TAR Campania (NA) Sez. VI n. 4202 del 23 ottobre 2012
Beni Ambientali. Realizzazione garage interrato in area con vincolo paesistico.

Non rileva l’assenza di verticalizzazioni, peculiari al garage e l’affermata inidoneità dello stesso ad introdurre una nuova volumetria. Infatti, la disciplina di tutela della zona, nei suoi effetti inibitori, prescinde infatti dall’elevazione o meno sul piano di campagna delle opere e dalla loro consistenza volumetrica. Il che è in linea con il tipo di prescrizione proprio di un piano paesistico: il quale, a differenza di uno strumento urbanistico, non è volto al dimensionamento dei nuovi interventi, quanto alla valutazione ex ante della loro tipologia ed incidenza qualitativa. Il piano territoriale paesistico del resto -avendo una funzione conservativa degli ambiti reputati meritevoli di tutela- non può essere subordinato a scelte di tipo urbanistico, per loro natura orientate allo sviluppo edilizio e infrastrutturale. E ciò, avendo anche presente che non è solo per il volume che qui vi è contrasto con quanto assentibile in base al P.T.P, ma anche per le opere che saranno comunque necessarie e rimarranno visibili per accedere al garage, e relativo loro nuovo contorno. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 04202/2012 REG.PROV.COLL.

N. 07309/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7309 del 2009, proposto dalla società Chiccami a r.l., in persona del legale rappresentante p.t., sig.ra Francescaromana Guarino, rappresentata e difesa, per mandato a margine dell’atto introduttivo del giudizio, dall'avv. Patrizia Kivel Mazuy, con domicilio eletto in Napoli, viale Gramsci, n. 10;

contro

- il Ministero per i beni e le attività' culturali e la Soprintendenza per i beni architettonici, per il paesaggio e per il patrimonio storico, artistico e etnoantropologico di Napoli e Provincia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria presso i suoi uffici in Napoli, via Diaz, n. 11;
- il Comune di Capri, in persona del sindaco p.t., non costituito in giudizio;

per l'annullamento, previa sospensione dell’efficacia

- del decreto del Soprintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici per Napoli e Provincia del 23 settembre 2009, notificato il successivo giorno 8 ottobre 2009, recante l'annullamento del provvedimento n. 60 del 30 luglio 2009 con il quale il dirigente del Settore VI Urbanistica ed Edilizia Privata del Comune di Capri ha autorizzato, ai sensi e per gli effetti dell’art. 159 del d. l.vo n. 42 del 2004, la società odierna ricorrente a realizzare un garage interrato presso l’Hotel Villa Marina, sito alla via Provinciale Marina Grande dello stesso Comune;

- di ogni altro atto preordinato, connesso consequenziale, ove lesivo degli interessi della società ricorrente;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli per l’intimata amministrazione statale;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 ottobre 2012 il dott. Arcangelo Monaciliuni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1- A mezzo del gravame in esame, notificato il 7 dicembre 2009 e depositato il successivo giorno 23 dello stesso mese, la società Chiccami a r.l. si duole del decreto del Soprintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici per Napoli e Provincia del 23 settembre 2009, notificato il successivo giorno 8 ottobre 2009, recante l'annullamento del provvedimento n. 60 del 30 luglio 2009 con il quale il dirigente del Settore VI Urbanistica ed Edilizia Privata del Comune di Capri la aveva autorizzata, ai sensi e per gli effetti dell’art. 159 del d. l.vo n. 42 del 2004, a realizzare un garage interrato presso l’Hotel Villa Marina, sito alla via Provinciale Marina Grande dello stesso Comune.

