Cass. Sez. III n.7292 del 22 febbraio 2007 (C.c. 16 gen. 2007)
Pres. Papa Est. Lombardi Ric. Armenise ed altro
Beni Ambientali. Interventi nel sottosuolo e necessità autorizzazione paesaggistica

L’art. 181 del DL.vo n. 42-2004, infitti, vieta l'esecuzione di lavori "di qualsiasi genere" su beni paesaggistici senza la prescritta autorizzazione o in difformità di essa. Devono ritenersi, pertanto, vietati, ai sensi della disposizione citata, anche i lavori eseguiti, senza il prescritto nulla osta, nel sottosuolo delle aree qualificate quali beni paesaggistici, ai sensi dell'art. 134 e seguenti del D. L.vo n. 42-2004.
Non appare dubbio, invero, alla luce dell’individuazione dei beni paesaggistici contenuta negli art. 136 e seguenti del decreto legislativo citato, che con i1 termine paesaggio il legislatore ha inteso i designare una determinata parte del territorio che, per le sue caratteristiche naturali e/o indotte dalla presenza dell'uomo, è ritenuta meritevole di particolare tutela, che non può ritenersi limitata al mero aspetto esteriore o immediatamente visibile dell’area vincolata, sicché ogni modificazione dell'assetto del territorio, attuata attraverso qualsiasi opera non soltanto edilizia ma di qualsiasi genere, è soggetta al rilascio della prescritta autorizzazione. Peraltro, tale nozione di paesaggio coincide con la definizione contenuta nella Convenzione europea sul paesaggio, fatta a Firenze il 20 ottobre 2000 e ratificata con la recente legge 9.1.2006 n. 14, secondo la quale il termine "Paesaggio" "designa una determinata parte del territorio, così come percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni".

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. PAPA Enrico - Presidente - del 16/01/2007
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - SENTENZA
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - N. 43
Dott. GENTILE Mario - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. MARMO Margherita - Consigliere - N. 40205/2007
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Avv. RUGGIERO Giuseppe e DENTAMARO Ida Maria, difensori di fiducia di Armenise Vito, n. a Bari il 4.4.1962, e di Santamato Antonio Cesare, n. a Bari il 9.6.1979;
avverso l'ordinanza in data 18.9.2006 del Tribunale di Bari, in funzione di Giudice del riesame, con la quale è stato confermato il decreto di sequestro preventivo di un immobile emesso dal G.I.P. del Tribunale di Bari in data 20.7.2006;
Udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Alfredo Maria Lombardi;
Visti gli atti, la ordinanza denunziata ed il ricorso;
Udito il Sost. Procuratore Generale, Dott. Tindari Baglione, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Uditi i difensori, Avv. Giuseppe Ruggiero e Ida Maria Dentamaro, che hanno concluso per l'accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN FATTO E DIRITTO
Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Bari, in funzione di Giudice del riesame, ha confermato il decreto di sequestro preventivo di un'area emesso dal G.I.P. del Tribunale di Bari in data 20.7.2006 nei confronti di Armenise Vito e Santamato Antonio Cesare, in quanto oggetto di interventi edilizi illegittimi.
Il Tribunale del riesame ha rilevato che i predetti Armenise e Santamato, quali amministratori della società Edilsquadra S.r.l., risultavano indagati dei reati di cui all'art. 110 c.p., del D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 31 e 44; di cui all'art. 110 c.p., del D.Lgs. n. 42 del 2004, artt. 142, 146 e 181, nonché di cui all'art. 734 c.p., per avere realizzato uno sbancamento ed uno scavo di terreno, finalizzato alla successiva edificazione, in base a permesso di costruire illegittimo, perché in contrasto con gli strumenti urbanistici, e senza autorizzazione paesaggistica in area vincolata, venendo realizzati gli interventi edilizi nella fascia di 150 metri da Lama Balice e dal corso d'acqua che in esso scorre, nonché nella fascia di 100 metri da "Masseria Maselli", bene ritenuto dal PUTT/P (Piano Urbanistico Territoriale Tematico/Paesaggio) meritevole di tutela, in quanto "Bene Architettonico Segnalato", alterando mediante le descritte attività la bellezza naturale dei luoghi soggetti a protezione.
