lgs. n. 152/2006. Sicché, il diniego opposto dalla Amministrazione provinciale alla società Agricola Castello S.s. si porrebbe in contraddizione con il pregresso atto, e determinerebbe una ingiustificata disparità di trattamento a detrimento dell’istante.

Si è costituita in giudizio la Provincia di Pordenone, eccependo preliminarmente l’inammissibilità dell’azione spiegata da controparte per difetto di interesse. Argomenta l’Amministrazione resistente che quella che qui si intenderebbe tutelare è una posizione giuridica definita a geometria variabile, nel senso che esiste in tanto in quanto l’interessata non otterrà per via giudiziale il bene della vita cui aspira primariamente, ovverosia la A.I.A. per lo svolgimento dell’attività di allevamento di polli da carne nella misura di 115.000 esemplari per ciclo produttivo.

Nel merito, la difesa della Provincia contesta la fondatezza delle doglianze dedotte dalla ricorrente, insistendo in particolare sulla interpretazione fatta propria e avvallata da Ministero dell’Ambiente della disciplina che regola la A.I.A., da un lato, e l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera ex articolo 269 D.Lgs. n. 152/2006, dall’altro, interpretazione che valorizza la potenzialità dell’impianto autorizzando, in luogo del dato correlato all’effettivo utilizzo.

In prossimità dell’udienza camerale fissata per il rilascio del richiesto provvedimento di sospensione cautelare del provvedimento impugnato, la difesa della società ha depositato memoria difensiva e verbale di sopralluogo di personale della competente ASS, dal quale ultimo emerge che allo stato l’attività economica per cui è causa non produce odori molesti, mantenendosi dunque entro il limite della normale tollerabilità.

Nondimeno questo Tribunale, in tale sede, ha ritenuto non sussistere i presupposti, segnatamente quello del fumus boni iuris, per accordare tutela interinale all’interesse azionato dalla ricorrente. L’ordinanza è stato oggetto di gravame avanti al Consiglio di Stato, che lo ha accolto ai soli fini di una sollecita fissazione dell’udienza di merito.

In vista della discussione di merito, le parti hanno depositato memorie ex articolo 73, comma 1, Cod. proc. amm., ribadendo le tesi già svolte nei precedenti scritti difensivi.

In particolare, argomenta la difesa della ricorrente come il concetto di posto pollo vari a seconda del sesso dell’animale che si intende allevare, di talché deve darsi preminenza al dato concreto (la resa effettiva) e non a quello astratto.

All’udienza odierna la causa è trattenuta in decisione.

DIRITTO

Preliminarmente il Collegio deve farsi carico dell’eccezione sollevata dalla difesa della Amministrazione resistente in ordine alla non giustiziabilità della posizione giuridica soggettiva fatta valere in giudizio dalla società ricorrente, posto che questa aspira al rilascio dell’autorizzazione alle emissioni in atmosfera ex articolo 269 DLgs. n. 152/2006 per l’allevamento di meno di 40.000 polli per ciclo produttivo se ed in quanto non dovesse ottenere, all’esito del giudizio instaurato avanti al G.A., la A.I.A. per l’utilizzo a regime (115.000 capi a ciclo produttivo) del proprio impianto di allevamento.

L’eccezione è infondata.

Perché possa dirsi sussistere l’interesse a ricorrere, quale condizione dell’azione, è necessario che il provvedimento impugnato determini una lesione concreta ed attuale alla sfera giuridica del ricorrente e che l’eventuale sentenza di accoglimento sia in grado di attribuirgli un’utilità certa e presente (cfr. C.d.S., Sez. V^, sentenza n. 1572/2014, T.A.R. Puglia – Lecce, sez. II^, sentenza n. 870/2014): caratteristiche queste tutte rinvenibili nel caso in esame.

L’archiviazione del procedimento per il rilascio dell’autorizzazione alle emissioni di cui all’articolo 269 T.U. ambiente lede in modo concreto ed attuale l’interesse della società ricorrente allo svolgimento della propria attività economica. Eventuali sopravvenienze, id est l’ottenimento di un provvedimento (la A.I.A.) che garantisca un’utilità maggiore, potranno rilevare, se ed in quanto concretizzatesi, quale causa di improcedibilità per carenza di interesse. Allo stato si tratta di evenienza solo ipotizzata, come tale inidonea a privare la società Agricola Castello s.s. dell’interesse a attivare e coltivare la tutela giurisdizionale richiesta.