1a- Dopo aver precisato che la realizzazione del garage si rendeva necessaria per “ottenere la possibilità di ricovero sia della macchina dell’azienda sia di un furgone per scaricare le merci in uno spazio al chiuso e non a vista della clientela dell’albergo”, parte ricorrente ha affidato il gravame a cinque mezzi di impugnazione volti a denunciare, in una ad eccesso di potere per presupposto erroneo, difetto di istruttoria e di motivazione, violazione e falsa applicazione degli artt. 7 ed 8 della l. 241 del 1990 e degli artt. 146 e 159 del d. l.vo 22.1.2004, n. 42 (primo mezzo); violazione e falsa applicazione dell’art. 10 bis della l. 241 del 1990 (secondo mezzo); violazione dell’art. 3 della l. 241 del 1990 (terzo mezzo); violazione e falsa applicazione degli artt. 146 e 159 del d. l.vo 22.1.2004, dell’art. 9 della l. n. 122 del 1989, dell’art. 6 della legge regionale della Campania n. 19 del 2001, del d.m. 20 marzo 1951, del P.T.P. dell’isola di Capri, approvato con d.m. 8.2.1999 (quarto mezzo); ancora, sotto altro profilo, violazione e falsa applicazione degli artt. 146 e 159 del d. l.vo 22.1.2004 (quinto ed ultimo mezzo).

1b- All’esplicitazione dei fatti e delle proposte denunce segue la richiesta di annullamento del ripetuto decreto soprintendizio e (la richiesta) di dichiarare “il diritto della ricorrente ad ottenere il riesame del provvedimento impugnato affinchè l’amministrazione provveda ad una nuova valutazione della pratica alla luce delle censure dedotte nel presente atto”; il tutto “con vittoria di spese, diritti ed onorari con attribuzione all’avvocato anticipatario”.

2- L’Avvocatura dello Stato si è costituita in giudizio per le intimate amministrazioni statali e, in data 20 gennaio 2010, ha depositato documentazione, nonchè, facendola propria, relazione difensiva predisposta direttamente dalla stessa amministrazione, nel mentre in giudizio non si è costituito il Comune di Capri, ritualmente intimato come in atti.

3- All’adunanza camerale del 13 gennaio 2010 è stata disposta la cancellazione dal ruolo delle “sospensive” dell’istanza cautelare avanzata in seno all’atto introduttivo del giudizio.

4- In data 25 luglio 2012 parte ricorrente ha depositato memoria conclusionale per insistere per l’accoglimento del gravame, previamente controdeducendo alla replica offerta dall’amministrazione.

5- Alla pubblica udienza del 10 ottobre 2012 il ricorso è stato chiamato e trattenuto in decisione, su conforme richiesta dei procuratori di entrambe le parti costituite.

6- Venendo alla fase valutativa/decisionale, può procedersi a partire dall’esame del primo mezzo di impugnazione cui tramite la ricorrente società lamenta violazione dell’art. 7 e ss. della legge 241/1990 nell’assunto che la nota comunale di trasmissione del nulla osta alla Soprintendenza per l’eventuale esercizio dell’azione di annullamento di cui all’art. 159 del d.lgs. 42/2004, indirizzata anche ad essa ricorrente, non integri comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della legge 241/1990.

6a- Incontestata in punto di fatto l’avvenuta ricezione della nota (prot. n. 12462 del 30 luglio 2009, indirizzata anche all’odierna ricorrente con la dicitura “La presente costituisce comunicazione di inizio del procedimento ammininistrativo ai sensi della legge 7.8.1990, n. 241”), la doglianza è infondata poichè il 1° comma del citato art. 159, applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame in quanto frutto delle modifiche ad esso apportate dal d.l.vo 24 marzo 2006, n. 157, dispone che “…l’amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione da` immediata comunicazione alla soprintendenza delle autorizzazioni rilasciate, trasmettendo la documentazione prodotta dall’interessato, nonché le risultanze degli accertamenti eventualmente esperiti. La comunicazione e` inviata contestualmente agli interessati, per i quali costituisce avviso di inizio di procedimento, ai sensi e per gli effetti della legge 7 agosto 1990, n. 241”.