L'ordinanza ha ripercorso analiticamente le fasi che avevano portato all'emanazione del permesso di costruire n. 395/2002, rilasciato in data 8.8.2005, avente ad oggetto la realizzazione di un edificio destinato ad abitazioni ed uffici, composto da tre piani interrati ed otto piani fuori terra.
Premesso, poi, che con il termine Lama doveva essere identificata la sede di un antico corso d'acqua e che con D.M. 1 agosto 1985, era stato dichiarato di notevole interesse pubblico il territorio delle Lame ad ovest ed a sud est di Bari, tra cui la Lama Balice, si rileva che la pubblica accusa aveva individuato, sulla base delle risultanze della disposta consulenza tecnica, tre profili di illegittimità del permesso di costruire ottenuto dalla Edilsquadra S.r.l., con riferimento ai lotti 13 e 14, per la ritenuta violazione del D.M. 21 settembre 1984, in quanto gli interventi ricadevano, sia pure in parte, in area sottoposta a vincolo di immodificabilità dell'assetto del territorio; con la L.R. Puglia 11 magio 1990, n. 30, art. 1, in base al quale, fino all'approvazione del PUTT e comunque non oltre il 31.12.1990, era vietata qualsiasi modificazione dell'assetto del territorio nelle aree comprese nella fascia di 200 metri dal piede degli argini dei fiumi, torrenti e altri corsi d'acqua pubblici in genere; con le prescrizioni del PUTT/P a causa del mancato rispetto delle "Prescrizioni di base" dell'"Area annessa" al "Bene architettonico segnalato", denominato "Masseria Maselli". Si rileva, quindi, che, secondo la stessa pubblica accusa, la violazione delle norme vincolistiche era configurabile per effetto delle discrasie esistenti tra la cartografia del Comune di Bari e quelle allegate al D.M. 21 settembre 1984 ed al PUTT/P, che includevano correttamente nell'area vincolata una porzione di territorio più ampia.
Il Tribunale del riesame ha, quindi, osservato in linea di principio che la verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare reale deve essere effettuata sulla base delle prospettazioni del Pubblico Ministero, con esclusione della possibilità per il Giudice del riesame di effettuare qualsiasi accertamento in ordine alla fondatezza dell'ipotesi accusatoria. Ripercorrendo approfonditamente l'evoluzione giurisprudenziale in materia, si è inoltre osservato che il sindacato del Giudice penale in presenza di un atto amministrativo che abbia autorizzato l'attività edificatoria, non deve avere ad oggetto la legittimità del provvedimento autorizzatorio, bensì la verifica della conformità dell'attività svolta dal privato ai parametri, costituiti dalle i disposizioni statali e regionali in materia urbanistica, che la rendono legittima.
Sulla base delle esposte considerazioni sono state rigettate le deduzioni degli istanti per il riesame, con le quali era stata contestata la prevalenza attribuita dalla pubblica accusa alle cartografie allegate al D.M. 21 settembre 1984, ed al PUTT, mentre è stata affermata la inconferenza, con riferimento all'oggetto del procedimento, della ordinanza di dissequestro di alcuni immobili, emessa del G.I.P. di Bari in data 22.7.2006, rilevandosi che nel citato provvedimento aveva costituito oggetto di valutazione l'esistenza del vincolo storico-artistico-archeologico sulla "Masseria Maselli", mentre nel caso in esame veniva dedotta la violazione del vincolo paesaggistico-ambientale. L'ordinanza ha, altresì, affermato la inconferenza, ai fini del sequestro, della violazione delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione della Soprintendenza per i Beni archeologici ottenuta dalla società "Sigma Sud" di cui era stata contestata la applicabilità all'area ove operava la Edilsquadra S.r.l., rilevandosi che la misura cautelare non era sostanzialmente fondata su detta violazione.
Nel prosieguo dell'ordinanza vengono respinte le ulteriori censure degli istanti per il riesame con le quali era stata contestata la esistenza del vincolo paesaggistico.
Sul punto il provvedimento ha ripercorso minuziosamente l'iter normativo afferente alla imposizione del vincolo paesaggistico di cui è stata contestata la violazione dalla pubblica accusa, rilevando, anche mediante puntuali riferimenti giurisprudenziali, che detto vincolo, sia pure non inquadratale nel regime della inedificabilità assoluta, è tuttora operante, così come già affermato reiteratamente nelle varie sedi giurisdizionali con riferimento alle dichiarazioni di notevole interesse pubblico contenute nel D.M. 1 agosto 1985, emanati in attuazione del D.M. 21 settembre 1984 (cosiddetti "Galassini") successivamente alla pubblicazione della L. n. 431 del 1985, decreti ministeriali nel cui novero rientra quello afferente alla Lama Balice.