Deve dunque passarsi a scrutinare il merito delle doglianze dedotte dalla ricorrente avverso il provvedimento impugnato.

Il primo ed il secondo motivo possono essere trattati congiuntamente perché presuppongono la risoluzione della medesima questione di diritto, ovverosia come debba essere interpretata la disciplina che regola, da un lato, l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera ex articolo 269 del Codice dell’ambiente e, dall’altro, la A.I.A., in particolare nella parte in cui fissa i valori-limite che determinano l’assoggettamento dell’attività produttiva all’una piuttosto che all’altra tipologia di provvedimento autorizzatorio.

A tal fine conviene muovere dal dato normativo, ricordando che, ai sensi del combinato disposto degli articoli 4, comma 4, lettera c), e 5, comma 1, lettera o-bis), D.Lgs. n. 152/2006, la A.I.A. è diretta a consentire l’esercizio di uno degli impianti, di cui all’Allegato VIII^ alla parte seconda del precitato T.U., ritenuti potenzialmente inquinanti, dopo aver verificato l’adozione di tutte le necessarie misure, secondo le migliori tecniche disponibili, per prevenire o ridurre le emissioni inquinanti nell’acqua, nell’aria e nel suolo.

Ora, giusta quanto dispone l’articolo 267, comma 3, D.Lgs. n. 152/2006 la A.I.A. sostituisce l’autorizzazione alle emissioni. Ne consegue che, salve le ipotesi esentate specificamente elencate, le altre attività potenzialmente produttive di emissioni sono assoggettate all’autorizzazione di cui all’articolo 269 del cd. Codice dell’ambiente.

Tra queste vi è l’attività di allevamento intensivo di pollame: per cui se l’attività è svolta con più di 40.000 posti/pollo è necessaria la A.I.A., se con meno posti/pollo è necessaria l’autorizzazione ex articolo 269 D.Lgs. n. 152/2006.

La tesi della società ricorrente è che, sebbene il proprio stabilimento sia dotato di 115.000 posti/pollo, poiché i polli allevati per ciclo produttivo sono meno di 40.000, l’attività va soggetta non ad A.I.A., ma ad autorizzazione alle emissioni.

Si tratta di una tesi non condivisibile.

E’ ben vero che il precitato Allegato VIII^ statuisce testualmente che «I valori soglia di seguito riportati si riferiscono in genere alle capacità di produzione o alla resa. », tuttavia questo Collegio ritiene che una corretta applicazione dei criteri testuali, sistematici e teleologici non possa che condurre ad una diversa conclusione.

Innanzitutto, la previsione normativa invocata dalla difesa di parte ricorrente fa riferimento non solo alla resa, ma anche alla capacità produttiva, segno questo che è sufficiente che il valore-limite venga superato sotto uno dei due alternativi profili perché scatti la disciplina più rigorosa. Tanto più che la soglia-limite è individuata non con riferimento ai polli allevati ma ai posti-pollo, cioè ai polli potenzialmente allevabili, sicché far riferimento alla sola resa effettiva significa omettere totalmente una parte testuale della disposizione.

In secondo luogo, va tenuto presente che ai sensi dell’articolo 269, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006, «L’autorizzazione è rilasciata con riferimento allo stabilimento. I singoli impianti e le singole attività presenti nello stabilimento non sono oggetto di distinte autorizzazioni. ». Questo significa che è totalmente irrilevante che nel caso di specie due delle quattro linee produttive non siano messe in funzione, perché l’autorizzazione non viene rilasciata alle linee produttive operative, bensì all’intero stabilimento, e l’intero stabilimento ha una capacità produttiva di 115.000 polli per ciclo produttivo.