Il che è sufficiente a segnare la sorte della censura (cfr., in tali sensi, ex multis, Cons. Stato, sezione sesta, 23 aprile 2012, n. 2395; 22 febbraio 2010, n. 1013; Tar Campania, Napoli, questa sesta sezione, sentenza n. 3579 del 6 luglio 2011; n. 1850 del 30 marzo 2011; Tar Calabria, Catanzaro, sezione prima, 14 marzo 2012, n. 256), senza che possano in contrario rilevare i risalenti precedenti giurisprudenziali invocati ex latere attoreo, fermo, peraltro, che la novella legislativa del 2006 è intervenuta a confermare le conclusioni cui era pervenuta quella parte della giurisprudenza che aveva già ritenuto sufficiente alla bisogna l’avviso di avvio della fase procedimentale di competenza delle Soprintendenze inoltrato dall’amministrazione che aveva rilasciato l’autorizzazione (cfr. per tutte, Cons. Stato, sezione sesta, 28 dicembre 2011, n. 6885 e 22 aprile 2002, n. 2170).

7- La medesima sorte reiettiva deve essere assicurata al secondo mezzo, volto a denunciare la violazione degli obblighi partecipativi specificamente previsti dall’art. 10 bis della cennata l. 241 del 1990.

Ribadito il ricadere della fattispecie sotto l’imperio dell’art. 159 del T.U. del 2004, osserva il Collegio che la prevalente e condivisa giurisprudenza è dell’avviso che il dettato dell’art. 10 bis calendato non sia applicabile al procedimento statale di verifica della legittimità dell'autorizzazione paesaggistica comunale, dal momento che la relativa comunicazione deve avere ad oggetto “i motivi che ostano all'accoglimento della domanda”, laddove la funzione del potere di cui costituisce espressione il decreto di annullamento di un'autorizzazione paesaggistica, siccome riconducibile alla tipologia dei procedimenti di secondo grado, non è quella di verificare la sussistenza dei presupposti legittimanti il rilascio del provvedimento favorevole, ma quella di scrutinare la legittimità dell'autorizzazione rilasciata dall'amministrazione comunale (Cons. Stato, sez. sesta, 13 maggio 2010, n. 2949 e 7 aprile 2010, n. 1971; Tar Campania, Napoli, sez. quarta, 22 novembre 2010, n. 25589, sez. settima, 14 gennaio 2011 , n. 132 e 26 febbraio 2010, n. 1169; Salerno, sez. seconda, 8 luglio 2010, n. 10165) e di adottare, al suo esito, un provvedimento vincolato entro un termine di decadenza, nel mentre “la disposizione di cui all'art. 10 bis l 241 del 1990 è applicabile a procedimento ad istanza di parte in cui l'esercizio del potere non è sottoposto a termini di decadenza “ (così, sempre nelle fattispecie di cui anche qui trattasi, Cons. Stato, sez. sesta, 6 luglio 2010, n. 4307).

In definitiva, “la legge prevede il preavviso solo nei procedimenti ad istanza di parte e non trova applicazione per la sequenza di secondo grado di cui qui trattasi che è avviata d'ufficio e che, pur configurando un secondo tratto di un'unica vicenda amministrativa di cogestione del vincolo, segue la cesura procedimentale del già avvenuto rilascio del provvedimento di base che conclude la fase ad istanza di parte” (così, ex multis, fra le ultime, Cons. Stato sezione sesta, 20 dicembre 2011, n. 6725 e 21 settembre 2011, n. 5293; Tar Campania, questa sesta sezione, n. 2943 del 21 giugno 2012; Tar Puglia, Lecce, sezione prima, 14 dicembre 2011, n. 2082; Tar Campania, Salerno, seconda sezione, 8 luglio 2010, n. 10165).

7a- A diversa conclusione non può condurre il tentativo -esperito in seno alla memoria conclusionale dell’attenta difesa attorea- di far leva, ad ulteriore supporto della doglianza, sulla “previsione dell’art. 146, comma 8, del d. l.vo 42 del 2004, come modificato dall’art. 4, comma 16, lettera e, numero 5, del d. l. 13 maggio 2011, integrato dalla relativa legge di conversione”, ovvero sull’avvenuta introduzione ex lege dell’obbligo per le Soprintendenze di comunicare il preavviso di provvedimento negativo.