In particolare, citando una pronuncia di questa Corte, si è rilevato in punto di diritto che la L. n. 431 del 1985, art. 1 quinquies, ha confermato i vincoli di immodificabilità imposti dai D.M. emanati in attuazione del D.M. 21 settembre 1984, e pubblicati anteriormente alla emanazione della L. n. 431 del 1985, mentre dopo l'emanazione della predetta legge non possono essere individuati dallo Stato altri beni o aree ai sensi del D.M. 21 settembre 1984, punto 2. È, però, indubbio che, anche dopo l'emanazione della cosiddetta Legge Galasso, il Ministero per i beni culturali ed ambientali ha conservato il potere di integrare gli elenchi delle bellezze naturali approvati dalli regioni, a norma del D.P.R. n. 616 del 1977, art. 82, comma 2, lett. a), con la conseguente efficacia del vincolo paesaggistico derivante dalla dichiarazione di notevole interesse pubblico contenuta nei citati Decreti Ministeriali. Inoltre, con riferimento alla contestazione dei ricorrenti circa la perdita di operatività della L.R. n. 30 del 1990, in quanto non più applicabile a seguito della istituzione con D.P.G.R. n. 352 del 1992, del Parco Regionale Attrezzato si è rilevato che la istituzione del Parco, che peraltro neppure si ritiene provata, non fa venir meno i vincoli preesistenti ed, anzi, rende necessario l'ottenimento anche della autorizzazione dell'Ente competente per il Parco, la cui carenza è sanzionata dalla L. n. 394 del 1991, art. 30. Alla luce dei citati principi di diritto è stata ritenuta la sussistenza del fumus delle violazioni ascritte agli imputati per l'assenza delle necessarie autorizzazioni paesaggistiche, rilevandosi conclusivamente che le opere in corso di realizzazione non risultano di entità così irrilevante da non porre neanche in pericolo il paesaggio e che, anzi sono tali da rendere astrattamente ipotizzabile anche la violazione di cui all'art. 734 c.p..
Avverso l'ordinanza hanno proposto ricorso i difensori degli indagati di cui in epigrafe, che la denunciano per violazione di legge con sei motivi di gravame.
Con il primo mezzo di annullamento i ricorrenti denunciano la carenza di motivazione della ordinanza in ordine alla effettiva distanza del bene sequestrato dalla "Masseria Maselli, nonché la violazione d errata applicazione del PUTT/P, del D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 31 e 44, lett. c) e del D.Lgs. n. 42 del 2004, artt. 142, 146 e 182. Si deduce che la ordinanza impugnata ha affermato erroneamente che l'ordinanza del G.I.P., depositata in atti dagli istanti per il riesame, con la quale era stato disposto il dissequestro della "Masseria Maselli", avrebbe preso in esame, per escluderlo, solo l'esistenza di un vincolo storico-artistico-archeologico, mentre, invece, il citato provvedimento aveva escluso l'esistenza di qualsiasi vincolo ipotizzabile sul predetto immobile, dando altresì atto della erroneità della indicazione cartografica del PUTT/P e, per l'effetto, erano state ritenute prevalenti dal G.I.P., ai sensi dell'art. 1.04 del Piano, gli elaborati scritti sulle indicazioni cartografiche, elaborati da cui si evince la inesistenza di qualsiasi vincolo riguardante la "Masseria Maselli".
Si deduce inoltre che dinanzi al Giudice del riesame era stata dimostrata l'erroneità del criterio di misurazione della distanza dalla predetta "Masseria" utilizzato dal consulente del P.M., in quanto questi aveva effettuato la misurazione non già dai lotti in corso di realizzazione da parte della Edilsquadra S.r.l., bensì dal più vicino "lembo estremo della sagoma circolare che comprende i lotti 13 e 14", considerando come unitario l'immobile edificando, che invece è costituito da quattro edifici strutturalmente e funzionalmente distinti, ciascuno oggetto di un diverso iter amministrativo finalizzato al rilascio di autonomi permessi di costruire.
