Cass.Sez. III n. 48478 del 4 dicembre 2013 (Ud 7 nov 2013)
Pres.Fiale Est.Gazzara Ric. Cottone.
Urbanistica.Realizzazione di nuovi volumi abitativi e modifica del prospetto

La costruzione abusiva, su un manufatto preesistente, di un solaio di interpiano e di una apertura per la realizzazione di un balcone, integra il reato previsto dall'art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001, trattandosi di intervento volto a creare nuovi volumi abitativi, superfici utili e modifiche dei prospetti, con la conseguenza che deve escludersi anche l'applicazione della disposizione dell'art. 9 della legge Regione Sicilia n. 37 del 1985, secondo la quale "non sono soggette a concessioni né ad autorizzazioni le opere interne che non comportino modifiche della sagoma della costruzione né incremento delle superfici utili".

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. FIALE Aldo - Presidente - del 07/11/2013
Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere - SENTENZA
Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere - N. 3201
Dott. MULLIRI Guicla - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GAZZARA Santi - rel. Consigliere - N. 34631/2013
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COTTONE FRANCESCA N. IL 21/09/1949;
avverso la sentenza n. 1133/2012 CORTE APPELLO di PALERMO, del 31/05/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/11/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GAZZARA SANTI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. BALDI Fulvio, che ha concluso per il rigetto.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Palermo, sezione distaccata di Carini, con sentenza del 25/11/2011, dichiarava Francesca Cottone responsabile del reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), e di altre quattro violazioni alla normativa edilizia per avere, quale proprietaria-committente, realizzato, in difetto di titolo abilitativo e delle altre autorizzazioni ex lege previste, in zona sismica, su un fabbricato preesistente ad una elevazione f.t., un solaio di interpiano delle dimensioni di mq. 25, con struttura in latero-cemento, privo di pavimentazione, e una apertura con collocazione di ferri, ivi posti per la realizzazione di un balcone. Condannava la prevenuta alla pena ritenuta di giustizia, condizionalmente sospesa, subordinatamente alla demolizione dell'abuso.
La Corte di Appello di Palermo, chiamata a pronunciarsi sull'appello interposto nell'interesse della Cottone, con sentenza del 31/5/2013, ha confermato il decisum di prime cure. Propone ricorso per cassazione la difesa delle imputata con i seguenti motivi:
- erronea applicazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, in relazione al L.R. Sicilia n. 37 del 1985, art. 9;
- erronea applicazione dell'art. 165 c.p., comma 1, per omessa motivazione in ordine alla subordinazione del beneficio alla demolizione del manufatto.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il vaglio di legittimità, a cui è stata sottoposta l'impugnata pronuncia, permette di rilevare la logicità e la correttezza della argomentazione motivazionale, adottata dal decidente in ordine alla concretizzazione dei reati in contestazione e alla ascrivibilità di essi in capo alla prevenuta.
Con i motivi di annullamento, in sintesi, la difesa della Cottone contesta la sussistenza delle violazioni, in quanto la legislazione regionale (L.R. n. 37 del 1985, art. 9) acconsentirebbe gli interventi posti in essere dalla imputata, senza necessità di previo rilascio di permesso di costruire; inoltre, ingiustificata è da ritenere la subordinazione del beneficio ex art. 163 c.p., alla demolizione delle opere de quibus.
Le censure si palesano del tutto prive di fondamento. Il giudice di merito ha evidenziato come dalla istruttoria dibattimentale sia emerso che la Cottone, nel fabbricato di vetusta costruzione, che in atti di acquisto risulta qualificato "stalla", sito alla via Napoli di Carini, aveva fatto realizzare un solaio di interpiano, di mq. 25 circa, in laterocemento, mentre nel prospetto veniva rilevata la creazione di una apertura con collocazione di ferri fuoriuscenti, ivi posizionati al fine di creare il piano di calpestio di un balcone; il tutto in difetto di provvedimenti autorizzatori comunali e di nulla osta del Genio Civile. Trattasi, in tutta evidenza, di opere di nuova realizzazione, determinanti creazione di volume abitativo all'interno dell'immobile e modifica dei prospetti, posti in essere in violazione del dettato normativo di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b). È del tutto evidente, come il caso di specie non possa farsi rientrare tra gli interventi regolati dalla legislazione regionale, richiamata dalla difesa, non necessitanti di previo rilascio di permesso di costruire, proprio perché le opere realizzate hanno determinato creazione di nuovi volumi e superfici utili e modifiche alla sagoma della struttura del fabbricato preesistente; effetti, questi, che si pongono al di fuori della disciplina dettata dalla L.R. Sicilia n. 37 del 1985, art. 9 e ne esludono la applicazione. Del pari manifestamente infondata è la seconda censura, perché in tema di reati edilizi è legittima la subordinazione della sospensione condizionale della pena alla esecuzione della demolizione da parte del condannato, considerando che l'ordine di demolizione ha una funzione ripristinatoria del bene offeso e si riconnette, quindi, all'interesse sotteso all'esercizio dell'azione penale (Cass. 17/1/2003, n. 18304 - Cass. S U 3/2/1997, n. 714).
Tenuto conto, di poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che la Cottone abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, la stessa, a norma dell'art. 616 c.p.p., deve, altresì, essere condannata al versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00.

P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro 1.000,00.
Così deciso in Roma, il 7 novembre 2013.
Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2013