Al riguardo è invero sufficiente osservare come detta previsione, oltre che sopravvenuta ai fatti di causa in quanto introdotta nell’ordinamento dall’art. 4, comma 16, n. 15, della legge 12 luglio 2011, n. 106, recante la conversione in legge del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, afferisca al procedimento a regime, ben diverso da quello transitorio previgente di cui all’art. 159 del Codice, sotto il quale ricade la fattispecie qui data che vede(va) invece la presenza delle due fasi (di rilascio dell’autorizzazione e di controllo) ed è (detta previsione) tesa “a render più agile l’iter procedimentale dettato dall’art. 146 in commento, eliminando il cennato passaggio intermedio a cura della diversa amministrazione (sia pur) co-decidente: non avente ragion d’essere soprattutto in presenza della (perdurante) natura vincolante del parere soprintendizio” (cfr., amplius sul punto, Tar Campania, questa sesta sezione, sentenza n. 1770 del 18 aprile 2012).

8- Così respinte le doglianze di ordine procedimentale -al cui ingresso, per come si renderà palese in prosieguo, si sarebbe comunque frapposta la concreta situazione in cui qui si verte che avrebbe in ogni caso imposto di fare applicazione dell’art. 21 octies della stessa legge 241 del 1990 (cfr., da ultimo, in situazione assimilabile a quella qui data, Cons. Stato, sezione sesta, sentenza 17 settembre 2012, n. 4925)- può pervenirsi al cuore della causa, ovvero all’esame dei residui mezzi di impugnazione che vanno valutati nel loro insieme.

8a- L’impugnato decreto ha annullato l’autorizzazione paesaggistica rilasciata nella sede comunale nel rilievo che quest’ultima “autorizza in zona P.I.R. del P.T.P. del Comune di Capri la realizzazione di un garage interrato” e che “esaminati gli elaborati pervenuti si rileva che l’intervento è in contrasto con le norme previste dal P.T.P. vigente che all’art. 12.4 vieta la realizzazione di volumi, non facendo distinzione alcuna per la destinazione di uso”.

“Inoltre”, si aggiunge nel provvedimento, “il progetto è carente della documentazione prevista dalla legge regionale n. 19 del 2001 in quanto manca la relazione agronomica ed è in contrasto con la predetta legge in quanto non è previsto almeno un metro di spessore di terreno vegetale. Infine la zona di intervento viene individuata dalla relazione istruttoria come zona R.U.A., pur essendo zona P.I.R.”

Ne consegue, si legge sempre nel provvedimento, che “l’autorizzazione in esame sancirebbe la compatibilità paesaggistica di opere non compatibili con le imprescindibili esigenze di tutela e conservazione dei valori paesistici riconosciuti dal d.m. 20.3.1951, esigenze che rappresentano, come noto, la ragione costitutiva del vincolo stesso……”.

8b- Assume parte ricorrente che illegittimamente la Soprintendenza non si è fatta carico del parere favorevole espresso dalla commissione edilizia integrata, ha errato nel sostenere che l’intervento ricada in zona P.I.R. del P.T.P. e non invece in zona R.U.A. e, quindi, (ha errato) nel denunciare una carenza istruttoria a livello comunale, fermo -ed è, nella prospettazione attorea, quel che rileva- che la vicenda ricade comunque sotto l’ambito della disciplina speciale posta dall’art. 9 della l. 122 del 1989 e dall’art. 6 della l. r. della Campania n. 19 del 2001 in materia di parcheggi pertinenziali e fermo ancora che nel provvedimento si fa luogo ad una invasione nella sfera del merito e che, nel caso di specie, non sussiste l’obbligo di accompagnare l’istanza con una relazione agronomica e di prevedere un predeterminato spessore di terreno vegetale.