Con il secondo mezzo di annullamento si deduce la difettosa ed erronea motivazione sul punto afferente alla autorizzazione paesaggistica, nonché la violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 31 e 44, lett. c), e del D.Lgs. n. 42 del 2004. artt. 142, 146 e 182.
Con il motivo si deduce l'erroneità della motivazione con la quale l'ordinanza ha escluso qualsiasi rilevanza, ai fini della applicazione della misura cautelare, della violazione delle prescrizioni afferenti alla autorizzazione paesaggistica ottenuta dalla società Sigma Sud S.r.l., poiché anche detta violazione è stata posta a fondamento dell'impianto accusatorio, richiamato dal provvedimento di sequestro preventivo.
Con il terzo mezzo di annullamento si denuncia la omessa motivazione del provvedimento impugnato "in ordine alla esenzione dall'autorizzazione paesaggistica dell'intervento in ipotesi realizzato all'interno dell'area vincolata." La contraddittorietà della motivazione e la violazione ed errata applicazione del PUTT/P, nonché del D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 31 e 44, lett. c), e del D.Lgs. n. 42 del 2004, artt. 142, 146 e 182.
Si osserva che l'ordinanza impugnata ha contradditoriamente ed apoditticamente affermato che le valutazioni esposte dal consulente del P.M. confutano le argomentazioni difensive circa la erroneità di tale elaborato peritale, pur avendo in precedenza esattamente osservato che non rientra nella cognizione del Giudice del riesame l'accertamento di questioni suscettibili di verifica solo da parte del competente Giudice di merito.
Si osserva, poi, che nell'istanza di riesame era stato, tra l'altro, dedotto che l'intervento edilizio, seppure fosse ricaduto per sette metri interrati nella zona vincolata, non risultava assoggettato al rilascio del nulla osta ai sensi della normativa del PUTT/P, approvato con Delib. G.R. 15 dicembre 2000, n. 1748. Si era fatto osservare sul punto che l'art. 5.02 delle NTA del Piano esentano dal nulla osta le opere e gli interventi a carattere temporaneo con garantito ripristino dello stato dei luoghi; che nel caso in esame l'alterazione dello stato dei luoghi conseguente allo scavo oggetto del sequestro era solo temporaneo, in quanto strumentale alla realizzazione dei locali interrati destinati a parcheggio, dopo di che sarebbe stato ripristinato lo status quo ante mediante il reintegro del terreno e delle piantumazioni. Si deduce, quindi, la carenza assoluta di motivazione dell'ordinanza in ordine alla applicabilità del disposto citato, ai sensi del quale doveva in ogni caso essere esclusa la sussumibilità della fattispecie concreta nell'ipotesi di reato contestata.
Con il successivo motivo si deduce la incongruenza della motivazione afferente alla applicabilità nel caso in esame del regime vincolistico rinveniente dal cosiddetto Galassino, che non costituiva oggetto di contestazione, mentre le questioni controverse concernevano la effettiva esistenza dello sconfinamento e la esistenza di un regime di esenzione dall'autorizzazione paesaggistica, stabilito con chiarezza dal PUTT/P. Con il quinto motivo di gravame i ricorrenti denunciano l'erroneità della motivazione con riferimento al regime vincolistico derivante dalla L.R. n. 30 del 1990, nonché la violazione ed errata applicazione della predetta L.R., della L. n. 394 del 1991 e degli del D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 31 e 44, lett. c), e del D.Lgs. n. 42 del 2004, artt. 142, 146 e 182.