In terzo luogo, vanno considerate le finalità perseguite dal cd. Codice dell’Ambiente così come esplicitate negli articoli iniziali, e segnatamente la conservazione ed il miglioramento dell’ambiente (articolo 2), ottenuti – tra l’altro - tramite la precauzione, l’azione preventiva e la correzione in via prioritaria alla fonte dei danni da inquinamento (articolo 3-ter). Essendo dunque questa la ratio dell’intero Testo Unico, ne discende che le singole disposizioni devono essere interpretate nel senso che maggiormente consente il raggiungimento di quegli obiettivi.

Sicché chiedere la A.I.A., in luogo della autorizzazione alle emissioni, per uno stabilimento potenzialmente capace di produrre più di 40.000 polli a ciclo produttivo, anche se poi non venga sfruttato appieno, risulta opzione ermeneutica più rispondente alle finalità perseguite dall’intero corpo normativo.

D’altro canto, non va dimenticato che il cd. Codice dell’Ambiente è stato adottato in attuazione delle diverse direttive europee in materia ambientale e che il principio di precauzione costituisce uno dei cardini della disciplina dell’Unione in questo campo. Ne deriva che proprio in un’ottica precauzionale occorra fare riferimento alla potenzialità inquinante di un’attività umana, anche se poi in concreto tale potenzialità non è raggiunta.

A tale riguardo risulta emblematica la Direttiva 2010/75/UE di accorpamento di una serie di precedenti direttive, la quale indica come priorità la prevenzione dell’inquinamento (II^ considerando), in particolare – per quel che qui rileva – quello derivante dall’allevamento intensivo di polli che producono emissioni nell’aria e nell’acqua (XIX^ e XX^ considerando).

In conclusione, i primi due motivi di ricorso vanno respinti, perché legittimamente la Provincia di Pordenone ha archiviato il procedimento di autorizzazione alle emissioni in atmosfera ex articolo 269 D.Lgs. n. 152/2006 avviato su istanza della società Agricola Castello S.s., trattandosi di attività assoggettata ad A.I.A., provvedimento rispetto alla quale l’Amministrazione procedente non ha potere di adozione.

Parimenti infondato è il terzo motivo di ricorso.

Invero, l’articolo 1 L. n. 241/1990 statuisce che, in attuazione del generale principio di buon andamento fissato dall’articolo 97 Cost., l’azione amministrativa è regolata, tra gli altri dal canone di economicità e di non aggravamento de procedimento.

Una volta che la Provincia di Pordenone ha rilevato la propria incompetenza all’emissione del provvedimento finale e che di tanto ha avvisato l’interessata con comunicazione ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 10 bis L. n. 241/1990, lo svolgimento della già calendarizzata conferenza di servizi istruttoria, in attesa del deposito di eventuali memorie partecipative da parte della società Agricola Castello s.s., avrebbe determinato un inutile spreco di attività amministrativa. Correttamente, dunque, l’Amministrazione procedente ha rinviato l’eventuale riconvocazione della conferenza di servizi all’esito delle successive valutazioni in dipendenza degli apporti procedimentali in ipotesi forniti dal destinatario del provvedimento finale.

Infondato è, infine, il quarto motivo di ricorso.

Innanzitutto, va osservato come la società Agricola Castello s.s. non si sia avvalsa dell’autorizzazione generale rilasciata ai sensi dell’articolo 272 D.Lgs. n. 152/2006 dalla Provincia di Pordenone, di talché oggi non può dolersene. In realtà, per quanto osservato in precedenza, il punto è che la società ricorrente, in quanto titolare di uno stabilimento in grado di produrre 115.000 polli per ciclo produttivo, non rientrava tra i soggetti ammessi a tale tipo di procedura. In altri e più chiari termini, la società Agricola Castello s.s. necessita della A.I.A. per poter svolgere la propria attività economica, e non dell’autorizzazione alle emissioni in atmosfera rilasciata ai sensi dell’articolo 269 T.U. ambiente o con la modalità semplificata di cui all’articolo 272 D.Lgs. n. 152/269.

Il ricorso è pertanto respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna la società ricorrente a rifondere a favore della Provincia di Pordenone le spese del giudizio, che liquida in complessivi €uro 3.000,00, oltre agli accessori di legge, se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 14 maggio 2014 con l'intervento dei magistrati:

Umberto Zuballi, Presidente

Manuela Sinigoi, Primo Referendario

Alessandra Tagliasacchi, Referendario, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 27/05/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)