9- Orbene, per pacifica giurisprudenza, in sede di esercizio del potere di annullamento di nulla-osta paesaggistici, l’amministrazione statale “ben può disporre l’annullamento ove indichi la disposizione normativa che si frappone in via assoluta, diretta ed immediata, alla realizzazione dell’intervento e che, quindi, è stata violata” (cfr., ex multis, Cons. Stato, sezione sesta, 8 giugno 2010, n. 3643; Tar Campania, Napoli, questa sesta sezione sentenze n. n. 1640 del 5 aprile 2012, 28 del 10 gennaio 2012, n. 1341 del 8 marzo 2011 e 18 dicembre 2009, n. 8992, sezione quarta, 22 novembre 2010, n. 25589, sezione settima, 19 febbraio 2009, n. 978 e 6 agosto 2008, n. 9860), con il corollario che “è pertanto del tutto legittimo che l'Autorità statale osservi che sussistono ragioni sostanziali tali da giustificare l'esercizio del proprio potere, per l'estrema difesa del vincolo che altrimenti sarebbe violato dall'atto motivato in modo inadeguato” (Cons. Stato, sez. sesta, 23 febbraio 2011, n. 1141 e, negli stessi sensi, Tar Campania, questa sesta sezione, sentenza 22 febbraio 2011, n. 909).

9a- In tali condizioni qui si verte posto che “l’intervento è in contrasto con le norme previste dal P.T.P. vigente che all’art. 12.4 vieta la realizzazione di volumi, non facendo distinzione alcuna per la destinazione di uso”: come sostenuto in seno alla prima e nodale statuizione contenuta nel provvedimento impugnato, che trova piena corrispondenza nei contenuti della norma recante effettivamente l’indicata preclusione.

9b- Prima di proseguire va chiarito che il ricadere l’intervento nella zona P.I.R. del P.T.P. dell’isola di Capri, normata dal suo art. 12.4, come sostenuto in seno al provvedimento impugnato, deve ritenersi acquisito al processo, posto che la parte ricorrente, sulla quale grava(va) l’onere di provare l’erroneità dell’assunto soprintendizio, si è limitata a sostenere genericamente che “sarebbe evidente dagli elaborati progettuali” il suo insistere invece in zona R.U.A (pag. 17 del ricorso). Così ancora nella memoria ultima del 25 luglio 2012 che -significativamente, tuttavia- fa seguire a tale mera generica affermazione, non immediatamente riscontrabile, l’assunto secondo cui: “Detta circostanza, peraltro, come chiarito in sede di ricorso introduttivo, non incide sulla legittimità del permesso di costruire richiesto, in quanto la citata norma del P.T.P. non si riferisce, invero, alle costruzioni interrate, le quali non creano volumi visibili all’esterno e quindi tali da incidere sull’aspetto paesistico del territorio. Per tali costruzioni opera, invece, la normativa speciale dettata dall’art. 9 della legge 122/1989 (c. detta legge Tognoli). In questo senso depone anche l’orientamento espresso, su analoga fattispecie, dalla pronuncia di questo Tribunale, sezione settima, 19 febbraio 2009, n. 961….”.

In ogni caso va precisato che, anche ove le affermazioni attoree (come già osservato non immediatamente riscontrabili dagli atti di causa e non suffragate da apposita certificazione del Comune, di evidente agevole produzione) potessero essere idonee ad attivare i poteri di ufficio di questo Tribunale, in concreto non vi è ragione di farvi luogo ad evitare un inutile procrastinarsi della definizione della causa, invece matura comunque per esser decisa.

Ed invero le ragioni che, per come appresso sarà chiarito, precludono ingresso alla prospettazione attorea resterebbero valide anche ove l’intervento avesse a ricadere (non in zona P.I.R., come detto normata dall’art. 12 del P.T.P., ma) nella zona RUA, normata dal successivo art. 13 dello stesso P.T.P., avuto conto che, fatte salve alcune eccezioni previste in seno all’art. 13 cennato, fra le quali non rientra l’intervento per cui è causa, anche in quest’ultima, come già nell’art. 12, “è vietato qualsiasi intervento che comporti incremento dei volumi esistenti, … il taglio e l’espianto di alberi di alto fusto e della vegetazione arbustiva” e sono ammessi “solo interventi volti alla conservazione del verde agricolo residuale”.

9b1- Quanto innanzi avendo riguardo ai profili sostanziali, a prescindere cioè da quelli di rito legati sia alla mancanza di prova di cui si è già detto, sia alla mancanza di uno “specifico motivo di ricorso” (imposto dall’art. 40 del c.p.a. anche prima dell’ultima sua novellazione ad opera del d. l.vo 14 settembre 2012, n. 160 e della preclusione processuale qui espressamente introdotta) volto nel caso a motivatamente sostenere che l’intervento sarebbe consentito in quanto ricompreso nella ripetuta zona R.U.A. e non in quella P.I.R.