I ricorrenti ripropongono i rilievi già dedotti dinanzi al Tribunale per il riesame con riferimento alla inapplicabilità, nel caso in esame, dei vincoli derivanti dalla L.R. n. 30 del 1990, temporaneamente operativi in attesa del PUTT/P. Si deduce che nel territorio della Lama Belice era già stato istituito l'omonimo Parco Naturale Regionale Attrezzato con deliberazioni del Comune di Bari, nonché della Regione Puglia (G.R. 22 giugno 1992, n. 3277, nonché D.P.G.R. 14 luglio 1992, n. 352) ed era quindi vigente il "Piano del Parco Naturale", che, ai sensi della Legge Quadro 6 dicembre 1991, n. 394, art. 25, comma 2, ha valore anche di piano paesistico e di piano urbanistico e sostituisce i piani paesistici ed i piani territoriali o urbanistici di qualsiasi livello", sicché il predetto "Piano" ha sostituito ex lege lo stesso PUTT/P, così anticipando alla data della sua approvazione l'effetto di decadenza dal divieto assoluto di edificazione imposto in via transitoria dalla L. n. 30 del 1990. Si osserva inoltre che il Piano del Parco non fissa alcuna ulteriore distanza minima degli edifici dal ciglio della Lama, essendo la fascia di rispetto già compresa nel perimetro del Parco. Si osserva, poi, che il riferimento dell'ordinanza alla necessità di un ulteriore nulla osta dell'Ente Parco è errato, poiché la L. n. 394 del 1991, artt. 13 e 30, si applicano solo ai Parchi Nazionali e che, altresì erroneamente, il Tribunale del riesame ha affermato che l'istituzione del Parco non avrebbe escluso la necessità dell'autorizzazione paesaggistica, poiché l'intervento contestato ricade al di fuori della fascia di protezione esterna del Parco. Si deduce ancora che l'ordinanza ha erroneamente posto in dubbio l'esistenza del Parco Naturale, considerati gli atti istitutivi sopra citati, e che non si palesa idonea a contestare la preesistenza del Parco la presentazione di un disegno di legge regionale per la istituzione del Parco Naturale Lama Balice, poiché con detta legge la regione ha inteso dare attuazione alla legislazione successiva al 1992 al fine di modificare le precedenti disposizioni in materia di aree protette.
Sotto altro profilo si deduce ancora la inapplicabilità della L.R. n. 30 del 1990, deducendosi che non è stato mai emanato l'apposito decreto previsto da detta legge con il quale si sarebbero dovuti individuare i torrenti ed i corsi d'acqua in relazione ai quali era operante il limite alla edificabilità stabilito dalla legge. Si aggiunge che il divieto transitorio imposto dalla legge citata costituiva un parametro di legittimità da osservarsi con riferimento ai singoli atti autorizzativi e non poteva essere riferito al P.Ri.U. (Programma di Riqualificazione Urbana in base al quale è stato rilasciato il permesso di costruire). Si osserva, peraltro, che anche il P.Ri.U. prevedeva il rispetto dei limiti di edificabilità previsti dalla L.R. n. 30 del 1990, ma che, allorché sono stati rilasciati i titoli edilizi, era ormai già entrato in vigore il PUTT/P con la conseguente abrogazione tacita della predetta legge regionale, sicché nella specie doveva ritenersi applicabile solo il limite alla edificabilità di 150 mt. imposto dai cosiddetti Galassini.
Con l'ultimo motivo di gravame si deduce, infine, la violazione ed errata applicazione dell'art. 734 c.p., deducendosi che la non configurabilità delle altre violazioni di cui alla contestazione determina la insussistenza degli estremi del reato previsto dalla disposizione citata.
Il ricorso non è fondato.
Giova premettere all'esame dei singoli motivi di ricorso, al fine di precisare i confini nel cui ambito può essere esercitato da questa Corte il sindacato di legittimità sulle ordinanze in materia di misure cautelari reali, essendo precluso, ai sensi dell'art. 325 c.p.p., comma 1, quello per vizi della motivazione, il riferimento al principio di diritto, già enunciato nell'ordinanza impugnata, secondo il quale la verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare reale deve essere effettuata sulla base delle prospettazioni del pubblico ministero, con esclusione della possibilità per il Giudice del riesame di effettuare un accertamento più approfondito in ordine alla fondatezza dell'ipotesi accusatoria (cfr. sez. un. 23.4.1993 n. 4, Gifuni ed altre).
Principio di diritto cui sostanzialmente risulta essersi attenuto il Giudice del riesame.
Si deve, quindi, rilevare in ordine al primo motivo di gravame che le valutazioni contenute nell'ordinanza del G.I.P., con la quale è stato disposto il dissequestro della cosiddetta "Masseria Maselli", di cui i ricorrenti denunciano l'erronea interpretazione da parte dei Giudici del riesame, non solo non potevano fare stato nel presente procedimento, ma neppure costituire il presupposto per una più esaustiva valutazione di merito in ordine alla eventuale erroneità delle indicazioni contenute nel PUTT/P con riferimento al citato complesso architettonico, esorbitando comunque tale giudizio dalla competenza propria del Giudice del riesame.