Ed invero, il motivo di ricorso prospetta la realizzabilità dell’intervento alla stregua della natura “interrata” del garage ed in forza delle previsioni della legislazione speciale di favore, nel mentre il non provato assunto del suo ricadere in zona RUA è riportato in via del tutto incidentale e, al più, funzionale solo a negare che in sede comunale vi sia stata carenza istruttoria, il che, per quanto già innanzi osservato e come meglio si vedrà in appresso, si appalesa ininfluente ai fini della decisione della causa.

9c- Orbene, riannodando le fila, la rigidità dell’art. 12 del P.T.P. dell’isola di Capri è stata ribadita da recentissima pronuncia del supremo consesso della giustizia amministrativa, Cons. Stato, sezione sesta, n. 4875 del 13 settembre 2012, che ha ritenuto applicabile anche ad interventi quali quello di cui qui trattasi, ossia a garage interrati, i principi già da esso Consiglio fissati in presenza di realizzazioni, sempre nel territorio in rilievo, di piscine (Cons. Stato, sezione sesta, 12 gennaio 2011, n. 110; 19 gennaio 2011, nn. 366 e 371; 2 marzo 2011, nn. 1300 e 1306).

Ma non basta; non può il Collegio esimersi dal rilevare come detta ultima pronuncia sia intervenuta in una fattispecie in cui il volume del realizzando garage interrato era tratto “all’interno del più ampio esistente terrapieno su cui poggia direttamente il terrazzo, privo quindi di ogni funzione (che non sia quella, nel caso, di sostenerlo) in quanto sottostante il terrazzo ripetuto, ovvero l’edificazione preesistente”: circostanza fattuale questa che, in una alle invero esigue dimensioni del volume ed “al favor che circonda la realizzazione dei parcheggi pertinenziali, ferma la loro necessitata compatibilità con il contesto ambientale”, aveva indotto questa Sezione a concludere per la “singolarità del caso di specie .. che appariva non presentare quell’asservimento all’edificazione di nuove porzioni del territorio, né modifiche che possano compromettere quella conformazione e funzione del suolo…” e, quindi, per la sussistenza di un obbligo non rispettato di surplus di motivazione rispetto alla mera, nuda, enunciazione della violazione della norma di piano (così Tar Campania, questa sesta sezione, sentenza n. 2491 del 5 maggio 2011, annullata dalla cennata pronuncia del giudice di appello).

9d- La vicenda odierna non presenta siffatta o altra peculiarità poichè il terrapieno non è sottostante a preesistenze già edificate, ma “sarà ricavato al di sotto del giardino esistente.... Sull’unico lato verso la strada si realizzerà un vano a saracinesca di accesso…” (così la relazione tecnica allegata all’istanza); il che, non potendo rilevare la mancanza di piante di pregio o di alto fusto in tale parte del giardino, o la misura di circa 90 cm. dell’altezza di terreno al di sopra del solaio a farsi, comporta il suo pacifico rientrare nei divieti assoluti di creazione di nuove volumetrie e di alterazione del terreno recati dalle previsioni di piano, come (non solo il giudice di appello, ma già) questa stessa Sezione ha avuto modo in diverse recenti occasioni di sostenere (cfr. Tar Campania, questa sesta sezione, sentenze n. 338 del 24 gennaio 2012, n. 3579 del 6 luglio 2011 e n. 2873 del 30 maggio 2011).

Ed invero, dal quadro regolatorio recato dalle previsioni del P.T.P. in commento, “incisivamente protettivo dei valori naturalistici e tradizionali, è agevole rilevare che la costruzione di un garage con caratteristiche materiali come quelle qui prospettate nella zona di protezione integrale altera, per effetto dello scavo, l’ “andamento naturale del terreno” e non può assumere valenza di “riqualificazione estetica . . . delle aree pertinenziali”. Tale ultima caratterizzazione - anche se consentita in via generale dall’art. 9 per tutte le zone del P.t.p. - nella zona in esame può aver luogo nei soli ristretti limiti di conservazione e miglioramento dei valori naturalistici e tradizionali presi in considerazione all’ art. 12, o 11, del Piano territoriale paesistico. Diversamente, comporterebbe una vanificazione del ricordato precetto dedicato specificamente alla zona in esame.