Nel resto il motivo di ricorso costituisce esclusivamente una censura della valutazione in punto di fatto circa il carattere unitario del complesso edilizio in corso di realizzazione ed i criteri di misurazione delle distanze dell'opera dalle aree vincolate;
accertamenti che involgono peraltro anche essi una valutazione appartenente alla competenza del Giudice di merito. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile per carenza di interesse.
La motivazione della ordinanza del riesame integra o sostituisce quella del provvedimento cautelare, sicché il fatto che la impugnata ordinanza abbia ritenuto irrilevante la violazione delle prescrizioni contenute nel provvedimento autorizzatorio rilasciato in favore della Sigma S.r.l., ai fini della applicazione della misura cautelare, rende inconferente la doglianza dei ricorrenti per essere stata eventualmente ritenuta la configurabilità anche di detta violazione da parte del G.I.P..
Il terzo motivo di ricorso è per la prima parte inammissibile, per carenza di interesse, e nel resto infondato.
Non vi è interesse, infatti, a rilevare che la impugnata ordinanza avrebbe dato prevalenza ai rilievi del consulente del P.M. per ritenere esaustivamente confutate le doglianze della difesa in punto di contestazione della esattezza dei vari rilievi cartografici, allorché poi si riconosce che comunque la relativa questione deve essere demandata al Giudice di merito.
Peraltro, la valutazione del Tribunale del riesame sul punto trova il proprio fondamento proprio nella applicazione del già enunciato principio di diritto, secondo il quale l'accertamento del fumus commissi delicti da parte del Tribunale del riesame deve essere effettuato sulla base delle prospettazioni della pubblica accusa. Nel resto il motivo di ricorso è infondato.
Il vincolo ambientale-paesaggistico si palesa operante anche con riferimento alle opere da realizzarsi nel sottosuolo, implicando anche queste ultime una utilizzazione del territorio idonea a modificarne l'assetto, specie allorché, come nel caso in esame, si tratti di opere di urbanizzazione di rilevante entità, sicché è del tutto inconferente l'assunto secondo il quale dopo la realizzazione dei parcheggi sotterranei la superficie dell'area sarebbe stata riportata allo status quo ante.
Il D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, infatti, vieta l'esecuzione di lavori "di qualsiasi genere" su beni paesaggistici senza la prescritta autorizzazione o in difformità di essa.
Devono ritenersi, pertanto, vietati, ai sensi della disposizione citata, anche i lavori eseguiti, senza il prescritto nulla osta, nel sottosuolo delle aree qualificate quali beni paesaggistici, ai sensi del D.Lgs. n. 42 del 2004, artt. 134 e segg..
Non appare dubbio, invero, alla luce della individuazione dei beni paesaggistici contenuta negli art. 136 e segg. D.Lgs., che con il termine paesaggio il legislatore ha inteso designare una determinata parte del territorio che, per le sue caratteristiche naturali e/o indotte dalla presenza dell'uomo, è ritenuta meritevole di particolare tutela, che non può ritenersi limitata al mero aspetto esteriore o immediatamente visibile dell'area vincolata, sicché ogni modificazione dell'assetto del territorio, attuata attraverso qualsiasi opera non soltanto edilizia ma di qualsiasi genere, è soggetta al rilascio della prescritta autorizzazione. Peraltro, tale nozione di paesaggio coincide con la definizione contenuta nella Convenzione europea sul paesaggio, fatta a Firenze il 20 ottobre 2000 e ratificata con la recente L. 9 gennaio 2006, n. 14, secondo la quale il termine "Paesaggio" "designa una determinata parte del territorio, così come percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni".
Va, infine, aggiunto che la esenzione dall'obbligo del nulla osta paesaggistico è testualmente riferito dal disposto delle NTA citato dai ricorrenti alla realizzazione di manufatti precari per uso stagionale, da rimuoversi al termine del loro utilizzo, o a strutture temporanee, funzionali alla realizzazione di un'opera autorizzata, mentre i lavori in corso di esecuzione, che hanno giustificato il sequestro, avevano ad oggetto proprio l'opera, necessitante della prescritta autorizzazione.
Il quarto motivo, in quanto generica doglianza relativa ad una ritenuta superfetazione motivazionale, si palesa anche esso inammissibile per carenza di interesse.