Anche con riguardo all’incidenza sul piano volumetrico, la realizzazione di manufatti con scavo nel sottosuolo -indipendentemente dal conteggio del volume agli effetti degli indici di edificabilità secondo la disciplina riconducibile al singolo strumento urbanistico, che qui non rileva- dà luogo ad un nuovo e diverso assetto dei luoghi e determina l’asservimento a diversi utilizzi, resi possibili dalla nuova costruzione” (così le pronunce fin qui richiamate).

In definitiva, anche qui non soccorre alle ragioni della parte ricorrente “l’assenza di verticalizzazioni, peculiari al garage, e l’affermata inidoneità dello stesso ad introdurre una nuova volumetria.

La disciplina di tutela della zona, nei suoi effetti inibitori, prescinde infatti dall’elevazione o meno sul piano di campagna delle opere e dalla loro consistenza volumetrica. Il che è in linea con il tipo di prescrizione proprio di un piano paesistico: il quale, a differenza di uno strumento urbanistico, non è volto al dimensionamento dei nuovi interventi, quanto alla valutazione ex ante della loro tipologia ed incidenza qualitativa. Il piano territoriale paesistico del resto -avendo una funzione conservativa degli ambiti reputati meritevoli di tutela- non può essere subordinato a scelte di tipo urbanistico, per loro natura orientate allo sviluppo edilizio e infrastrutturale (Cons. Stato, II, 4 febbraio 1998, n. 3018/97)” . E ciò, avendo anche presente che “Inoltre non è solo per il volume che qui vi è contrasto con quanto assentibile in base al P.T.P, ma anche per le opere che saranno comunque necessarie e rimarranno visibili per accedere al garage, e relativo loro nuovo contorno” (così sempre la giurisprudenza cennata).

9e- Da tali statuizioni discende il negare che, nelle descritte condizioni in cui è la norma di P.T.P. a frapporsi in via immediata e diretta all’edificazione, possa farsi utile leva sulle previsioni speciali che disciplinano la realizzazione di garage interrati, sulle quale insiste parte ricorrente.

Dette previsioni, ovvero sia l’art. 9 della legge n. 122 del 1989 che l’art. 6 della legge regionale della Campania n. 19 del 2001, ammettono deroghe solo rispetto agli strumenti urbanistici e non anche rispetto alle prescrizioni dettate in materia ambientale/paesaggistica.

Come affermato anche in seno alla pronuncia della settima sezione di questo Tribunale 19 febbraio 2009, n. 961, invocata come precedente favorevole alle sue tesi dalla ricorrente, la riportata normativa, che subordina espressamente all’assenso delle amministrazioni preposte alla tutela dei vincoli l’inizio delle opere, “non può certo essere interpretata nel senso di ritenere che, qualora si tratti di zona vincolata, non è consentita tout court la realizzazione di parcheggi pertinenziali in deroga agli strumenti urbanistici vigenti”, ma di certo, qui lo si ripete, va interpretata nel senso che legittimamente (recte: doverosamente) viene opposta una immediata preclusione alla loro realizzazione, ove imposta da inequivoche e dirette statuizioni di Piani territoriali paesistici.

Per esser chiari “discrezionalità vi è per valutare il profilo paesaggistico e concedere l’autorizzazione ad edificare sotto tale profilo, e quindi possibilità di emersione della deroga prevista in tema di parcheggi, vi è, se le puntuali prescrizioni dettate per l’area di intervento ne consentono l’esercizio, sussistendo, per la contraria ipotesi, un vincolo di assoluta inedificabilità non rimuovibile” (Tar Campania, sezione settima, pronuncia n. 1052 del 23 febbraio 2009, coeva quindi a quella indicata dalla ricorrente), di cui l’amministrazione preposta alla sua tutela non può che limitarsi a prendere atto negando per l’effetto la richiesta autorizzazione, ovvero, come qui accaduto in ragione del regime vigente ratione temporis, annullando quella illegittimamente concessa in dispregio della prescrizione di piano.