I ricorrenti, infatti, riconoscono l'operatività del vincolo paesaggistico derivante dai cosiddetti Galassini, affermazione di diritto ampiamente motivata nel provvedimento impugnato e che trova fondamento in principi interpretativi ormai consolidati sulla base dei riferimenti giurisprudenziali contenuti nella ordinanza (sez. 3^, 3.7.1998 n. 2096, Giordano, RV 211810; sez. 3^, 16.4.2004 n. 28397, P.G. in proc. Giordano, RV 229060), cui si rinvia.
È, altresì, infondato il quinto motivo di gravame, anche se contiene rilievi in punto di diritto esatti, ma del tutto ininfluenti ai fini della decisione.
È esatto, invero, che la L. n. 394 del 1991, art. 13, prevede la necessità del nulla osta dell'Ente Parco solo con riferimento ai Parchi Nazionali, poiché è inserito nel titolo secondo della legge, che disciplina le Aree Naturali Protette Nazionali, sicché la fattispecie contravvenzionale di cui all'art. 30, per la assenza del nulla osta prescritto dall'art. 13, è riferibile ai soli parchi nazionali.
Inoltre effettivamente ai sensi della L. n. 394 del 1991, art. 25, comma 2, il piano del parco "ha valore anche di piano paesistico e di piano urbanistico e sostituisce i piani paesistici ed i piani territoriali o urbanistici di qualsiasi livello".
Ciò precisato, però, deve essere anche rilevato che, ai sensi della L. n. 394 del 1991, art. 23, comma 1, i parchi naturali regionali sono istituiti con legge regionale, mentre i ricorrenti fanno riferimento a documenti di programmazione prodromici, ai sensi dell'art. 22, alla emanazione di una legge istituiva del parco, sicché devono ritenersi fondati i rilievi della impugnata ordinanza circa la attuale inesistenza del Parco Naturale Regionale Lama Balice.
Peraltro, tutta la questione relativa alla applicabilità della L.R. n. 30 del 1990, si palesa inconferente, poiché nel capo di imputazione, in base al quale è stato disposto il sequestro, si fa riferimento solo alla violazione della distanza di 150 mt., che è prevista dal DM 1 agosto 1985 (Galassino), e non anche all'ulteriore limite di 200 mt. previsto dalla L.R. n. 30 del 1990. Va aggiunto, poi, che l'ordinanza del riesame ha puntualmente premesso, alla valutazione delle censure formulate in ordine alla applicabilità della L.R. n. 30 del 1990, che "L'eventuale fondatezza di tale assunto non farebbe comunque venir meno il carattere illecito dei fatti contestati a causa della loro rilevanza penale desumibile in base alle altre violazioni legali commesse dagli istanti". Sicché si palesa evidente che l'illiceità degli interventi è stata ritenuta sussistente dai Giudici del riesame, sulla base delle prospettazioni della pubblica accusa, indipendentemente dalla violazione dell'ulteriore limite alla edificabilità di 200 mt. introdotto dalla L. n. 30 del 1990, e, quindi, con riferimento al limite di 150 mt. imposto dal D.M. 1 agosto 1985, ed a quello di 100 mt. dalla "Masseria Maselli", di cui alla cartografia allegata al PUTT/P.
Conclusivamente si deve osservare che nella specie, secondo le prospettazioni della pubblica accusa, fondate su puntuali rilievi del consulente del P.M. in base alle cartografie allegate al citato decreto ministeriale ed al Piano Urbanistico Territoriale Tematico/Paesaggio, l'opera in corso di esecuzione, oggetto del sequestro, insiste parzialmente e sia pure con riferimento a volumetria da realizzarsi nel sottosuolo in un'area sottoposta a vincolo paesaggistico, e veniva realizzata senza il nulla osta dell'amministrazione competente alla tutela del vincolo, sicché l'accertamento della inesistenza del predetto vincolo, per la asserita erroneità della cartografia allegata al PUTT/P, o della erroneità dei criteri di misurazione della distanza dell'opera dall'area vincolata compete in via esclusiva al Giudice del merito. I rilievi che precedono sono assorbenti delle censure, peraltro del tutto genetiche, contenute nell'ultimo.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p., al rigetto dell'impugnazione segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 gennaio 2007. Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2007