10- Quanto innanzi è sufficiente a mandare immune da utili censure la determinazione dell’amministrazione statale, che il nulla osta rilasciato in sede comunale ha quindi legittimamente annullato per (diretto ed evidente) “contrasto con le norme” del P.T.P., senza cioè che rilevino le restanti ragioni indicate nel provvedimento in via del tutto aggiuntiva ( “Inoltre”). Ciò perché, come più volte affermato in giurisprudenza, nel caso in cui un atto amministrativo sia sorretto da più ragioni giustificatrici, tra loro autonome, è sufficiente a sostenere la legittimità dell'atto impugnato la conformità a legge anche di una sola di esse, con la conseguenza che l’eventuale illegittimità delle restanti non può provocare l'annullamento del provvedimento impugnato il cui dispositivo si regge del tutto sufficientemente sulla sola enunciata ragione che ha superato il vaglio di legittimità (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 13 luglio 2011, n. 4261 e 31 maggio 2007, n. 2882; sez. V, 29 agosto 2006, n. 5039 e 29 agosto 1994 n. 926; C.G.A. per la Sicilia, sez. giurisd., 12 febbraio 2004, n. 31; Tar Campania, Napoli, questa sesta sezione, 7 dicembre 2011, n. 5717).

Ne consegue, sotto il profilo processuale, “la sopravvenuta carenza di interesse rispetto all'esame delle ulteriori doglianze volte a contestare le altre motivazioni del provvedimento” (Tar Campania, Napoli, sezione terza, 9 settembre 2008, n. 10065), ovvero “l’irrilevanza dell’esame dei motivi di doglianza riferiti agli ulteriori profili motivazionali dell’atto” (questa sezione con la pronuncia ultima cennata, n. 5717/2011).

10a- Il che ha a vieppiù a valere in una situazione, quale quella qui data, in cui l’irrealizzabilità dell’intervento programmato discende -come ampiamente fin qui argomentato- in via immediata, diretta ed assoluta dalle vincolantiprescrizioni del P.T.P., (in quanto) approvato con d.m. 8 febbraio 1999 ai sensi dell’art. 1-bis, secondo comma, l. 8 agosto 1985, n. 431, (per l’assoluta cogenza delle prescrizioni aventi siffatta genesi, cfr. amplius sempre le riportate pronunce del Consiglio di Stato), ossia in una fattispecie cui la preclusione all’edificazione a monte, in ragione delle regole singolari dettate per lo specifica parte di territorio in evidenza, priva di concreto rilievo, quali che ne abbia ad essere la corretta lettura, prescrizioni (come quelle afferenti alla produzione di una “relazione agronomica” ed alla necessità di assicurare predeterminati spessori vegetali) che il legislatore regionale ha dettato in via ordinaria (art. 6, commi 7 bis e 7 ter, l. n. 19 del 2001) per assicurare in via legislativa l’adozione di specifiche misure di salvaguardia,ferma a monte l’imprescindibile compatibilità dell’intervento sotto i profili ambientali/paesaggistici ed idrogeologici (art. 6, comma 3, l.r. n. 19 del 2001).

11- In conclusione, alla stregua di quanto fin qui argomentato e statuito, il ricorso va respinto, siccome infondato.

11a- Le spese di giudizio vanno compensate per giusti motivi, avuto anche conto che il quadro giurisprudenziale vigente all’epoca della proposizione del ricorso non poteva di certo dirsi consolidato nei sensi fin qui descritti (più pronunce di primo grado in tale epoca ammettendo la realizzabilità degli interventi di cui qui trattasi, oltre che delle piscine, alla luce dell’art. 9 del P.T.P. commentato).

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 10 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Renzo Conti, Presidente

Arcangelo Monaciliuni, Consigliere, Estensore

Roberta Cicchese, Primo Referendario

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 23/10/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)